Diaspora evangelica
Mensile di collegamento
informazione ed edificazione
Anno XLII – numero 11 – novembre 2009
Sempre ti sia in diletto…
di Bianco da Siena (1350-1410 ca.)*
Sempre ti sia in diletto
che ‘l mondo, o alma mia, t’abbi ‘n dispetto.
Se ‘l mondo ti dispregia, anima mia,
di ciò abbi letizia:
Cristo e’ santi tennon questa via
fuggendo su’ amicizia;
e tu sanza pigrizia
disprezza ‘l mondo e ogni suo diletto.
Se tu per Cristo pati, se’ beato;
godi se pena senti;
se se’ afflitto avvilito iscacciato
d’amici e da parenti,
perché ‘l demon ti tenti,
non dubitar, ché ‘l tuo stato è perfetto.
*Ancora giovinetto si mise al seguito di Giovanni Colombini, il mercante senese che diede vita al movimento dei Poverelli, poi costituitosi nell’ordine dei Gesuati. Morto il Colombini, soggiornò per qualche tempo a Città di Castello e in altre località dell’Italia centrale, trasferendosi in fine a Venezia dove morì.
In questo numero:
· Meditazione biblica di Raffaele Volpe
· Lavoro, etica, solidarietà: facciamo un patto? a cura di Roberto Davide Papini e del Concistoro valdese di Firenze
· Il naso tra i libri di Sara Pasqui Rivedi
· Dalle associazioni e dalle Chiese evangeliche fiorentine
· Ecumenicamente (s)corretto: www.peccato.org
Editoriale
Il 31 ottobre le chiese evangeliche che si richiamano al patrimonio della Riforma protestante riflettono sulla propria testimonianza, ringraziando l’Eterno per gli uomini e le donne che hanno dato un volto nuovo alla Chiesa cristiana. In tal giorno si percepisce con particolare acutezza le forme diverse, sotto le quali l’unica Chiesa di Gesù Cristo si manifesta al mondo. Tra queste c’è indubbiamente la Chiesa Cattolica Romana. Mentre consegniamo alle stampe questo fascicolo della nostra circolare la notizia che domina le pagine locali dei giornali è la rimozione di don Alessandro Santoro dalla cura pastorale del quartiere Piagge. Il motivo ufficiale è la celebrazione del matrimonio tra una donna ex uomo, Sandra Alvino, con l’uomo da lei già sposato civilmente 26 anni fa, Fortunato Talotta. Vorrei esprimere a don Alessandro la mia piena solidarietà con il suo coraggioso gesto di amore e di accoglienza. A mio avviso però la decisone dell’Arcivescovo di Firenze merita il pieno rispetto perché presa nel pino rispetto dell’ordinamento giuridico interno definito dal Codice del diritto canonico.
La vicenda di don Alessandro tuttavia pone davanti a noi evangelici fiorentini un compito importante: riflettere sulla pluralità delle posizioni esistenti nella nostra Chiesa sorella che si ritrova a essere in Italia una chiesa di maggioranza. Sia io sia il collega Roberto Davide Papini amiamo essere ogni tanto “ecumenicamente scorretti”. Lo facciamo perché crediamo nel ruolo terapeutico della satira e cerchiamo di mantenere viva (nei limiti delle nostre capacita intellettuali) la franchezza evangelica.
Nel prossimo numero della nostra circolare si aprirà dunque un ampio dibattito sul compito ecumenico che la realtà ecumenica fiorentina (e italiana) pone davanti a noi. (p.g.)
La nostra identità (Galati 2,15-21)
di Raffaele Volpe
C’era una volta un uomo che viveva presso uno stagno. Una notte sentì un gran rumore che lo fece saltare dal letto. Rivestitosi in fretta uscì fuori nel buio. Che cosa era successo? Lo stagno si era aperto rompendosi in un argine dal quale uscivano acqua e pesci, e quest’uomo correndo nel buio e calpestando il terreno bagnato -andava un po’ alla cieca nel buio della notte-, passò gran parte della notte a riparare questa falla negli argini dello stagno. Poi, finalmente, fatto il suo lavoro se ne andò a dormire. L’indomani mattina, affacciandosi alla finestra, vide che i suoi passi sul terreno avevano disegnato la figura di una cicogna.
Noi siamo come l’uomo di questa favola. Anche noi, semplicemente vivendo la nostra vita, lasciamo delle tracce. Se le tracce dell’uomo somigliavano ad una cicogna, a cosa somiglieranno le nostre? Quali impronte lasciamo nella terra?
Impronte, orme, tracce: sono parole simili che possono definire cos’è una identità. La mia identità, quel che io sono, è l’impronta che lascio sul terreno della vita. Paolo quando dice: “Noi Giudei di nascita, non stranieri peccatori”, lascia una ben precisa traccia. Si tratta di una frase, noi Giudei, non stranieri, che nella storia dell’umanità è stata utilizzata miriadi di volte, cambiando semplicemente i termini, ma mantenendo la stessa struttura: noi fiorentini, non pisani. Noi italiani, non stranieri. Noi! E questo noi si definisce in contrapposizione agli altri. Noi cristiani, non mussulmani; noi battisti, non cattolici.
L’identità è formulata in modo negativo: noi non siamo come gli altri. E vi lascio immaginare quali possano essere le conseguenze di una identità del genere. Essendo una identità che vede l’altro in modo negativo, l’altro come nemico, l’altro come l’avversario; questo tipo di identità non può che lasciare delle tracce di sangue nella terra della storia umana.
