Domenica 22 Dicembre - IVa Domenica di Avento
La terza candela, la candela dell’amore
Le scorse domeniche abbiamo acceso le candela di speranza, pace e gioia; oggi, quarta domenica d'avvento, accendiamo la candela dell'amore.
Questa candela ci ricorda che il motivo della nascita di Gesù a Betlemme è l'amore che Dio prova per noi e che ci vuol mostrare nella vita di suo figlio.
Dio d'amore Ti ringraziamo per l'amore pieno e perfetto che Gesù ha vissuto.
Contagiaci con questo stesso amore, rendici capaci di propagarlo sulla terra.
Fa' che i nostri sorrisi siano capaci di riflettere l'amore che hai per noi.
Te lo domandiamo nel nome di colui che è nato a Betlemme.
Amen.
E l'angelo, rispondendo, le disse:
Lo Spirito Santo verrà sopra te, e la virtù dell'Altissimo ti adombrerà;
per tanto ancora ciò che nascerà da te Santo sarà chiamato Figliuol di Dio.
Ed ecco, Elisabetta, tua cugina, ha eziandio conceputo un figliuolo nella sua vecchiezza;
e questo è il sesto mese a lei ch'era chiamata sterile.
Poichè nulla è impossibile a Dio.
E Maria disse: Ecco la serva del Signore; siami fatto secondo le tue parole.
E l'angelo si partì da lei.
Luca 1, 35-37 (vers. Diodati)
"Nulla è impossibile a Dio" aveva detto l'angelo a Maria: più fedeli al testo: "Nulla è impossibile da parte di Dio" (Luca 1,37).
Cosa succederebbe se vivessimo tutti i nostri incontri come se venissero a noi "da parte di Dio"?
Secondo Luca, autore degli Atti degli apostoli, sarebbe....pentecoste più volte al giorno.
E fu pentecoste per Elisabetta ben prima del giorno fissato per quella festa. Non appena il bambino in lei era trasalito all'avvicinarsi di Maria, Elisabetta "fu colmata di Soffio santo, e a gran voce disse: 'Benedetta tu tra le donne...".
Ancora prima che i tempi fossero compiuti, la pentecoste avviene per una donna umiliata e negata da lunghi anni. Lo stesso per la notizia di pasqua che raggiungerà prima una donna a lungo disprezzata e numerose sue compagne trattate da "rimbambite".
E' bene dunque che nulla sia impossibile quando è "da parte di Dio". Da che cosa si riconosce che un incontro viene "da parte di Dio"? Non gli manca nulla di essenziale, poiché si lascia che il Soffio faccia il suo lavoro, quello cioè di modellare le persone che si incontrano, secondo la sua visione dei tempi a venire. Lo si vede levigare ogni essere umano come l'oceano fa rotolare le conchiglie sulla spiaggia.
Nei nostri incontri più banali, è sempre possibile vivere, come Elisabetta, il giubilo di ogni nuova nascita: quando si svela il capolavoro tessuto nell'ombra, si sa senza sbagliarsi che è "da parte di Dio"; i fili diventano visibili, l'incontro ha preso un senso imprevisto, quello che Dio gli aveva destinato. E' anche Natale prima del tempo, quando i fili diventano visibili sull'arazzo delle nostre vite. [...]
Sull'ordito invisibile, che appartiene solo a Dio, si sono evidenziati contorni della trama luminosa di Natale. Ma non è forse vero che lui continua ancora a tessere sempre l'avvenire della sua parola come al tempo in cui la prima comunità si rallegrava della venuta di Gesù?
"Elisabetta a gran voce disse: "Benedetta tu tra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo. A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?".
Letteralmente: "Da dove per me?", "Da dove mi viene questo?", "Cosa ho fatto perchè mi succeda questo?" Assolutamnete nulla, se non l'aver totalmente assunto la tua impotenza e il tuo vuoto di donna sterile...ed esserti lasciata riempire di Dio quando il tempo era compiuto.
