Diaspora evangelica
Mensile di collegamento
informazione ed edificazione
Anno XLIII – numero 10 – ottobre 2010
Vento
Giovanna Fozzer*
Viene il vento di mare
dopo i percorsi spazi ancora antico,
e sfrangia verso l’alto
indaco di nubi, che prepara
la pioggia
Odorerà nella memoria
Di battute battigie,
di libertà di spazi e d’alghe, mentre
soave s’indora
tutto attorno l’autunno
*Poetessa contemporanea, nata a Trento nel 1931. Poesia tratta dal volume a cura di Enzo Bianchi “Poesie di Dio, Einaudi, Torino, 1999.
In questo fascicolo:
· Meditazione biblica di E. Genre
· Speciale Sinodo valdese e metodistaa cura della redazione
· Il naso tra i libri di S. Rivedi Pasqui
· Intervista ad Alison Walker di R.D. Papini
· Dalle opere e dalle chiese evangeliche fiorentine
· Ecumenicamente (s)corretto di R. D. Papini
Editoriale
L’inizio di un nuovo anno di attività nelle chiese valdesi e metodiste si collega sempre al Sinodo, alle sue decisioni, agli orientamenti che ne vengono per l’agenda pastorale e sociale di ogni comunità. Così in questo fascicolo della nostra circolare il sinodo occupa una parte consistente. I lettori e le lettrici troveranno però le solite rubriche e qualche piccola novità: il nostro particolare interesse per la città di Firenze e per la sua vita di fede. L’intervista alla pastora Walker fa parte di questa area tematica. Nel prossimo numero proporremo invece alcuni spunti di discussione sulla questione della moschea a Firenze, incluso l’atto sinodale e la lettera di solidarietà che il Concistoro valdese ha inviato alla Presidenza della Comunità islamica di Firenze e Toscana.
Alla fine ringrazio tutte le persone che in vari modi hanno risposto all’appello legato alle difficoltà economiche. Il 26 settembre nei locali della Chiesa battista si è svolta una manifestazione canora a favore della nostra circolare. Un affettuoso abbraccio giunga a tutte le persone che hanno reso possibile questo importante evento. (p.g.)
Ermanno Genre*
Ecco, benedite il SIGNORE, voi tutti,
servi del SIGNORE,
che state nella casa del SIGNORE durante la notte!
Alzate le vostre mani verso il santuario
e benedite il SIGNORE!
Il SIGNORE ti benedica da Sion,
egli che ha fatto il cielo e la terra.
E' l'ultimo salmo delle salite, l'ultimo di una raccolta di 15, eco di un più ampio testo liturgico il cui tema è la benedizione che ricorre 3 volte nei 4 versi che lo compongono. Il salmo apre con l'invito – che è un imperativo - rivolto ai servitori di Dio, agli addetti al tempio: “Benedite il Signore”! Un invito che la chiesa cristiana ha esteso a tutta la comunità celebrante quando ha fatto dei salmi il proprio libro di preghiera. Lode, benedizione, adorazione, sono presenti in ogni liturgia cristiana e costituiscono, in particolare, il momento di apertura del culto domenicale. La conclusione del salmo riprende, in analogia con le parole di apertura, il tema della benedizione. Benedizione che ora però non ha più Dio come destinatario ma è Dio stesso a rivolgersi, benedicente, verso i suoi figli e figlie: “Da Sion ti benedica il Signore...”. E' la benedizione che colui o colei che presiede rivolge alla comunità celebrante e ad ogni suo membro al termine del culto.
Vi sono però altri momenti e altre formule di benedizione che pastori e pastore pronunciano in occasione degli atti liturgici al di fuori del culto domenicale (quelle azioni simboliche rituali che i tedeschi chiamano Kasualien, i riti occasionali). E' precisamente su queste altre forme di benedizioni che vorrei attirare la vostra attenzione questa mattina. Il fatto che il consiglio di una chiesa locale abbia deciso di affidare al proprio pastore la celebrazione di un culto apposito di benedizione di una coppia omosessuale, interpretando in questo senso un pronunciamento del sinodo 2007 in cui, fra le altre raccomandazioni, si invitano le chiese a evitare ogni forma di discriminazione delle persone omosessuali, ci offre l'occasione per riflettere qualche istante sul significato di queste azioni simboliche di benedizione che pastori e pastore pronunciano in occasione degli atti liturgici. Alcuni pochi pensieri nel tempo che mi è concesso.