Quante guerre sono state combattute, quanta discriminazione è stata prodotta, quanta violenza è stata partorita nel perseguire questa identità negativa: noi non siamo come gli altri! Ma Paolo capovolge questa omicida logica umana con una sola piccola parola, una congiunzione avversativa così apparentemente insignificante che molti traduttori della Bibbia l’hanno persino trascurata: TUTTAVIA. “Noi Giudei di nascita, non stranieri peccatori. Tuttavia…”.
Tuttavia cosa? “Tuttavia sappiamo che l’uomo non è giustificato per le opere della legge, ma per mezzo della fede in Cristo Gesù”. Quale capovolgimento! Noi non siamo più quel che siamo perché siamo nati qui in Italia, o perché abbiamo studiato al liceo o siamo andati a lavorare sin da piccoli. Non siamo più quel che siamo per merito o per colpa dei nostri genitori. Per le scelte buone o cattive che noi abbiamo fatto. Noi non siamo più quel che siamo per le tracce che noi abbiamo lasciato sul terreno.
Che capovolgimento! Quel che noi siamo non è frutto di una eredità, né di una conquista, ma è l’opera che Dio compie nella nostra vita per mezzo di Gesù Cristo. Io non sono l’opera di me stesso, ma sono l’opera di Cristo. Quel personaggio che argina lo stagno e che disegna un cigno con le sue orme nel fango è Cristo, e quel disegno nel fango, quel cigno, sono io, il brutto anatroccolo. Chi sono io, chi siamo noi, se non quel dono speciale che Cristo ha disegnato nel fango attraverso il suo amore?
Questo capovolgimento di enorme portata ha delle immediate conseguenze sulla mia identità. La giustificazione per mezzo della fede in Cristo Gesù, formula che significa che attraverso Cristo è cambiata la mia posizione davanti a Dio: non sono più nemico, ma amico di Dio. Questa giustificazione traccia i confini della mia nuova identità, confini che per motivi di chiarezza voglio tratteggiare con tre immagini.
La prima immagine è la croce. Paolo dice: “Io sono stato crocifisso con Cristo”. Il verbo greco che viene utilizzato in questa espressione descrive qualcosa che è già successo nella mia vita in un determinato passato, ma che continua ad avere una influenza su di me in questo momento e nel resto della mia vita: io sono stato crocifisso con Cristo e continuo ad esserlo in ogni momento della mia esistenza.
La mia nuova identità ha la forma della croce. Una identità cruciforme. Una identità non chiusa, ma aperta. La croce mi libera dall’ansia di voler essere qualcosa di definitivo. Mi libera dal rischio di credere che essere cristiani significhi essere giunti alla meta. Essere crocifissi con Cristo è, per noi cristiani, l’inizio dell’esodo, e non della terra promessa.
Attraverso la croce di Cristo io divento ogni giorno un discepolo, sia nella gioia di accogliere le novità che Dio mi vorrà donare, sia nel coraggio di sospettare di ogni mio punto di arrivo. Attraverso la croce di Cristo, non devo più preoccuparmi della mia salvezza e posso sentirmi fratello di tutti i nuovi crocifissi del nostro tempo.
La seconda immagine è l’amore. Paolo dice: “Il Figlio di Dio mi ha amato”. L’essere amato dal Figlio di Dio mi rende abile ad amare gli altri. Essere amato mi rende capace di amare il mio prossimo. Non sono più io che vivo, dice Paolo, e che mi piacerebbe tradurre in questo modo: non devo più vivere per me stesso perché sono stato amato. Chi ha provato la meravigliosa esperienza di essere amato non deve più temere che amare possa ferirlo.
L’amore ci libera dalla paura. Perché il più delle volte siamo egoisti solo perché abbiamo paura. Siamo pigri perché abbiamo paura. Siamo sospettosi perché abbiamo paura. E la paura ci fa dimenticare che noi siamo già stati amati da Dio in Cristo. Ma l’amore ci libera dalla paura e ci ricorda che se siamo stati amati, siamo anche capaci di amare.
La terza immagine è il dono. Paolo dice: “Il Figlio di Dio ha dato se stesso per me”. Il verbo greco che qui viene usato per la parola dono è il mio preferito: ‘paradidomi’. E mi piace parlare di una nuova logica fondata dal Figlio di Dio: la logica del dono. Cristo è nel Nuovo Testamento colui che è donato dal Padre a noi tutti, ma anche colui che dona se stesso. C’è una componente passiva e una componente attiva: essere donato e donarsi. Cristo si è donato al Padre per essere donato dal Padre a noi. C’è sempre una componente passiva e una componente attiva anche nel nostro modo di donarci: noi possiamo donarci a Dio affinché lui ci doni agli altri. E’ questa la logica di Cristo.
L’identità è data dalle tracce che lasciamo vivendo la nostra vita. Le nostre orme compiono origami nelle pieghe della terra. Ed ogni origamo è unico e irripetibile ed è la nostra identità. Ma questa unicità non è dovuta alle nostre capacità, né a particolari qualità ereditate. È il frutto del dono dell’amore di Cristo che dando se stesso per ciascuno di noi ci ha giustificati davanti a Dio. Il tribunale della giustizia di Dio ci ha assolti non perché non c’era motivo a procedere, ma perché Cristo, il nostro avvocato, ha preso il nostro posto nel banco dell’imputato.
