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Candela dell'Avvento

Meditazioni di Avvento 2014


Natale


L'angelo disse loro:
Non temete, perché io vi porto la buona notizia di una grande gioia che tutto il popolo avrà: "Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è il Cristo, il Signore".
Luca 2:9-11

 

«Compimento» è una delle prime grandi parole cristiane e precisamente una di quelle che la celebrazione religiosa della festa del Natale ci ricorda in modo del tutto particolare. Questa celebrazione si riferisce alla nascita e alla comparsa di Cristo, al fatto della sua vita umana in quanto tale e proprio questo fatto, nel linguaggio biblico, è chiamato il «compimento». Vi sono molti passi del Nuovo Testamento in cui il compimento viene indicato più precisamente come l'adempimento della promessa fatta agli uomini già prima della comparsa del Cristo. In alcuni altri passi, in numero minore, il compimento viene, un poco più oscuramente, chiamato il compimento del tempo.

Queste due determinazioni dl concetto di compimento sono in chiara relazione: se noi uomini abbiamo una promessa, si presuppone che abbiamo il tempo, cioè un futuro e vi entriamo, è sempre indispensabile presupporre che noi siamo in possesso di una promessa. Se non avessimo il tempo, sarebbe impossibile avere una promessa. E se non avessimo una promessa, sarebbe intollerabile avere il tempo. Ed ora, con la comparsa di Cristo, si compiono sia la promessa che il tempo.[...]

Ma in ogni modo: vi è una promessa genuina, la cui imperfezione tende alla perfezione, vi è un legame reale di Dio con l'uomo, un vero sacramento, un vero segno, che è in contrasto con l'oscurità che lo circonda. Questo è il senso positivo dell'Antico Testamento, in forza del quale esso è una cosa unica con il Nuovo testamento. Ciò che distingue quest'ultimo dall'Antico è la comparsa del Cristo, cioè il compiersi, il chiarirsi, il perfezionarsi, e perciò anche l'adempiersi, della promessa. Noi non dobbiamo aspettare un'altra promessa nuova e migliore, diversa da quella che ci è data in Cristo. Cristo non porta nulla di ciò che una vera promessa non avrebbe sempre portato agli uomini. Ma egli porta in modo integrale - compendiato e radicale - ciò che anche la promessa più autentica, che noi conosciamo all'infuori di lui, aveva portato e può portare solo parzialmente, frammentariamente e relativamente. Ogni altra promessa può essere genuina solo in quanto, come promessa inadempiuta, rimanda a questa, alla promessa adempiuta, che si identifica con la comparsa del Cristo. Ma essa è promessa adempiuta per il fatto che qui l'oggetto di ogni vera promessa diventa il segno, la luce nelle tenebre. Ecco il futuro, la pienezza di tutti i beni futuri, radicato entro il presente: senza però cessare di essere un vero, rigoroso futuro. Qui abbiamo - in Cristo e non in noi, e proprio perciò in futuro, ma tale da dover venire, in Cristo, per noi e veramente a noi - la filiazione divina, la comunione dei santi, il perdono dei peccati, una vita eterna: nell'oscurità del presente umano, essenzialmente umano, nelle tenebre di quest'ora terrena.

«Il Verbo si è fatto carne» - v'è dunque bisogno della Rivelazione e della fede, è cosa che rimane dunque esposta allo scandalo. E' soltanto la prefigurazione della sua futura manifestazione, è realmente esso stesso, in modo assoluto, promessa - ma promessa adempiuta, perchè l'oggetto della promessa, chi è promesso, è egli stesso il contenuto e il soggetto d'essa.

Promessa non adempiuta e adempiuta stanno l'una all'altra come il crepuscolo mattutino e il sorgere del sole. Sono tutte e due promesse e cioè l'unica e la stessa promessa. Se in certo modo è così, nella luce della comparsa del Cristo la fede è divenuta fede d'avvento, un'attesa della rivelazione futura. Ma ora sa chi e che cosa attende. E' fede compiuta, in quanto coglie la promessa adempiuta.[...]