Gesù non era ancora nato che suscita una parola profetica in un essere umano, una donna semplicissima. Un'altra al posto di Elisabetta forse non avrebbe notato che in quel preciso momento il suo bambino ancora una volta si stava muovendo in lei: si presta poca attenzione a tali coincidenze. Ma è dato a Elisabetta di scorgere la chiarezza discreta e accecante che gli altri non vedono ancora: ecco che Maria, questa giovane parente che incrocia oggi il suo cammino, è portatrice del suo liberatore, il Messia. E all'improvvisolo sa: il più grande, il più atteso, il re dei re passerà la sua vita a prendere corpo nel più concreto di qualsiasi essere umano.
Natale avviene per chiunque veda il Soffio santo tessere la vita nell'essere profondo di qualcuno e si lasci ispirare per dirgli: "Tu, tu sei bendetto! Dio sta facendo germogliare la vita in te.
Ne sono inspiegabilmnete testimone. Che provilegio per me vedere che tu porti il Cristo dentro di te!".
tratto da "Un atelier di tessitura" in Lytta Basset "Albe di speranza" Ediizioni Qiqajon
Domenica 15 Dicembre - IIIa Domenica di Avento
La terza candela, la candela della gioia
Le scorse domeniche abbiamo acceso le candele della speranza e della pace; oggi, terza domenica di avvento, accendiamo la candela della gioia. Questa candela ci ricorda la gioia delle persone che hanno ascoltato l’annuncio dell’angelo Gabriele: la famiglia di Gesù, i pastori.
Dio d’amore, Ti ringraziamo per la gioia che ci doni.
Aiutaci a trovare motivi di gioia negli incontri che ci fai avere,
nelle giornate che ci fai trascorrere.
Fa’ che nei nostri occhi si legga la gioia di chi ha capito
che il Messia è nato per lui/lei.
Te lo domandiamo nel nome di colui che è nato a Betlemme.
Amen.
Al sesto mese l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città di Galilea
detta Nazareth ad una vergine fidanzata ad un uomo chiamato Giuseppe,
della casa di Davide; e il nome della vergine era Maria.
E l’angelo, entrato da lei, disse: «Ti saluto, o favorita dalla grazia; il Signore è con te».
Ed ella fu turbata a questa parola, e si domandava che cosa volesse dire un tal saluto.
E l’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.
Ed ecco tu concepirai nel seno e partorirai un figliuolo e gli porrai nome Gesù.
Questi sarà grande, e sarà chiamato Figliuol dell’Altissimo,
e il Signore Iddio gli darà il trono di Davide suo padre,
ed egli regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno, e il suo regno non avrà mai fine».
E Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?».
E l’angelo rispondendo, le disse: «Lo Spirito Santo verrà su di te e
la potenza dell’Altissimo ti coprirà dell’ombra sua;
perciò ancora il santo che nascerà, sarà chiamato Figliuolo di Dio.
Ed ecco, Elisabetta, tua parente, ha concepito anche lei un figliuolo nella sua vecchiaia;
e questo è il sesto mese per lei, ch’era chiamata sterile;
poiché nessuna parola di Dio rimarrà inefficace».
E Maria disse: «Ecco, io sono l’ancella del Signore; mi sia fatto secondo la tua parola».
E l’angelo si partì da lei.
Luca 1,26-38
Che cosa celebriamo quando celebriamo il Natale, che è, a ragione o a torto, la festa cristiana più diffusa al mondo, quella più universalmente celebrata, forse perché è uno straordinario intreccio di storia, teologia e poesia, da cui emana un fascino particolare, al quale è difficile, per i più svariati motivi, restare indifferenti? A Natale celebriamo, come tutti sanno, una nascita: «Natale» è in realtà un aggettivo che sottintende «giorno» e vuol dunque dire: giorno della nascita. Sappiamo anche di chi celebriamo la nascita: di Gesù. [...]
1. Una nascita annunciata. Il Vangelo di Luca comincia con l’annuncio di una nascita, anzi di due: oltre a quella di Gesù (1,26-38), annuncia anche quella di Giovanni Battista (1,5-25).
Solo Luca, tra gli evangelisti, annuncia queste nascite. Marco e Giovanni, com’è noto, ignorano la nascita di Gesù (e a maggior ragione quella del Battista), nel senso che non la raccontano: evidentemente non la considerano rilevante per l’evangelo che essi annunciano.
