Diaspora evangelica

Mensile di collegamento

informazione ed edificazione

Anno XLIII – numero 3 – marzo 2010

 

 

Pregare per la città…

di Paolo Ricca*

 

 

Cercate il bene della città… e pregate per essa (Geremia 29,7): qui appare la dimensione nascosta, segreta della diaconia. Diaconia è servizio e il servizio si svolge, di solito, in silenzio. Il servo, a differenza del padrone, parla poco e ubbidisce molto. Il servo cristiano, il diacono, parla molto, non però con gli uomini, ma con Dio. Non parla di Dio, parla con Dio. E proprio questo ci consente di scoprire un altro volto della diaconia. Essa è preghiera esaudita. La preghiera è nascosta, l’esaudimento è manifesto.

 

*Da “Grazia senza confini”, Claudiana, Torino, 2006, p. 57

 

In questo fascicolo:

·         Meditazione biblica di P. Gajewski

·         Valdo e Francesco di L. Vogel

·         Il naso tra i libri di S. Rivedi Pasqui

·         Migration 2010 di O. Bertelli

·         Dalle opere e dalle Chiese evangeliche fiorentine

 

Un fascicolo del tutto ordinario…

 

Vorrei essere particolarmente breve in questo editoriale. Continuo, di fatto, le mie riflessioni “da editoriale” nella meditazione biblica che segue.

Dopo il fascicolo straordinario dello scorso febbraio dedicato all’accoglienza dei Rom, la nostra circolare ritorna alla sua impostazione ordinaria. Tuttavia il legame tra fede cristiana e questioni sociali, in altre parole della diaconia rimane il vero filo conduttore dei testi che pubblichiamo questo mese.

Merita una particolare attenzione il contributo del prof. Lothar Vogel della Facoltà Valdese di Teologia, dedicato a due grandi interpreti della povertà evangelica: Valdo di Lione e Francesco d’Assisi. È il sunto della sua relazione presentata a Firenze durante la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. (p.g.)

 

 

 

 

La via dell’Agape: I Corinzi 13,1-13

Pawel Gajewski

 

Ora dunque queste tre cose durano: fede, speranza, amore; ma la più grande di esse è l'amore (I Corinzi 13,13).

 

Proviamo a chiarire subito il termine fondamentale del nostro discorso: di quale amore parla il capitolo 13 della I Lettera ai Corinzi?

Da un punto di vista puramente filologico la risposta è semplice: il testo greco, cioè quello originale, usa il termine “agape”. Un vocabolo molto caro alla nostra chiesa. Basta pensare alla persona e all’opera di Tullio Vinay che abbiamo ricordato l’anno scorso.

Questo vocabolo include e supera al tempo stesso tutte le forme di amore conosciute nella cultura greca, dall’eros alla phylia.

Alcune traduzioni italiane della Bibbia, per lo più di matrice cattolica romana, propongono per “agape” la traduzione “carità”. Non è una traduzione sbagliata, anche se riflette di sicuro una certa sessuofobia. La parola “carità” è direttamente legata al concetto della caritas in latino. Praticare la carità vuol dire anche oggi andare oltre le mere esigenze contrattuali e quindi combattere tutte le ingiustizie create dalla ferma applicazione della lex, della legge. Ciò che invece può indurre in un errore gravissimo è identificare la carità con l’elemosina, individuale o collettiva, spontanea od organizzata. Credo che la migliore traduzione concettuale della caritas latina sia oggi la “solidarietà sociale”.

Se ritorniamo invece ad “agape” penso che trovare un termine perfettamente equivalente in italiano non sia possibile. Bisogna ricorrere a un espediente linguistico e sostituire il nostro termine con una descrizione: “colui/colei che si dona totalmente e gratuitamente all’altro”. Certo, si tratta di una frase lunga e anche un po’ complessa, ma è proprio questa frase a spiegare perfettamente il nostro concetto greco. Questa interpretazione supera addirittura la nozione di solidarietà sociale e allude chiaramente anche al dono estremo della propria vita.

Bisogna capire bene la sintassi del testo: in tutte le sue frasi, l’amore-agape è un soggetto attivo, un soggetto che agisce, oppure, per contro, rinuncia a un’azione violenta, anzi, sembra addirittura rinunciare ai suoi diritti fondamentali. Se volessimo applicare questo testo direttamente alla vita di ciascuno e ciascuna di noi, alle nostre vicende comunitarie, dovremmo ammettere subito che si tratta di un programma di vita impossibile e sconcertante nella durezza delle esigenze morali.

Il capitolo 13 della Prima lettera di Paolo ai Corinzi però non è un testo di natura etica. Non è neanche un dolce canto dedicato a un amore ideale, mai realizzato, né realizzabile.

