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I grandi viaggi compiuti dal popolo di Dio

Isaia 35

1 Il deserto e la terra arida si rallegreranno, la solitudine gioirà e fiorirà come la rosa;
2 si coprirà di fiori, festeggerà con gioia e canti d'esultanza; le sarà data la gloria del Libano, la magnificenza del Carmelo e di Saron. Essi vedranno la gloria del SIGNORE, la magnificenza del nostro Dio.
3 Fortificate le mani infiacchite, rafforzate le ginocchia vacillanti!
4 Dite a quelli che hanno il cuore smarrito: «Siate forti, non temete! Ecco il vostro Dio! Verrà la vendetta, la retribuzione di Dio; verrà egli stesso a salvarvi».
5 Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e saranno sturati gli orecchi dei sordi;
6 allora lo zoppo salterà come un cervo e la lingua del muto canterà di gioia; perché delle acque sgorgheranno nel deserto e dei torrenti nei luoghi solitari;
7 il terreno riarso diventerà un lago, e il suolo assetato si muterà in sorgenti d'acqua; nel luogo dove dimorano gli sciacalli vi sarà erba, canne e giunchi.
8 Là sarà una strada maestra, una via che sarà chiamata la Via Santa; (nessun impuro vi passerà) essa sarà per quelli soltanto; quelli che la seguiranno, anche gli insensati, non potranno smarrirvisi.
9 In quella via non ci saranno leoni; nessuna bestia feroce vi metterà piede o vi apparirà; ma vi cammineranno i redenti.
10 I riscattati dal SIGNORE torneranno, verranno a Sion con canti di gioia; una gioia eterna coronerà il loro capo; otterranno gioia e letizia; il dolore e il gemito scompariranno.

 

Da settimane, da quando è iniziata la marcia dei profughi attraverso l’Europa, ho sentito l’attinenza dei grandi viaggi compiuti dal popolo di Dio in cerca di terra, di vita, di speranza, con quanto stava accadendo sotto i nostri occhi. Una giovane amica ha detto: le generazioni precedenti hanno trasformato l’Europa passando attraverso le guerre. Alla nostra generazione spetta questo, il compito di una integrazione accogliente, che ci trasformerà in qualcosa che ancora non sappiamo. Il senso di star vivendo un evento storico è forte. Allora vediamo da quale contesto nasce l’immagine della strada costruita da Dio attraverso il deserto, in Isaia.

Israele era deportato in Babilonia. Qualcuno si era adattato, sicuramente erano trattati da stranieri, evitati, inferiori, a volte schiavi. Molti mantenevano vivo il senso di umiliazione che li spingeva a sperare in un ritorno. Poi improvvisamente cambiano le politiche imperiali. Un nuovo imperatore, Ciro, decide di far tornare i popoli deportati alle loro terre. Israele riconosce in questo cambiamento epocale l’intervento di Dio. E qui viene la prima domanda che ci pongono questi testi: sappiamo riconoscere l’intervento di Dio nella storia che viviamo? Non certo per glorificare questa o quella politica, ma per seguire le tracce del Dio che la nostra storia la apre all’amore e all’accoglienza. La descrizione della strada del ritorno – 1000 km nel deserto, a piedi – è straordinaria: è una festa, una danza, i sorrisi che si aprono sulle facce della gente.

Quando Isaia scrive che nessuno potrà perdersi, noi pensiamo ai minori che invece si perdono nelle marce contemporanee verso un mondo migliore: bambini e bambine allettate con offerte o portate via con la forza per diventare merce che arricchisce pochi sfruttatori. La promessa di Dio è che nessuno si perda su quella strada: possiamo noi farci strumento di quella promessa? Isaia introduce poi delle scene che richiamano i tempi messianici più che la realtà storica: gli zoppi che danzano, i ciechi che vedono: annuncio di un tempo segnato dal messia. Gesù realizzerà quella promessa e noi viviamo alla luce della sua realizzazione. La strada assume caratteri sempre più salvifici quando si dice che non vi saranno predatori, nemici né dolore, su quel cammino.

Purtroppo anche in Europa troppi sono i muri che si stanno costruendo a tempo di record per impedire la speranza di popolazioni intere. Purtroppo sono le condizioni di partenza che scavano lunghe cicatrici di dolore nella gente che parte: la guerra in Siria che ha ridotto le città a cumuli di macerie; l’ideologia integralista dell’Isis che impedisce ogni forma di libertà, la musica, i colori, la memoria archeologica; la fame e l’affollamento nei campi profughi della Turchia, abbandonati a loro stessi. Se anche ci sono stati momenti in cui il senso di accoglienza dei governi e delle popolazioni austriaca e tedesca hanno fatto intravvedere la gioia descritta da Isaia, dobbiamo ammettere che la realtà storica che viviamo è ancora troppo lontana da ciò che il nostro canto annuncia. E allora ci ricordiamo della rilettura di tutto questo che fa il NT, e in particolare la lettera agli Ebrei.

Ogni città costruita nella storia non potrà corrispondere alla città donata da Dio. Ogni traguardo raggiunto ne vedrà altri all’orizzonte, perché non siamo noi che costruiamo la città di Dio ma da lui la attendiamo. Il lungo elenco fatto nella lettera agli Ebrei mette l’accento sulla speranza che muove donne e uomini e sulla fiducia in Dio che è necessaria per partire e immaginare una realtà diversa. Donne e uomini che perseverano nella loro ricerca e sanno che potranno avvicinarsi a qualcosa che assomiglia alla città di Dio, dove il dolore e il razzismo sono sconfitti, la violenza e la xenofobia sono eliminati. Dove i bambini piccoli non muoiono annegati e i padri non devono seppellirli con pianto. Dove la guerra non c’è più. Sono obiettivi alla portata della storia, come dimostrano anche gli ultimi decenni della storia europea, eppure sono anche annunci di un mondo diverso che solo la potenza di Dio può realizzare e mantenere.

Noi stiamo in questa tensione: guardiamo i profughi camminare con speranza verso una maggiore libertà e cerchiamo tutte le forze spirituali e materiali per fare dell’accoglienza la cifra della nostra città. E al tempo stesso sappiamo che la politica è fatta di mediazioni, che quella città del tutto priva di dolore è opera di Dio. Ma perseveriamo, facendo ognuno-a la propria parte, come coloro che sono partiti, Abramo, Sara e tutti e tutte le altre nel corso della storia, stringendo solo una speranza: per fede…

Pastora Letizia Tomassone, Domenica 13 Settembre, Chiesa Evangelica Valdese di Firenze

 

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Ultimo aggiornamento: 26 Settembre 2015
 ©Chiesa Evangelica Valdese di Firenze