Il dono dell’amore di Cristo trasforma il brutto anatroccolo in un cigno capace di dispiegare le ali della solidarietà e della giustizia. Assumiamo quindi ogni giorno la forma della croce e non temiamo di amare e donarci agli altri nel nome di Gesù Cristo. Amen
Lavoro, etica, solidarietà: facciamo un patto?
di Roberto Davide Papini
Proprio partendo dal concetto biblico di patto (centrale nel rapporto tra Dio e l’umanità) e dall’idea di un impegno da proporre agli altri non prima di averlo assunto come proprio, la Chiesa valdese di Firenze ha deciso di dare un taglio particolare alla giornata del 31 ottobre. Una “festa della Riforma” che punta i riflettori sul tema dell’etica del lavoro e della giustizia sociale e che apre un percorso di iniziative destinato a proseguire fino al 17 febbraio, altra data storica per gli evangelici riformati italiani. Iniziative che si terranno a Firenze e in seguito nell’area metropolitana (a partire dalla realtà di Prato, particolarmente al centro degli effetti devastanti della crisi economica) ma che possono essere condivise anche a distanza.
La giornata di sabato 31 ottobre 2009, nel tempio valdese di via Micheli, si è snodata attraverso tre momenti centrali: un digiuno di solidarietà e di rinuncia (i partecipanti sono invitati a devolvere l’importo del pranzo all’associazione “Primo Maggio” che raccoglie fondi per borse di studio destinate ai figli dei morti sul lavoro); dalle 13 alle 15 un incontro di preghiera e di testimonianza che si è chiuso con la presentazione e la firma del “Patto per un’etica del lavoro”, un manifesto di princìpi che parte dal testo biblico per affermare il valore del lavoro come promozione dell’uomo (e non come strumento di sfruttamento e discriminazione) e proposto a tutti i componenti della società.
D’altronde, con una singolare coincidenza (forse non proprio casuale, chissà...) il cinquecentesimo anniversario della nascita di Giovanni Calvino cade in un anno particolarmente duro per l’economia mondiale, ma soprattutto drammatico per tante persone che hanno perso (o vedono fortemente a rischio) il lavoro, i risparmi, la serenità quotidiana. Possiamo immaginare lo sguardo accigliato e le parole di fuoco che il grande riformatore avrebbe oggi di fronte a una situazione in cui concetti come il valore sociale del lavoro e della ricchezza, l’idea della ricchezza come dono da usare per la crescita comune sembrano le novelle da raccontare ai bambini o agli ingenui. Anzi, ormai, non si raccontano più. Tuttavia, proprio gli effetti devastanti di questa crisi dimostrano che queste “favolette”, questi valori considerati buoni a malapena da sbandierare in un convegno o sui giornali, siano non solo eticamente (ed evangelicamente) la scelta giusta, ma in definitiva anche la vera chiave di uno sviluppo reale e non effimero, capace di coinvolgere tutti e non di “premiare” solo la spregiudicatezza di alcuni.
Così, la coincidenza tra l’anniversario calviniano e questo periodo di cupa crisi forse appare opportuna per evidenziare in modo ancor più chiaro, con esempi concreti, come l’eredità di Calvino sia ancora molto attuale e, ahinoi, inascoltata.
Se, infatti, si fosse affermata l’idea del lavoro e della ricchezza come doni che vanno vissuti con un senso di responsabilità verso gli altri, oggi non ci troveremmo di fronte a una situazione drammatica. Situazione in cui un’assurda bolla speculativa ha rovinato intere famiglie; i posti di lavoro vengono tagliati; i salari sempre più compressi con una corsa al ribasso dei “costi fissi” (perché solo questo, ormai, sono considerati i lavoratori: non persone, ma “costi fissi”) attraverso forme contrattuali che esaltano la precarietà e puntano a ridurre diritti acquisiti; gli ammortizzatori sociali vengono concessi, ma spesso arrivano nelle tasche dei cassintegrati con mesi di ritardo; sempre più committenti strozzano i terzisti con tariffe sotto il minimo; il mondo del credito è restìo a sostenere aziende e famiglie in questa crisi.
Tornando al “Manifesto per un’etica del lavoro” (che potete trovare sul sito internet: http://www.firenzevaldese.chiesavaldese.org/) è importante ribadire che il punto di partenza è quello del testo biblico. I vari aspetti presi in considerazione (la parità uomo-donna, il giusto salario, la sicurezza sul lavoro e via dicendo) sono accompagnati da versetti biblici che si adattano (a volte in modo più diretto, altre volte in senso più estensivo con brani presi da contesti diversi) alle problematiche individuate, senza nessun intento catechetico o prescrittivo e tantomeno di applicazione letteralistica.
Come nel caso della responsabilità sociale dell’imprenditore e delle banche: «A chi molto è stato dato, molto sarà richiesto; e a chi molto è stato affidato, tanto più si richiederà (Luca: 12:48)».
a cura del Concistoro valdese di Firenze
Preambolo
Se dovessimo prendere una parabola come quella dei "lavoratori delle diverse ore" (Matteo 2, 1-16) per illustrare l’idea evangelica dei rapporti di lavoro non potremmo che considerare decisamente anti-sindacale il racconto biblico. Ma quello stesso compenso pattuito e pagato a chi ha faticato nei campi per ore e sotto il sole e a chi, invece, se l’è cavata con un’ora di lavoro al fresco del tramonto, non indica certo una possibile soluzione contrattuale applicabile all’economia umana, bensì un amore generoso e sconfinato da parte di Dio, del tutto al di fuori dai nostri canoni razionali. Per fortuna, verrebbe da aggiungere, visti gli esiti della razionalità economica dell’umanità.