Si tratta di un testo teologico di fortissima impronta cristiana. Badiamo bene, qui non è un filosofo morale che parla, non è un poeta che canta versi sopraffini. Paolo è prima di tutto un credente, anzi un credente cristiano. L’ultimo versetto del capitolo precedente (cap. 12) che introduce il nostro bellissimo brano parla di una via, la via suprema, la via sopra tutte le altre. È una cifra che nel linguaggio di Paolo indica proprio il cristianesimo. I primi cristiani non amavano presentarsi, facendo riferimento a parole come “religione” o “chiesa”; preferivano un altro termine, la “via” appunto; un po’ criptico ma in fondo molto chiaro. La via è un percorso esistenziale, un cammino che va oltre la soglia della morte, oltre tutto questo che è visibile.

La via fa pensare a Gesù. Egli è la via, la verità e la vita.

In questo modo risolviamo il nostro rebus e troviamo un sinonimo perfetto per il termine “agape”: il nome di Gesù. Egli rende possibile ciò che umanamente non sarebbe possibile. Egli ha già messo in tutto ciò che nella sua straordinaria bellezza esprime il testo I Corinzi 13.

Pochi giorni fa si è conclusa la “Settimana della libertà” che ogni anno si concentra intorno al 17 febbraio. Questa data ricorda la concessione dei diritti civili ai valdesi nel 1848. La Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) quest’anno in occasione della “Settimana” ha proposto alle nostre chiese alcuni argomenti su cui riflettere attivamente: contributi protestanti in ambito sociale e immigrazione, diritti e democrazia. Per le nostre chiese evangeliche di Firenze non si tratta di questioni astratte o “troppo grandi per una piccola minoranza”. Dalla sera del 17 gennaio (una pura coincidenza ma esattamente un mese prima della Festa della libertà), dal giorno in cui le porte del tempio valdese si sono aperte per accogliere i Rom senzatetto, stiamo vivendo intensamente tali questioni, cercando di dare da un lato un contributo alla società civile fiorentina dall’altro invece di progredire nella nostra comprensione del rapporto tra fede ed etica, etica e politica.

Credo molto fermamente che nonostante diversi errori, fallimenti e incomprensioni legate alla prassi dell’agape noi stiamo cercando di testimoniare fedelmente il binomio Agape/Gesù seguendo la via del servizio cristiano cioè della diaconia, e (perché no?) della caritas che talvolta ci spinge ad andare oltre la pura lex umana.

 

Ricordiamo: 20° Convegno della Diaconia valdese, Firenze, Gould, sabato 6 marzo 2010, dalle 9 alle 19.

 

 

Valdo di Lione e la povertà

Lothar Vogel

 

La questione della povertà e della ricchezza fu un tema importante di quella seconda metà del Medioevo che iniziò nel XII secolo, perché fu riflesso di esperienze in un certo senso nuove. L’Europa aveva alle spalle secoli dominati dalla cultura contadina, dal sistema feudale, da un’economia dell’autosufficienza, da un commercio ridotto a ceti abbastanza limitati della società e da un uso altrettanto limitato del denaro. Proprio nel XII e nel XIII secolo, però, assistiamo a una ripresa delle città, della divisione del lavoro e per questo anche a un’ascesa del commercio e, più precisamente, delle possibilità di fare soldi e di arricchirsi con mezzi più o meno corretti. Queste esperienze, nuove com’erano, avevano anche conseguenze per la percezione del messaggio biblico. Per quanto possiamo desumere dalle fonti scritte, fu meno importante la dimensione dell’equilibrio sociale e dell’equità, ma, fra le persone religiosamente sensibili di quei ceti che traevano un profitto da queste trasformazioni, un senso di contraddizione fra le proprie condizioni e l’insegnamento di Gesù, in particolare laddove elogia la rinuncia al possesso e il superamento delle preoccupazioni materiali. Un elemento ricorrente di questa tendenza fu anche un’accesa critica delle condizioni della chiesa ufficiale.

Non è casuale, dunque, che sia Valdo di Lione, sia Francesco d’Assisi, due figure simboliche dell’ampio movimento pauperistico dell’epoca, provengono proprio da quel ceto di commercianti benestanti che ora si era formato, e non è neppure casuale che entrambi furono toccati, commossi, dalla stessa parola biblica: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi ciò che hai e dallo ai poveri, ed avrai un tesoro nei cieli; poi, vieni e seguimi!” (Mt 19:21). Nel caso di Francesco l’importanza di questo brano è chiaramente documentata dal fatto che esso è il primo di un catalogo di quattro parole di Gesù attorno al quale si cristallizzò la sua Regola; per quanto concerne Valdo, la situazione è più difficile, dato che non possediamo scritti suoi; nonostante questo, però, tutte le testimonianze sulla sua conversione che abbiamo alludono proprio a questo versetto, di cui conosciamo tutti il contesto. Un giovane ricco viene da Gesù per chiedergli che cosa debba fare per acquisire la vita eterna. Gesù innanzitutto si riferisce al decalogo, ma quando il giovanotto risponde di osservare già tutti questi precetti, chiedendogli che così manchi ancora, Gesù gli dà quella risposta. Il giovanotto se ne va, rattristato, e Gesù conclude la vicenda dicendo che sia più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ricco entrare nel Regno di Dio, legando così la vita eterna, la salvezza, non solo all’osservanza della Legge, ma anche alla perfezione praticata nell’abbandono di ogni proprietà. La povertà, la perfezione, la sequela di Cristo nel senso di un’etica orientata al modello degli apostoli, e tutti questi elementi amalgamati da una preoccupazione per la propria salvezza: riscoprendosi nelle vesti di questo giovanotto, sia Valdo, sia Francesco, compirono nel loro stile di vita una svolta radicale.