La promessa «adempiuta» «compie» anche il tempo. Nella fede in Cristo come nella promessa «adempiuta» non comincia l'eternità, ma, per ogni uomo che obbedisce a questa fede inizia il tempo, infinitamente prezioso in ogni suo minuto, perchè in ogni minuto viene presa una decisione in vista dell'ultimo futuro. In vista del termine e del fine del tempo, sempre in vista della Rivelazione futura, sempre e soltanto perchè esso è sotto il segno di questo futuro, sotto il segno dell'eterno compimento, ma, proprio sotto questo segno, ha una pregnanza conclusiva e insuperabile - come solo il tempo può avere. E questo è il significato della comparsa del Cristo per noi: «Nella tua mano è il mio tempo» (Salmo 30[31],16).

Karl Barth Promessa, tempo - compimento (1930)

Tratto da
Karl Barth. L'Avvento. Il Natale. Morcelliana. Brescia 1992

 

Domenica 14 Dicembre - quarta domenica di Avvento

ma glorificate il Cristo come Signore nei vostri cuori.
Siate sempre pronti a render conto della speranza che è in voi
a tutti quelli che vi chiedono spiegazioni
I Pietro 3,15

Nella contraddizione tra la parola della promessa e la realtà sperimentabile della sofferenza e della morte, diceva Calvino, la fede si appoggia alla speranza e «si affretta oltre questo mondo». Egli non intendeva dire che la fede cristiana sia una fuga dal mondo, bensì una brama intensa del futuro. In realtà credere significa superare i confini, trascendere i limiti, impegnarsi in un esodo. Ma farlo in modo da non sopprimere o saltare l'angosciosa realtà. La morte è veramente morte, e la corruzione emana davvero fetore. La colpa rimane colpa e la sofferenza rimane anche per la fede un grido senza una risposta bell'e pronta. La fede non scavalca queste realtà rifugiandosi nel cielo o nell'utopia, non sogna di vivere in una realtà diversa. Essa può superare il muro della sofferenza, della colpa e della morte, che segna il confine della vita, soltanto nel punto in cui esso è stato veramente rotto. Soltanto seguendo Cristo (che è risorto dalla sofferenza, dalla morte in cui Dio lo ha abbandonato e dalla tomba) la fede vede aprirsi davanti a sé un'ampia prospettiva in cui non v'è più afflizione, una prospettiva di libertà e di gioia. Dove la risurrezione di colui che è stato crocifisso ha spezzato il limite contro cui si infrangono tutte le speranze umane, ivi la fede può e deve espandersi nella speranza.[...]

La speranza rende quella fede aperta all'omnicomprensivo futuro di Cristo. La speranza è dunque 'il compagno inseparbile' della fede. [...]

Chi spera in Cristo non si adatta alla realtà così com'è ma comincia a soffrirne e a contraddirla. Pace con Dio significa discordia con il mondo, poichè il pungolo del futuro promesso incide inerosabilmente nella carne di ogni incompiuta realtà presente. Se avessimo davanti agli occhi solo ciò che vediamo accetteremmo serenamente o di malumore le cose come stanno. Ma il fatto che non ci adattiamo e che non si stabilisca nessuna serena armonia tra noi e la realtà, è frutto dell'inestinguibile speranza. Essa fa sì che l'uomo rimanga sempre insoddisfatto fino al grande adempimento di tutte le promesse di Dio. Essa lo mantiene nello status viatoris, in quell'atteggiamento aperto verso il mondo che, essendo causato dalla promessa fatta da Dio mediante la risurrezione di Cristo, non può cessare se non quando Dio stesso adempia quella promessa. Questa speranza fa della comunità cristiana un elemento di perenne disturbo nelle comunità umane che voglio diventare una 'città stabile'. Essa fa della comunità la fonte di impulsi sempre rinnovati tendenti a realizzare il diritto, la libertà e l'umanità quaggiù, alla luce del futuro che è stato annunciato e che deve venire. Una tale comunità ha il dovere di «rispondere alla speranza» che è in lei (I Pietro 3,15). essa viene accusta «a motivo della speranza e della risurezione dei morti» (Atti 23,6). Quando ciò accade la cristianità assume il suo vero volto e diventa testimone del futuro di Cristo.

