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Il regno di DIO è vicino
22 Allora gli fu presentato un indemoniato, cieco e muto; ed egli lo guarì, in modo che il muto parlava e vedeva. 23 E tutta la folla stupiva e diceva: «Non è questi il Figlio di Davide?» 24 Ma i farisei, udendo ciò, dissero: «Costui non scaccia i demòni se non per l’aiuto di Belzebù, principe dei demòni». 25 Ma egli, conoscendo i loro pensieri, disse loro: «Ogni regno diviso contro se stesso va in rovina; e ogni città o casa divisa contro se stessa non potrà reggere. 26 Se Satana scaccia Satana, egli è diviso contro se stesso; come dunque potrà reggere il suo regno? 27 E se io scaccio i demòni con l’aiuto di Belzebù, con l’aiuto di chi li scacciano i vostri figli? Per questo essi stessi saranno i vostri giudici. 28 Ma se è con l’aiuto dello Spirito di Dio che io scaccio i demòni, è dunque giunto fino a voi il regno di Dio.
Matteo 12, 22-28
Inizia la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, aperta dalla giornata del dialogo con l’ebraismo.
Dalla ricca tradizione ebraica, dal cammino spirituale di un popolo, riceviamo i testi di oggi. Che ci parlano di eredità e conflitti. Di ciò che lasciamo alle generazioni successive.
Nelle discussioni di Gesù con i Farisei, però, Gesù descrive i suoi discepoli come figli che interrogano padri e madri. Mentre quasi tutti i salmi e la tradizione antica rendono responsabili i maestri e i genitori verso i figli, qui si parla dei giovani che indicano ai più vecchi i punti critici del loro agire e aprono nuove prospettive. E, in un tempo che sembra offrirci troppo spesso storie di violenza tra figli e genitori, adulti e minori, Gesù reintroduce la necessità di stare nel dialogo e anche nel conflitto, unico modo per dare un significato profondo al rispetto tra generazioni.
Il contesto è quello di un conflitto forte e pubblico. Il conflitto, che Gesù suscita, non è causato tanto dalle guarigioni e dagli esorcismi che compie. Altri facevano cose simili. Ma Gesù è molto esigente verso i suoi discepoli, li vuole portare alla consapevolezza di quello che fanno, a esercitare anche loro lo stesso ministero. Quando Gesù guarisce un muto, gli restituisce vista e parola. Quasi un’immagine per quei suoi discepoli che vuole far parlare, portarli a confessare la loro fede nel regno di Dio, che viene. Ma essi sono figli, in senso proprio e figurato. Sono figli di una cultura che è soddisfatta di se stessa e non vuole trasformazioni, neppure il regno di Dio.
Sono, anche, proprio figli di coloro che accusano e respingono Gesù. In una società gerarchica e patriarcale i figli non hanno nulla da dire ai padri.
Ma se il regno di Dio si avvicina, se c’è una trasformazione in atto, allora la speranza dei figli è che le cose possano cambiare, non essere più come sono sempre state.
Anche oggi vi sono dei giovani che giudicano il modo in cui gli adulti insediati hanno strutturato la società. A volte, semplicemente, le giovani generazioni sostituiscono le precedenti nella gestione del mondo.
Ma, se il regno di Dio si avvicina, allora giovani e adulti diventano capaci di cacciare i demoni che attanagliano la società.
Se le lingue sono liberate da Gesù, che restituisce la parola, una nuova parola di speranza, allora il mondo stesso può cambiare.
Gesù, quindi, dà valore alla voce dei figli perché li strappa dal continuare quella cultura fatta di fissità e diseguaglianze, ingiustizie e violenze, che insediano i poteri. Gesù è esigente verso i figli perché cerca la loro conversione, che è quella che li può far diventare annunciatori del regno di Dio.
Le nuove generazioni diventano, così, giudici verso i padri che hanno imprigionato le speranze del regno nel loro egoismo.
Oggi si parla delle prossime generazioni che ci giudicano anche in un altro modo: rispetto all’ambiente e rispetto alle pensioni, alla giustizia.
Si dice infatti che noi dobbiamo usare l’ambiente – le risorse – tenendo conto che saranno ancora usate da almeno sette generazioni dopo di noi. I nostri figli e nipoti giudicheranno, dallo stesso loro vivere bene o male su questo territorio, i modi in cui noi lo stiamo gestendo.
La stessa cosa riguarda le pensioni, che questi figli (non) avranno in misura adeguata perché il sistema economico ha reso insostenibile la gestione delle spese sociali. Riguarda i minori non accompagnati e quelli mai adottati che ci chiedono che ne è della nostra capacità genitoriale.
I nostri figli saranno nostri giudici rispetto alla nostra (IN)capacità di combattere contro il male oggi, perché non prevalga neppure domani. Le figlie ci giudicano in base alla nostra IN-capacità di costruire una società senza violenza sulle donne.
Potremmo dire che Gesù invita tutte le generazioni a unirsi in questa lotta contro il male. Comincia dai giovani del suo tempo perché li sa più aperti alla trasformazione, alla visione del regno di Dio, che viene. Ma si rivolge ai padri e alle madri, ché si convertano e si lascino portare dalla visione di speranza dei loro figli e figlie.
Il regno di Dio è vicino, il male può essere cacciato. In Gesù, per fede, non siamo sull’orlo di un dualismo, in cui bene e male si combattono e la conclusione è incerta. Seguire Gesù significa affermarne la signoria sul male.
Il regno di Dio è vicino
Pastora Letizia Tomassone Sermone di domenica 15 Gennaio 2017 - Chiesa Evangelica Valdese di Firenze
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