Concentrandomi per il resto di questo saggio su Valdo, ossia sull’ispirazione iniziale del suo percorso religioso, vi vorrei dare le indicazioni sulla sua biografia di cui disponiamo. Mentre Francesco è una figura del XIII secolo, la cui conversione avviene nel 1206 e che muore nel 1226, la svolta esistenziale di Valdo sembra è accaduta attorno al 1170/73, ovvero ben una generazione prima. Va anche considerato che Francesco al tempo della conversione fu un uomo ancora giovane, mentre Valdo era già un uomo sposato, padre di famiglia, ed aveva due figlie. Dobbiamo attribuire alla mentalità dell’epoca, ossia a ciò che fu considerato evidente senza rifletterci molto, che la realizzazione della povertà apostolica apparve possibile soltanto in un progetto celibatario, ossia dando il congedo alla moglie e affidando le figlie al monastero di Fontévrault. La sua proprietà, Valdo la divise fra la moglie (per il suo futuro sostentamento) e i poveri della città, dando così alla sua scelta anche un carattere caritatevole. Giuridicamente, si comportò in questa situazione come altri uomini sposati che stavano per entrare in monastero; la sua scelta, però, non fu l’adesione a un convento, ma la vita povera e apostolica all’interno della città. La sua eretecizzazione e quella dei suoi adepti comportò nel 1183 l’espulsione dalla città patria. Non conosciamo la data della sua morte, sappiamo solo che nel 1206 era già scomparso.

Per quanto concerne le radici spirituali del valdismo, dobbiamo tenere presente che l’impulso iniziale di Valdo non nacque dal contatto con l’ambito ereticale che c’era (catari, gruppi pauperistici radicali), ma da un suo impegno spirituale all’interno della chiesa cattolica. Alcune delle testimonianze sulla sua conversione che possediamo attribuiscono un ruolo chiave ai suoi rapporti con il capitolo della cattedrale lionese. Furono membri di questo capitolo a convogliare l’attenzione di Valdo sui pertinenti passaggi della Sacra Scrittura, furono loro a tradurgli estratti della Bibbia in lingua vernacolare e per lui comprensibile e, secondo una delle testimonianze, anche un florilegio di testi teologici. Stava per svilupparsi, ovviamente, in questo ambiente della nascente borghesia commercialista, anche un’alfabetizzazione elementare, legata non più al latino ma alla lingua volgare, il che fece anche nascere un tipo nuovo di letteratura teologica. Attraverso i servizi di questi canonici, Valdo ebbe l’opportunità di una percezione approfondita del messaggio biblico, e fu questa percezione a dargli la spinta a capovolgere le coordinate basilari della sua vita.

Va pure preso in considerazione che allora fu arcivescovo di Lione il cistercense Guichard, ex abate dell’abbazia primaria di Pontigny. Durante tutta la sua reggenza Valdo, e anche la cerchia crescente dei suoi seguaci di ambedue i sessi, rimangono, senza maggiori problemi, integrati nell’ambito della chiesa ufficiale. L’ordine cistercense, un ramo riformista della famiglia monastica benedettina, mirava sin dai suoi inizi agli ideali della sobria sequela di Cristo, dell’austerità e della povertà vissuta. In questo senso il movimento cistercense fa senz’altro parte del movimento pauperistico del tempo. Vorrei solo ricordare che l’abate Bernardo di Chiaravalle, il cistercense più famoso del XII secolo, soleva attribuire nei documenti al convento da lui guidato il titolo pauperes Christi. Possiamo dire, dunque, che intravvediamo all’inizio del movimento valdese una situazione in cui l’impulso di Valdo, nato da un confronto molto diretto e personale con il messaggio di Gesù, fu accolto all’interno della chiesa ufficiale, un po’ come un progetto di evangelizzazione dei laici. Conferma questa ipotesi la scoperta di una fonte finora sconosciuta alcuni anni fa. In un manoscritto, prodotto nel monastero cistercense di Chiaravalle nel 1174, che raccoglie degli exempla, ossia piccoli aneddoti da recitare durante i pasti, troviamo un racconto, di tipo apophthegma, su un uomo ricco e benvisto di Lione, il cui nome non è indicato. Egli, dopo aver distribuito tutto ciò che possedeva ai poveri, vive nella mendicità pubblica. Quando gli sono chieste le ragioni di questa svolta, egli risponde:

“Se fosse dato anche a voi di vedere e credere i tormenti come li ho visti io e ai quali credo, forse anche voi fareste lo stesso. In verità, per il momento questi tormenti sono nascosti ai vostri occhi, ma – che lo vogliate o no – voi conoscerete per esperienza (per experientiam) quel che ora rifiutate di credere e di temere.”