Tuttavia, non c’è dubbio che la Bibbia, nell’Antico e nel Nuovo Testamento, parli anche di una giustizia da applicare alla vita delle nostre società, di equità sociale e di quel senso di responsabilità individuale che è particolarmente significativo ricordare a 500 anni dalla nascita del grande riformatore protestante Giovanni Calvino.
Così, riprendendo il concetto e lo "strumento" del patto, un termine centrale nel racconto biblico e nel rapporto tra Dio e l’umanità, proponiamo questo "Manifesto per l’etica del lavoro": nel leggerlo c’è subito la sensazione di trovarsi di fronte a principi scontati e banali. O meglio, che dovrebbero essere scontati e banali, ma che sempre più vengono calpestati o ignorati.
Lo proponiamo a partire dal nostro patrimonio più grande, la parola di Dio che ci è giunta proprio attraverso il testo biblico, con la scelta di alcuni versetti che si adattano (a volte in modo più diretto, altre volte in senso più estensivo con brani presi da contesti diversi) alle problematiche che abbiamo individuato, senza nessun intento catechetico o prescrittivo e tantomeno di applicazione letteralistica, visto che la Bibbia (interpretata alla lettera) spesso può portare a conclusioni opposte rispetto allo spirito del testo. L’intento è quello di ritrovarci intorno a principi condivisi, a riscoprirli e a farne oggetto, appunto, di un patto: I versetti biblici stanno a indicare da dove partiamo (come chiesa evangelica) per proporre un percorso comune non confessionale, aperto a cristiani e non.
Un patto che si rivolge a tutti gli attori del sistema economico e del lavoro: lavoratori, imprenditori, professionisti, amministratori pubblici. Siglarlo vuol dire impegnarsi (noi per primi) a operare secondo questi principi, che non sono solo evangelici, ma di difesa e promozione della dignità umana. Dandoci appuntamenti periodici dove verificare la concreta attuazione di questo impegno.
Impegno
Di fronte alla profonda crisi che investe l’intero universo del lavoro,
consapevoli che nella prospettiva della fede l’onnipotente Dio stabilì il lavoro umano come un mezzo del compimento del suo lavoro nel mondo, facendo nostro l’articolo 1 della Costituzione: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro,
ci impegniamo a realizzare concretamente nei nostri ambiti di lavoro e di servizio il seguente patto.
Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. Dio li benedisse; e Dio disse loro: 'Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra' (Genesi 1,27-28)
La dignità e i diritti nel campo di lavoro sono uguali per gli uomini e le donne. Affermiamo che la maternità non può in alcun modo discriminare le donne sia per quanto riguarda l’assunzione sia nello svolgimento del lavoro. Parimenti anche gli uomini hanno diritto allo stesso trattamento previdenziale ed economico nel caso di congedo per paternità.
Guardatevi dal disprezzare uno di questi piccoli... (Matteo 18,10)
L'infanzia va rispettata anche nel diritto dei bambini a NON lavorare. Rubare ai bambini l'età dei giochi e dell'apprendimento per sfruttarli come lavoratori rappresenta una violenza inaccettabile.
“La pioggia è caduta, sono venuti i torrenti, i venti hanno soffiato e hanno investito quella casa; ma essa non è caduta perché era fondata sulla roccia” (Matteo 7,25)
Come avviene per “l'avveduto” protagonista della parabola delle due case (l'altro, lo “stolto” costruisce sulla sabbia e la sua abitazione viene distrutta) ogni attività lavorativa deve essere fondata sulla “roccia” della sicurezza e dell'osservanza delle normative in materia, ovvero sulla “roccia” del rispetto delle persone che lavorano o che fruiranno dei prodotti del lavoro. Il non rispetto di queste norme, da parte dei datori di lavoro (comunque tenuti a farle osservare) e dei lavoratori (comunque tenuti a un comportamento sempre responsabile) rappresenta un grave crimine. Al tempo stesso è compito inderogabile del potere pubblico di stabilire norme semplici e direttamente efficaci e di farle rispettare severamente.
Guai a colui che fa lavorare il prossimo per nulla, non gli paga il suo salario" (Geremia 22,13)
In questi tempi di difficoltà e di disperazione, ci sono persone che, pur di non perdere il posto e sperando in tempi migliori, accettano di lavorare senza stipendio. Ispirare la nostra azione a un'etica del lavoro significa rispettare chi lo compie a partire dal giusto compenso.
Il salario del tuo operaio non ti resti in mano (Levitico 19,13)
Oltre a essere giusto ed equo, il compenso del lavoro deve essere tempestivo. Non pagare per mesi un operaio significa, di fatto, pagarlo molto meno del pattuito. Il discorso, però, vale anche per il lavoro dei professionisti, degli artigiani, delle aziende in genere soprattutto quando il committente è un ente pubblico. E, a maggior ragione, vale per il pagamento degli ammortizzatori sociali da parte di soggetti pubblici: è inaccettabile che chi è in cassa integrazione (quindi già in una situazione di debolezza e incertezza) debba attendere molti mesi prima di vedersi erogare quanto gli spetta.
Tratterete lo straniero, che abita tra voi, come chi è nato fra voi... (Levitico 19,34)
I lavoratori hanno gli stessi diritti a prescindere dalla loro nazionalità e provenienza. E' inaccettabile alimentare la condizione di emarginazione dell'immigrato e sfruttarla per trarne profitto e ottenere manodopera a basso costo.
