ma quando giunse la pienezza del tempo,
Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge,
per riscattare quelli che erano sotto la legge,
affinché noi ricevessimo l'adozione.
E, perché siete figli, Dio ha mandato lo Spirito del Figlio suo
nei nostri cuori, che grida: «Abbà, Padre».
Così tu non sei più servo, ma figlio; e se sei figlio,
sei anche erede per grazia di Dio.
Galati 4,4-7
video culto del pastore Francesco Marfè della Chiesa Valdese di Firenze
Preghiera per un Natale di pace e nonviolenza
In questo giorno di Natale, Ti preghiamo perché in Medio Oriente sia raggiunta una convivenza possibile che veda israeliani e palestinesi vivere insieme, nella giustizia e nel rispetto dei reciproci diritti.
Ti preghiamo in particolare, o Signore, per le nostre sorelle e i nostri fratelli ebrei, per quelli che vivono in Israele, e per quanti vivono in Italia e nella diaspora. Nel momento in cui sono chiamati a decidere del loro futuro, Ti chiediamo di liberare i loro cuori dalla paura e dalla disperazione.
Ti preghiamo e affidiamo alla tua misericordia le nostre sorelle, i fratelli, le bambine e i bambini palestinesi e Ti chiediamo di guidare e sostenere tutti coloro che hanno il potere di decidere, affinché fermino morti e distruzioni.
Dai a tutti e a tutte la fiducia necessaria a percorrere la via del dialogo, della riconciliazione, della non violenza.
A tutti dona la pace. AMEN
Preghiera da pronunciare durante le celebrazioni in occasione del Natale
proposta da un gruppo di evangelici (battisti, Esercito della salvezza, luterani, metodisti e valdesi) e di cattolici per la pace
Domenica 24 Dicembre - IV Domenica di Avento
Maria serbava in sé tutte quelle cose, meditandole in cuor suo.
Luca 2,19
Era una madre giovanissima. La chiamavano Maria.
Nessuno la conosceva nel villaggio, ancora meno noi che non frequentavamo nessuno.
Era quasi trasparente, come lo eravamo stati noi sulle colline, e anche Giuseppe, l'uomo che stava accanto a lei. Erano uniti in una medesima adorazione.
Tutto sembrava così semplice, come se ci conoscessimo tutti da lungo tempo.
Maria si era messa a cantare, e noi le rispondevamo con il nostro vocione arrochito perché non potevamo più tacere.
Ora Maria era raggiante, tutta assorta nella contemplazione del cuore.
Si sarebbe detto che recitasse per Dio tutti i salmi di lode che conosceva: di sicuro non le sarebbe bastata tutta una vita per dirgli quanto 1'amasse!
No, Dio non era colui che avevo immaginato .. . e neppure io ero quello che credevo.
lo, il più anonimo dei pastori di Betlemme, quello che non aveva voce in capitolo, che veniva cacciato perché puzzava di pecora, mi sentivo accolto ... come fossi stato il re Davide in persona!
E il canto di Maria faceva ora rinascere in me le lunghe veglie invernali della mia infanzia. A quell'epoca, un vecchio che un tempo aveva studiato le nostre Scritture citava a volte il profeta Isaia, con una voce piena di tenerezza: "Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi" (Mt I,23; cf. Is 7,14).
In quel momento in me si produsse una grande confusione: per la prima volta questa parola mi toccava anche nel mio corpo . .. Emmanuele, Dio con me, venuto a colmare il grande vuoto che faceva male ... Una lacrima è scivolata lungo la mia guancia, a me che non avevo mai potuto piangere, soffocato da troppi dolori dimenticati. La voce mi raggiungeva nell'intimo: non mi vergognavo più di soffrire, di essere solo, di non avere che animali come amici.
La voce aveva detto il vero .. .
Lytta Bassett Pastori ai margini. Pastori in cammino
tratto da "Albe di speranza" Edizioni Qiqajon 2023
Domenica 17 Dicembre -III Domenica di Avento
Esulta grandemente, o figlia di Sion,
manda grida di gioia, o figlia di Gerusalemme;
ecco, il tuo re viene a te; egli è giusto e vittorioso,
umile, in groppa a un asino, sopra un puledro di asina.
Io farò sparire i carri da Efraim, i cavalli da Gerusalemme,
e gli archi di guerra saranno annientati.
Egli parlerà di pace alle nazioni,
il suo dominio si estenderà da un mare all'altro,
e dal fiume fino alle estremità della terra.
Zaccaria 9, 9-10
I miei occhi hanno visto la tua salvezza,
che hai preparata dinanzi a tutti i popoli.
Luca 2,30-31
Continuiamo ad aspettare
Colui che viene, colui che nasce a Natale.
