25 Dicembre Natale
Poiché questo è il messaggio che avete udito fin da principio: che ci amiamo gli uni gli altri. Non come Caino, che era dal maligno e uccise il suo fratello. E per qual motivo l'uccise? Perché le opere sue erano malvage, mentre quelle di suo fratello eran giuste.
Non vi meravigliate, fratelli, se il mondo vi odia.
Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte.
Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in se stesso la vita eterna.
Da questo abbiamo conosciuto l'amore: Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. Ma se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l'amore di Dio?
Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità.
Da questo conosceremo che siamo nati dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa.
Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio;
e qualunque cosa chiediamo la riceviamo da lui perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quel che è gradito a lui.
Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato.
Chi osserva i suoi comandamenti dimora in Dio ed egli in lui. E da questo conosciamo che dimora in noi: dallo Spirito che ci ha dato.
1 Giovanni 3, 11-24
Natale, cristianizzato o ridotto alle ferie intorno al solstizio d'inverno, festeggia una nascita. Ne deriva, nella maggioranza delle case, la tradizione di farsi dei regali. Un gesto, parole, un oggetto, un'attenzione; tanti modi per dire in modo concreto all'altro che occupa un posto speciale nel nostro cuore.
Manifestiamo il nostro amore in maniera visibile, tangibile. Il versetto 14, introduzione al lungo sviluppo su cos'è l'amore, è una parola forte di un estrema profondità . Non amare equivale a restare dentro la morte. "Che nessuno viva per se stesso", ha scritto Martin Bucero.
L'amore è accesso alla vita. È l'amore che ci fa nascere. Come amando, amante, amato, bambino di un altro. Poichè l'amore radica in ciascuno la dimensione dell'altro. L'amore, infatti, decentra la nostra persona, la modella per dargli inclinazione e desiderio per l'altro.
Il Natale viene per tutti quando ci salva di noi stessi. Noi passiamo dalla morte alla vita, amando.
Isabelle Gerber Réforme N. 2927 23 Dicembre 2021
Principe di pace e di giustizia, tu sei nato.
Tu porti a chi è perduto vita, luce e chiarezza.
Cristo ha dato se stesso per liberarci
e metterci nel movimento della sua vita.
Siamo liberati dalla sua morte,
nati di nuovo per l'eternità.
Ascoltate questo, rallegratevi in ogni luogo:
Dio si fa uomo, un bambino nella mangiatoia.
Charles Wesley, George Whitefield
19 Dicembre - Quarta DOMENICA DI AVVENTO
Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere in sposa Maria,
perché il bambino che è stato concepito in lei viene dalllo spirito di Dio.
Tu gli darai nome Gesu
Matteo 1,20
Giuseppe è fidanzato con Maria. Si sono incontrati diversi volte, e Giuseppe non vede l'ora che arrivi la loro unione. Un contratto è stato firmato con i genitori della sua fidanzata, e lei l'ha accettato. Il matrimonio sarà celebrato tra pochi mese. Giuseppe potrà allora accogliere Maria nella sua casa. Sarà sua moglie, e già prega Dio per conceda loro dei bei figli.
E' allora che la notizia gli è caduta addosso come un doccia ghiacciata: Maria aspetta un bambino! Egli sa bene din non essere il padre. Cosa può pensare? Non avrebbe mai immaginato che Maria, così pura, avrebbe potuto lasciarsi andare adulterio. Giuseppe potrebbe ripudiare pubblicamente la sua sposa, e gettarla in pasto ai pettegolezzi del villaggio, ma non vuole lasciarsi vincere dal risentimento o dalla vendetta. Così decide di ripudiarla discretamente.
Quando aveva già preso la sua decisione, una notte, Giuseppe fece un sogno. Gli apparve un angelo e gli disse: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere in sposa Maria, perché il bambino che è stato concepito in lei viene dalllo spirito di Dio. Tu gli darai nome Gesu".
Al risveglio Giuseppe si chiede: qual è il significato di questo sogno? Deve fidarsi di quello che ha sentito in sogno? Si è mai sentito parlare di un bambino concepito senza l'intervento di un uomo? Esita.
