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Candela dell'Avvento

Meditazioni di Avvento 2019

 

 

Natale

 

La notte sempre notte sarebbe stata
se l’urlo di un neonato non l’avesse sconcertata.
Le tenebre sarebbero rimaste per sempre tenebre
se la luce non si fosse azzardata a dissolverle.
Il dolore sarebbe rimasto per sempre dolore
se un volto non ne avesse condiviso il peso.

Natale, una memoria che genera la storia
una promessa che si oppone alla miseria
una parola scesa dritta sul mondo,
per aprire una faglia,
per illuminare la paglia
per incitare alla semina.
Dio può sempre farsi umano,
per coloro che accolgono
 la sua fragilità come una culla.

Francine Carrillo

 

Signore Dio nostro!
Quando abbiamo paura, non permettere che disperiamo!
Quando siamo delusi, non permettere che diventiamo aspri!
Quando siamo caduti, non permettere che rimaniamo distesi!
Quando siamo alla fine della nostra comprensione e delle nostre forze,
non ci lasciar andare in rovina!

No, allora facci sentire la tua vicinanza ed il tuo amore,
che hai promesso proprio a coloro il cui cuore è
umile e spezzato e che temono la tua parola.

Appunto perché noi siamo in queste
condizioni il tuo Figlio diletto è nato nella
stalla ed è morto sulla croce.

Karl Barth Natale 1958

 

Tradizione dell'Avvento

L'Avvento deriva dal latino adventus, che significa "arrivo, venuta". La stagione dell'Avvento ruota intorno alle quattro domeniche prima di Natale. Il 25 dicembre segna l'avvento della nascita di Gesù tanto atteso dai cristiani.

La corona e il calendario dell'Avvento vengono dalla Germania. L'invenzione della corona viene assegnata a teologo ed educatore tedesco Johann Hinrich Wichern (1808-1881), fondatore tra il 1830 e il Amburgo da una struttura per bambini poveri. Il teologo creò questa corona perché i bambini non smettevano di chiedergli quando sarebbe stato Natale. Per aiutarli a visualizzare i giorni, dispose su una ruota di legno quattro grandi candele bianche per la domenica e quelli più piccole di colore rosso per ogni giorno della settimana ... fino al 24 dicembre. Organizzò una cerimonia per accendere ciascuna di esse: un canto, un brano della Bibbia in relazione alla venuta del Messia ...

Questa corona sarà poi composta da rami di abete. Questo rituale quotidiano si ritrova con il calendario dell'Avvento. Ad Amburgo, l'editore protestante Friedrich Trümpler inventa un orologio di Natale nel 1902. Poi un altro editore Il cattolico, Gerhard Lang, pubblica un calendario con 24 poesie e 24 immagini.

da Réforme n. 3827 38 Novembre 2019

 


Quarta Domenica di Avvento

La nascita di Gesù Cristo avvenne in questo modo.
Maria, sua madre, era stata promessa sposa a Giuseppe e, prima che fossero venuti a stare insieme, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo.
Giuseppe, suo marito, che era uomo giusto e non voleva esporla a infamia, si propose di lasciarla segretamente. Ma mentre aveva queste cose nell'animo, un angelo del Signore gli apparve in sogno, dicendo: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua moglie; perché ciò che in lei è generato, viene dallo Spirito Santo.
Ella partorirà un figlio, e tu gli porrai nome Gesù, perché è lui che salverà il suo popolo dai loro peccati».
Tutto ciò avvenne, affinché si adempisse quello che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
«La vergine sarà incinta e partorirà un figlio, al quale sarà posto nome Emmanuele», che tradotto vuol dire: «Dio con noi».
Giuseppe, destatosi dal sonno, fece come l'angelo del Signore gli aveva comandato e prese con sé sua moglie; e non ebbe con lei rapporti coniugali finché ella non ebbe partorito un figlio; e gli pose nome Gesù.