Si lavorerà sei giorni, ma il settimo giorno è un sabato di riposo. (Levitico 23,3)
Chi lavora ha diritto al riposo e questo non può essere compresso in nome del profitto e della produttività. Affermiamo, senza entrare nei dettagli tecnici e organizzativi, che negare o ridurre sistematicamente il diritto al riposo (magari giocando sul ricatto del mantenimento del posto) significa rubare alle persone un bene preziosissimo: la qualità della vita.
Il vasaio sarà egli reputato al pari dell’argilla? (Isaia 29,16)
Il lavoratore è, prima di tutto, una persona e non può essere considerato al pari di una merce o di una materia prima. Oltretutto, valorizzare chi svolge un lavoro significa valorizzare il lavoro stesso e, in definitiva, ottenere anche un prodotto migliore.
Colui che è infingardo nel suo lavoro è fratello del dissipatore (Proverbi 18,9)
L'etica del lavoro è fatta di doveri di chi dà lavoro, ma anche di chi lo svolge. Il lavoro, quando è svolto nelle giuste condizioni, è uno strumento di promozione dell'uomo e una ricchezza in sé. Chi lo svolge in maniera svogliata o, peggio ancora, irresponsabile, viene meno al contratto con il datore di lavoro e dissipa un patrimonio umano e di esperienza, prezioso per sé stesso e per la collettività.
Le mani del pigro rifiutano di lavorare (Proverbi 21,25)
Avere un lavoro dignitoso e sufficiente per mantenersi è un diritto di tutti, accompagnato tuttavia dal dovere di cercarlo e farlo con impegno. Lo Stato e la società civile sono responsabili del benessere di ognuno nella misura in cui ognuno di noi, secondo le proprie effettive capacità lavorative, si impegni attivamente, contribuendo al bene comune.
Ogni cosa mi è lecita ma non è utile (1 Corinzi 6,12)
Non tutto quello che è previsto o permesso dalle leggi vigenti è nell'interesse della collettività. Così la tendenza a chiudere un'azienda (mettendo i lavoratori in mobilità), fare un concordato con i creditori che non di rado riduce notevolmente il loro stato patrimoniale e poi riaprire subito dopo un'altra azienda danneggia il sistema produttivo e lede profondamente la giustizia sociale.
A chi molto è stato dato, molto sarà richiesto; e a chi molto è stato affidato, tanto più si richiederà (Luca 12,48)
Sulla linea dell'Evangelo (anche alla luce del pensiero di Giovanni Calvino) crediamo che il lavoro e la ricchezza siano un dono e che, come tali, essi vanno vissuti con un senso di responsabilità verso gli altri. Vi è un valore sociale del lavoro e della ricchezza. Quindi, la produttività di un'azienda o la redditività di una banca devono avere ricadute positive sul territorio in termini di investimenti. In questo momento di crisi, in particolare, richiamiamo con forza al ruolo importante che gli istituti di credito sono chiamati a svolgere a sostegno di famiglie e imprese.
Il naso tra i libri: quanto vale un uomo?
di Sara Pasqui Rivedi
L’autrice del libro, Evfrosinija (Frosja) Kersnovskaja, nasce a Odessa nel 1908 da una nobile famiglia russa, è una donna colta la quale ha studiato lingue, musica, disegno e possiede una solida formazione umanistica. Tutto questo traspare chiaramente dalla sua raccolta di memorie arricchita da citazioni letterarie, curata nello stile, impreziosita da vivaci disegni molto realistici ed esplicativi. Durante la guerra civile russa i suoi genitori si trasferiscono in Bessarabia, una regione della Romania, dove possiedono una casa e delle terre di cui lei si occuperà con solerzia e passione. Frosja dunque non è solamente colta ed intelligente, ma anche determinata, volitiva, forte nel corpo e nello spirito, generosa, piena di entusiasmo per la sua nuova occupazione e non si sottrae ai duri lavori dei campi per cui i suoi contadini la rispettano e l’apprezzano. Nel giugno del 1940 l’Unione Sovietica si annette la Romania, l’esercito russo invade le sue regioni e con la violenza impone le decisioni prese nelle stanze del Kremlino da un tiranno sospettoso e spietato. La scrittrice e sua madre vengono cacciate dalla loro casa e le loro proprietà confiscate, le due donne si ritrovano per strada con quello che indossano: Evfrosinija a piedi nudi, la madre in ciabatte e con le mani impolverate dalla farina che stava impastando. Non viene concesso loro il tempo di prendere qualche effetto personale! Dalla pace di una vita semplice, ma piena di affetti e di amicizie, alla desolazione e all’abbandono. La Kersnovskaja, quale agiata proprietaria terriera, è ritenuta dal nuovo potere una nemica del popolo e deve subire una dura condanna. Nel quadro dei trasferimenti forzati delle popolazioni sottomesse viene deportata in Siberia per lavorare come taglialegna all’abbattimento degli alberi nella taiga. Qui la scrittrice esperimenta cosa vuol dire essere privati dei diritti umani, scopre una realtà orribile fatta di disumanità, ingiustizia, sadismo e poiché è una donna indomita che non accetta la