È forte la tentazione di riconoscere proprio Valdo in questo racconto. Anche se si dovesse trattare di un’altra persona, ci sarebbe sempre un legame a causa dell’appartenenza di entrambi allo stesso ceto e alla stessa ispirazione religiosa. Possiamo dire, dunque, che negli anni ’70 del XII secolo il modello di Valdo fu presentato ai monaci di Chiaravalle come esempio edificante. Il rapporto fra questo brano e ciò che abbiamo imparato di Valdo dalle altre fonti a prima vista non è pienamente congruente. Il testo ci parla di “esperienze” mistiche, di visioni che avessero fatto credere questo commerciante. Inoltre, questa testimonianza è animata da una forte preoccupazione escatologica, dal timore dell’Ultimo giudizio come forza movente – due elementi che così finora non sono ancora apparsi. Alla fine, questo racconto presenta Valdo non solo come povero, ma molto concretamente come mendicante – come Francesco una generazione più tardi. Questo elemento appare soltanto una delle altre fonti più o meno coeve su Valdo, ossia della “Cronaca di Laon”, una fonte un po’ leggendaria cui si è legato un lungo dibattito di ricerca circa la sua attendibilità (laddove è raccontato che il primo impulso per la conversione di Valdo sia stato legato alla leggenda di San Alessio, cantata da un menestrello). Non dimentichiamo, però, che il versetto Mt 19:21, centrale per Valdo anche secondo altre fonti, ha di per sé un significato escatologico, ovvero la preoccupazione del giovanotto per la propria salvezza. Per questo i rapporti fra l’exemplum di Chiaravalle e le testimonianze esplicite su Valdo sono così forti da postulare fra loro uno stretto collegamento. Ed è sempre l’ordine cistercense a offrire il palcoscenico delle vicende.

Ma quale fu, precisamente, il carattere della vita religiosa e non monastica, iniziata da Valdo negli anni ’70 del XII secolo? Risulta evidente dalle fonti un orientamento biblico, focalizzato  sull’insegnamento di Gesù e basato sull’uso di traduzioni vernacolari, inoltre un progetto di sequela di Cristo concentrato sulla povertà nel senso dell’abbandono della proprietà e di ciò che promette una sicurezza terrena. Almeno parte delle fonti concretizza già queste scelte, affermando che Valdo e i suoi seguaci abbiano praticato il mendicare. Ci si chiede anche quale sia potuta essere l’alternativa, dato che Valdo visse in città e non poté nutrirsi – come un convento cistercense – dal lavoro delle proprie mani. La “Cronaca di Laon” offre la spiegazione che Valdo abbia tentato di mendicare, suscitando con questo in sua moglie un senso di vergogna. L’arcivescovo, poi, gli abbia imposto a mendicare esclusivamente presso sua moglie – il che significa, se è vero, che fu trovato un tipo di compromesso che gli permetteva di vivere da povero, usufruendo al tempo stesso dei beni della sua famiglia.

Una questione ancora più spinosa e discussa è quella se la sequela apostolica di Cristo praticata da Valdo si sia sin dall’inizio concretizzata anche in un tipo di annuncio evangelico. Possiamo in fondo distinguere nella storiografia due campi. L’uno si basa in particolare sulla “Cronaca di Laon”, che descrive Valdo, nel periodo immediatamente dopo la conversione, come persona completamente concentrata sulla prassi della mendicità. Solo dopo ca. 4 anni egli inizia a pronunciare, in ambito privato ma anche nella sfera pubblica, le sue “ammonizioni”, guadagnandosi così i primi discepoli. Da questo punto di vista si distingue quello di Kurt-Victor Selge e altri, che si esprimono più riservati sull’attendibilità della “Cronaca di Laon” e preferiscono altre fonti secondo cui sin dall’inizio una sorta di testimonianza evangelica faceva parte del suo progetto (in particolare Godafredo d’Auxerre) – e che sia che la concepiamo nel senso di quel racconto contenuto negli exempla di Chiaravalle, secondo cui un ricco che sceglie la vita da mendicante è quasi costretto a renderne ragione.