Matteo 1,18-25

Matteo inizia il suo vangelo situando "Gesù che è chiamato il Cristo" come il culmine o la realizzazione di una lunga successione di generazioni. Ci racconta la storia del rapporto tra Dio e gli uomini che chiama. Evocando nomi, e quindi storie, l'evangelista ci ricorda che questa storia attraversa l'umanità e che non è lineare. I riferimenti, ad esempio, "la moglie di Uri" o "l'esilio babilonese" sottolineano la persistenza della scelta di Dio nonostante gli errori degli uomini. E la storia della nascita del Messia si situa in continuità di una storia santa molto sinuosa!

Tuttavia, ciò che è messo più in evidenza qui è l'iniziativa e l'azione divina "per causa dello Spirito Santo" e attraverso l'intervento di "l'angelo del Signore”. Tanto che non sappiamo più cosa è più inquietante, la gravidanza o la decisione del ripudio.... Peraltro, nessun giudizio morale qui. Al contrario, l'intervento divino rivela la speranza della salvezza.

Alla paura di Giuseppe, l'angelo oppone l'annuncio della liberazione dai peccati. Non che la moralità sia del tutto assente dall'idea del peccato (cfr. David e la moglie di Uri già citati), ma non è questo il problema. Il resto del Vangelo ci mostra Gesù che attraversa la sinuosità della storia e della vita degli uomini. In lui, Dio non la sorvola. Non cerca mai di uscirne. Al contrario, viene ad abitarla, a viverla con noi e a guarirla. In un certo senso sposa la nostra storia e la realtà delle nostre vite con tutto ciò che hanno di vagabondaggi e speranze.

Questa è la buona notizia di Emmanuele, Dio con noi. Dio, con noi continua a scrivere dritto attraverso le linee curve delle nostre vite.

Pierre de Mareuil Fédération baptiste Réforme no. 3685 15 Dicembre 2016

 

Terza Domenica di Avvento

Un angelo del Signore gli apparve in sogno, dicendo: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua moglie; perché ciò che in lei è generato, viene dallo Spirito Santo. Ella partorirà un figlio, e tu gli porrai nome Gesù, perché è lui che salverà il suo popolo dai loro peccati». (Matteo 1, 20-21)

L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco, tu concepirai e partorirai un figlio, e gli porrai nome Gesù. Questi sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo, e il Signore Dio gli darà il trono di Davide, suo padre. Egli regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno, e il suo regno non avrà mai fine». (Luca 1, 30-33)

Cambio di programma. Natale è la storia di un cambiamento profondo: per coloro che incontrano Dio nel piccolo fanciullo che giace nella mangiatoia, nulla può più essere come prima

Se provi a ritagliare i primi due capitoli dell’evangelo di Matteo e quello di Luca, poi li accosti vedi – costruendo questo puzzle – molte somiglianze e molte differenze. Quattro capitoli (gli unici in tutto il Nuovo Testamento) in cui si parla della nascita di Gesù. Marco e Giovanni saltano, a piè pari, l’infanzia del Maestro. La loro narrazione parte da Giovanni Battista, il precursore del Cristo. L’interesse prevalente degli scritti neotestamentari è ancorato più al messaggio che alla biografia di Gesù. Tra i ventisette scritti del Nuovo Testamento solo i quattro evangeli ci introducono nella vita quotidiana di Gesù. Ma anche qui si registra un intervallo di quasi vent’anni. Di Gesù adolescente – al di là dell’episodio di quando aveva dodici anni al Tempio «seduto in mezzo ai Maestri» (Lc. 2, 46) – e di Gesù ventenne, non sappiamo granché. Possiamo facilmente immaginare che, prima dell’inizio della sua attività pubblica che durerà circa tre anni, Gesù fosse a bottega da suo padre falegname a Nazareth. Dall’altra sappiamo molto sulla nascita di Gesù.

Ma, come dicevo prima, le versioni degli unici due testimoni non sono identiche. Esse presentano tratti in comune ma sono più numerose le differenze. Per non dire di molti particolari curiosi. Per fare un esempio: per spiegare l’imbarazzante situazione della gravidanza di Maria, Matteo fa intervenire l’angelo che, rivolgendosi a Giuseppe, lo rassicura dicendogli che ciò che è stato generato nel corpo della sua promessa sposa è opera dello Spirito di Dio. L’angelo di Luca, invece, si rivolge direttamente a Maria annunciandole che concepirà un figlio per virtù dello Spirito e che lo dovrà chiamare Gesù. Giuseppe e Maria, nei racconti di Matteo e di Luca, accettano entrambi la volontà di Dio ma solo dopo aver attraversato momenti di dubbio e dopo avere provato timore. Ma poi entrambi daranno credito a Dio. Non emerge forse qui un’incredibile storia d’amore di due giovani che si trovano a gestire qualcosa che li travalica e li supera?

