Nulla

 

 

Nulla. Non ti chiederò nulla.

Mi bastano le albe e i tramonti,

la neve dell’inverno,

le pesche dell’estate.

Mi basta camminare tra la gente,

raccogliere i respiri,

raccogliere i sorrisi.

Mi basta questa vita che mi dai,

così come la vuoi per me,

con salite e discese,

come in un’altalena.

Mi bastano i miei giorni,

pochi o tanti,

che Tu mi hai contato.

E ne amerò ciascuno,

per il suo colore,

per il suo dolore,

perché l’hai scelto Tu.

E un giorno che Tu sai

il tempo si aprirà:

ferma, senza oscillare,

penderà l’altalena

e io scivolerò

tra le tue braccia.

 

(da: Viottoli IX  n.2/2006)

 

Il Signore cammina con te”

Deut. 31, 8

di Gianna Sciclone

 

C’è uno spiritual afro-americano che dice: “O Signore cammina con me /  In questo mondo son pellegrino / O mio Signore, cammina con me” e anche nelle strofe successive si elencano situazioni difficili, notte “tenebrosa e tempestosa”, affanni e pericoli, con la richiesta a Dio “cammina con me”. Confesso che mi piace molto questo canto, meriterebbe un testo migliore!

Probabilmente l’ispirazione viene dal testo del Deuteronomio (31, 6-8) che fa parte delle “consegne” di Mosé al suo successore Giosué. Mentre il testo del canto sembra di carattere individuale, intimistico e consolatorio, quello del Deuteronomio è rivolto a tutto il popolo o meglio ha valenza nelle due direzioni: forza e coraggio per Giosuè, accompagnamento per il popolo: “Tu entrerai con questo popolo nel paese che il Signore giurò ai loro padri di dar loro”.

Le parole sono tutte importanti: “il Signore cammina egli stesso davanti a te”. Dice “cammina” non: sta fermo nel tuo cuore o nella tua camera a consolarti; ma “cammina”, che è un termine teologico di grande importanza. La storia di Abramo si apre con un “va” (Gen. 12, 1: ‘il famoso ‘lech-lechà’  tradotto con “vattene”, “va per te”, “va per il tuo bene”). Se Abramo non fosse “andato”, dobbiamo pensare a un Dio che sarebbe rimasto con lui nella tenda e nell’accampamento di suo padre, nella routine della tribù, solo per il piacere di accontentarlo nei suoi desideri, per dargli salute, lavoro, cibo, donne e vestiti?

Il problema siamo noi, naturalmente non Abramo: dove siamo noi e cosa stiamo facendo? Stiamo camminando o siamo fermi? Stiamo camminando, magari trascinandoci a fatica… Camminiamo da soli o nella beata “compagnia dei santi”, sostenendoci a vicenda, portando in braccio i bambini e in carrozzella gli anziani, in corteo festoso magari cantando? Qualche volta è vero che bisogna anche fermarsi e fermarsi nei posti giusti, dove ristorarsi e riprendere forze: ma noi da quanto tempo siamo fermi?  Ci siamo persi?

Il testo dice ancora : il Signore “egli stesso” (“quello” in ebr.) non un altro; potrebbe anche essere un altro? Perché poi continua: “cammina davanti a te”. Allora è possibile che sia molto più avanti e non lo vediamo. Ma è anche possibile che non sia “quello” ma un altro, che ci sta portando da un’altra parte! E se stessimo seguendo invece Mammona?

 Siamo sicuri di seguire il Dio “quello”? Cioè quello di Abramo, Mosé,  i profeti, fino a Gesù, che ci ha insegnato a chiamarlo “Padre”? Naturalmente è ben diverso dirgli: “Cammina con me!” nel mio vagabondare verso mie mete più o meno conosciute e consapevoli; oppure dire: “Il Signre, lui stesso, cammina davanti a te”. Sei tu che segui lui e non viceversa. Dio è quello che cammina “davanti” è quello che fa la strada, che conosce la meta. Se è un lungo corteo a seguirlo, può interrompersi il contatto fra la testa e la coda del corteo, occorrono delle staffette (ecco la necessità dei profeti) che vadano avanti e indietro e assicurino il collegamento.