Che cosa intendiamo con questa azione simbolica di benedizione che la nostra chiesa pronuncia, tramite i suoi ministri, sulla vita delle persone che ne fanno richiesta? E prima ancora, perché dei genitori chiedono il battesimo o la presentazione dei loro figli e figlie? Perché dei catecumeni chiedono il battesimo o la confermazione? Perché delle coppie di giovani sposi chiedono la benedizione del loro matrimonio? Perché lo chiede una coppia gay, perché lo chiedono degli sposi dopo 50 anni di matrimonio? Perché questo bisogno di rivolgersi alla chiesa per ricevere una parola di benedizione? Che cosa sta a monte di questo bisogno rituale? E' per abitudine, per tradizione, per convenienza, per paura di un futuro incerto e minaccioso? O vi è un qualcosa che sfugge alla comprensione umana, difficile da verbalizzare e che non è dell'ordine della pura razionalità, una dimensione dell'esistenza umana che rinvia al mistero della vita e della morte e che nessuno può padroneggiare? Chi può dire di avere la risposta a questi interrogativi?
Fra le nuove generazioni, molte persone, anche fra i membri delle nostre chiese, decidono di fare la loro strada nella vita senza domandare nulla, né alla chiesa né alla società civile: è il caso di molte coppie che creano una famiglia senza contrarre matrimonio. La richiesta di un'azione simbolica di benedizione rivolta alla chiesa si situa, nel tempo di postmodernità in cui viviamo, in controtendenza rispetto a questo fai da te – privato e non pubblico - che nelle nostre società moderne si diffonde a ragnatela.
E in che cosa consiste l'offerta della chiesa a questa domanda di benedizione che costituisce il cuore stesso dell'atto liturgico? Una cosa è certa: la sorgente della benedizione è in Dio soltanto e non nella chiesa. Proprio per questo motivo la chiesa, se è fedele alla sua missione, non ha facoltà di poter fare economia a suo piacere di ciò che essa stessa riceve e su cui si fonda.
Che cosa intende dunque significare l'azione simbolica di benedizione che la chiesa pronuncia durante la celebrazione di un atto liturgico? Proporrei questa risposta alla vostra meditazione: nell'azione simbolica di benedizione lo sguardo su se stessi e sulle proprie prestazioni si sposta di 180 gradi nella direzione di una relazione che si propone come totale offerta di grazia e, di conseguenza, tutto è posto sotto la luce di una vita ricevuta e una vita donata.
E' chiaro che nessuno di noi è in grado di sapere fin dove la domanda di benedizione sia un'autentica domanda di fede e dove sia invece un miscuglio di convinzioni, di dubbi e incertezze, un portato della tradizione o altro ancora, come già ho ricordato. In ogni caso l'accompagnamento pastorale che ha luogo in occasione degli atti liturgici non è un'indagine alla Maigret; in ogni colloquio pastorale è sempre questione di fare spazio a Dio e alla sua volontà, alla sua buona volontà verso ogni creatura umana, al di là di tutte le distinzioni che gli esseri umani possono far valere. In ogni colloquio pastorale siamo confrontati con dei volti, delle storie di vita, delle biografie, dei percorsi umani spesso segnati dalla sofferenza. Sono questi volti con le loro storie che ci interrogano, non sono solo le Scritture che ci interrogano; e non siamo autorizzati a separare le Scritture dai volti umani che stanno davanti a noi. Dirò di più: l'ermeneutica della Scrittura comincia proprio da quei volti che mi stanno davanti. L'interrogazione è duplice: soltanto da questa doppia interrogazione, da questo doppio ascolto può nascere un autentico accompagnamento pastorale. E questi volti non chiedono di modificare la nostra confessione di fede né di fare violenza alle nostre discipline. Chi avanza questa richiesta chiede di aver parte alla comunione della chiesa di Gesù Cristo che è una comunione di peccatori perdonati e graziati.
Nella chiesa di Gesù Cristo c'è spazio per la diversità e la diversità non spezza la comunione quando sa guardare a Cristo e alla sua sequela. Come il colloquio pastorale anche la liturgia deve saper guardare ai volti delle persone. Io credo che la liturgia debba calarsi concretamente dentro le situazioni esistenziali delle persone e non restarne fuori. Anche una liturgia di benedizione può diventare uno strumento di liberazione e di annuncio della grazia di Dio, capace di ri-orientare gli sguardi sulle persone, difendendone la dignità, soprattutto là dove una legislazione umana crea discriminazione.