E che dire della lunga genealogia nella quale Matteo incornicia Gesù. Essa si apre con Abramo, l’uomo che accettò la chiamata di Dio a compiere una follia: partire senza sapere dove andare! È l’avventura della fede che per essere tale richiede una totale fiducia in Dio. Come dire che Gesù appartiene a questa schiera di testimoni. E con gli esempi particolarmente densi di significato potremmo continuare. Fatelo anche voi questo esercizio natalizio, non c’è bisogno di essere degli esegeti per cogliere i tanti significati racchiusi nelle narrazioni della nascita.

Ciò che mi colpisce di più, nei due affreschi della natività che ci consegnano Matteo e Luca, è la generale atmosfera di gioia, di stupore intorno a questa nascita. Non c’è infatti nulla di più lieto e allo stesso tempo nuovo che la nascita di un essere umano. Ogni nascita è portatrice di sviluppi inediti, di nuove prospettive. Nulla è più grande e rivoluzionario di un parto di un essere umano. È una vera creazione che non per nulla ha scatenato, da sempre, la creatività di pittori e letterati. Tra i personaggi curiosi ci sono i tre re magi di cui racconta solo Matteo. La tradizione ecclesiastica successiva attribuirà loro il nome di Gaspare, Melchiorre, Baldassarre. Guidati da una stella compiono un lungo cammino per incontrare Gesù. Questi tre curiosi personaggi, che non hanno nulla a che fare con la religione in cui nasce l’ebreo Gesù, rappresentano l’umanità che cerca Dio «mentre lo si può trovare » (Is. 55, 6). Infatti, chiedono dove sia Gesù. Che è un po’ la domanda di tante persone: ma dove possiamo trovarlo? In una tappa della loro ricerca di Gesù i re orientali si confronteranno con il male assoluto: Erode. Il dittatore paranoico, che vuole eliminare quello che considera un temibile concorrente. Non c’è da stupirsi: Erode il Grande aveva già fatto fuori un po’ di gente, compresi alcuni suoi famigliari stretti.

I magi ascoltano Erode ma non prestano il fianco al suo gioco pericoloso. E così, dopo avere trovato e riconosciuto il Cristo, i tre re d’Oriente tornano ai loro regni da un’altra rada rispetto a quella invocata da Erode. Il programma è cambiato. E cambia davanti a quella mangiatoia.Cambia nel luogo dove s’incontrano i pastori e i magi, l’Oriente e l’Occidente, prefigurazione del tempo in cui ogni ginocchio si piegherà e ogni lingua confesserà che Gesù Cristo è il Signore (Fil. 2, 10-11).

La memoria evangelica trasmette la notizia che quel bimbo è nato a Betlemme non solo per un popolo ma per tutti i popoli. E continua a nascere nei cuori e nelle coscienze di coloro che lo cercano e poi tornano a casa per un’altra via. Perché la ricerca di Gesù modifica gli itinerari, cambia i programmi, apre nuovi orizzonti.

Dopo avere incontrato Dio nulla può più essere come prima. Natale è la storia di un cambiamento profondo che indica nuove strade. Strade spesso tortuose. Per giungere alla meta occorre affidarsi completamente alla guida del Signore. Che cos’è dunque la fede se non avere una completa fiducia in Dio nel viaggio della vita? Questa stessa fiducia a Natale, con Gesù, si ripresenta per abitarci e rinnovarci. E succede strada facendo.

Pastore Giuseppe Platone Riforma 21 Dicembre 2012

 

Seconda Domenica di Avvento

Nell'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare, quando Ponzio Pilato era governatore della Giudea, ed Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell'Iturea e della Traconitide, e Lisania tetrarca dell'Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caiafa, la parola di Dio fu diretta a Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto.
Ed egli andò per tutta la regione intorno al Giordano, predicando un battesimo di ravvedimento per il perdono dei peccati, come sta scritto nel libro delle parole del profeta Isaia: «Voce di uno che grida nel deserto: "Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri. Ogni valle sarà colmata e ogni monte e ogni colle sarà spianato; le vie tortuose saranno fatte diritte e quelle accidentate saranno appianate; e ogni creatura vedrà la salvezza di Dio"».