Alla fine, sceglie di ascoltare il suo sogno e di dae fiducia alla vita. Il giorno dopo, accoglierà Maria a casa sua, e il bambino della sua sposa sarà il suo. Per realizzare quanto gli è sttao detto in sogno, lo chiamerà Gesù e gli insegnerà il suo mestiere
Il Deuteronomio evoca la situazione di Maria. "Se una ragazza vergine è fidanzato con qualcuno, e quello l'uomo la incontra in la città e dorme con lei, li porterai tutti due fuori dalla porte della città, li lapiderai e moriranno" (Dt 22, 23-24). Si dovrebbe capire che la situazione di Maria è una umiliazione per il suo fidanzato. Quando considera di ripudiare la sua fidanzata con discrezione, Giuseppe passa già sopra al suo onore. E, dopo il suo sogno, accogliendola in casa, restituisce un futuro
alla sua fidanzata e al bambino che lei sta aspettando.
Adottando il figlio di Maria, Giuseppe è un modello di paternità. Quando nasce un bambino, la madre ha già una lunga storia condivisa con colui che è cresciuto nel suo grembo. Prendendo il bambino tra le sue braccia, accoglie un neonato ma anche un essere che era una parte di lei stessa. A differenza della madre, quando il il padre prende il bambino tra le braccia, conosce un piccolo essere abbastanza fragile come si aspettava, ma che è ancora, per lui, uno sconosciuto. Ci vorrà tempo prima che il piccolo diventi suo figlio, sua figlia, attraverso tutte le fibre del suo corpo.
Per comprendere questa idea, dobbiamo distinguere la paternità dal semplice fatto di essere genitore. Non è con il pretesto che il mio seme è stato fecondo che io sono il padre del potenziale bambino: all'inizio, sono solo il genitore. La paternità è un processo di adozione. Per diventare padre, il genitore deve riconoscere suo figlio e assumersene la responsabilità.
Giuseppe è un modello di paternità in quanto ha accolto il figlio della sua fidanzata e l'ha accompagnato fino alla maturità anche se lui non ne è il genitore.
Il messaggio del sogno - alcuni parlerebbero del lavoro del sogno - era condurre Giuseppe da una applicazione severa e rigorosa della legge ad una accoglienza generosa. Egli ha fatto un lavoro di interpretazione delle Scritture poichè ha operato una gerarchia tra icomandamenti. Tra il comandamento che dice "Lapiderai adultera" e quello che dice "sceglierai la vita”, Giuseppe ha deciso che il secondo era il più importante, e ha avuto ragione.
Atoine Nouis Réforme 9 Dicembre 2021
12 Dicembre - Terza domenica di Avvento
5 Al tempo di Erode, re della Giudea,
c'era un sacerdote chiamato Zaccaria,
della classe di Abìa,
e aveva in moglie una discendente di Aronne chiamata Elisabetta.
6 Erano giusti davanti a Dio, osservavano irreprensibili tutte le leggi
e le prescrizioni del Signore. 7 Ma non avevano figli,
perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni.
8 Mentre Zaccaria officiava davanti al Signore nel turno della sua classe,
9 secondo l'usanza del servizio sacerdotale,
gli toccò in sorte di entrare nel tempio per fare l'offerta dell'incenso.
10 Tutta l'assemblea del popolo pregava fuori nell'ora dell'incenso.
11 Allora gli apparve un angelo del Signore,
ritto alla destra dell'altare dell'incenso.
12 Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu preso da timore.
13 Ma l'angelo gli disse: «Non temere, Zaccaria,
la tua preghiera è stata esaudita
e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, che chiamerai Giovanni.
14 Avrai gioia ed esultanza e molti si rallegreranno della sua nascita,
15 poiché egli sarà grande davanti al Signore;
non berrà vino né bevande inebrianti,
sarà pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre
16 e ricondurrà molti figli d'Israele al Signore loro Dio.
17 Gli camminerà innanzi con lo spirito e la forza di Elia,
per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti
e preparare al Signore un popolo ben disposto».
18 Zaccaria disse all'angelo: «Come posso conoscere questo?
Io sono vecchio e mia moglie è avanzata negli anni».
19 L'angelo gli rispose: «Io sono Gabriele che sto al cospetto di Dio
e sono stato mandato a portarti questo lieto annunzio.
20 Ed ecco, sarai muto
e non potrai parlare fino al giorno
in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole,
le quali si adempiranno a loro tempo».
21 Intanto il popolo stava in attesa di Zaccaria,
e si meravigliava per il suo indugiare nel tempio.
