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“se lo vuoi…”

Marco 1,40-45

Venne a lui un lebbroso e, buttandosi in ginocchio, lo pregò dicendo: «Se vuoi, tu puoi purificarmi!». Gesù, impietositosi, stese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio; sii purificato!». E subito la lebbra sparì da lui, e fu purificato. Gesù lo congedò subito, dopo averlo ammonito severamente, e gli disse: «Guarda di non dire nulla a nessuno, ma va', mostrati al sacerdote, offri per la tua purificazione quel che Mosè ha prescritto; questo serva loro di testimonianza». Ma quello, appena partito, si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare apertamente in città; ma se ne stava fuori in luoghi deserti, e da ogni parte la gente accorreva a lui.

Galati 2,20

Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me! La vita che vivo ora nella carne, la vivo nella fede nel Figlio di Dio il quale mi ha amato e ha dato se stesso per me.

 

 

Una giovane ventenne di origine ebraica, Etty Hillesum, nella tempesta della guerra e della deportazione nell’Olanda degli anni Quaranta, cercava una via per accostarsi a Dio. Trai gesti sperimentati, Etty provava a inginocchiarsi, nella sua stanza, quasi di nascosto, al punto da far finta di cercare qualcosa sotto il letto se un amico entrava all’improvviso nella sua stanza da studente. La moderazione e il pudore dell’espressione della fede di Etty contrasta fortemente con la fede esplicita e forte del lebbroso galileo. Questo si getta ai piedi di Gesù, avvicinandolo contro ogni regola che segregava i lebbrosi lontano; è sicuro che Gesù possa guarirlo – ma non sa se lo vuole!; e una volta guarito diventa un testimone di fronte al mondo.

Due modi di vivere il rapporto con Dio, due modelli di testimonianza del proprio percorso. E in mezzo l’ira di Gesù e la sua misericordia. Un Gesù che non conosciamo fino in fondo.

Il testo può essere letto come se Gesù, di fronte al lebbroso, fosse colto dall’ira. L’ira per una società che esclude i lebbrosi, facendoli diventare dei mostri. L’ira per il dolore del mondo che si presenta ancora una volta davanti a lui. un mondo che cerca guarigione e miracoli e non sa ascoltare altro, non sa ascoltare l’invito alla conversione e alla giustizia che è il cuore della predicazione di Gesù. l’ira per essere interrotto in quello che per lui più conta: la predicazione, l’annuncio. Già intravvede la folla che lo cercherà per essere guarita, e il suo tentativo di evitarla. E tuttavia, di fronte alla persona concreta che gli mostra tutte le sue ferite, in Gesù la misericordia ha il sopravvento sull’ira.

È importante dunque nel testo materiale di questo racconto l’oscillazione tra rabbia e amore, tra indignazione e amore concreto. E Gesù tocca il lebbroso, supera ogni distanza che lo separa da lui. nonostante la sua impurità lo tocca e lo guarisce. Una malattia che suscita orrore e paura, che in Israele erano gestiti tramite leggi religiose di purità, che provocava rifiuto della persona malata e solitudine. Al punto che il lebbroso dubita che Gesù voglia guarirlo: “se lo vuoi…” Si direbbe che proietti su Gesù il proprio rifiuto di sé stesso. Ma Gesù non ha paura di lui e della sua lebbra, lo accoglie. Prova la sua disperazione, la sua solitudine, il suo odio di sé. Gesù supera le barriere del suo tempo.

Ho letto la testimonianza commossa di un poliziotto di Ventimiglia che abbraccia un profugo che ha aiutato in stazione e che ora proseguirà il suo viaggio con la moglie e i figli verso un altro paese europeo. Quell’abbraccio tra un uomo in divisa e un profugo che cerca rifugio assomiglia a Gesù che tocca il lebbroso. Chi è infatti che ci fa paura oggi? Chi cerchiamo di tenere a distanza con tutte le nostre frontiere e leggi? E qual è la forza che può aiutarci a superare il fossato che ci separa dall’altro/a? per Gesù è l’amore che diventa volontà: “lo voglio!”. Voglio essere travolto da questa relazione che già vedo complicata. Voglio che la dimensione del Regno di Dio ci abbracci tutti e due, tu nella tua disperazione, io nel mio intento di portare i semi del dono di vita di Dio in questo mondo complesso ed escludente.

Il lebbroso viene così inviato da Gesù ai sacerdoti per essere riammesso nella società. Un dettaglio che ci svela due cose: Gesù cerca di reintegrare quest’uomo nella sua dignità di vita, nella sua identità spirituale e nella sua rete sociale. Una bella indicazione sulla complessità dei fattori che entrano in gioco nella guarigione di una persona. D’altro lato Gesù accetta i criteri dettati dalla legge del suo tempo, vi si oppone solo quando calpestano l’essere umano, ma le usa quando aprono finestre di possibilità. Ma il lebbroso non coglie la lezione di Gesù. irruente e deciso come era stato di fronte a Gesù nella malattia, ora usa la sua guarigione per proclamare la potenza di Gesù.

Un grande contrasto con il modo discreto della giovane da cui siamo partiti: Etty Hillesum fu, come dice lei stessa, “il cuore pensante” di quella baracca di deportati, una testimone forte di gesti d’amore e sostegno. Nulla di gridato, nulla che mettesse lei al centro. Gesù non si sarebbe nascosto di fronte a lei, e anzi ne è stato l’accompagnatore vicino, fino alla morte ad Auschwitz. Di fronte al lebbroso che grida, invece, si ritria e si nasconde, non ancora o forse mai pronto per l’assalto di una comunicazione che smuove la curiosità delle masse. C’è una specie di gioco di parole nel testo tra la legge prescritta da Mosè che deve servire alla gente “di testimonianza” e la testimonianza sparata del lebbroso ora guarito che non trova più il suo oggetto. La conversione che Gesù cerca entra profondamente nella nostra vita, fa crollare i muri, ci spinge ad accogliere ed essere accolti a superare ogni disprezzo, usa al meglio l’intelligenza e la legge umana. È una conversione che guarisce e trasforma. Non sono più ciò che ero prima. Accolto da Gesù ora accolgo lui nella mia vita. Come dice l’apostolo Paolo, non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me

Pastora Letizia Tomassone, Chiesa Evangelica Valdese di Firenze

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Ultimo aggiornamento: 1 Agosto 2015
 ©Chiesa Evangelica Valdese di Firenze