prevaricazione, la sopraffazione, la violenza fine a se stessa tenta di opporsi e ribellarsi ad ogni genere di soprusi. Nella taiga i deportati non muoiono solo di stenti, freddo, fatica, ma soprattutto a causa delle violenze imposte loro da sorveglianti brutali e crudeli. Le torture e le umiliazioni sono tali da spingere Frosja a fuggire dal campo, ripresa dopo sei mesi viene processata, accusata ingiustamente di spionaggio e condannata a morte. Per i suoi giudici,individui rozzi e diffidenti, il fatto che la donna conosca alcune lingue straniere la rende colpevole di alto tradimento. La sentenza è commutata in dieci anni di campo di lavoro nell’estremo nord della Siberia, in uno dei campi del sistema concentrazionario russo dove farà l’infermiera, la necrofora, la spalatrice, la scavatrice in una miniera di carbone. Subirà anche periodi di detenzione e carcere durissimo poiché animata da un forte spirito di giustizia si schiera, sempre e malgrado le conseguenze,in difesa dei più deboli scontrandosi con funzionari corrotti e cinici. Quasi ad esorcizzare l’orrore di cui è testimone e vittima innocente scrive e disegna su fogli di fortuna per narrare le sue dolorose esperienze, fissare sulla carta volti, impressioni, episodi, ma il materiale le viene sequestrato a seguito di una delazione. I detenuti si abbassano a qualsiasi compromesso pur di procurarsi una crosta di pane secco! Dopo lunghi anni di vita trascorsa nel Gulag Evfrosinija Kersnovskaja ottiene la libertà, si ricongiunge alla vecchia madre con la quale potrà vivere alcuni anni e fra il 1964 ed il 1968 riordina i fogli salvati al sequestro ed inizia a scrivere le sue memorie riempiendo ben dodici quaderni. Desidera ardentemente lasciare una testimonianza di ciò che ha vissuto, visto, provato, affinché un periodo oscuro e tragico della storia del suo paese non vada scancellato con il passare del tempo. La Kersnovskaja scrive senza manifestare alcun rancore, odio o desiderio di vendetta, ma con l’amore per la scrittura, la capacità straordinaria di ricordare fatti e avvenimenti e trasporli in racconti e disegni, delineare i caratteri, i profili psicologici, i tratti fisici delle persone incontrate e conosciute in quegli anni terribili della sua vita. Il titolo è emblematico perché la vita di uomini e donne non vale proprio niente nel Gulag, ma al tempo stesso vale moltissimo rapportata a quella di coloro che idearono e praticarono tanto orrore.
Evfrosinija Kersnovskaja
Quanto vale un uomo
Bompiani editore 2009, €26.50, pp. 710
Voci dalla “Claudiana” di Firenze (Info: 055282896)
a cura di Pasquale Iacobino in collaborazione con il Centro Culturale Protestante P.M. Vermigli di Firenze.
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Pensare la fede, dire la speranza
Incontri con la teologia nel nostro tempo
Chiesa Battista, Borgo Ognissanti 4 - Firenze
Sabato 24 ottobre 2009 – ore 18:00
Pensare la fede: quando nasce la teologia cristiana?
Incontro con Pawel Gajewski
Venerdì 13 novembre 2009 – ore 17:00
Insubordinazioni del linguaggio: una teologia all'altezza dei Simpson
Brunetto Salvarani, Davide Mozzato, Raffaele Volpe, Roberto D.Papini
Sabato 12 dicembre 2009 – ore 17:30
La speranza cristiana: tra attesa e responsabilità
Conferenza con Fulvio Ferrario e Rosino Gibellini
Sabato 30 Gennaio 2010 – ore 17:30
Quando la teologia diventa profezia: la testimonianza di Karl Barth
Incontro con Giorgio Bouchard
Sabato 27 Febbraio 2010 – ore 17:30
Fede e politica in Barack Obama
Debora Spini, Giorgio Bouchard sul libro: “La fede di un presidente” (Claudiana 2009)
Sabato 20 Marzo 2010 – ore 17:30
La sofferenza è necessaria per la liberazione?
Il valore redentivo della sofferenza
immeritata nel pensiero di M.L.King: analisi e critica.
Incontro
con Massimo Aprile
Mercoledì 14 aprile 2010 – ore 21:00
Dislocare sguardi: pagine bibliche al femminile
Incontro con Lidia Maggi. Appuntamento ecumenico promosso in collaborazione con la Fraternità di Romena di Pratovecchio (AR)
Sabato 15 Maggio 2010 – ore 17:30
Sperare oggi
Tavola rotonda: Hanz Gutiérrez, Lodovico Grassi, Raffaele Volpe, Marco Ricca
Centro culturale protestante “P.M. Vermigli”
Centro culturale protestante “P.M. Vermigli” invita a due importanti conferenze in via Manzoni 19/A, alle 17.
Sabato, 7 novembre: Il creatore, il caso e la necessità. Relatore: Fulvio Ferrario; moderazione di Pawel Gajewski.
Sabato, 28 novembre: Etica e crisi finanziaria. Relatori: Fabio Basagni, Piero Tani, Valdo Spini, moderazione di Giuseppe Costa.
Centro sociale evangelico, Cooperativa sociale “La Riforma”
La mostra – vendita dei lavori eseguiti dal Gruppo del Centro Diurno di Riabilitazione si terrà in via Manzoni 21, nei giorni 26-27-28 novembre, dalle 15 alle 18. Saranno allestiti buffet, lotteria, pesca, ecc. Troverete “idee regalo” per il prossimo Natale. Un vivo ringraziamento a tutte le persone che vorranno intervenire.