La predicazione è di particolare importanza perché innescò quel conflitto che avrebbe comportato la rottura fra la chiesa gerarchica e la fraternità che si era formata attorno a Valdo. Ai tempi dell’arcivescovo di Guichard, furono addirittura compiuti dei passi per integrare canonicamente la predicazione dei suoi nell’ordinamento ecclesiale. Al III concilio Lateranense (1179) il gruppo ebbe la possibilità di presentarsi, ovviamente su raccomandazione dell’arcivescovo, davanti al papa Alessandro III, ottenendo un permesso di predicazione, sorvegliata però dal clero. Dato che la predicazione dell’evangelo in fondo era concessa soltanto ai sacerdoti, questa limitazione non fu che un’ovvietà canonistica. Un anno dopo, a un concilio provinciale celebrato a Lione, Valdo avanzò la sua professio, di carattere senz’altro ortodosso. Le retrospettive più tardive di alcuni partecipanti a questi concili, quelle di Walter Map (III Lat.), del legato Enrico di Marcy a Lione e di Godafredo d’Auxerre, affermano che già allora Valdo sia apparso “presuntuoso” per le sue pretese circa la predicazione, il che fa presagire – nel senso di una profezia retrospettiva? – i futuri conflitti. Un altro problema fu che Valdo era riuscito a riunire attorno a sé non solo persone della sua propria fascia sociale, ma anche dei veri e propri poveri. Inoltre, non si muovevano più esclusivamente in città, ma visitavano anche l’hinterland di Lione. Tutto questo aumentò ancora le preoccupazioni dell’alto clero.

La rottura avvenne quando nel 1182/83 fu insediato sul trono arcivescovile di Lione, dopo la morte di Guichard, tale Jean Bellemains. Jean prima era stato vescovo di Poitiers in Aquitania, dove potrebbe essere venuto a conoscenza del fenomeno dei catari. Non sappiamo se abbia subíto dopo il suo arrivo a Lione una sorta di esperienza “déjà vu”, Jean entrò, comunque, presto in un confronto duro con Valdo e i suoi sul quesito della predicazione laicale e decretò la loro espulsione, innescando così anche l’espansione europea del movimento. Già nell’anno successivo i “valdesi” appaiono per la prima volta in un elenco di eretici (Ad Abolendam, incontro di Verona), ma qui si apre una nuova epoca della loro storia che stasera non possiamo più seguire.

Se vogliamo osare, alla fine di questo ritratto di Valdo, confrontarlo con Francesco, possiamo, accanto alle analogie nella spiritualità di cui abbiamo già parlato, anche identificare delle differenze: la più forte spinta alla predicazione che caratterizza il movimento di Valdo e il tratto più eremitico di Francesco, anche il fatto che quest’ultimo concepiva la sua esistenza penitenziale in senso tale da attribuire tanto peso alla virtù dell’umiltà da praticare un’ubbidenza enfatica e incondizionata nei confronti del clero. D’altronde, però, dobbiamo anche constatare che il progetto d’integrazione del suo impulso come ordine quasi monastico seguito dalla curia romana, non fu pienamente condiviso da lui. Forse si potrebbe anche dire che la chiesa cattolica, dopo l’esperienza con il valdismo che velocemente si sarebbe rivelato come un problema non solo regionale, seguisse più attentamente la vicenda per prevenire un altro caso d’integrazione fallita. Lasciando da parte tutte le contingenze che senz’altro hanno anche influito sull’andare delle cose, rimane il fatto confortante che la Parola di Dio sia in grado di suscitare, in condizioni storiche e culturali molto diverse, degli esodi da ciò che pare evidente, scelte di vita autentiche.

 

Il naso tra i libri: storia di una donna africana

Sara Rivedi Pasqui

 

Wangari Maathai, nata nel 1940 a Njeri in Kenia, è la prima donna Africana a ricevere il premio Nobel per la Pace (2004) per il suo contributo allo sviluppo sostenibile, alla democrazia ed alla pace infatti da sempre si batte per promuovere ecologicamente uno sviluppo sociale, economico e culturale della sua terra, l’Africa.

È una donna straordinaria dalla forte personalità, dalla tempra di combattente indomita e determinata. Avvolta nel costume tradizionale marrone e blu Wangari ha un aspetto imponente e maestoso quasi regale, l’espressione del volto ispira fiducia e simpatia, il sorriso aperto e lo sguardo intenso rivelano intelligenza e fierezza. Questa donna di 69 anni impegnata politicamente nel suo paese è una convinta ecologista ed è esempio e fonte di ispirazione per ogni uomo e donna che desiderano impegnarsi e battersi per la pace, la prosperità e la democrazia del continente africano.