Qui ci sono tutti i pericoli di “teocrazia” che si possono immaginare: un sedicente profeta che si ponga alla guida di una chiesa e/o peggio di una nazione; ordini umani equiparati a comandamenti divini, la certezza di “valori” per tutta l’umanità garantita da gerarchie religiose in lotta fra di loro… La “migrazione” è rischiosa quanto la nostra vita stessa e come non è facile distinguere la guida vera da una guida falsa, altrettanto difficile e rischiosa è la meta.

Il corteo è in cammino verso “la terra promessa”: sappiamo più o meno cosa era per gli israeliti nel deserto, non lo sappiamo più per loro oggi, ma ogni generazione dovrà dirlo per sé. Per i nostri progenitori valdesi era la libertà di coscienza e di culto, la libertà della testimonianza; è stata una conquista durissima, che oggi ancora ci commuove, ma che cosa ne facciamo ora della libertà di testimonianza? Ogni generazione, ma anche ogni persona, ha la sua “terra promessa”, che è il progetto di vita individuale e comunitario, cittadino e globale nel pianeta. Il giovane sogna un amore ricambiato, la coppia sterile dei figli, il cittadino la vita dei campi, il contadino gli agi della città, il vecchio/a di esser circondato dei parenti e via di

seguito. Ma tutti sogniamo un mondo in pace, nella condivisione delle risorse, nel giusto rapporto con la natura e fra i popoli.

Abbiamo già detto com’è importante nel Deuteronomio questa metafora della vita, che consiste nel “fermo-immagine” di Mosé che parla al popolo appena prima di varcare il Giordano, per entrare nella terra promessa. Il popolo è davvero “in cammino”, ha attraversato il deserto, ne ha viste di tutti i colori e ha dovuto superare molti spaventi. Il canto diceva : “Sono pellegrino” che era il simbolo antico di questo “essere in cammino”, oggi dovremmo dire “migrante” che dà un senso diverso. Il pellegrino si mette in marcia per un certo tempo, visita luoghi e regioni diverse, compie i suoi voti o il culto in un qualche santuario, poi però ritorna a casa. Ha casa da qualche parte e quello è il contesto a cui appartiene, insieme a tutta la sua tribù. Il “migrante” invece è uno che non sta bene nel suo luogo d’origine e ne esce, si mette in cammino per giungere in una terra che lo accolga e gli dia lavoro, cibo e tutela;  non sa se sarà la sua terra promessa; forse non lo sarà, ma non si arrende a una vita meschina senza speranza e allora, se la terra d’approdo dovesse non essere quella giusta, si rimette in cammino e prova ad andare oltre, finché non troverà il posto giusto dove fermarsi.

Nel Salmo 39 il credente che invoca il Signore si dice straniero e pellegrino “come tutti i miei padri” (di cui si trova un’eco in I Pietro 2, 11). In realtà anche queste parole andrebbero tradotte meglio con stranieri e “migranti”, perché i padri furono dei migranti e non dei pellegrini. Un’antica confessione di fede, da recitarsi prima dell’offerta sull’altare si trova in Deut. 26, 5 “Mio padre era un arameo errante (migrante?)…”

Mantenendo la metafora della “migrazione” dovremmo sentirci in viaggio, dietro al Signore, al Dio di Abramo, che è il Padre rivelatoci da Gesù, verso una forma di vita “sostenibile” per noi stessi, ma anche per gli altri abitanti della terra. Se il punto in cui ci troviamo è un disastro di guerra, di fame, malattia, per una parte del pianeta, anche se non per noi, dovremmo essere molto a disagio e nella necessità di “migrare” verso forme di vita più consone. Nulla è definitivo, ma la responsabilità è nostra di star dietro al Signore che è in cammino!

Qui però giunge la promessa:: “Il Signore stesso sarà con te; non ti lascerà e non ti abbandonerà, non temere e non perderti d’animo”. Non si tratta solo di parole consolatorie: chi ha fatto l’esperienza di camminare con il Signore, sa che questa compagnia è vera e profonda, che è di lunga durata e che va al di là delle nostre richieste. Sappiamo che riguarda la nostra microstoria personale con tutte le sue battute d’arresto e i suoi sconforti e che riguarda altrettanto la vita della nostra chiesa e dell’intera umanità. Oggi ci poniamo il problema del compito che ci è stato affidato lungo il nostro cammino: le risposte possono essere tante e i “viottoli” della nostra fede possono anche esser tortuosi, ma Dio voglia che la meta sia l’unica, solo la sua.