Continuiamo ad aspettare Colui
che è già venuto e che verrà,
che si ostina a bussare alla porta, a offrirsi.
Ed è da questa ostinazione che possiamo trarre la speranza.
Ostinazione della grazia,
nonostante i nostri errori e le nostre indifferenze.
Ostinazione dell’amore,
nonostante le nostre stanchezze e i nostri scoraggiamenti.
Ostinazione del perdono,
nonostante la violenza e lo sfruttamento.
Egli viene…
a realizzare o trasformare le nostre aspettative
a creare qualcosa di nuovo
a dirci che è ancora possibile.
Egli viene…
a dissipare le nostre oscurità
a intrecciare il terra-terra dalla nostra vita quotidiana
con la luminosità delle sue meraviglie.
Egli viene…
per ciascuna, per ciascuno,
scintilla di un incontro.
Quando una voce ha osato dirlo
Senza cercare di coglierlo.
Laurence Flachon
Pastora della Église Protestante Unie de Belgique
Domenica 10 Dicembre -II Domenica di Avento
1 Principio dell'evangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio.
2 Secondo quanto è scritto nel profeta Isaia: “Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero a prepararti la via... 3 Voce di uno che grida nel deserto: 'Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri'”.
Marco 1,1-3
«Inizio» è la prima parola del primo tra i quattro evangeli, la parola inaugurale della storia che Marco si accinge a raccontare e che è la storia di una vita, quella di Gesù di Nazareth, ma è anche molto di più: non, come qualcuno pensa, l'inizio di una nuova religione (di cui Gesù non ha mai parlato), ma l'inizio di un nuovo mondo, chiamato «regno di Dio», presentato da Gesù non come un lontano miraggio nel futuro, ma come un'inattesa sorpresa nel presente.
Anche la Bibbia comincia con la stessa parola: «Nel principio»: qualcosa che prima non c'era comincia a esistere. Che cosa comincia? Nel primo libro della Bibbia cominciano il mondo e l'umanità; in Marco cominciano un nuovo mondo e una nuova umanità. Anche l'evangelo secondo Giovanni comincia con la stessa parola: «Nel principio»; anche per lui, come per Marco, è l'inizio della storia di Gesù, ma questa storia Giovanni la fa cominciare da Dio stesso, Marco invece la fa cominciare dal profeta Isaia e dalla voce di uno che grida nel deserto. Un inizio, quindi, non dall'alto, ma dal basso, non dall tempio, ma deserto, non da un rabbino famoso, ma da un predicatore solitario più temuto che amato. Dio, che sta in alto, comincia dal basso. Perché? Perché la maggior parte della gente sta in basso, e Dio vuole raggiungere tutti, nessuno escluso.
Una delle caratteristiche maggiori dell'opera di Gesù raccontata da Marco è di includere gli esclusi. Tanto che include anche i bambini, che nella società di allora non contavano nulla; Gesù li mette al primo posto. Quello di Gesù è questo mondo capovolto.
Ora, Marco è uno scrittore che non ama i giri di parole, le lungaggini, va dritto al cuore del discorso: dice all'inizio quello che avrebbe potuto dire alla fine, anticipa insomma la condusione affermando subito che la storia che sta per raccontare è un «evangelo», parola greca che significa sia «buona notizia», sia «lieto annuncio». «Evangelo» è una parola che Marco ama più degli altri tre evangelisti: in Luca e Giovanni («evangelo» non compare mai; in Matteo compare quattro volte, ma sempre con una precisazione: «evangelo del Regno» (4,23; 9,35; 24,14), oppure «questo evangelo» (26,13). Marco, che ha scritto un evangelo molto più breve degli altri tre, lo adopera sette volte, di cui solo due sono seguite da una precisazione: «l'evangelo di Gesù Cristo» (1,1) e «l'evangelo di Dio» (1,14). Tutte le altre volte, Marco parla di «evangelo» senza altre specificazioni (1,15; 8,35; 10,29; 13,10; 14,9), proprio come ne parla Paolo. Come in Paolo, così anche in Marco «evangelo» è una parola che parla da sola: si sa che cosa contiene e che cosa significa senza bisogno di altre precisazioni. L'evangelo, dunque, è «una buona notizia». Buona per chi? Per tutti, cominciando però, come si è detto, da quelli che stanno in basso. Buona, per i primi, cominciando però dagli ultimi. Buona per i giusti, cominciando però dai peccatori. Buona per i grandi, cominciando però dai piccoli. Buona per i buoni, cominciando però dai cattivi. Buona per i Farisei, cominciando però dai pubblicani. Buona per i pagani, cominciando però dagli ebrei. In questo senso l'evangelo è una buona notizia per tutti.
Ma di che cosa parla questa buona notizia? Qual è il lieto annuncio che arreca?