Dalle Chiese evangeliche fiorentine
Chiesa Apostolica Italiana di Firenze e Prato
DOMENICHE DIALOGATE
Ogni seconda domenica del mese la Chiesa Apostolica Italiana di Firenze-Prato dedica la riunione del mattino alla trattazione di un argomento utile al divenire della fede e a favorirne la testimonianza. Quest’anno tale argomento è l’angoscia.
Il percorso, che potrà essere considerato di vera «relazione d’aiuto», si configura come segue: Gesù e la sua angoscia (08 novembre 2009), Paura e angoscia (13 dicembre 2009), Angoscia e fede (10 gennaio 2010), Crisi come angoscia (14 febbraio 2010), Angoscia e ragione (14 marzo 2010), Angoscia e preghiera (11 aprile 2010), Angoscia come attesa (09 maggio 2010). La «domenica dialogata» di giugno (domenica 13), ultima dell’anno ecclesiastico, sarà dedicata ad un aggiornamento sulla «predicazione».
FORUM TEOLOGICO GIOVANILE (MA NON SOLO)
Il gruppo che partecipa e, perciò, costituisce il Forum ha scelto come area di ricerca per l’anno 2009-2010 il modulo tematico relativo al «Dialogo», i cui sottotemi vengono di volta in volta presentati con una "base d'ascolto", previamente distribuita, per essere, poi, discussa insieme.
È pensabile, ed augurabile, che l'argomento di quest’anno, data la sua indiscutibile rilevanza ad ogni latitudine di pensiero, possa essere proposto anche ad amici che i membri tutti potrebbero invitare.
Gli incontri hanno luogo mensilmente, nella «Casa pastorale» di Prato, il quarto (non ultimo, ma quarto) sabato del mese, dalle ore 16.00 alle ore 17.00/massimo 17.30!
Segue il programma nella sua articolazione sottotematica non senza aver prima segnalato che gli argomenti saranno trattati in chiave laica, metaconfessionale ed interdisciplinare:
Il dialogo come prassi (Sabato, 28 novembre 2009)
Il dialogo come segno (Sabato, 19 dicembre 2009. Solo per questo mese l’incontro è proposto per il terzo sabato perché il quarto – giornata festiva! – rientra nel prevedibile ‘ponte’ di Natale).
Incontro delle differenze (Sabato, 23 gennaio 2010).
Il mondo dell'altro (Sabato, 27 febbraio 2010).
Dialogo ed empatia (Sabato, 27 marzo 2010).
Volontà di capire (Sabato, 24 aprile 2010).
La legge del dialogo (Sabato, 22 maggio 2010).
Limiti del dialogo (Sabato, 26 giugno 2010).
Chiesa evangelica battista
http://chbattistaborgognissanti.interfree.it
Il fratello Carlo Mori è tornato al Signore. La parola di Resurrezione è stata annunciata domenica 4 ottobre alle cappelle del commiato. Il dolore per la perdita della sua cara madre ha colpito la sorella Eugenia Bouma. La comunità si stringe ai familiari di Carlo, a Eugenia e i suoi cari, nel segno dell'amore di Cristo.
Il culto domenicale si tiene alle ore 11,00. Tutte le attività sono riprese regolarmente: scuola domenicale, gruppo giovanissimi, gruppo giovani, riunioni di preghiera e di lettura nelle case. Gli studi biblici del pastore Volpe sono iniziati Mercoledì 21 ottobre alle ore 20,15, dedicati alla lettera di Paolo ai Galati. Prima dello studio, Patrizia Sciumbata riprende a parlare sulla storia di Israele per completare il ciclo avviato l'anno scorso.
Il 3 ottobre il pastore Volpe ha tenuto uno studio sull'ermenenutica, rivolto alla formazione dei predicatori locali, ma aperto agli interessati. I materiali sono disponibili sul sito.
La sera del 30 settembre abbiamo ricevuto la visita dei partecipanti al Seminario Farel: circa 40 operatori dell'informazione religiosa radiotelevisiva dell'area Francia-Svizzera-Italia, cattolici e protestanti, accompagnati da Renato Maiocchi, Gianna Urizio e Marco Davite di Protestantesimo. Una cena preparata dall'associazione “Stasera esco” ha allietato la comunione fraterna.
Inoltre, domenica 11 ottobre abbiamo vissuto un’agape fraterna con il maestro Carlo Lella, animatore musicale dell'Unione Battista. Domenica 18 ottobre si è riunita l’Assemblea programmatica per stabilire i temi e le aree di lavoro nell’anno 2009-2010.
Sabato 24 ottobre si è tenuto l’incontro con il past. Pawel Gajewski sul tema “Quando nasce la teologia cristiana?”, primo appuntamento del ciclo sulla teologia organizzato in collaborazione con il CCP Vermigli e con la Libreria Claudiana.
Chiesa evangelica luterana
Come sempre la prima e la terza domenica del mese vengono celebrati i nostri culti.
Il nostro Bazar si svolgerà in occasione del seconda domenica d’Avvento avvento, 6 dicembre, dopo il culto fino alle 18, ingresso Lungarno Torrigiani. Anche quest'anno sarà offerta la tipica gastronomia tedesca, come per esempio le salsicce della Turingia, biscottini e torte tipiche ecc.
Le corone d'avvento invece verranno vendute già una settimana prima, cioè sabato, 28 novembre, dalle 15 alle 18.
Il nostro coro, ogni giovedì alle 20, in via dei Bardi, 20 cerca disperatamente ancora delle voci maschili.