Matteo invece racconta la nascita di Gesù (non però quella del Battista), ma non l’annuncia: c’è un angelo del Signore (senza nome, a differenza di quello di Luca, che si chiama Gabriele: Luca 1,19) che in sogno rivela a Giuseppe che Maria, inaspettatamente incinta, non lo ha tradito, perché «ciò che in lei è generato, è dallo Spirito Santo» (1,20) e che toccherà a lui dare al bambino il nome che qualcuno non menzionato – evidentemente Dio stesso – ha scelto: Gesù (1,21). In Matteo dunque non c’è annuncio, ma rivelazione.
In Luca invece è annunciata sia la nascita di Giovanni Battista sia quella di Gesù da parte dello stesso angelo Gabriele. Soffermiamoci un istante su questo annuncio.
a) Di solito si annuncia una nascita avvenuta, qui invece si annuncia una nascita che deve ancora avvenire. Perché? C’è forse bisogno di annunciare una nascita? Ogni nascita si annuncia da sé, senza angeli. Appena un bambino è stato concepito, la donna intuisce quasi subito che qualcosa di nuovo è accaduto dentro di lei, ancor prima che la cosa diventi evidente ad occhi estranei. Anche se la vita sbocciata è ancora embrionale, molto prima che da fuori si possa notare alcunché, la donna avverte la presenza di un altro nel suo grembo. È il bambino stesso l’«angelo» che annuncia la sua nascita.
Qui invece le due nascite sono annunciate dall’angelo Gabriele. Perché? Perché queste nascite sono uguali a tutte le altre e al tempo stesso diverse da tutte le altre. Sono uguali a tutte le altre perché, nei due casi, la gravidanza delle due donne dura nove mesi, come generalmente accade a ogni donna incinta, e la nascita avviene allo stesso modo in cui accadono tutte le nascite umane. Sono però diverse da tutte le altre, perché sono entrambe, in maniera speciale e unica, opera di Dio.
Nel caso di Elisabetta, l’allusione è più velata: «Ecco quel che il Signore ha fatto per me… » (1,25); nel caso di Maria è più esplicita: «Lo Spirito Santo verrà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà dell’ombra sua… » (1,35). Ecco perché era necessario annunciarle: per segnalarne la novità e la diversità.
La nascita è sempre l’inizio di una storia nuova, che non è ancora stata scritta perché non è ancora stata vissuta. Inaugurando il suo Vangelo con l’annuncio di due nascite, è come se Luca dicesse: Ho scritto questo Vangelo per raccontarvi una storia nuova e diversa da quelle che sono state vissute e scritte finora. Celebrare il Natale significa celebrare queste nascite, cioè l’inizio di una storia nuova e diversa.
b) Dove avviene l’annuncio della nascita di Gesù? Avviene a Nazareth, insignificante cittadina della Galilea, mai menzionata nella Legge e nei Profeti, sulla quale non c’è alcuna promessa, una specie di non-luogo dal punto di vista spirituale. Per di più collocato in Galilea, terra malfamata politicamente e religiosamente. Politicamente perché regione ribelle, dalla quale provenivano molti elementi della guerriglia anti-romana, che oggi chiameremmo «terroristi»; religiosamente, perché terra di confine, di religione mista, nella quale c’erano, sì, famiglie di ebrei osservanti (come Maria e Giuseppe, che salivano regolarmente al tempio di Gerusalemme per le grandi feste), che però convivevano con i pagani, e questo rendeva la regione impura.
Nazareth gode di così poco credito nell’opinione corrente che quando Filippo, secondo il Vangelo di Giovanni, dice a Natanaele: «Abbiamo trovato il Messia, cioè Gesù, figlio di Giuseppe, da Nazareth», Natanaele commenta: «Può forse venir qualcosa di buono da Nazareth?» (1,45-46). Evidentemente no. Da quella estrema periferia geografica e spirituale della terra promessa non può venir nulla di buono.
E invece è proprio lì che Dio manda il suo angelo ed è da lì, dalla periferia, che Dio comincia a scrivere la sua storia nuova. Ci sono molte periferie e molti tipi di periferia. Penso, ad esempio, alle periferie sociali, così drammaticamente presenti anche nel nostro paese: la grande periferia dei cosiddetti «extracomunitari», e al suo interno quella dei cosiddetti «clandestini» (per Dio non ci sono clandestini), cercati da quelli che li fanno lavorare in nero sfruttati, e braccati dalla polizia che li rispedisce nei paesi da dove sono fuggiti. Penso alla periferia umana costituita da tante persone che conoscono il «mal di vivere» materiale, psicologico, affettivo, i perdenti, quelli che non ce la fanno. Penso anche alla periferia della fede, cioè alle tante persone che vivono sul confine tra fede e dubbio, tra speranza e scoramento, tra il vecchio che non passa e il nuovo che non nasce.