Nella nostra tradizione riformata abbiamo sempre prestato scarsa attenzione ai riti e alle liturgie e oggi ancora vi è chi pensa che siano poco più che un residuo di cattolicesimo inconscio. E' un fatto però che in tutte le chiese riformate si è fatta strada una profonda rivalutazione della ritualità e del valore della liturgia. E ciò non avviene a danno dell'annuncio dell'evangelo, al contrario: permette alla parola predicata di trovare una relazione più stretta ed efficace con la vita delle persone, con le loro biografie, le loro sofferenze, le loro ferite, le loro speranze. E' in questo orizzonte che si iscrivono oggi numerose domande di benedizione che vengono rivolte alle chiese cristiane e che la teologia pastorale protestante contemporanea considera una opportunità per l'annuncio del vangelo nel tempo della postmodernità. Negli atti liturgici vi è una domanda e un'offerta che richiedono attenzione e discernimento da parte di tutta la chiesa, non solo dei pastori e pastore. Nella liturgia sono in gioco questioni legate alla pratica della giustizia, all'esercizio del potere nella chiesa di Gesù Cristo, al rispetto della dignità di ogni persona. In altre parole la liturgia mostra sempre anche il volto umano di una chiesa cristiana... “Da Sion ti benedica il Signore, egli che ha fatto il cielo e la terra”, amen.
* Professore di teologia pratica alla Facoltà valdese di teologia. La predicazione è stata tenuta il 24 agosto durante il culto di apertura della giornata sinodale.
SPECIALE SINODO DELLE CHIESE METODISTE E VALDESI
(tratto dal servizio stampa NEV)
Roma (NEV), 1 settembre 2010 - Accoglienza, fraternità, scambio, condivisione: queste le parole chiave del discorso della pastora Maria Bonafede, rieletta per un altro anno moderatora della Tavola valdese, pronunciato venerdì scorso nell'aula sinodale della Casa valdese di Torre Pellice (TO), dove - dal 22 al 27 agosto - si è svolto il Sinodo delle chiese metodiste e valdesi, presieduto quest'anno dal giudice Marco Bouchard.
Un discorso che non ha nascosto le difficoltà del camminare insieme, difficoltà sperimentate nel corso di questo Sinodo con al centro dell'attenzione la benedizione di coppie dello stesso sesso: "Abbiamo vissuto cinque giorni intensi di confronto e scontro, su temi importanti che investono sia la vita della chiesa che quella delle persone. Il Sinodo ha dimostrato che il modo di procedere è quello di non perdere mai di vista il valore dell'accoglienza".
Per la moderatora Bonafede il Sinodo si è assunto una grande responsabilità aprendo alla benedizione delle coppie dello stesso sesso. Una decisione che non chiude il dibattito, ma che andrà ulteriormente approfondita e verificata nella prassi. "Vogliamo essere una chiesa che vive nel confronto e del confronto, senza mai mettere un punto ai ragionamenti, bensì una virgola", ha affermato Bonafede.
Il Sinodo quest'anno ha posto l'accento anche sull'accoglienza degli immigrati, che a migliaia stanno bussando alle porte delle chiese valdesi e metodiste italiane. Al tema di "Essere chiesa insieme" la Tavola valdese ha dedicato lunedì 23 agosto una serata-evento di testimonianza, musica e preghiera svoltasi nel tempio valdese di Torre Pellice. Scopo dell'iniziativa era sottolineare il carattere multietnico delle chiese evangeliche in Italia, come ha ricordato Bonafede.
Guardando poi al paese, "che attraversa una profonda crisi morale e politica", ma anche ai 150 anni dell'Unità d'Italia e ai valori risorgimentali, la moderatora così ha concluso: "vogliamo un paese unito, plurale, laico e democratico". E citando la lettera di Paolo ai Romani (12): "Benedite quelli che vi perseguitano. Benedite e non maledite". Il Sinodo si è concluso con un culto liturgico di Santa Cena presso il tempio di Torre Pellice.