 

La pesca miracolosa

di Oretta Nutini

 

Le reti avevano gettato in mare,

a ritirarle non fecero fatica,

il mare è ricco ma talvolta mesce

meno di qualche pozza fra gli scogli.

 

Gia si crucciavan per i figli e mogli

che gli aspettavan carichi di pesce

per alleviare quella fame antica

che i minimi non cessa di gravare.

 

Le ceste erano vuote: l’occhio tristo

già vedeva dei bimbi il lacrimare;

il cuore era pesante, sconsolato,

le braccia inerti, scuro, amaro il viso.

 

 

Ecco che sulla riva, all’improvviso,

è apparsa una figura ed ha chiamato

incitando la pesca a seguitare:

in lui non han riconosciuto il Cristo!

 

Ma quando ritirarono le reti

piene, stracolme da farsi aiutare

dai lor compagni, allora solamente

seppero che con loro era Gesù.

 

Da’ a noi la fede che non abbia più,

bisogno per sentirti a noi presente

di altre voci, ed insegnaci ad amare

te e i fratelli, facci grati, lieti,

 

dacci forza per vincere gli ostacoli,

sovvieni all’incostante fede umana,

cessi il nostro bisogno di miracoli:

la tua parola sola sia sovrana.

 

 

 

Giornata Mondiale di Preghiera

2 Marzo 2007

presso la Chiesa Evangelica Luterana

Lungarno Torrigiani 11

alle ore 18

 

 

Riuniti sotto la tenda di Dio

 

 

 

 

 

DICHLARAZIONE DI GERUSALEMME SUL SIONISMO CRISTIANO

“Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5,9)

 

Il sionismo cristiano è un moderno movimento teologico e politico che adotta le posizioni ideologiche più estreme del sionismo, sì da diventare pregiudizievole per una giusta pace in Palestina e in Israele.

Il programma sionista cristiano contiene una visione del mondo in cui il Vangelo è identificato con l’ideologia di imperialismo, colonialismo e militarismo. Nella forma estrema, pone l’enfasi su eventi apocalittici che conducono alla fine della storia piuttosto che sull’amore e la giustizia del Cristo vivo oggi.

Noi rigettiamo categoricamente le dottrine del sionismo cristiano come insegnamenti falsi che corrompono il messaggio biblico di amore, riconciliazione e giustizia.

Rifiutiamo inoltre l’attuale alleanza tra i capi e le organizzazioni dei sionisti cristiani e settori dei governi di

Israele e degli Stati Uniti che oggi impongono i loro confini preventivi e unilaterali così come il loro dominio

sulla Palestina.

Ciò porta inevitabilmente a cicli di violenza senza fine che minano la sicurezza di tutti i popoli del Medio

Oriente e del resto del mondo.

 

Noi respingiamo gli insegnamenti del sionismo cristiano che giustificano e sostengono queste politiche, che fanno avanzare l’esclusivismo razziale e la guerra perpetua anziché il Vangelo dell’amore universale, della redenzione e della riconciliazione insegnati da Gesù Cristo.

Anziché condannare il mondo alla distruzione di Armagheddon, noi chiamiamo ciascuno a liberarsi dalle ideologie del militarismo e dell’occupazione. Che perseguano piuttosto la guarigione delle nazioni!

Facciamo appello ai cristiani e alle Chiese in ogni continente perché preghino per i popoli palestinese e israeliano, che soffrono entrambi come vittime dell’occupazione e del militarismo. Le azioni discriminatorie in atto stanno tramutando la Palestina in ghetti immiseriti e circondati da insediamenti israeliani lussuosi.

La creazione degli insediamenti illegali e la costruzione del Muro di separazione sulle terre palestinesi confiscate minano non solo la fattibilità di uno Stato palestinese, ma anche la pace e la sicurezza dell’intera regione. Facciamo appello alle Chiese che continuano a tacere perché rompano il loro silenzio e parlino ad alta voce per una riconciliazione coniugata con la giustizia in Terra Santa.

Per questo ci impegniamo a far nostri i seguenti principi ispiratori di un modello alternativo:

 

Noi affermiamo che tutti gli uomini sono creati ad immagine di Dio. A loro volta sono chiamati ad onorare la dignità di ogni essere umano e a rispettare i suoi diritti inalienabili.

 

Noi affermiamo che israeliani e palestinesi possono vivere insieme in pace, giustizia e sicurezza.

