Unioni civili
- I rappresentanti delle chiese valdesi, metodiste, battiste e luterane italiana commentano positivamente l’approvazione definitiva della legge in Parlamento
La "questione" del gender
- Un tentativo di fare chiarezza nelle confuse polemiche intorno alla cosiddetta teoria del cosiddetto genere di Luisa Muraro
- L’ideologia gender esiste, ma non è quella che ci raccontano di Peter Ciaccio
- Questioni di Gender – Teoria vs ideologia di N.Vassallo
- Scuola: non esiste una «teoria gender» di Silvana Ronco
- Gender e Chiese: dove sta l’ideologia? di Letizia Tomassone
Fine vita e bioetica
- Commento del prof. Luca Savarino, coordinatore della Commissione Bioetica delle chiese battiste, metodiste e valdesi, sulla sentenza della Corte costituzionale relativa al suicidio assistito.
- “Manifesto interreligioso dei diritti nei percorsi di fine vita”
- Suicidio assistito: ora la parola al Parlamento
- Approvata alla Camera la proposta di legge sul testamento biologico
- Bioetica. Savarino: i protestanti italiani sul fine vita
- Bioetica: un valdese nel gruppo di lavoro delle Chiese europee
- Protestanti e bioetica: nuove frontiere di riflessione
- Dalle chiese europee una riflessione equilibrata sulla fine vita a cura di Federica Tourn
- La commissione bioetica della Tavola valdese su testamento biologico
- Registrazione dell'incontro di sabato 1 marzo 2014 presso la Libreria Claudiana di Firenze organizzato dal Centro Culturale Protestante “P.M.Vermigli”, l'Editrice Claudiana con le Chiese Battista, Metodista, Valdese e Luterana della città invitano alla Conversazione consu Radio Voce della Speraza (RVS) (formato MP3) in cui sono intervenuti il past. Massimo Aprile, già cappellano presso l'Ospedale Evangelico Villa Betania di Napoli, il prof. Hanz Gutierrez Salazar, docente di Bioetica alla Facoltà Avventista di Teologia di Firenze, il dott. Alfredo Zuppiroli, cardiologo, già presidente della Commissione di Bioetica della Regione Toscana,il prof. Marco Ricca, presidente del Centro Culturale Protestante P.M.Vermigli
- Una testimonianza di teologia pastorale in ospedale - intervista al Pastore battista Massimo Aprile su RVS (formato MP3)
- Intervista a Ermanno Genre "Fine vita, rispettare la centralità della persona umana" NEV
Cellule Staminali
CELLULE STAMINALI Aspetti scientifici e questioni etiche (formato pdf).
Documento prodotto dalla
Commisione della Tavol Valdese per i problemi etici posti dalla scienza (Commissione Bioetica,
Luglio 2009
Altri argomenti
- Famiglia, Coppie di fatto,
DICO
- Contro l'omofobia
- Moratoria contro la pena di
morte
- Eutanasia e testamento
biologico
- Aborto e Legge 194
- Ambiente
Vedi anche:
La presenza del corpo nella Bibbia e nella Riforma
di Federica Tourn
Nel principio era il corpo. Paolo Ricca, invitato a parlare del
corpo nella tradizione protestante il 21 settembre al Teatro Gobetti,
ha tenuto una lezione sui punti fondamentali che differenziano la
Riforma dalla tradizione cristiana precedente. Innanzitutto, di quale
corpo si parla? – ha esordito. Del corpo dell’essere
umano, del corpo di Cristo, del corpo nella celebrazione della Cena e
della chiesa come corpo di Cristo.
«Anche se nella Bibbia non troviamo mai che Dio è corpo o ha un
corpo, a parte quando ne assume uno in Gesù di Nazaret, possiamo
senz’altro affermare che il corpo nella religione cristiana ha
lo stesso peso dello spirito», ha detto Ricca. Proprio nel suo farsi
corpo Dio esprime la sua umanità. Nel protestantesimo, lo spazio fra
Dio e gli esseri umani non è occupato da altri corpi, a differenza di
quel che accade nel cattolicesimo o nel cristianesimo ortodosso. Non
c’è Maria, non ci sono i santi; e anche nella definizione di
chiesa come corpo di Cristo, Lutero insiste sulla comunità
spirituale, quindi sulla chiesa come corpo sociale organizzato. La
chiesa non è il clero, viene contestato l’ubi episcopus ibi
ecclesia: è un’assemblea di uomini e donne credenti, dove
l’Evangelo è rettamente predicato e i sacramenti amministrati
secondo l’insegnamento di Cristo.