Figlia di coloni progressisti appartenenti all’etnia Kikuju Wangari deve a loro l’opportunità di frequentare la scuola e di accedere in tal modo all’istruzione. Approdata al liceo ottiene una borsa di studio che le permette di iscriversi ad una università americana e laurearsi in biologia nel 1971. Tornata in Kenia, ben presto prende coscienza di come il paesaggio in cui era vissuta fin da bambina si sia degradato, la deforestazione viene praticata intensamente e selvaggiamente per cedere alle coltivazioni del caffè e del the causando ed accelerando l’erosione del suolo.

Wangari Maathai decide che è necessario, anzi urgente, provvedere alla salvaguardia del territorio e così nel 1997 fonda il Green Belt Moviment (Movimento della cintura verde), un grande progetto di rimboschimento dell’Africa. Da quella data più di 30 milioni di alberi hanno ripopolato il territorio del Kenia. Essa si è prodigata affinché le donne cooperassero a dar vita a tale progetto poiché proprio queste sono le prime vittime delle alterazioni subite dall’ambiente in quanto le colture per uso alimentare sono state sacrificate privandole di un sostegno determinante per la sopravvivenza delle loro famiglie.

Wangari ha creato 3000 vivai impiegando circa 80.000 persone, essenzialmente donne, le quali hanno accettato ben volentieri di lavorare alla realizzazione della Cintura Verde. Tuttavia questa straordinaria impresa ha incontrato resistenze ed ostacoli di ogni genere e l’ideatrice è stata minacciata e gettata numerose volte in prigione subendo ogni tipo di umiliazioni. Fortunatamente ha anche ricevuto il sostegno di grandi personalità che sono intervenute in suo favore come Al Gore e Michail Gorbačëv.

Precorrere i tempi ha costato a questa donna coraggiosa il prezzo della solitudine e dell’incomprensione ed anche se oggi il mondo l’applaude al tempo in cui ha iniziato le sue battaglie nessuno le è stato vicino e l’ha sostenuta moralmente, anche il suo matrimonio fallì poiché Wangari non accettò in nessun modo la sottomissione al marito. Certamente vincere il Nobel per lei ha rappresentato una specie di riscatto ed un veicolo straordinario per far conoscere il suo messaggio in favore dello sviluppo sostenibile. In Africa dove la miseria è endemica ed i bisogni sono incalcolabili ci si attende molto da lei che, pur avendo ottenuto un tale riconoscimento, non ha acquisito nessun potere decisionale per operare come vorrebbe e questo le procura frustrazione e sofferenza. Le lotte e le esperienze di questi anni di intenso lavoro e forte impegno sono narrate nell’autobiografia Solo il vento mi piegherà dove ad un certo punto dichiara “Un albero spinge le radici nel profondo del terreno e tuttavia svetta alto nel cielo. Ci dice che per poter ambire a qualcosa dobbiamo essere ben piantati per terra e che, indipendentemente da quanto in alto arriviamo, è sempre dalle radici che attingiamo il nostro sostentamento”.

Wangari Maathai

Solo il vento mi piegherà. La mia vita,la mia lotta.

Sperling&Kupfer 2007, pp. 394, 17.50€

 

Migration 2010: la nuova risposta delle chiese d’Europa alle migrazioni

Olivia Bertelli

 

La 13a assemblea della CEC è stato il trampolino di lancio dell’iniziativa ‘European Churches responding to Migration 2010’ promossa dalla Commissione delle Chiese per i Migranti in Europa (CCME) assieme alla Conferenza delle Chiese Europee (CEC). Questa campagna vuole promuovere il tema dei migranti come punto centrale del lavoro all’interno delle chiese d’Europa per l’anno 2010, anno europeo della “Lotta alla povertà e all’esclusione sociale”. I due principali obiettivi sono accrescere la visibilità del lavoro promosso dalle chiese nell’ambito dell’immigrazione e incentivare una politica di inclusione a livello nazionale ed europeo per gli immigrati, i rifugiati e le minoranze etniche.

In particolare, l’iniziativa Migration 2010 è una chiamata per tutte le chiese, affinché accolgano gli stranieri all’interno delle proprie comunità e lavorino con loro per costruire dei concreti esempi di Essere Chiesa Insieme (Uniting in Diversity). Al tempo stesso, impegnarsi nel dialogo ecumenico con le chiese degli immigrati sta assumendo una sempre maggior rilevanza in molti paesi europei. Per questo la campagna Migration 2010 vuole promuovere la cooperazione e il dialogo a livello locale e nazionale con culti, preghiere, inni, incontri ecumenici e cicli di preghiera dedicati al tema dei migranti. Un calendario di iniziative articolato in dodici temi faciliterà il lavoro delle chiese che potranno, così, scegliere alcune tematiche particolari da trattare nel corso dell’anno 2010.