Jürghen Moltmann Meditazione sulla speranza

in Jürghen Moltmann Teologia della Speranza Queriniana 2008

 

Domenica 14 Dicembre - terza domenica di Avvento

Poiché la legge è stata data per mezzo di Mosè;
la grazia e la verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo.

Giovanni 1,17

Allora Pilato gli disse: «Ma dunque, sei tu re?»
Gesù rispose: «Tu lo dici; sono re; io sono nato per questo,
e per questo sono venuto nel mondo: per testimoniare della verità.
Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce».

Giovanni 18,37

 

Or vieni, Redentore
dell'intera umanità:
nel tuo Avvento splende ognor
la divina maestà.

La Parola eterna Egli è
incarnata sin quaggiù;
vero Dio, dei cieli il re,
vero Uomo Egli è, Gesù.

Nel notturno oscuro vel
splende come un chiaro sol
dal presepe fino al ciel
d'una vergine il Figliuol.

Lode a te, Figliuol divin,
fonte d'ogni verità;
la tua gloria senza fin
ogni gente esalterà.


Wittemberg - Erfurt, 1524 - da un inno medievale

Tratto da:
Innario Cristiano, Claudiana Editrice. Torino 2000

Base musicale su Youtube

 

Domenica 7 Dicembre - seconda domenica di Avvento

 

Rialzatevi, levate il capo, perchè la vostra liberazione si avvicina
Luca 21,28

 

E' venuto sul mio cammino
Per nutrirmi
Di un boccone di pane
E' venuto tendendo la sua mano
A rinfrescarmi
con un sorsata di vino.

 

Ha seminato nel mio giardino
Per sorridermi
Mille chicchi di grano
E' venuto di mattina
A rinfrescarmi
Di un dolce rosé.

 

E' venuto nella mia casa
Per fiorirla
Di un grande bouquet di gioia
E' venuto nella mia canzone
A rifrescarla
Con un briciolo di fiducia.

 

Ha seminato dentro il mio cuore
Per guarirmi
Un cielo di libertà
E' venuto dalle sue altezze
Per affermare
In me la sua verità

 

Chi dunque sei tu, tu lo straniero
Per rischiarare la mia notte ?
Chi dunque sei tu, tu lo straniero
Per donarmi la tua vita ?

Egli mi ha detto:
Sono l'Amico, l'Inviato
Per rischiarare la notte
Egli mi ha detto:
Sono l'Amico, l'Inviato
Per donarti la mia vita.

 

Pastora Claude Caux-Bertoud - Fraternité spirituelle des Veiileurs

tratto da:
Claude Caux-Bertoud. Prier, le temps d'une pause. Edition Olivétan. Lyon 2006

 

Domenica 30 Novembre - prima domenica di Avvento

 E Maria disse:
«L'anima mia magnifica il Signore,
e lo spirito mio esulta in Dio, mio Salvatore,
perché egli ha guardato alla bassezza della sua serva.
Da ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata,
perché grandi cose mi ha fatte il Potente.
Santo è il suo nome;
e la sua misericordia si estende di generazione in generazione
su quelli che lo temono.
Egli ha operato potentemente con il suo braccio;
ha disperso quelli che erano superbi nei pensieri del loro cuore;
ha detronizzato i potenti,
e ha innalzato gli umili;
ha colmato di beni gli affamati,
e ha rimandato a mani vuote i ricchi.
Ha soccorso Israele, suo servitore,
ricordandosi della misericordia,
di cui aveva parlato ai nostri padri,
verso Abraamo e verso la sua discendenza per sempre»