Luca 3, 1-6

Il testo di questo brano è bello, ma sorprendente: come ascoltare insieme due realtà così contraddittorie? Da un lato, un mondo congelato in una struttura di potere definita fin nei minimi particolari. Alcuni uomini, che rappresentano un'autorità fredda e implacabile. In questo sistema che dovrebbe rassicurare, notiamo che i religiosi hanno il loro posto. Dall'altro lato, una parola che arriva senza preavviso. Essa si era fatta intendere allo stesso modo nel libro di Isaia all'inizio del capitolo 40. "Consolate, consolate il mio popolo ..."

Chi parla? La forma è unica. La Parola di Dio stessa, rivolta a tutti coloro che sono pronti ad ascoltare. Questa parola crea un movimento che si amplifica. Crea dalla parola un’eco, del cambiamento in profondità. È aneddotico, in questo contesto così definito descritto nella primo quadro?

Non molto. Le parole e i gesti di Giovanni sono ancora presenti nei nostri ricordi, oggi, messi in pittura su così tanti dipinti di maestri, mentre molte delle autorità politiche menzionate sono cancellate dai nostri ricordi o riferite solo alle conseguenze di questo discorso iniziale. Inoltre, questa parola continua a essere trasmessa ancora oggi. Parola di riconciliazione, di perdono. Ci fa abbandonare modi di vivere vani, lasciando tutto ciò che porta la morte in noi, come nelle nostre relazioni. Parola che ci risolleva di fronte a tutto ciò che potrebbe paralizzarci. La parola in Isaia è iniziata bene con queste parole: "Consolate, consolate il mio popolo ..." È un termine che parla non solo di una consolazione interiore, ma di un risanamento di tutto l'essere, una ridonata capacità di vivere e di creare la vita intorno a sé.

Queste due realtà opposte che il testo fa intendere non sono presenti ancora oggi? I poteri finanziari oggi si intrecciano come una rete di relazioni forzate, violenza, perdita di controllo da parte dei cittadini di qualsiasi paese o persino dei politici. Scoraggiamento o furia possono prenderci. E allo stesso tempo, continuiamo a lasciarci raggiungere da una parola che è sempre inaspettata, mentre non cessiamo di porci al suo ascolto. Queste due realtà sono prive di legame? Il recupero della parola in noi, come individui, come chiese locali o comunità più ampie, ci rende profeti in parole e in azioni.

Possiamo noi, in questi tempi in cui la paura e la violenza possono indurire le decisioni politiche, congelare le nostre molteplici relazioni sociali, ecclesiali, internazionali, possiamo noi ascoltare questa parola di consolazione. Che essa illumini le nostre scelte, ci doni di accogliere, eretti, Colui che continua a venire da noi. Colui che è, che è stato era e che viene secondo la bella espressione dell'Apocalisse.

Nicole Fabre Église protestante unie de France Réforme n. 3635 3 Dicembre 2015

 

 

Prima domenica di Avvento

Al tempo di Erode, re della Giudea, c’era un sacerdote di nome Zaccaria, del turno di Abìa; sua moglie era discendente d’Aaronne e si chiamava Elisabetta. Erano entrambi giusti davanti a Dio e osservavano in modo irreprensibile tutti i comandamenti e i precetti del Signore.Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile, ed erano tutti e due in età avanzata. Mentre Zaccaria esercitava il sacerdozio davanti a Dio nell’ordine del suo turno (…) gli apparve un angelo del Signore, in piedi alla destra dell’altare dei profumi. Zaccaria lo vide e fu turbato e preso da spavento. (…)
E Zaccaria disse all’angelo: «Da che cosa conoscerò questo? Perché io sono vecchio e mia moglie è in età avanzata». L’angelo gli rispose: «Io sono Gabriele che sto davanti a Dio; e sono stato mandato a parlarti e annunciarti queste liete notizie. Ecco, tu sarai muto, e non potrai parlare fino al giorno che queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole che si adempiranno a loro tempo».
Il popolo intanto stava aspettando Zaccaria, e si meravigliava del suo indugiare nel tempio. Ma quando fu uscito, non poteva parlare loro; e capirono che aveva avuto una visione nel tempio; ed egli faceva loro dei segni e restava muto. (…)
Dopo quei giorni, sua moglie Elisabetta rimase incinta; e si tenne nascosta per cinque mesi, dicendo: «Ecco quanto ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui mi ha rivolto il suo sguardo per cancellare la mia vergogna in mezzo agli uomini».