Il Sinodo si era aperto domenica 22 agosto con un culto solenne presieduto dalla pastora Letizia Tomassone, vice presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). Il messaggio dell'evangelo è quello di un "Dio che sconfigge il male e l'ingiustizia e porta guarigione e pace", aveva detto nella sua predicazione prendendo spunto da Luca 10:17-24. Durante il culto è stato consacrato al ministero pastorale Michel Charbonnier, che ha sottoscritto l'antica confessione di fede del 1655. Come ogni anno, numerosi gli ospiti italiani e stranieri che hanno seguito i lavori sinodali.
Membri della Tavola valdese sono stati eletti: Daniela Manfrini (vicemoderatora), Giovanni Anziani, Adriano Bertolini, Giuseppe Ficara, Aldo Lausarot, Ruggero Mica. Alessandra Trotta è stata rieletta alla presidenza dell'Opera per le chiese evangeliche metodiste in Italia (OPCEMI), mentre presidente della Commissione sinodale per la diaconia (CSD) è stato riconfermato Marco Armand Hugon. Nuovo decano della Facoltà valdese di teologia di Roma è il professor Yann Redalié, che subentra a Daniele Garrone.
Sara Rivedi Pasqui
Dal 1903 ad oggi, solo dieci donne hanno vinto il Goncourt, prestigioso premio letterario francese, e nel 2009 esso è stato assegnato, per la prima volta, ad una donna di colore, Marie Ndiaye, autrice del romanzo Trois femmes puissantes.* La scrittrice è nata a Pithivier nel 1967 da madre francese e padre senegalese, ha trascorso la sua infanzia nella banlieue parigina, non si è mai sentita parte di una minoranza, ma perfettamente integrata nel paese di nascita. Si ritiene francese per cultura e formazione anche se l’Africa l’affascina e la intriga. Ha appena un anno e mezzo quando il padre fa ritorno al paese di origine e Marie lo incontrerà solamente tre volte in tutta la sua vita, sarà la madre, professoressa in scienze naturali, che provvederà ad allevarla ed educarla.
La sua carriera come scrittrice ha un inizio precoce, intorno ai 13-14 anni, appena diciottenne pubblica il suo primo romanzo (Quant au riche avenir) presso le prestigiose edizioni Minuit. In seguito alla pubblicazione di questa opera conosce lo scrittore Jean-Yves Cendrey che diverrà suo marito. Nel 1985 la Quinzaine Litteraire la segnala come una grande scrittrice poiché “ha trovato una forma che appartiene solamente a lei per dire cose che appartengono a tutti”. Nel 2001 riceve le Prix Femina con il romanzo Rosie Carpe. Eccellente autrice di pièce teatrali è la sola donna vivente ad aver composto un’opera che figura nel repertorio della Comédie Française. Nel 2009 tenta una nuova esperienza e coopera alla sceneggiatura del film White material di Claire Denis. Dal 2007 vive a Berlino con i tre figli ed il marito, una scelta sofferta, ma la scrittrice ha dichiarato, in una intervista del 30 agosto 2009, di non poter vivere in un paese dal clima poliziesco suscitando forti polemiche in Francia. La critica letteraria definisce Marie Ndiaye una scrittrice atipica, impegnata, femminista, ma lei non apprezza le etichette, nei suoi libri parla soprattutto di donne e di quanto faticosi e difficili siano i rapporti interpersonali.
Degli otto romanzi da lei scritti solamente l’ultimo in ordine cronologico e cioè Trois femmes puissantes è ambientato in Africa ed esattamente nel paese del padre, il Senegal. Narra la storia di tre donne determinate a difendere e preservare la loro dignità di fronte alle prove dolorose e sovente umilianti a cui la vita le sottopone poiché su di esse grava ancora il peso di una cultura maschilista oppressiva ed autoritaria. Come una sonata può essere composta da tre movimenti così il romanzo si articola in tre parti, ciascuna delle quali dedicata alle vicende di una donna, ma tra loro unite da un legame sotteso che spetta al lettore individuare.
Norah è un avvocato parigino che, dopo un lungo periodo di assenza, ritorna alla casa del padre, uomo spietato e violento dal passato inquietante e misterioso e presto l’ambiente familiare la coinvolgerà risvegliando in lei antiche angosce.
Fanta ha lasciato il Senegal per seguire in Francia il marito, individuo insicuro, fragile, dominato dalla madre e tormentato dal timore che la moglie lo abbandoni. In realtà la giovane donna stenta ad inserirsi nel nuovo ambiente, la vita monotona e scialba le pesa e per combattere la noia che l’assale cerca di ritagliarsi degli spazi e di sfuggire alla morbosa gelosia del marito.