Ecco, Dio ha mandato il suo angelo ad annunciare il Natale in periferia.
Celebrando il Natale, celebriamo il Dio delle periferie. È più facile incontrarlo lì che altrove. [...]
tratto da: Paolo Ricca Come in cielo, così in terra : itinerari biblici. Claudiana 2018
Domenica 8 Dicembre - IIa Domenica di Avento
La seconda candela, la candela della pace
Domenica scorsa abbiamo acceso la candela della speranza; oggi, seconda domenica di avvento, accendiamo quella della pace. Questa candela ci ricorda la pace è un dono che va preparato. Dio ci dà la pace quando ci volgiamo a Lui in fede.
Dio d’amore, Ti ringraziamo per la pace che ci doni attraverso Gesù.
Guidaci sul cammino della pace in un mondo di guerra.
Fa’ che i nostri gesti siano gesti di riconciliazione e armonia.
Te lo domandiamo nel nome di colui che è nato a Betlemme.
Amen.
La prima considerazione che viene in mente di fronte a questo testo è che tutto ciò che sembrava utile per un corretto rapporto con la divinità, con la venuta di Gesù, perde valore.
Il suo evangelo crea uomini nuovi, vita nuova, comportamenti nuovi.
Il digiuno, pratica rispettabile, ora che c’è Gesù non ha più alcun senso.
Se si pretende di far coesistere la fede in Cristo con i vecchi criteri della vita, il risultato può solo essere squilibrio e alienazione, cioè l’equivalente di un cattivo servizio non solo verso la chiesa
e l’evangelo ma anche verso la società.
Se l’evangelo di Natale viene semplicemente a sovrapporsi ai nostri vecchi pensieri,
a uno stile di vita che non dà cenni di cambiamento, difficilmente potrà essere un giorno di festa, di gioia perché qualcosa di radicalmente nuovo ha fatto irruzione nella nostra vita.
Guardando a questo Natale 2024 possiamo scorgere una realtà piuttosto triste.
La nostra non è la realtà del digiuno così come la Bibbia ce ne parla; è caso mai la realtà di un popolo che, abituato al pensiero di vivere in un mondo che cresce sempre, non sa farsi una ragione di fronte all’improvvisa (neanche tanto) inversione di tendenza.
Nella Bibbia il digiuno è tempo di tristezza ma anche di riconoscenza perché là dove io mi limito, Dio mi colma di doni; là dove io limito me stesso do spazio a Dio, cioè riconosco che il senso della mia vita me la dà Dio.
Noi viviamo il Natale in un periodo in cui molti ritornano a chiedere digiuno, sobrietà, risparmio ma si è sobri e prudenti su una sola cosa: sulla propria fede e sulla propria responsabilità di credenti, sulla propria testimonianza e sulla contribuzione che si dà alla propria chiesa.
Tuttavia, anche se Gesù non vuole abolire la pratica del digiuno, è pur vero che Egli sottolinea che il digiuno è fuori luogo quando lo sposo è presente.
Non ci può essere Natale triste se evitiamo di costruire la nostra gioia e la nostra felicità su noi stessi, sul nostro modo di vedere e di vivere le cose, ma lasciamo che la speranza del Natale sia l’unica forza che crea festa nelle nostre famiglie.
Proprio in un tempo in cui – come si diceva – si invoca il digiuno, la sobrietà, è importante, per chi si definisce cristiano, riaffermare con forza e con entusiasmo la gioia della speranza nata a Natale in quell’uomo di nome Gesù.
Amen.
Vito Gardiol L’Eco delle valli valdesi Free press n.12 Dicembre 2024
Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle; sulla terra, angoscia delle nazioni, spaventate dal rimbombo del mare e delle onde; gli uomini verranno meno per la paurosa attesa di quello che starà per accadere al mondo; poiché le potenze dei cieli saranno scrollate.
Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nuvole con potenza e gloria grande.