Il mese di marzo, ad esempio, è dedicato alla lotta contro il razzismo e le discriminazioni (21 Marzo Giornata Internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale), nel mese di aprile le chiese sono invitate a festeggiare una Pasqua ecumenica tra chiese occidentali e ortodosse riconoscendo che siamo tutti cittadini del regno di Dio. Alcune chiese hanno già stabilito in occasione della Giornata Mondiale dei Rifugiati (20 giugno) di organizzare una commemorazione per tutti coloro che sono morti nel viaggio migratorio, affogati nel Mediterraneo o morti alle frontiere dell’Est Europa. Migration 2010 vuole anche incoraggiare le chiese d’Europa ad adoperarsi per l’affermazione dei diritti dei migranti secondo la Convenzione Internazionale sui diritti di tutti i migranti e dei membri delle loro famiglie.

Il CCME e la CEC intendono, infatti, ribadire con questa campagna che la lotta all’esclusione, alla povertà e al razzismo parte innanzitutto dall’impegno a lavorare per la dignità e i diritti di ogni essere umano creato a immagine di Dio. E’, quindi, importante che le chiese si impegnino a spingere i governi nazionali a garantire il rispetto dei diritti umani nei confronti dei migranti, dei rifugiati e dei richiedenti asilo, incentivando l’adozione di politiche che favoriscano l’integrazione e la partecipazione nelle società europee.

Molte chiese hanno già ufficialmente aderito alla campagna e alle iniziative di Migration 2010, dimostrando il loro impegno nella costruzione di un mondo più inclusivo che fa delle diversità la propria ricchezza.

 

 

Voci dalla “Claudiana” di Firenze (Info:055282896)

 

 

 

Sabato 20 Marzo 2010 – ore 17:30

La sofferenza è necessaria per la liberazione?

Il valore redentivo della sofferenza immeritata nel pensiero di M.L.King: analisi e critica. Incontro con Massimo Aprile

 

Il tuo 5Xmille IRPEF - Sostegno al Centro sociale evangelico e alla Cooperativa sociale “La Riforma” (Info: 055247876)

Con la prossima dichiarazione dei redditi, con una semplice firma e senza alcuna spesa si può sostenere l’attività del Centro sociale evangelico indicando il codice fiscale 80100390485 oppure della Cooperativa, indicando il codice fiscale 04668950480.

 

Dalle Chiese evangeliche fiorentine

 

Chiesa Apostolica Italiana di Firenze e Prato

DOMENICHE DIALOGATE. Ogni seconda domenica del mese la Chiesa Apostolica Italiana di Firenze-Prato dedica la riunione del mattino alla trattazione di un argomento utile al divenire della fede e a favorirne la testimonianza. Quest’anno tale argomento è l’angoscia.

Il percorso, che potrà essere considerato di vera «relazione d’aiuto», si configura come segue: Angoscia e ragione (14 marzo 2010), Angoscia e preghiera (11 aprile 2010), Angoscia come attesa (09 maggio 2010). La «domenica dialogata» di giugno (domenica 13), ultima dell’anno ecclesiastico, sarà dedicata ad un aggiornamento sulla «predicazione».

FORUM TEOLOGICO GIOVANILE (MA NON SOLO). Il gruppo che partecipa e, perciò, costituisce il Forum ha scelto come area di ricerca per l’anno 2009-2010 il modulo tematico relativo al «Dialogo», i cui sottotemi vengono di volta in volta presentati con una "base d'ascolto", previamente distribuita, per essere, poi, discussa insieme.

È pensabile, ed augurabile, che l'argomento di quest’anno, data la sua indiscutibile rilevanza ad ogni latitudine di pensiero, possa essere proposto anche ad amici che i membri tutti potrebbero invitare.

Gli incontri hanno luogo mensilmente, nella «Casa pastorale» di Prato, il quarto (non ultimo, ma quarto) sabato del mese, dalle ore 16.00 alle ore 17.00/massimo 17.30!

Segue il programma nella sua articolazione sottotematica non senza aver prima segnalato che gli argomenti saranno trattati in chiave laica, metaconfessionale ed interdisciplinare.

Dialogo ed empatia (Sabato, 27 marzo 2010).

Volontà di capire (Sabato, 24 aprile 2010).

La legge del dialogo (Sabato, 22 maggio 2010).

Limiti del dialogo (Sabato, 26 giugno 2010).

 

Chiesa evangelica battista

http://chbattistaborgognissanti.interfree.it

La presidente dell'Unione Battista, Anna Maffei, ci ha raccontato dei progetti a sostegno dello Zimbabwe in un incontro tenutosi Sabato 13 febbraio. E' stato proiettato un documentario dove si raccolgono immagini e testimonianze degli aiuti sulla costruzione di pozzi, per gli ambulatori e ospedali e per il sostegno agli orfani e alle vedove. La visita della pastora Anna Maffei è proseguita domenica 14 con la predicazione e l'agape comunitaria. Nel pomeriggio il pastore Volpe insieme ad un gruppo della comunità ha raggiunto Casa Cares per incontrare altri pastori ed evangelici fiorentini in occasione del tradizionale falò del 17 febbraio.