 

Noi affermiamo che i palestinesi, musulmani e cristiani, sono un solo popolo. Rifiutiamo ogni tentativo di spezzare la loro unità.

 

Chiamiamo tutti a rifiutare la ristretta visione del mondo del sionismo cristiano e delle altre ideologie che privilegiano un popolo a spese di altri.

Ci impegniamo alla resistenza non violenta come mezzo più efficace per porre fine all’occupazione illegale al fine di ottenere una pace giusta e duratura.

 

Ammoniamo con insistenza che il sionismo cristiano e le sue alleanze stanno giustificando la co1onizzazione, l’apartheid e l’imperialismo.

 

Dio chiede che giustizia sia fatta. Nessuna pace durevole, né sicurezza o riconciliazione sono possibili se non fondate sulla giustizia. La domanda di giustizia non scomparirà. La lotta per la giustizia va perseguita con costanza e diligenza ma senza violenza.

 

“Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio” (Michea 6,8).

 

Questa è la nostra posizione. Noi siamo per la giustizia e non possiamo fare altrimenti. Solo la giustizia garantisce una pace che porterà alla riconciliazione, in una vita di sicurezza e prosperità per tutti i popoli della nostra terra. Ponendoci dalla parte della giustizia, noi ci apriamo all’opera della pace, e operare per la pace ci fa figli di Dio.

 

“E’ stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione” (2 Cor 5,19).

 

 

 

patriarca Michel Sabbah, patriarcato latino di Gerusalemme

arciv. Saverios Malki Mourad, patriarcato siro-ortodosso di G.

 

vesc. Riah Abu El-Assal, chiesa episcopale anglicana di G.

 

vesc. Munib Younan, chiesa luterana evangelica di Giordania e T. G.

 

Gerusalemme, 22 agosto 2006

(trascrizione da www.terrasanta.net)

 

 

 

 

“Libera la vita”

 

 la campagna di Radio Voce della Speranza contro il racket della prostituzione

 

Da alcune settimane va in onda su oltre 180 radio dei circuiti nazionali RVS e GRI

 

Firenze 31 gennaio 2007 “Ribellarsi si può, da ogni tipo di criminalità”, è questo il messaggio della campagna radiofonica “Libera la vita” contro la schiavitù sessuale imposta dal racket della prostituzione, che partirà domani, 1° febbraio, dalle antenne del circuito nazionale delle emittenti delle chiese avventiste Radio Voce della Speranza (RVS). “Quelli che abbiamo prodotto, più che spot radiofonici sono dei veri e propri appelli rivolti alle donne vittime della prostituzione - spiega Roberto Vacca capo redattore di RVS di Firenze -. Essi sono stati scritti e pronunciati da Adelina, una ragazza albanese che è riuscita a ribellarsi e ad uscire dal giro della prostituzione, ed hanno quindi la forza di un'esperienza di vita reale”. La storia di Adelina è nota, perché lei stessa l'ha più volte raccontata in trasmissioni televisive – tra cui, Uno mattina, La vita in diretta, Porta a porta - in cui è stata ospite: poco più che ventenne, ha avuto la forza di denunciare i propri aguzzini e di salvarsi dal racket con l'aiuto degli agenti della questura di Varese, dando loro l'opportunità di smantellare un'organizzazione criminale composta da 40 malviventi. “Adelina è un testimonial più che credibile che ha fatto della sensibilizzazione dell'opinione pubblica sulla schiavitù sessuale che tante donne straniere subiscono in Italia, la propria vocazione - ha spiegato ancora Vacca –. La sua storia mette al centro i problemi delle vittime e fa piazza pulita delle preoccupazione di decoro e sicurezza che spesso falsano il dibattito sulla prostituzione”. Gli spot – tutti in lingua italiana, ma RVS sta già pensando alla produzione di altri in lingua straniera – si rivolgono alle vittime della prostituzione, invitandole a rivolgersi alle forze dell'ordine, ma anche ai

loro clienti che di fatto si rendono complici dei crimini perpetrati dal racket. La campagna si svolgerà con maggiore intensità da febbraio a maggio. Oltre che da RVS, che li ha prodotti con il sostegno dell'otto per mille dell'Unione delle chiese cristiane avventiste del 7° giorno (UICCA), gli spot di “Libera la vita” andranno in onda sulle 173 emittenti del circuito nazionale del Gruppo radiotelevisivo indipendente (GRI). Per ascoltare gli spot:

 www.radiovocedellasperanza.it     

e     www. adelina113.altervista.org

 