Ma quando queste cose cominceranno ad avvenire, rialzatevi, levate il capo, perché la vostra liberazione si avvicina».
Disse loro una parabola: «Guardate il fico e tutti gli alberi; quando cominciano a germogliare, voi, guardando, riconoscete da voi stessi che l'estate è ormai vicina. Così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino.
In verità vi dico che questa generazione non passerà prima che tutte queste cose siano avvenute. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Badate a voi stessi, perché i vostri cuori non siano intorpiditi da stravizio, da ubriachezza, dalle ansiose preoccupazioni di questa vita e che quel giorno non vi venga addosso all'improvviso come un laccio; perché verrà sopra tutti quelli che abitano su tutta la terra.
Vegliate dunque, pregando in ogni momento, affinché siate in grado di scampare a tutte queste cose che stanno per venire, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo».
Luca 21, 25-36
Siamo alla prima domenica di Avvento. La parola Avvento ha la stessa etimologia dellala parola avventura, entrambe sono orientate verso ciò che accade. Quando Dio viene a noi , è sempre un'avventura. Questa prima domenica di Avvento ci ricorda che ciò che viene può essere il terrore e l'angoscia, perché la storia è tragica . Questo racconto è un in invito a prepararci per attraversare la prova.
«Ci saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra.» I segni cosmici appartengono al linguaggio dell'Apocalisse, che usa un vocabolario codificato in tempi di angoscia.
Il testo non parla di un'esplosione finale alla fine dei tempo, ma delle diverse prove che siamo chiamati a attraversare. Per la prima Chiesa, si trattò della persecuzione, poi ogni epoca ha avuto il suo insieme. Quali sono le prove del nostro tempo? A quali resistenze siamo chiamati?
«Gesù disse loro ancora una parabola: Guardate il fico e tutti gli alberi.» Il fico simboleggia Israele nel Primo Testamento. Dà frutti deliziosi e ha un'ombra rinfrescante.
In questo Evangelo, Gesù aveva raccontato la storia di un fico che non portava frutti e che un vignaiolo si proponeva di curare (Lc 13, 6-9). Ecco ora questo stesso fico che comincia a germogliare. In un passaggio che parla di disgrazie, il fico è un segno di speranza che evoca la fine dell'inverno e l'arrivo della primavera. La Bibbia parla di grande sventura, ma dice anche che la sventura non è l'ultima parola della storia.
«Badate a voi stessi, perché il vostro cuore da stravizio, da ubriachezza, dalle ansiose preoccupazioni di questa vita. » Quando il nostro corpo è impacciato, è meno flessibile, meno vivo, meno resistente. Ha bisogno di esercizio per ritrovare la sua giovinezza. La stessa cos avale per la nostra fede che ha bisogno di ritrovare la sua agilità. Ciò che appesantisce il nostro cuore, sono gli eccessi, le ubriacature. I piaceri della vita non non sono vietati, ma quando sono in eccesso, arriva un punto di inversione dove i piaceri diventano schiavitù.
«Vegliate dunque, pregando in ogni momento, affinché siate in grado di scampare a tutte queste cose che stanno per venire.» Spesso si sente dire: «A cosa serve pregare dal momento che Dio sa cosa ci serve?» La risposta si trova in questo passaggio. La caratteristica della preghiera è tenerci svegli e lottare contro le tentazioni.
La grande tentazione della nostra mondo è il conformismo, è prestare troppa attenzione alla piccola voce che ci sussurra all'orecchio: «A che serve essere fedeli al Vangelo? Fai come tutti, mangia, bevi, goditi la vita, consuma, brilla, cerca il potere, sii il padrone dei tuoi valori, dimentica i tuoi impegni giovanili. Quello che è di moda oggi , è essere mobile, adattabile e soprattutto non perdere l'ultimo treno di ciò che si deve pensare... Puoi anche provare a precederlo!» Che lo vogliamo o no, siamo influenzati dal modo di pensare del nostro mondo e abbiamo bisogno di antidoti per vivere diversamente. La preghiera è uno di questi.
Antoine Nouis Réforme 28 Novembre 2024
Le riflessioni e le preghiere sulle candele sono tratte da "Per l’accensione delle candele dell’Avvento" Gregorio Plescan in Parole e Gesti per dire Dio - spunti per il rinnovamneto liturgico N.10 Natale 2024