Marco risponde: è Gesù di Nazareth, è lui la «buona notizia»; il «lieto annuncio» è che un uomo come Gesù abbia realmente vissuto su questa terra, non come apparizione fugace, ma come esistenza concreta, vita, opere, morte, come ogni altra persona umana. [...]
A questo punto, a proposito della parola «evangelo», è bene ricordare due cose. La prima è che questa parola, nella società di allora, faceva parte del linguaggio imperiale, in un tempo in cui gli imperatori erano, almeno formalmente, adorati come divinità: la loro nascita, la loro ascesa al trono, le loro vittorie militari erano annunciate urbi et orbi come «evangeli», come «buone notizie» da divulgare in tutto l'impero,.che allora voleva dire: in tutto il mondo. Marco sottrae al linguaggio imperiale la parola «evangelo» e la pone al servizio di un altro re e di un altro regno, completamente diverso dall'impero romano; «evangelo» acquista così un contenuto totalmente nuovo: la «buona notizia» non è che l'imperatore di Roma ha vinto un'altra guerra e sottomesso un altro popolo, ma è che in un angolo sperduto dell'impero è stato inaugurato il regno di Dio e con Gesù di Nazareth è diventato molto vicino e molto reale.
La seconda cosa che merita tenere a mente è che l'apostolo Paolo, come Marco, adopera spesso la parola «evangelo», che anche per lui, come per Marco, riguarda sostanzialmente Gesù, ma non la sua vita, bensì la sua morte e risurrezione. L' «evangelo», per Paolo, è la morte di Gesù («la croce») e la sua vittoria sulla morte mediante la risurrezione. Per Marco invece l' «evangelo» è anzitutto e fondamentalmente la vita di Gesù, la sua intera storia, che culmina, sì, con la sua passione e morte, mentre la risurrezione è chiararrente attestata dalla assenza del corpo e soprattutto dalle parole del «giovinetto vestito di bianco», seduto a destra del luogo dov'era stato deposto il corpo di Gesù, che annunciò alle donne paralizzate dalla paura che Gesù era risuscitato. Le donne probabilmente neanche capirono quello che quel «giovanetto» stava loro dicendo e «fuggirono via dal sepolcro, perché erano prese da tremito e da stupore, e non dissero nulla ad alcuno perché avevano paura». Qui termina bruscamente il racconto di Marco. I versetti successivi (9-20) del capitolo 16 sono un' aggiunta posteriore che non faceva parte della versione originaria di Marco, nel quale mancavano del tutto, rispetto agli altri tre evangeli, le apparizioni di Gesù risorto, peraltro fondamentali come riprova che la sua risurrezione non è stata una fantasia dei discepoli, ma un fatto realmente accaduto anche se non verificabile.
Marco dunque, rispetto all'uso del termine «evangelo» consacrato dall' apostolo Paolo - il massimo missionario del cristianesimo apostolico - ha compiuto un' operazione audace di enorme importanza: ha introdotto nella nozione di «evangelo» la vita di Gesù, quindi la sua predicazione e i suoi insegnamenti, il suo stile di vita come «essere-per-gli-altri», la sua instancabile opera di liberazione dei corpi da malattie di ogni genere, delle menti da varie forme di alienazione, e delle coscienze da tanti sensi di colpa mediante il perdono dei peccati. In questo modo Marco ha arricchito moltissimo la nozione di «evangelo», e ha per primo affermato una verità cristiana fondamentale: Gesù salva l'umanità non solo con la sua morte e risurrezione, ma anche e altrettanto con la sua vita. Marco è il primo che l'ha raccontata mettendola per iscritto, perché si è reso conto del suo valore inestimabile in quanto rappresenta per tutte le generazioni che da allora si sono susseguite fino alla nostra, e per quelle che verranno, la qualità e la misura della vera umanità, che ancora, noi umani, non abbiamo imparato.
Riprendiamo, per concludere, il filo del racconto di Marco 1,1: l'evangelo di cui sta per iniziare il racconto è specificato come «di Gesù Cristo», che può significare sia l'evangelo annunciato e realizzato da Gesù (l' «evangelo del Regno»), sia l'evangelo che ha come contenuto vita, morte e risurrezione di Gesù. I due significati si completano a vicenda, vanno dunque mantenuti entrambi. Marco poi qualifica ulteriormente la persona di Gesù con due titoli, entrambi fondamentali per capire Gesù: «Cristo», che letteralmente significa «Unto», e designa il Messia atteso (oggi ancora) da Israele, che avrebbe inaugurato l'era messianica; e «Figlio di Dio», che può essere inteso in molti modi, e il significato che Marco gli attribuisce sarà precisato in diverse occasioni, specialmente due: il battesimo (1,11) e la confessione del centurione romano (un pagano!) ai piedi della croce (15,39). Marco quindi, con questi due titoli, riassume, anticipandola, la sostanza della vita di Gesù che egli racconterà, cioè la progressiva rivelazione della sua messianicità e divina filialità. Nell'inizio c'è, in un certo senso, già la fine. Un inizio davvero folgorante.