Riguardo al corpo di Cristo nell’eucaristia, Paolo Ricca ha
spiegato la differenza fra consustanziazione (vero pane e vero
corpo), transunstanziazione (il pane resta pane in apparenza ma la
sostanza diventa corpo) e presenza simbolica (il pane è un segno del
corpo ma il corpo non è lì), soffermandosi sulla disputa fra Lutero e
Zwingli. Alla cena come «memoria della resurrezione» e non «croce in
atto» di Zwingli, Lutero oppone l’«inconcepibile ma non per
questo assurda» incarnazione di Cristo nella Cena. Se per Zwingli è
«sconveniente che lo Spirito si materializzi in pane», per Lutero «il
vero onore di Dio è proprio il suo abbassamento: Dio è tanto più
divino, quanto più diventa umano».
La Riforma innova anche sulla visione della sessualità, prendendo
le distanze da una tradizione secolare che vedeva nel corpo la
«prigione dell’anima», come pensava san Francesco. Il sesso non
è più identificato con il peccato e la verginità non costituisce
affatto un livello di vita morale e spirituale superiore a quello
delle persone sposate. La polemica all’epoca è scottante: molti
gridano allo scandalo, giudicando queste affermazioni un incentivo
alla licenza sessuale. I protestanti rispondono come sempre con la
Bibbia: Dio ha creato la donna e ha detto che non è bene per
l’uomo stare da solo. «Dio ha voluto la condizione coniugale e
non ha mai esortato alla verginità – ha sottolineato Paolo
Ricca –, è un artista che con le sue mani modella il capolavoro
della creazione, il corpo dell’uomo e della donna». E
l’omosessualità? Una domanda del pubblico ha anticipato il tema
controverso che sarà affrontato nella prossima Assemblea/Sinodo.
«L’omosessualità è un fatto – si è limitato a rispondere
il teologo –: è vero che nella Bibbia la si condanna ma nel
Regno dei Cieli non ci sarà più né maschio né femmina. La nostra
sessualità è provvisoria e questa consapevolezza dovrebbe aiutarci ad
alleggerire i toni che abbiamo quando affrontiamo certe
questioni».
Nel principio, quindi, era il corpo. E il corpo sarà anche nella
fine, al momento della resurrezione. Come? «Non lo sappiamo –
ha detto Paolo Ricca rispondendo a un’altra domanda – ma
non siamo tante gocce destinate a diventare mare: l’io è unico
e la resurrezione riguarderà i nostri singoli corpi».
Tratto da Riforma del 5
ottobre 2007
Etica: spazio per il dialogo?
di Fulvio Ferrario
Alla carica. Contro i Dico, per ora. Ma certo, se
l’offensiva dovesse «sfondare», per la Conferenza episcopale
italiana, ben appoggiata dal pontefice, si aprirebbero orizzonti
promettenti: con tutto quello che bolle in pentola sulle questioni
della bioetica, un trionfo della linea Ruini non lascerebbe le cose
come stanno e, già ora, non è che stiano benissimo, dal punto di
vista di chi vorrebbe una società laica e plurale. Ma poi c’è
tutto il resto, la legge sulla libertà religiosa, la sempiterna
questione dell’insegnamento religioso non confessionale e
chissà che, sotto sotto, qualcuno non sogni anche di riaprire la
discussione sulla legge194 sull’interruzione della gravidanza.
L’esito dei referendum sulla procreazioni assistita ha
evidentemente suscitato l’impressione che il momento sia
favorevole. Adesso o mai più: dunque, appunto, alla carica. Che ha da
dire, in proposito, una chiesa evangelica? Tre cose, per
cominciare.
La prima è che, a mio giudizio, essa non dovrebbe unirsi al coro
che strilla contro le «ingerenze clericali». La chiesa
cattolico-romana ha tutto il diritto di dire quello che crede. Non so
se l’intenzione sia di lanciare crociate ideologiche:
sembrerebbe di sì. Se così sarà non me ne rallegrerò come cristiano,
ma come cittadino non mi metterò a gridare «al lupo!» né «al prete!».
Il tentativo di imporre un bavaglio laicista al frastuono mediatico
orchestrato dalla gerarchia cattolica mi appare discutibile e, anche,
controproducente. Già si sono levate voci di intrepidi paladini del
diritto di parola dei vescovi, che sarebbe minacciato da oscure trame
giacobine e massoniche. Almeno il vittimismo, risparmiamocelo: chi
vuole parlare lo faccia tranquillamente, nessuno glielo impedisce.
Naturalmente, ci piacerebbe che l’informazione pubblica fosse
meno a senso unico; naturalmente, ci intristisce che chi dovrebbe
porre l’opinione pubblica in condizione di valutare si
trasformi in un’appendice della sala stampa vaticana (la quale,
anzi, spesso è più misurata di certi suoi zelanti servitori);
naturalmente, è deludente constatare che sia scoccata l’ora di
quelli che il gesuita Bartolomeo Sorge chiama i «cattolicanti», cioè
la versione di bassa cucina politica, largamente bipartisan, degli «atei devoti».