22 Quando poi uscì e non poteva parlare loro,
capirono che nel tempio aveva avuto una visione.
Faceva loro dei cenni e restava muto.
23 Compiuti i giorni del suo servizio, tornò a casa.
24 Dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie,
concepì e si tenne nascosta per cinque mesi e diceva:
25 «Ecco che cosa ha fatto per me il Signore,
nei giorni in cui si è degnato di togliere
la mia vergogna tra gli uomini».
Luca 1, 5-25
La prima scena dell'annunciazione ci mostra come non dovremmo reagire.
L'angelo Gabriele annuncia al vecchio Zaccaria, sacerdote del tempio, che sua moglie Elisabetta gli darà un figlio. Zaccaria però dubita. Ha sufficienti motivi razionali per non credere a ciò che l'angelo gli sussurra. Questi allora lo rende muto, perchè si apra a ciò che Dio vuole dirgli.
Zaccaria non deve rimanere in silenzio soltanto esteriormente, deve fare tacere anche le sue riflessioni razionali, altrimenti per l'angelo sarà impossibile annunciargli la novità proveniente da Dio. L'angelo conduce Zaccaria al silenzio, non soltanto perchè non dica più niente, ma perchè tacciano anche le considerazioni con le quali giudica di continuo se stesso e sua moglie. Lo spazio del giudizio è privo di giudizi. In questo spazio del silenzio Zaccaria cambia.
Tonerà a parlare alla nascita del bambino.
Anche noi abbiamo bisogno di silenzio per capire il messaggio di Natale. Dobbiamo mettere a tacere i nostri pregiudizi e i motivi del rifiuto a causa dei quali ci chiudiamo ai sussuri che, proprio a Natale, vogliono toccare la nostra anima.
Mettere a tacere tutte le argomentazioni razionali contro l'annuncio dell'angelo apre Zaccaria al mistero del Natale. Quando potrà di nuovo parlare, avrà compreso cos'è accaduto a Natale. E intonerà il Benedictus. Zaccaria ha capito che Dio ci visita nell'incarnazione del suo Figlio.
Dio che fa visita agli uomini è anche motivo ricorrente nelle saghe greche e in molte fiabe.
Dio viene in visita, ma gli uomini lo respingono. Per non rifiutare Dio a Natale, anche noi abbiamo bisogno di prepararci con silenzio. Allora poremo cantare con Zaccaria:
grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio,
per cui verrà a visitarci dall'alto un sole
che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre
e nell'ombra della morte
e dirigere i nostri passi
sulla via della pace
Luca 1, 78-79
Anselm Grün Dio si fa vicino. Paoline Milano 2013
5 Dicembre - Seconda domenica di Avvento
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi vedemmo la sua gloria,
gloria come di unigenito dal Padre,
pieno di grazia e di verità
Giovanni 1,14
Gesù è stato più che la saggezza di Dio all'origine della creazione (Proverbi 8, 22-31). E' tramite essa che Dio aveva creato il mondo. In Gesù, essa non era solamente presente sotto forma di un dono di perspicacia e di ragione, come lo era nella maggior parte degli altri saggi. In Gesù, la saggezza si è incarnata in un modo unico e singolare. [...]
Gesù è stato più che i figli dell'uomo alla fine della storia, questo Figlio dell'uomo che doveva prendere in carico il regno di Dio. Era lui che Daniele aveva visto in una visione: una figura celeste che rassomigliava ad un essere umano «come un figlio d'uomo» (Daniele 7,13) a cui era stato donato ogni potere.
Gesù non era un abitante del cielo. Non era un angelo. Non era solamente rassomigliante ad un essere umano, ma era assolutamente un «essere umano»: come essere umano, è stato sottoposto alla morte, alla differenza di tutti gli abitanti del cielo.
Gesù è stato più che il messia. Non ha liberato il popolo dai suoi nemici, ma gli umani dal peccato e dalla disperazione. Sulla terra, non è stato un vincitore, ma un perdente. Fu giustiziato, un messia che ha fallito.
Gesù è stato più che i figli di Dio. In Israele, chi faceva il bene e si occupava dei poveri e delle vedove era figlio di Dio (Siracide 4,10).
Gesù non faceva solo il bene come un figio di Dio; Dio si rifletteva perfettamente in lui come nella sua immagine. Dio poteva essere riconosciuto in lui. [...]