Tratto da:
Paolo Ricca Secondo Marco. Commento al più antico Vangelo cristiano. Claudiana 2023.
Domenica 3 Dicembre -I Domenica di Avento
33 State in guardia, vegliate, poiché non sapete quando sarà quel tempo.
34 È come un uomo che si è messo in viaggio, dopo aver lasciato la sua casa, dandone la responsabilità ai suoi servi, a ciascuno il proprio compito, e comandando al portinaio di vegliare.
35 Vegliate dunque perché non sapete quando viene il padrone di casa: se a sera, a mezzanotte o al cantare del gallo la mattina, 36 perché, venendo egli all'improvviso, non vi trovi addormentati.
37 Ora, quel che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate”.
Marco 13,33-37
Come ogni anno, in questa prima Domenica di Avvento ci viene offerto di approcciare l'attesa della prima venuta del Cristo, a Natale, e l'attesa del sua seconda venuta, alla fine dei tempi. E lo facciamo seguendo l’Evangelo di Marco, che ci accompagnerà nel corso di questo nuovo anno liturgico (gli anni liturgici iniziano con l’Avvento).
Dunque, tra la Domenica delle Palme e l'inizio della passione, nei Vangeli sinottici, Gesù parla assai lungamente ai suoi discepoli, di ciò che accadrà quando se ne sarà andato e del loro ruolo in quel momento, nell'attesa del suo ritorno. Ma il suo discorso è paradossale.
Da un lato evoca una serie di eventi tragici: guerre, fughe, tradimenti, grandi angosce. Tutto sembra andare male. Ma questo discorso pessimistico non lo induce in alcun modo a raccomandare ai suoi discepoli di attendere passivamente che questi episodi dolorosi accadano. Al contrario, chiede loro di resistere, quasi come se si trattasse di niente: è come un uomo che parte per un viaggio e che ha lasciato le chiavi di casa ai suoi servitori.
In generale (e soprattutto oggigiorno), cerchiamo di piuttosto di “motivare le truppe” dicendo loro che "andrà tutto bene". Ma no, le cose si metteranno male, infatti, un motivo in più per tener duro in mezzo alle tempeste.
L'attesa che viviamo è quindi un'attesa attiva.
Siamo anche investiti di una responsabilità che può sorprenderci: il padrone affida ai suoi servitori l'autorità che è la sua, ciascuno ha un compito a sua misura; poi si assenta.
Il rischio che ci attende, quindi, non è tanto di sbagliare ma di addormentarci.
C'è, infatti, una tensione negli Evangeli.
A Natale Dio viene verso di noi, nella persona di Gesù, il Cristo, il Messia di cui si attendeva la venuta (da qui la parola “Avvento”). È lui che ci ama per primo, che viene incontro alla nostra debolezza, e chi si avvicina da noi. Fa qualcosa di cui saremmo incapaci.
La sua venuta, alla fine dei tempi, è descritta in modo piuttosto simile: arriva di sorpresa, senza che noi lo sappiamo.
Ma, allo stesso tempo, ci affida a missione estremamente estesa. Ci lascia le chiavi di casa e conta su di noi che agiremo fedelmente. Ci sostiene, giorno dopo giorno, in questo lavoro, certo, ma ci lascia prendere le nostre responsabilità. Ci ha detto l'essenziale e sta a noi trarne le conseguenze!
E c'è una seconda tensione, nel capitolo 13 di Marco: è proprio perché gli eventi sono contrari e tutto va male che è opportuno resistere e non addormentarsi.
Quando pronuncia queste parole Gesù sa che nei giorni successivi si scontrerà violentemente con l’ostilità degli uomini. Sa anche che il mondo che seguirà la sua risurrezione continuerà a voltare le spalle al suo messaggio.
Ecco perché ci impegna a condurre una vita radicale, libera e piena d’amore, contro tutto e tutti. Cristo è una luce che viene nella notte.
E tocca quindi anche a noi essere al nostro posto (senza falsa modestia e senza orgoglio): luci nel nostro mondo che sta sprofondando nella notte e che, in questi ultimi anni, vi sprofonda addirittura pericolosamente. Questo può demoralizzarci.
Le parole dell’Evangelo di Marco sono lì per incoraggiarci: c’è spazio per una vita diversa, luminosa e piena.
FRÉDÉRIC DE CONINCK teologo Mennonita
RÉFORME.NET 30 NOVEMBRE 2023