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Perdono e Riconciliazione

 

Genesi 45

Matteo 15,32.39

Il nostro sguardo cambia in ragione della prospettiva da cui guardiamo la storia. La storia di Giuseppe e dei suoi fratelli qui è vista da chi è riuscito a sconfiggere la morte e la miseria e a trovare una nuova terra su cui vivere. Questo è vissuto come un dono e un disegno di Dio che guida per strade tortuose coloro che sono nel bisogno. E’ una storia che ricorre spesso nelle seconde generazioni che sono riuscite a trovare una certa serenità e benessere nella nuova patria. C’è un cammino lungo e faticoso prima di arrivare a questo.

Vediamo tutto ciò che fa ostacolo. In primo luogo è il conflitto tra i fratelli che impedisce la loro convivenza. Per questo Giuseppe prima nasconde la sua identità e, quando la svela, piange. Per questo i suoi fratelli sono atterriti temendo la vendetta, la rivalsa. Sono ancora dentro una logica del male restituito, una spirale che fa crescere la violenza. Giuseppe invece ha imparato la via del perdono, lui stesso ha bisogno della riconciliazione, dell’affetto di quei fratelli che lo hanno prima rifiutato e poi venduto. Questo loro conflitto originario ha anche un risvolto economico, ma soprattutto contiene elementi che ci fanno indignare: la schiavitù, la tratta di esseri umani, la menzogna al padre amato. E poi il senso di colpa sepolto nel silenzio, il non parlare mai più di quanto accaduto, il volerlo credere morto per superare il trauma. La riconciliazione ha bisogno di parole, che la storia sia raccontata dalla vittima e dai carnefici, che ci sia un ascolto reciproco. La riconciliazione ha bisogno dei corpi che si toccano, dell’abbraccio e del pianto con cui ci si affida inermi l’uno all’altro.

Gli ostacoli sono dunque espressi nel campo della violenza e della diffidenza, o addirittura della menzogna. I soggetti sono tre: i fratelli, Giuseppe e il padre. Nelle scene precedenti, il padre deve essere convinto che Giuseppe è morto sbranato da un animale. Qui, deve essere convinto che il figlio è vivo e principe in Egitto. Ciò che permette la riconciliazione ha anche un terzo attore: il faraone e la società egiziana. Il faraone e la sua casa fanno festa alla famiglia ritrovata di Giuseppe e si preparano ad accoglierla. La benedizione che hanno ricevuto in Giuseppe, questo schiavo straniero che li sta guidando fuori dalla carestia, la vogliono riversare sulla sua famiglia d’origine. In questo accoglienza non c’è calcolo, ma solo la gioia della condivisione. Come nella scena stringata della moltiplicazione: non c’è calcolo in Gesù, mentre i discepoli contano i pochi pesci e pani che hanno, Gesù vive la condivisione come gioia e festa, dunque nulla sembra mancare quando la si vive. Anzi, nelle parole di faraone la condivisione diventa un ordine, prefigura un altro modo di organizzare la società. Faraone, a cui di solito pensiamo come alla personificazione del male, del potere cattivo e oppressivo, qui è voce del mondo accogliente e festoso di Dio. Faraone e la società accolgono perché Giuseppe è stato disponibile ad accogliere, a superare il rancore, a abbracciare i fratelli. Il perdono e la riconciliazione rimandano dal singolo alla collettività. Come in un coro greco che ripete e sottolinea, qui tutto è ripetuto due volte, per mostrare che riconciliazione è come una matriosca che si apre e contiene altri doni, altre sorprese. Il perdono contiene la riconciliazione, contiene la condivisione, contiene l’amore. Tutto questo apre al futuro.

Centrale è la consapevolezza speciale che Giuseppe ha del suo ruolo: v.5 “Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita”. Il luogo dove stai può essere uno strumento di benedizione per altri. Non è solo la tua vita in gioco, ma ciò che puoi diventare per altri e altre. Sei preso in una catena di relazioni, non sei da solo, da sola. È una consapevolezza insieme dei propri legami e della propria vocazione, della propria responsabilità. Noi raccontiamo la storia di Giuseppe perché lui è stato l’occasione di una svolta positiva nella vita di Israele. E’ una storia bella di passaggio dall’oscurità alla luce. È la storia di come si fa strada il mondo riconciliato di Dio, nel mezzo della nostra oppressione, superando l’odio e il razzismo, l’ostilità e la schiavitù. La proposta di Dio non cala in un mondo ideale ma in questo nostro mondo corrotto e complesso. Solo il perdono apre il futuro, come ci ricorda Desmond Tutu. Una storia da raccontare ai bambini e alle bambine, dunque, ma da praticare come adulti. È la storia del perdono e della riconciliazione che ci rendono parte della benedizione di Dio per il mondo.

Pastora Letizia Tomassone. Chiesa Evangelica Valdese di Firenze, 12 Ottobre 2014

 

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Ultimo aggiornamento: 25 Ottobre 2014
 ©Chiesa Evangelica Valdese di Firenze