Infine, Khady-Demba, il personaggio più tragico del romanzo. Rimasta vedova e priva di qualsiasi sostentamento economico la giovane cerca rifugio presso la famiglia del marito che mal la sopporta perché rappresenta una bocca in più da sfamare. La suocera pagherà un uomo affinché la imbarchi per la Francia, ma la ragazza cadrà vittima di individui spregevoli che la useranno nei modo più turpi, tuttavia non perderà mai la consapevolezza di essere una persona, anche quando sta per esalare l’ultimo respiro, trafitta dal filo spinato di uno sbarramento che cerca di superare, ripete a se stessa “C’est moi Khady-Demba!”.
In questo libro affascinante, avvincente e doloroso si esprime tutta l’arte di Marie Ndiaye, la forza della sua scrittura, la raffinatezza e la perfezione della sua prosa, l’attento studio psicologico, l’incanto magico che riesce a creare e che afferra il lettore con episodi tragici e sconvolgenti, sovente commoventi, a volte poetici e delicati, mai sdolcinati od eccessivi.
* Traduzione italiana: Tre donne forti, Giunti Editore 2010, pp. 384.
Intervista alla pastora metodista di Firenze
Roberto Davide Papini
È arrivata a Firenze con «cuore aperto, mente aperta, porta aperta» (come recita uno slogan della Chiesa metodista) insieme al marito musicista, a una buona dose di entusiasmo missionario e tanta grinta.
Alison Walker, inglese trentacinquenne, è da un anno la pastora della Chiesa metodista di via de’ Benci e, dopo alcuni mesi di ambientamento, sta progettando una serie di iniziative per rilanciare una comunità ricca di storia, ma che negli ultimi anni ha subito un forte calo di presenze. «Quando ho letto su un giornale metodista, in Inghilterra, che c’era la possibilità di venire a Firenze ho fatto domanda perché si specificava che bisognava lavorare a Firenze, con i giovani e con gli immigrati -racconta la pastora Walker ma non pensavo che poi sarei stata scelta io. E invece mi sono ritrovata in questa avventura e mi sono trasferita con mio marito Robin». Metodista “doc” (la sua famiglia fa parte da sette generazioni di questa chiesa protestante nata in Inghilterra nel diciottesimo secolo) e animata da spirito missionario («mio zio è stato per tanti anni in Jamaica e anche io ho sempre pensato che una parte della mia vita per la chiesa dovesse essere fatta nel Mondo, lontano da casa») la pastora Walker si ritrova di fronte a una sfida impegnativa qui a Firenze che affronta con grande entusiasmo, a partire dall’apprendimento dell’italiano già molto buono, tanto da poter predicare ogni domenica (il culto è alle 10,30) senza problemi. Una sfida per annunciare l’Evangelo e una fede da declinare nell’ambito della società e della vita di tutti i giorni: «Non basta dire sono cristiano, ma occorre anche vivere concretamente questo». Per Alison «la città è bellissima, le persone sono disponibili a parlare a spendere del tempo per aiutare chi non conosce la lingua. Però è anche vero che è poi difficile arrivare al secondo livello di conoscenza delle persone, sono un po’ chiuse».
La sfida che si trova di fronte la pastora Walker è quella di rivitalizzare la Chiesa metodista fiorentina, in una città di grande cultura «ma anche troppo ripiegata sul passato» e di lavorare, in particolare, nell’accoglienza degli immigrati. «C’è molto da fare, mi pare che in Inghilterra ci sia meno burocrazia su questo tema e che qui ci siano pochi contatti e poco dialogo tra i fiorentini e gli immigrati». La Chiesa metodista è dal 1979 unita da un patto di integrazione alla Chiesa valdese che anche a Firenze ha una sua tradizione. «Qui ho trovato una grande collaborazione nel pastore valdese Pawel Gajewski, anche perché è straniero come me (polacco, ndr) e capisce i problemi di chi arriva da fuori», dice Walker.