Luca 1, 46 - 55


Poi c'è la parola Magnificat che significa fare grande, innalzare e tenere uno in gran conto, detto di chi è capace e vuole fare grandi, molte e buone cose, come si vedrà nel seguito di questo inno. Allo stesso modo che la parola Magnificat, come il titolo di un libro, ne annuncia il contenuto, così anche Maria vuol indicare con questa parola il contenuto del suo cantico: lodare cioè le grandi opere di Dio per rafforzare la nostra fede, consolare gli umili e incutere timore a tutti i potenti della terra.

Questa triplice finalità dobbiamo scorgere nell'inno e riconoscere che Maria non ha cantato per sé sola, ma per tutti noi affinché ci unissimo al suo canto. Ora, non può essere che uno si intimorisca o si consoli a causa di siffatte grandi opere di Dio, se non crede che Dio sa e può fare grandi cose; ma non soltanto questo, deve anche credere che Dio vuole agire così e ha una predilezione a fare tali cose. Anzi, non basta neppure credere che Dio vuol compiere grandi cose nei riguardi di altri, ma non di te, e ti vuole così escludere da questa sua azione divina. Così fanno coloro che non temono Dio quando sono potenti e si accasciano miserabilmente quando si trovano in angustle. Tali forme di fede non valgono nulla e sono smorte, come un'illusione suscitata da una favola. Tu, piuttosto, devi tener presente la volontà di Dio su di te senza dubbi e perplessità, e credere fermamente che egli vorrà fare anche in te grandi cose.

Questa fede intesse l'anima della sua vita, essa penetra il profondo e trasforma l'uomo radicalmente. Essa ti costringe a temere, quando sei in alto, e a confidare, quando sei in basso; e quanto più sei in alto, tanto più devi temere, quanto più sei umiliato, tanto più puoi consolarti. Nessun'altra fede è capace di produrre tali effetti. Come farai nelle angustie di morte? Allora non devi solo credere che Iddio sa e può aiutarti, ma anche che ti vuole aiutare. In verità deve avvenire un' opera indicibilmente grande, perché tu possa essere liberato dalla morte eterna, godere l'eterna felicità ed essere erede di Dio. Questa fede può tutto, come dice il Signore (Marco 9, 23), questa solo ha consistenza ed è questa che, sperimentando l'azione divina, giunge all' amore di Dio, a lodarlo ed esaltarlo, sicché l'uomo proclama grande Dio e lo magnifica. Dio, infatti, non viene proclamato da noi grande nella sua natura, essendo immutabile, ma nella nostra conoscenza e sensazione, cioè in quanto noi lo consideriamo grande e lo magnifichiamo, soprattutto in relazione alla sua grazia e bontà.

Perciò la Madre di Gesù non dice: La mia voce (oppure la mia bocca) e neanche la mia mano e neppure i miei pensieri, la mia ragione o volontà magnifica il Signore. Giacché ce ne sono molti che lodano Dio a gran voce, tengono delle prediche meravigliose, discutono, disputano, scrivono di lui e lo dipingono; molti riflettono a lungo su di lui e si sforzano di comprenderlo con la ragione; a questi se ne aggiungono molti che lo magnificano con falsa devozione e con falsa volontà. Maria invece, dice: «L'anima mia lo magnifica», cioè tutta la mia vita, i miei sensi e le mie forze lo proclamano grande. Essa per cosÌ dire si estasia in lui e si sente elevata nel suo volere misericordioso e buono, come mostra il versetto seguente (Luca 1,47).

Martin Lutero

tratto da
Martin Lutero. Commento al Magnificat. 1520
traduzione italiana editrice Servitium 2005

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Ultimo aggiornamento: 24 Dicembre 2014 © Chiesa Evangelica Valdese di Firenze