Luca 1, 5-25

Il racconto lucano che si sviluppa attorno  alla nascita di Gesù inizia e si conclude avendo come attori due coppie di persone anziane che non si aspettano più nulla dalla vita. 
A concludere il «vangelo dell’infanzia» di Luca vi saranno Simeone e Anna che riconoscono nel bambino portato dai genitori al rito della presentazione il Messia tanto atteso.
Qui vi sono Zaccaria ed Elisabetta: due belle figure di credenti abitate però dalla convinzione che l’avvenire non possa più riservare loro alcuna sorpresa. Credono senza più sperare, almeno per quanto riguarda la loro vita.

Fede e speranza possono essere separate. Il testo sottolinea il fatto che erano in età avanzata, senza però definire l’età. Già, quando si diventa «vecchi»? Il giorno in cui non si è più disponibili a lasciarsi sorprendere dalla vita e quindi quando non si ha più la capacità o la voglia di sorridere. Credono in Dio, Zaccaria e Elisabetta, ma credono che Dio non possa aiutare a dare loro un futuro. La dimensione della novità e della speranza nasce sempre dalla realtà del disincanto se non della rassegnazione: è necessariamente «in-credibile» tanto è carica di sorpresa.

Così è anche per l’anziano e fedele Zaccaria, che forma, insieme a sua moglie Elisabetta, una coppia corrispondente a quella di Abramo e Sara all’inizio della Genesi. Come accadde all’inizio dell’avventura per il popolo di Israele, così accade adesso con Gesù, secondo la «buona notizia» di Luca: prima ancora del suo inizio, la storia di Gesù porta con sé un nuovo inizio, come una breccia verso il domani carico di promessa.
La promessa di un figlio per due anziani sacerdoti che non hanno potuto avere figli è troppo grande, troppo audace, per essere creduta. E produce, per questa ragione, paura e afasia.

Certo, questo mutismo può essere letto come punizione per l’incredulità di Zaccaria, che esige da Dio un segno e dà così prova di una fede troppo fragile. Ma è anche un segno che mette fine a quella stessa incredulità: se non credi non potrai parlare, non potrai più chiedere alcunché. La «meraviglia» può solo essere vissuta nel silenzio.

A noi l’afasia di Zaccaria può anche indicare la necessità del silenzio per prepararci al Natale. Può addirittura avere il sapore dell’augurio. L’augurio che quando Dio tornerà ad agire nella tua vita, caro lettore e cara lettrice – forse proprio quando sarai  rassegnato – tu possa rimanere senza parole. L’afasia è segno che Natale è vicino. Che una nuova avventura di vita e di salvezza è imminente.

Prima che Natale accada vi è un invito a fare silenzio per accogliere i tempi nuovi, il senso dell’azione inedita di Dio nel mondo: come se ci fosse detto che non bisogna avere fretta nel cercare le parole adatte per dire l’intervento di Dio (e quante parole retoriche e inopportune – se non addirittura blasfeme – vengono pronunziate attorno alla vicenda del Natale!).

Dunque Zaccaria, il vecchio sacerdote, viene sorteggiato e ha il privilegio di entrare nel Tempio, al cospetto di Dio. E la promessa dell’angelo, che si qualifica come Gabriele, è troppo grande per il suo cuore ormai invecchiato. Ma la persona più coinvolta dall’azione di Dio, che non guarda alle nostre agende e sconvolge i nostri tempi, è Elisabetta, moglie di Zaccaria. Anche lei è discendente di sacerdoti, addirittura di Aronne! E anche lei, come il marito, è irreprensibile rispetto ai comandamenti. Elisabetta è però sterile! Una sorta di condanna per una donna a  quei tempi. Ebbene, Elisabetta aspetterà un figlio e per cinque mesi rimarrà nascosta per l’imbarazzo e – al tempo stesso – per la gioia. Zaccaria diventa muto, Elisabetta si nasconde. Ma ci si nasconde anche per la felicità, quando le cose che stanno per succedere ci sembrano troppo grandi e troppo belle per condividerle subito.