Tra le iniziative che vuole mettere in piedi c’è quella di un “play-group”: a settembre, ogni giovedì mattina dalle 10 alle 12, la chiesa offrirà un punto di ritrovo per i bambini piccoli che possono giocare e per genitori e nonni che possono chiacchierare. Altra iniziativa, con chiaro intento di coinvolgere la numerosa comunità anglofona (e in generale quella internazionale) che gravita nel centro di Firenze, è quella del culto in inglese tutti i martedì dalle 19 alle 21.
dalle opere e dalle chiese evangeliche di firenze
Casa “cares”
Anna vezzosi
A volte ci facciamo spaventare dalla distanza, dall’orario, da … tante cose. Peccato perché può capitare di perdere di perdere occasioni molto belle. Credo che ciò sia accaduto a molte delle comunità che non sono potute venire a Casa CARES sabato 4 settembre. Ovviamente non vuole essere un giudizio: ognuno sa i propri impegni e le proprie disponibilità; si tratta piuttosto di un incoraggiamento quando capiteranno altre occasioni.
È stata una serata veramente coinvolgente. L’ospitalità di Antoinette e Paul Krieg e dei loro collaboratori è stata davvero calda e gioiosa. Oltre all’ottima cena con molti prodotti del loro orto abbiamo potuto godere di musica e amicizia. Personalmente sono una totale ignorante musicalmente parlando, e tanto più nel campo della musica jazz. Quella sera ho capito però quanto questo genere musicale possa essere godibile e coinvolgente. Il pianista Roberto Andreucci è stato veramente bravo e il clima di coinvolgimento ha fatto sì che anche un'altra persona si sia avvicinato al pianoforte. Un ospite tedesco invece ci ha intrattenuto con il violino.
Un plauso particolare ad Antoinette: abbiamo una bravissima pianista nella nostra comunità e non lo sappiamo (io almeno io non lo sapevo).
Spero che sia raggiunto almeno in parte lo scopo per cui la serata è stata organizzata: raccogliere i soldi per il restauro della cappella. Paul ci ha raccontato la storia di questo particolare spazio all’interno del complesso della Casa CARES.
Cerchiamo di ricordarci anche di questa opera nei nostri impegni verso la chiesa.
Chiesa evangelica BATTISTA
Sabato 3 luglio è stato celebrato il matrimonio di Amanda Grazi e Andrea Tesi. Il pastore Raffaele Volpe insieme a Don Alvaro della Parocchia della Carraia di Calenzano hanno curato la preparazione e la celebrazione secondo quanto previsto dai recentissimi accordi sottoscritti dall'Unione Battista e Conferenza Episcopale Italiana in materia di Matrimoni interconfessionali. Rinnovati auguri alla giovane coppia e ai loro genitori: Mario Grazi e Serena Innocenti e a Renza e Piero Tesi!
Venerdì 9 luglio è stato annunciato l'Evangelo di Resurrezione in occasione della commemorazione della sorella Fernanda Boncinelli. Nella stessa giornata si è tenuto il funerale della madre di Matilde Del Fabbro, da anni ospite presso la Casa di riposo del Gignoro. A Paola Fabiani e a Matilde, ai loro cari, vanno l'abbraccio fraterno di tutta la comunità.
Domenica 11 luglio, nel pomeriggio dopo pranzo a sacco, si è tenuto un bel Laboratorio di Argilla, a cura di Paola Staccioli.
Sabato 7 agosto è stato celebrato il matrimonio di Sonia Faranda e Raffaello Bomboni. Un ringraziamento speciale al pastore Daniel Fink della Chiesa del Nazareno. Da parte di tutta la comunità auguri agli sposi e felicitazioni ai loro genitori Antonietta Calabrese e Antonino Faranada, Lina e Roberto Bomboni.
Nella prima settimana di Agosto un nutrito gruppetto della nostra comunità ha partecipato al 5° Campo Intergenerazionale “VarieEtà” promosso dall'Unione Battista, in località Prati di Tivo (Teramo) sul Gran Sasso: 150 partecipanti provenienti da tutta Italia hanno meditato sul tema “Verso l'infinito e oltre” tra passeggiate, musica, giochi e momenti biblici.
Chiesa evangelica valdese
Nei mesi estivi abbiamo vissuto un particolare scambio di pulpito con la Chiesa Metodista. Nel mese di luglio le due comunità si riunivano nel tempio di via Micheli, mentre nel mese di agosto un culto comune veniva celebrato nel tempio metodista di via De’ Benci. Tale collaborazione (sperimentata già qualche volta negli anni scorsi) ha gettato ottime basi per un futuro scambio anche durante i mesi di ordinario lavoro.