Chiesa evangelica valdese
www.firenzevaldese.chiesavaldese.org
e-mail: concistoro.fivaldese@chiesavaldese.org
Dal Concistoro
Il Concistoro si è riunito il 10 ottobre. Alla seduta hanno partecipato il pastore Eugenio Bernardini, vice-moderatore della Tavola valdese e il diacono Renato Bertot, responsabile dell’Ufficio Patrimonio Immobiliare.
È stato deliberato l’inizio della fase preliminare ed esplorativa dei lavori, vuol dire: interventi mirati di controllo e di piccola manutenzione straordinaria (messa in sicurezza, ove necessario) dell’intera struttura del tempio. Tali lavori saranno eseguiti in collaborazione con massimi esperti del settore (incluso il CNR) al fine di determinare l’entità dei lavori da eseguire. La notizia buona è che il tetto del tempio che da anni destava così tante preoccupazioni non ha bisogno di interventi urgenti bensì di una regolare manutenzione ordinaria.
Il Concistoro ha nominato i membri della costituente Conferenza delle Chiese della DVF. Sono stati nominati: Danilo Bertalesi, Violetta Fraterrigo Sonelli, Eva Propato, Marco Ricca, Paolo Targetti, Marianne Strohmeyer.
Studio biblico, incontri di catechismo e gruppo giovani
Gli incontri di studio biblico riprenderanno sabato 14 novembre alle 16, in via Manzoni. Nel corso degli incontri affronteremo il tema: “Quale Dio? Tra messaggio biblico e teologia calviniana”.
Ecco il calendario dettagliato: 14 novembre, 21 novembre, 12 dicembre, 19 dicembre. Il ciclo successivo inizierà il 16 gennaio 2010.
Il gruppo di catechismo per adulti si riunisce di regola ogni primo sabato del mese alle 15 e così nel mese di novembre la riunione è fissata per il 7 novembre. In seguito ci saranno alcune piccole variazioni: il 28 novembre al posto del 5 dicembre e il 16 gennaio al posto del 2 gennaio. Dal mese di febbraio ritorneremo al solito ritmo mensile.
I gruppi di catechismo sono quest’anno due: i più “adulti” ogni martedì alle 19 e i più “giovani”, ogni giovedì alle 18.
Il gruppo dei giovani si riunisce ogni domenica alle 19.
Bazar
Ricordiamo che il nostro tradizionale bazar si terrà sabato 21 novembre, dalle 12 nei locali del Centro comunitario di via Manzoni. Intervenite numerosi.
Diaspora di Pistoia ed Empoli
Per quanto riguarda la “diaspora” pistoiese, il gruppo pistoiese ha elaborato un progetto delle Giornate calviniane” in collaborazione con l’associazione Koinonia e con il Convento dei Domenicani che si sono svolte dal 30 ottobre al 3 novembre. Giovedì, 5 novembre lo studio biblico è sospeso; il prossimo si terrà giovedì 3 dicembre.
A Empoli invece riprendiamo il ritmo ordinario dei nostri culti: ogni terza domenica del mese alle 16.30; i prossimi appuntamenti sono fissati per il 15 novembre e il 20 dicembre.
www.peccato.org
I valdesi sono italiani?
Proseguendo le nostre ricerche
sull'italianità pubblichiamo i risultati di una recente ricerca condotta in
187 località delle vallate alpine dette valdesi. L'oggetto del sondaggio era
appurare "se e come i valdesi sono italiani". (Ringraziamo i
servizi segreti sovietici per aver fornito i dati).
Il sondaggio è stato condotto su un campione di 993 valdesi (ce ne volevano 1000 ma non si sono trovati) che hanno risposto alle seguenti domande:
Sei italiano? |
990 NO |
3 SI |
|
|
Se non sei italiano, che sei? |
|
Occitano |
334 |
Ospite di questo paese |
324 |
Valdometodista |
1 |
Tedesco |
211 |
Sono di qua |
87 |
Non so |
123 |
Non me ne importa |
49 |
Totale su 993 |
1129 |
Nota, la somma non torna, ma questo è normale in tutti i sondaggi.
Può essere interessante seguire le risposte in dettaglio. Dei tre
che hanno detto di essere italiani, uno era appena immigrato dal Rio de la Plata, uno era un battista che aveva acquistato un ciabot a Pramollo e il terzo non sapeva
come spiegare l'anomalia...
Ai 334 che hanno detto di essere occitani è stato chiesto che cosa voleva dire.
Queste sono le risposte.
Cosa vuol dire occitano? |
|
|
occidentale, è la frontiera occidentale della Padania |
186 |
|
Occidentale sì, ma del Piemonte (non sono leghista) |
88 |
|
È un termine tratto da OK, tutto bene, gente ottima |
79 |
|
L'ho sentito dire e quindi mi fido |
35 |
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Viene da un'antica lingua neolatina estinta da tre secoli simile alla lingua sarda della Gallura (risposta esatta) |
1 |
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Totale |
389 |
|
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Come mai tedesco? |
|
Sono stato importato dal pastore Zizzi Platone |
65 |
Sono stato importato dal professor Paolo Ricca |
27 |
Sono stato importato e basta |
26 |
Sono figlio di uno importato da Enrico Geymet |
12 |
Passavo per caso e sono rimasto |
1 |
Meglio qui che il Südtirol |
7 |
Non lo so, me ne stupisco anch'io |
23 |
Totale |
161 |
Diaspora evangelica
Direttore ai sensi di legge: Gabriele De Cecco
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Reg. Tribunale di Firenze, 16 ottobre 1967, n. 1863
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