Dobbiamo, prima di poterle comunicare agli altri, chiedere e verificare con noi stessi se siano vere… Elisabetta rinasce, insieme alla speranza.
Dopo l’afasia di un vecchio, non vi è subito la nascita di un bambino, ma la risurrezione di una vecchia. Anzi, la risurrezione di un popolo che adesso ha un avvenire. Dio cancella l’umiliazione a una anziana donna e – attraverso di lei – a tutto un popolo. Non si tratta ancora, come per noi, in questo Natale ormai alle porte, di una salvezza piena e tangibile, ma dell’annunzio di un futuro pieno di redenzione che avviene attraverso la Parola.
Tra poco Giovanni il Battista inviterà a passare attraverso la porta stretta del pentimento, cioè del ritorno a Dio e al prossimo. Poi, con Gesù, «l’ultima visita» di Dio all’umanità. Visita che noi abbiamo già ricevuto.


Il tempo che precede il Natale, per i nostri contemporanei, porta con sé molteplici significati, fra i quali quello di un recupero di ciò che non si è potuto fare o avere durante il corso dell’anno. Tutti sembrano essere contagiati da una sorta di «urgenza del riscatto». Dobbiamo incontrare chi non abbiamo più incontrato, dobbiamo fare o acquistare ciò che non abbiamo potuto fare o comprare nei mesi precedenti.
Per comprendere qualcosa o accogliere il senso del Natale, bisognerebbe invece recuperare qualche spazio di silenzio o di nascondimento, dove ritrovarsi anzitutto con se stessi. Zaccaria ed Elisabetta, e con loro tutto il popolo, – avranno un figlio a cui Dio darà un nome: «Giovanni – Dio è un Dio di grazia»; Dio cioè gli dà un’identità e una vocazione, un compito.

Una vocazione individuale e collettiva, rivolta alla sua famiglia e al suo popolo. Adesso il popolo – attraverso la voce di Elisabetta – può cantare la sua gioia e la sua lode…
Ecco che cos’è Natale, prima di arrivare a Natale: è il comprendere, proprio nei momenti in cui «abbiamo tirato i remi in barca» che il passato non è passato, non è «chiuso». Può sempre essere riaperto da Dio, ci può ancora essere un nuovo inizio: a livello personale, familiare, di popolo… Se credi alla promessa, se l’accogli, puoi comprendere che il nuovo è sempre possibile a Dio.

Un’ultima, piccola, indicazione: in questo  testo, che annunzia la nascita di Giovanni il Battista, è chiaro che il nuovo nasce da ciò che c’è già. Nasce dalla comunità stanca e rassegnata dei credenti, non cade dalle nuvole…
Questo nuovo inizio trova il suo contesto nel quadro della tradizione più classica. Che cosa facevano Zaccaria ed Elisabetta prima dell’annunzio che ha capovolto, rivoluzionato la loro esistenza? Pregavano e vegliavano.
Pregavano vegliando. Rassicurati anche tu, sorella e fratello che frequenti una chiesa, forse con un poco di fatica, ma con sempre identica disciplina: Dio si fa largo anche all’interno delle istituzioni e la sua Parola risuona nel tempio, percorrendo i sentieri consueti e affaticati della vita.
Non c’è, all’inizio del vangelo di Natale, nessuna «idolatria della novità» come invece si cerca a ogni costo nel mondo di oggi… No, il futuro nasce da un passato che credevamo definitivamente sterile, rassegnato… e questo è motivo di speranza. Questa è la speranza del Natale.

Pastore Gianni Genre Rifoma 13 Dicembre 2013

 

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Ultimo aggiornamento: 21 Dicembre 2019 © Chiesa Evangelica Valdese di Firenze