Nel corso dell’estate abbiamo annunciato il vangelo della Risurrezione durante i funerali di Marta Villani (luglio) e del pastore emerito Vincenzo Sciclone. Nel prossimo numero pubblicheremo due brevi testi commemorativi dedicati a queste due persone.
Il 28 agosto abbiamo celebrato con gioia il culto di benedizione nuziale presieduto dal professor Lothar Vogel (Fvt) che ha visto come protagonisti Fabio Traversari e Gesine Schwarz. Numerosi parenti e amici degli sposi hanno reso questo particolare momento particolarmente carico di emozioni e di testimonianze di fede. Gli sposi hanno devoluto al “fondo stabili” della nostra chiesa la colletta raccolta durante il culto (quasi trecento euro).
Le notizie riguardanti le Chiese Apostolica Italiana e Luterana
saranno pubblicate nel prossimo numero di DIASPORA.
Roberto Davide Papini
Dopo un po’ di tempo i Sinodi possono sembrare un po’ tutti uguali. Sì, è vero, c’è una certa varietà e diversità dei temi (per esempio: quest’anno le coppie gay, l’anno precedente l’omoaffettività, il prossimo anno l’omosessualità) ma i meccanismi si somigliano molto e allora ogni anno cerchiamo chiavi di lettura nuove. Per esempio, proviamo a leggere il Sinodo attraverso gli atti con un piccolo (e assolutamente incompleto) “alfabeto” delle parole più ricorrenti.
A come... Ascoltare. Il Sinodo ascolta molto: relazioni, messaggi, resoconti dei gruppi, commissioni varie. Ma qualcuno ascolta il Sinodo?
G come... Gerundio. Se da tempo in Italia sono nati gruppi in difesa del congiuntivo, il Sinodo Valdese si dimostra avanti rispetto a tutti puntando sul gerundio. Nonostante il tentativo del presidente Bouchard di arginarlo, il gerundio è il grande protagonista degli atti sinodali e del singolare linguaggio dell’assise valdese. Quindi, non mancano gli “avendo”, i “riconoscendo”, i “richiamando”, i “ricordando”, i “tenendo conto”, ovviamente i “rallegrandosi” (vedi lettera “R”), gli “individuando”. Esempio illuminante è l’articolo 65 con una splendida “tripletta” in poche righe. “Il Sinodo,richiamando l’atto 56/SI/2008; individuando nella formazione giovanile un elemento fondamentale per la vita di comunità; riconoscendo l’importanza (...)” e via dicendo... Accipicchia, mi è scappato un gerundio...
I come... Invitare. Non si tratta di ospitalità, no qui si parla di un altro tipo di “inviti”, quelli rivolti continuamente alle chiese di occuparsi ora di questo ora di quello. Con una serie di singolari rimbalzi, le chiese locali, che aspettano dal Sinodo non certo un “magistero”, ma almeno qualche linea guida (magari su temi che già hanno esaminato e sui quali si sono già espresse), si trovano invitate a ri-occuparsi dei temi trattati dal Sinodo che passa loro la palla, a meno che non scelga di passarla a commissioni o a gruppi di lavoro oppure alla stessa Tavola.
P come... Presa d’atto. Una cosa va detta: leggendo gli atti si scopre che il Sinodo è “informato” di un sacco di cose, è molto “consapevole” e “prende atto” di tantissime situazioni. Per poi rallegrarsi (vedi la lettera “R”), auspicare qualcosa o invitare qualcun altro a fare qualcosa (vedi lettera “I”).
R come... Rallegrarsi. Anche se i sinodali hanno, mediamente, la faccia di chi ha appena ricevuto una mega multa per eccesso di velocità con sospensione della patente e pene corporali annesse, in realtà (almeno leggendo gli atti) al Sinodo ci si rallegra e si felicita molto. Che sia per “l’entusiasmo e la franchezza evangelica delle Chiese AD” oppure per il “percorso di formazione interculturale per predicatori locali” in ogni giornata sinodale è tutto un rallegrarsi, verbo da pronunciare, preferibilmente, con la “r” valdese d’ordinanza.
Diaspora evangelica
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In redazione: Pawel Gajewski, Roberto Davide Papini, Roberto Rossi, Alessandro Sansone
Reg. Tribunale di Firenze, 16 ottobre 1967, n. 1863
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