Terminata la lettera ai Galati, lo studio biblico del Mercoledì delle ore 20:15 è ora dedicato all'introduzione all'Antico Testamento. Proseguono le attività di Scuola domenicale, gruppo giovanissimi, gruppi di preghiera e di lettura nelle case, riunione del Venerdì.

Domenica 28 febbraio predicazione della pastora Piera Egidi Bouchard. Un gruppo della comunità si è recato a Livorno per l'Assemblea dell'Associazione delle Chiese Battiste della Toscana (Acebt)

Per il ciclo “Pensare la fede, dire la speranza” organizzato con il Centro culturale protestante “P.M.Vermigli”, la libreria Claudiana e Radio Voce della Speranza, si è tenuto Sabato 27 febbraio 2010 l' incontro con Debora Spini e Giorgio Bouchard sul tema “Barak Obama tra fede e politica. Radici di una speranza, le sfide di un presidente”.

 

Chiesa evangelica luterana

Come sempre i nostri culti si svolgeranno la prima e terza domenica del mese nella nostra sala comunitaria, ingresso via dei Bardi 20.

Nel mese di aprile inizierà una serie dei concerti d’organo, tutti i mercoledì alle 21, nella Chiesa di Lungarno Torrigiani.

 

Chiesa evangelica valdese

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Esperienza di lutto. Abbracciamo con affetto tutta la famiglia di Margherita Vinçon. Sabato, 13 febbraio nostra sorella Margherita ha terminato il suo cammino in mezzo a noi, unendosi per sempre a Colui ch è Amore. I funerali si sono svolti lunedì 15 febbraio prima nel nostro tempio e in seguito al cimitero di Montalcino (SI). Esprimiamo le nostre condoglianze alla moglie Wilma e a tutta la famiglia di Raffaele Balenci che domenica 14 febbraio ha terminato il suo cammino in mezzo a noi. I funerali si sono svolti martedì 16 febbraio al Cimitero degli Allori.

I nostri malati. Salutiamo con particolare affetto Loretta Messeri. Il ricovero ospedaliero si sta prolungando e noi preghiamo per Loretta sperando nell’esito positivo delle terapie cui lei è sottoposta.

Lieti eventi. Le nostre felicitazioni possano giungere alla neo-nonna Lidia Giuliani in occasione della nascita del nipote Cosimo. I nostri più sentiti auguri in occasione della nascita del secondo nipote giungano anche ad Anita e Andrea Sansone nonché alla bisnonna Sara Bottini Sansone.

Settimana della libertà. Ringraziamo il coro Gospel “The Pilgrims” che ha dato un prezioso contributo di canto al culto del 14 febbraio. È stata particolarmente ricca di contenuti la serata a Casa CARES. Oltre al falò e all’ottima cena, Raffaele Volpe, Pawel Gajewski e Dorothea Műller hanno condiviso numerosi spunti di riflessione sull’esercizio del ministero pastorale oggi. Domenica 21 febbraio la Settimana della libertà si è conclusa con il culto con Cena del Signore e con pranzo comunitario in via Manzoni. Un caloroso ringraziamento giunga alle sorelle che si sono prodigate per preparare il pasto per ben settanta persone.

Studio biblico e catechismo per adulti. Gli incontri di studio biblico si svolgono alle 16, in via Manzoni. Dal 6 marzo invece inizia lo studio biblico dedicato alla Lettera agli Ebrei che terminerà nei primi di giugno 2010. Il gruppo di catechismo per adulti segue nel mese di marzo un ritmo piuttosto serrato: il 6 e il 27. Il primo incontro dopo le vacanze di Pasqua si terrà invece il 17 aprile. L’appuntamento è sempre alle 15, in via Manzoni.

Catechismo e scuola domenicale. I ragazzi del catechismo si incontrano ogni martedì alle 19.30; il piccolo gruppo di pre-catechismo si riunisce invece ogni giovedì alle 18. La Scuola Domenicale che di regola si riunisce durante il culto domenicale organizza sabato, 27 marzo dalle 15 alle 18.30 un pomeriggio di gioco e di studio al quale sono inviatati anche i genitori.

Diaspora valdese di Pistoia ed Empoli. I prossimi incontri di studio biblico a Pistoia si terranno ogni primo giovedì del mese, vale a dire. 4 marzo, 1 aprile, 6 maggio e 3 giugno (incontro conclusivo). Nel corso degli incontri seguiremo il percorso tracciato dal libro di Félix Moser, Chi osa dirsi cristiano?, Claudiana, Torino, 2008.

A Empoli continuano i culti domenicali mensili. Gli appuntamenti dei prossimi mesi saranno concordati direttamente con il nostro gruppo di diaspora. Per informazioni: Eugenia e David Cianci, 0571924880.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Diaspora evangelica

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