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posto occupato
Galati 3,26-29 Siete tutti figli di Dio per la fede in Cristo Gesù. Infatti voi tutti che siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c'è qui né Giudeo né Greco; non c'è né schiavo né libero; non c'è maschio e femmina; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù. Se siete di Cristo, siete dunque discendenza d'Abraamo, eredi secondo la promessa. Luca 10,25-37 Ed ecco, un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova, dicendo: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?» Gesù gli disse: «Nella legge che cosa sta scritto? Come leggi?» Egli rispose: «Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la forza tua, con tutta la mente tua, e il tuo prossimo come te stesso». Gesù gli disse: «Hai risposto esattamente; fa' questo, e vivrai». Ma egli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?» Gesù rispose: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico, e s'imbatté nei briganti che lo spogliarono, lo ferirono e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso un sacerdote scendeva per quella stessa strada, ma quando lo vide, passò oltre dal lato opposto. Così pure un Levita, giunto in quel luogo, lo vide, ma passò oltre dal lato opposto. Ma un Samaritano, che era in viaggio, giunse presso di lui e, vedendolo, ne ebbe pietà; avvicinatosi, fasciò le sue piaghe versandovi sopra olio e vino, poi lo mise sulla propria cavalcatura, lo condusse a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno dopo, presi due denari, li diede all'oste e gli disse: "Prenditi cura di lui; e tutto ciò che spenderai di più, te lo rimborserò al mio ritorno". Quale di questi tre ti pare essere stato il prossimo di colui che s'imbatté nei ladroni?» Quegli rispose: «Colui che gli usò misericordia». Gesù gli disse: «Va', e fa' anche tu la stessa cosa».
Oggi prestiamo tutti attenzione a questo “posto occupato” da una donna che non c’è più, ma che magari è stata fra noi per un tempo, è una vicina, collega di lavoro, sorella… Quel posto ci rimanda a tutte le volte che non abbiamo voluto vedere o sentire, che abbiamo girato la testa, che abbiamo pensato che era colpa sua. A tutte le volte che non abbiamo prestato fede alle parole di un bambino, pensando che si inventasse delle fantasie. A tutte le volte che non ci siamo fidate di quanto sentivamo stava accadendo nella nostra stessa vita. Se ci pensate, la storia che Gesù racconta è scandalosa. Non ha nulla di religioso o di sacro, anzi denuncia la ritualità che ignora i corpi e le esistenze concrete delle persone. Benché questa storia sia diventata quasi un paradigma per il cristianesimo, dobbiamo riscoprirne ancora oggi l’aspetto stridente e scandaloso rispetto alle nostre aspettative. Perché solo così potremo farne emergere una parola per noi oggi. Un dottore della legge va da Gesù, non per imparare, approfondire o avere uno scambio vero, ma per metterlo alla prova. Questo offre un contesto di conflitto nel quale Gesù non risparmia una denuncia aspra per gli esponenti religiosi del suo tempo. Che riguarda anche il nostro. Non solo la chiesa ufficiale, ma tutte le persone che ignorano la misericordia nascondendola dietro una auto-assoluzione. Ci sentiamo nel giusto ad aiutare alcuni e non altri, a renderci attivi nei campi che più si avvicinano alle nostre idee. Non è sbagliato prendere una posizione, ma bisogna saperlo, non far finta di niente, non fare finta che l’altra persona non esista. Ciò che colpisce dei due uomini religiosi che passano oltre dal lato opposto della strada è il loro silenzio. Vergogna per non saper intervenire? Indifferenza bella e buona? Paura di essere coinvolti? Paura di non aver capito la situazione? Un test compiuto in Svezia e messo sul web ha mostrato una scena di violenza di un giovane uomo su una giovane donna, una scena creata ad arte in un ascensore. http://www.thepostinternazionale.it/mondo/svezia/in-ascensore Su 53 persone che hanno assistito alla scena solo una donna ha cercato di fermare l’azione violenta minacciando di chiamare la polizia. Omertà? indifferenza? Desiderio di scappare e non essere coinvolti? Non è la prima volta che questa situazione sociale è illustrata nei tempi moderni, tempi in cui la folla sembra togliere responsabilità alle singole persone. Solo uno o una, infatti, possono fare la differenza. Ma far parte di una folla anonima ci toglie questa chiamata a essere responsabili singolarmente. Eppure l’appello di Gesù e tutta la fede cristiana è questa concentrazione sulla nostra responsabilità nella giustizia e nella misericordia. Chi è colui che si ferma a soccorrere? È uno esterno al mondo religioso, uno appartenente a un altro mondo, uno straniero. Uno che dovrebbe rappresentare l’alienazione e l’indifferenza, proprio perché di questo mondo non fa parte. Ma la misericordia non ha confini e Gesù predilige le storie in cui può mostrare che non è essere nati dalla parte “giusta” del mondo che rende degni del regno di Dio. Non c’è privilegio nel regno di Dio, ma misericordia e giustizia. Il Samaritano, oltretutto, non sembra considerare ciò che fa come una cosa eccezionale. Egli ritiene quello che fa parte del suo viaggiare. Capita su una persona ferita e la aiuta, tutto qui. Poi prosegue il suo viaggio. Forse sente una forma di empatia, perché a lui stesso potrebbe capitare di essere rapinato per strada, e battuto, e violentato. Cos’è la compassione se non una forma estrema di empatia, che ci camminare per un po’ nelle vie dell’altro, dell’altra? E allora, com’è che la nostra società è ancora così incapace di avere cura delle sue figlie, delle donne, perché possano andare libere per le strade, perché possano dire no a una relazione che non desiderano più, perché possano esprimere la propria gioia senza paura? Il cristianesimo ha una larga responsabilità in questa oppressione delle donne, rese silenti e mute, subordinate al volere maschile. Ma oggi la nostra società ha poco a che vedere con questo cristianesimo patriarcale. Semmai ne usa alcuni valori per giustificare la propria misoginia e la propria violenza. Ester, Maria, Francesca, Fatima, Giuseppina…, tutte le donne violate, battute e uccise che ricordiamo oggi stanno lì, su un lato della nostra strada. Non possiamo passare oltre facendo finta di non vederle. Non vogliamo farlo. La chiesa di Gesù Cristo si basa su questa antica e bellissima confessione di fede del superamento di ogni contrapposizione che divide e discrimina: “Non c'è qui né Giudeo né Greco; non c'è né schiavo né libero; non c'è maschio e femmina”. Ciò che significa ci diventa molto chiaro quando pensiamo alla discriminazione tra schiavo e libero. Non significa che nella chiesa si fa finta che non ci siano distinzioni o privilegi, ma che la chiesa è impegnata nel superamento di ogni forma di schiavitù, tratta di esseri umani o sfruttamento bieco del lavoro altrui. Questa è la comunità dei credenti, un luogo di libera comunicazione, di ascolto comune della Parola. Un luogo in cui la parola scandalosa di Gesù scende nei cuori per trasformare l’agire. Un luogo, però, fatto di singoli uomini e donne, ognuno e ognuna chiamata alla responsabilità della cura dell’altra creatura umana, ognuno e ognuna chiamata alla misericordia e all’attenzione. Il “posto occupato” sarà con noi per tutto il periodo d’Avvento, a ricordarci che l’apertura all’altra, all’altro, ci dispone ad aprirci al Dio di giustizia che viene in Gesù. Pastora Letizia Tomassone. Chiesa Evangelica Valdese di Firenze, 30 Novembre 2014 |
Ultimo aggiornamento: 30 Novembre 2014 ©Chiesa Evangelica Valdese di Firenze |