Gesù è stato più che gli dei che morivano, simboli della natura che muore e rinasce. Gli umani la piangono e si lamentano, alle prese con il circolo eterno delle primavere e dell'inverno. Dopo ogni inverno viene una primavera, dopo ogni primavera un inverno. Gli dei muoiono sempre di nuovo. E con loro, la natura muore sempre di nuovo.
Dopo Gesù, non viene che Dio. Per mezzo di lui, Dio rivela definitivamnte la vita.
Gesù è stato più agli dei dei antichi, "epifani", che discendevano sulla terra e venivano in incognito ad incontrare gli umani. Essi non avevano che la parvenza di essere umani. Ma Gesù era veramente un Dio diventato essere umano. In lui, la Parola è divenuta carne. In lui , Dio è diventato essere umano. [...]
Che Dio divenga umano ha per finalità il nostro stesso diventare umani.
La nostra cultura è piena di cinismo. Pertanto i nostri libri per l'infanzia sono pieni di una morale ottimista. Trasmettiamo ai bambini la fiducia che la vita può essere un successo!
Contro le nostre stesse convinzioni, una voce sovrana dice: «Ogni bambino ha come missione di vivere, e nessuno ha il diritto di mettere in discussione questa missione».
Questa voce ha preso forma in un bambino. La Parola è divenuta carne.
Ecco il messaggio che trasmette: poichè questo bambino è nato sulla terra, la vita può essere positiva, malgrado il nosto cinismo. Che egli sia divenuto umano ci aiuta a diventare umani.
Che Dio diventi umano è un'immagine, Dio vuole abitare nell'essere umano dalla nascita alla tomba, dal primo grido all'ultimo sospiro, nella gioia e nella sofferenza, nel successo e nel fallimento. L'essere umano ha un valore infinito se Dio è pronto a venire ad abitare in lui.
Quando i teologi della Chiesa antica rifiutarono l'intera concezione che faceva del divenire umano di Dio una semplice parvenza, combattevano per il proprio divenire umano, perché Dio fosse realmente presente nel cuore della loro vita, e non solo in apparenza.
Gerd Theissen Questions de foi - Dire le Christianisme autrement. Olivétan/Salvator 2021.
27 Novembre - Prima domenica di Avvento
e lo spirito mio esulta in Dio, mio Salvatore,
perché egli ha guardato alla bassezza della sua serva
Luca 1,47-48
Natale è prima di tutto uno sguardo! Uno sguardo molto particolare, di quelli che fanno improvvisamente esistere, di quelli che donano esistenza e consistenza... Noi conosciamo, tutti, quegli sguardi sfuggenti, quelli che ci evitano e ci danno l'impressione di essere trasparenti. Tutto inizia dunque con questo con questo sguardo che Dio posa sulla giovanissima Maria, Miriam, si dovrebbe dire nella lingua della Palestina di allora.
Mi ricorda la storia di una vecchia signora russa che va a trovare il suo direttore spirituale spiegandogli che per anni ha pregato la preghiera di Gesù tutti i giorni e che nonostante ciò non ha mai sperimentato la presenza di Dio. E lui non le propone di pregare più a voce alta o più spesso, e neanche di donare la sua fortuna ai poveri, le dice solo: «Non cambi vita, ma la guardi, anzi si lasci guardare da Dio. Faccia tutte le cose sentendo, e non pensando che ti stia guardando, non per sorvegliarla, ma per vegliare su di le. Lasci che la guardi e si rallegri di questo". Dopo sei mesi, l'anziana signora torna dal prete: «La ringrazio, dice, quello che ho cercato invano per tutta la vita, la presenza di Dio, l'ho trovata ora».
Sì, tutto inizia con uno sguardo! Dio guarda al “nulla infinito” della sua serva… Questo “nulla” non ha nulla a che vedere con l'umiltà che è pur sempre una virtù, un atteggiamento morale quindi scelto. Ora, Maria non è virtuosa. Il "nulla" di Maria è la condizione di coloro che nella Bibbia sono chiamati i "poveri di Jahveh". Sono così poveri che hanno solo il Signore a cui ricorrere! Non interessano a nessuno. Sono il bidone della spazzatura dell'umanità.