Ma insomma, siamo grandicelli e sappiamo come va il mondo, inutile
stracciarsi le vesti. Inoltre qualcuno, anche tra i cattolici
impegnati in politica, cerca di mantenere un atteggiamento critico e
responsabile. Certo, che le sorti della laicità in Italia siano
affidate a cattolici di ferro come Rosy Bindi, Oscar Luigi Scalfaro e
lo stesso Romano Prodi può apparire un’ironia della cronaca, ma
è anche un bel segno e, con l’aria che tira, di qualcosa
bisogna pur rallegrarsi. Nessuno scandalo, quindi, se i vescovi e
l’Avvenire si
scatenano. Discutiamo i loro argomenti.
Con ciò siamo al secondo punto. Tali argomenti, per quel che posso
vedere, sono riconducibili a uno: c’è una legge naturale, che
la chiesa cattolica, a suo dire, interpreta meglio di ogni altro, ma
che vale per tutti. È quella che vieta la procreazione assistita, che
impedisce l’autodeterminazione di chi soffre, che certifica lo
status dell’embrione e, anche, che ci dice quale sia la «vera»
famiglia, fondata sulla coppia eterosessuale unita dal matrimonio
monogamico e indissolubile. Personalmente sono convinto che una
«natura» astrattamente separata dalla cultura e dalla storia, cioè da
quello che donne e uomini sono e vivono in un dato tempo, sia una
costruzione ideologica. Trovo anche abbastanza singolare che proprio
la chiesa cattolica, quando si tratta, a esempio, di bioetica,
diventi improvvisamente materialista e faccia propria una visione,
come dire, «biologistica» dell’essere umano. D’altra
parte, qualcosa di importante, nell’idea parecchio confusa di
«natura», c’è senz’altro. Non credo si debba desiderare
un’etica fondata semplicemente sul consenso. Ci sono state
epoche in cui si era d’accordo sul fatto che i neri, o gli
ebrei, non fossero umani come gli «ariani». La contrapposizione
brutale, che un certo modo di impostare il dibattito tende a imporre,
tra il partito dell’«etica naturale» e quello del puro e
semplice «consenso sociale», mi appare scellerata. Mi chiedo se,
molto semplicemente, non si potrebbe discutere un poco serenamente di
questa «natura». Certo, la politica ha tempi più rapidi della
filosofia e in ogni caso, sul piano legislativo, è importante
rendersi conto del fatto che senza compromessi non si va avanti. Un
compromesso nutrito di pensiero e di dialogo è meglio di uno
interessato soltanto a raccattare un pacchetto di voti nelle
parrocchie. Se non vedo male, alcune prese di posizione di Carlo
Maria Martini, molto felpate nella forma, ma piuttosto controcorrente
nel clima attuale della sua chiesa, vanno in tale direzione.
Piuttosto che prendermela con la Cei in nome della laicità,
preferirei dire: spiegatemi bene i vostri argomenti e accettate di
discuterli e di giungere a un accordo.
Terzo punto, il dialogo ecumenico. In Italia, certo, i vescovi
hanno ora altro da fare che parlare con noialtri quattro gatti. Ci
vedremo a Sibiu,
ci diremo alcune cose belle e anche vere, poi però, quando si fa sul
serio, i rapporti di forza sono quelli che sono. Tuttavia, io credo,
un dialogo ecumenico sull’etica non farebbe male. O meglio: un
poco doloroso lo sarebbe, perché su molti punti i dissensi sono
radicali, ma proprio per questo sarebbe bene iniziare a discuterli.
Può essere più comodo compiacersi del fatto che alcune chiese
evangeliche (molte delle quali, peraltro, non sembrano avere una
grande opinione dell’ecumenismo) la pensino, in etica, come
Roma. Il cardinale Kasper lo ripete spesso con soddisfazione: e così
insegue un rapporto privilegiato con gli ortodossi, discute un
po’ di teologia (al momento, sembra, senza grande convinzione,
tranne che sul «primato petrino», che è un tema gradito) con i
protestanti, e addita a questi ultimi gli evangelical come esempio di rigore
morale. Non sono sicuro che sia l’ideale per una prassi
ecumenica.
Summa summarum: a) non
agitiamoci troppo, come evangelici e come cittadini, se i vescovi
fanno un po’ di baccano; b) se però dicessero qualcosa che si
presta non solo a essere ingoiato o, per quanto ci riguarda,
respinto, ma anche discusso, sarebbe meglio per tutti; c) infine,
vediamo se questo dialogo ecumenico è coreografia, oppure confronto
spregiudicato intorno alla Bibbia e alle sue esigenze per
l’oggi. Se, invece, la valenza pubblica della parola di Dio
deve passare dagli accordi trasversali tra Casini e Mastella,
ditecelo subito e risparmiamo tutti un po’ di tempo.
Tratto da Riforma del 2 marzo
2007
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