Questo "nulla" quindi non è umiltà, ma l’umiliazione, la spoliazione, l’alienazione... una condizione che non si avrebbe l'idea di scegliere, perché è completamente in fondo alla scala sociale, perché rappresenta proprio questo fondo dove la vita difficilmente è sopravvivenza, dove il pane e la considerazione mancano sempre.
Ma il laggiù in basso può essere anche interiore ed è anche una grande sofferenza. Maurice Bellet ne parla così: “È qualcosa dell'anima (...). È un certo modo di sentirsi esistere (...) La tristezza di esserci, di esserci, di essere quello che sono, di sussistere nella mia incapacità di vivere e accettarmi.
Laggiù in basso, è tutto ciò che non mi piace di me stesso. È lo sguardo degli altri, è il mio su me stesso quando cedo al terribile confronto tra ciò che sono (o credo di essere) e ciò che vorrei essere.
Ora, è su tutto questo che Dio poggia il suo sgardo. Non per giudicare, ma per posarvi un amore più grande del nostro disincanto. E la grazia è quella: arrivare ad amare le tenebre di cui siamo impastati. Quello che il teologo Paul Tillich riassume con questa straordinaria formula: poter finalmente "accettare di essere accettato pur sapendo di essere inaccettabile"!
Tutto dunque comincia con lo sguardo di Dio e questo sguardo porta in sé un completo sovvertimento, capovolge tutto. Improvvisamente, ciò che è giù in basso viene sollevato, elevato e infine esaudito (nel senso di una preghiera esaudita). Come dice Lutero nel suo commento al Magnificat: "Dio possiede ciò che è elevato". Secondo il Salmo 113 (v. 5-8), questo sguardo di Dio sull'uomo è una peculiarità del Dio della Bibbia. Per quanto sieda "in alto", guarda "al fondo" per risolevare coloro che mordono la polvere e installarli nel regno dei principi.
Mi piace la pacata sicurezza di Maria che in qualche modo si mette alle spalle la promessa quando canta: "gli affamati li ha ricolmati di bene, e ricchi li ha congedati a mani vuote". Ciò che accade con la nascita di Gesù è la fine dei privilegi e delle oppressioni, è la nascita irreversibile del mondo alla Promessa di Dio. Ma come con tutte le nascite, c'è sofferenza, c'è violenza, perché la vita di Dio deve farsi strada attraverso le nostre resistenze e le nostre sufficienze, deve sovvertire la nostra ossessione di dominare e di possedere.
E la sua unica forza è la totale debolezza dell'amore. Sappiamo benissimo che il nostro mondo ha poco a che fare con quello di cui canta Maria. Gesù non ha stabilito la pace o la giustizia sulla terra. Non liberò il suo popolo dall'oppressione romana, non risolse il problema della fame e della povertà, non lasciò una somma teologica, e tutti quelli che salvò morirono. Ma tutte le testimonianze che abbiamo di lui convergono: non è mai stato indifferente alla sofferenza e alla morte. Un solo incontro con lui poteva cambiare la disperazione, guardava le persone al di là del loro comportamento, le cercava in quella profondità dentro di loro dove la vita non era stata compromessa per far riemergere la loro vitalità e ridare loro lo slancio per amare.
Gesù non ha eliminato il male, ma ha cercato un'altra pienezza. Non la pienezza della perfezione, ma quella dell'affetto che accoglie incondizionatamente le nostre imperfezioni, quella della tenerezza che ci fa amare la vita, anche quando non la comprendiamo, anche quando il tragico o l'assurdo sembrano prendere piede.
Natale, è proprio questo: sentirci vivi sotto questo sguardo che ci arriva attraverso il volto dell’Emanuele, e che ci ricorda che tutti siamo irrevocabilmente promessi alla vita di Dio. "Non appena sappiamo - o ci sentiamo - guardati, alziamo lo sguardo" diceva il filosofo Walter Benjamin.
"Benedetti siano gli sguardi abbastanza teneri,
abbastanza folli, abbastanza veri,
per darmi il coraggio di sperare di nuovo in me stesso,
di aspettarmi qualcun altro in me.
Quelli veri, gli unici sguardi d'amore
sono quelli che sperano per noi,
che ci considerando invece di fissarci"
Paul Baudiquey, Pleins signes, Cerf, 1988, p. 47
Tratto da: Francine Carrillo Une parole au vif del'l'humain. Editions Ouverture Le Mont-sur-Lusanne (Suisse) 2021