 

 

 

 

Violenza sulle donne:

la parola agli uomini

 

di Felice Simeone, Roberto Pelozzi, Francesco Cirigliano, Guido Scanu, Sergio Bertero, Luca Lovato, Vittorio Porfito

 

La prima causa di morte per le donne di ogni parte del mondo, è la violenza maschile. Periodicamente questa tragedia affiora alla coscienza collettiva perché donne coraggiose la denunciano. E allora i giornali ne parlano, le Tv trasmettono documentari speciali, si fanno manifestazioni e nelle sedi istituziona­li si propongono rimedi opportuni.

Eppure, non possiamo fare a meno di notare un silenzio pesante come il piombo e che per noi è una colpa, è una vergogna: il silenzio degIi uomini. Per quanto noi aborriamo la violenza in tutte le sue forme, per quanto la nostra stima nei confronti delle donne sia illimita­ta, per quanto il nostro dolore per tutte quelle donne morte per mano di un maschio sia straziante, non possiamo dirci estranei, non possiamo ritenerci innocenti. Non possiamo aspettarci, infatti, un atto riparatorio, o una presa di  coscienza da chi questa violenza la commette, ma dobbiamo esse­re noi uomini che invece l’aborriamo a proporre un percorso che ci tiri fuori tutti, a lanciare l’allarme.

Noi uomini non abbiamo mai riflettuto su di noi, come le donne fanno da sempre. Sempre più scrittrici, registe, artiste riversano nelle loro opere il disagio che nasce da una comu­nicazione limitata con gli uomini.

Ci separa un abisso di linguaggio, ci manca­no molte parole comuni. Il concetto di “speci­ficità di genere” non ci ha mai neanche sfio­rati. Non abbiamo mai fatto l’esperienza di qualcosa confrontabile con il femminismo, che nel bene o nel male, è stato un momento importante per la presa di coscienza di se da parte delle donne e dei loro rapporti con il mondo. Noi dobbiamo ancora cominciare: siamo in ritardo di secoli. Il nostro modo di essere uomini è spesso frutto di un’adesione acritica e inconsapevole ai modelli sociali o commerciali di cui non conosciamo né I ‘ori­gine né lo scopo, e certe volte neanche il senso. Non meno delle donne, ed in maniera forse più subdola, subiamo l’imposizione di stereotipi su cui dobbiamo cominciare a vigi­lare, a cui dobbiamo cominciare a reagire. Il macho, il don Giovanni, sono figure che hanno ancora un fascino enorme, ma non ci siamo mai chiesti il perché e dimentichiamo ogni volta che solo i peggiori fra di noi lo sono. Il nostro modo di essere padri è spesso il risultato di una concezione familiare che ci colloca sullo sfondo. Noi che al contrario dovremmo fare di tutto per stare in primo piano per recuperare l’assenza di un legame carnale con i figli. È ora di rifiutare di com­piacersi di un linguaggio pubblicitario che per qualsiasi cosa ci aggredisce con l’esibi­zione del corpo temminile. Ma non sentiamo ancora la necessità di ribellarci a questo stato di cose.

Dobbiamo cominciare a desiderare di cono­scere le donne. Molti autori maschi, anche i grandi, molto spesso si limitano ad idealizzarle, se non addirittura a smaterializzarle. Come amanti abbiamo un’idea del nostro erotismo troppo semplificata, per non dire banale. Abbiamo un ‘idea egoistica del sesso, e per soddisfarlo siamo capaci delle peggiori nefandezze.

Dobbiamo ancora cominciare a fare i conti con il nostro corpo. Diamo troppe  cose per sconta­te. Tutto questo non può essere suf­ficiente a darsi una ragione di tanta violenza, che sem­bra essere l’unica cosa che il mondo ricco e quello pove­ro, l’est e l’ovest hanno in comune. Ma quella violenza cieca nasce sicuramente da un difetto di pensiero, da una incapacità di con­fronto con il mondo. È la conse­guenza di un rap­porto superficiale con noi stessi. C’è di che rimboc­carsi le maniche. Dobbiamo ricostruire una nostra, e solo nostra, autenticità.

Dobbiamo maturare una specificità maschile, che magari ci renderà anche più forti, e perché no, più bel!!. I muscoli usiamoli per costruire ponti, case, e per sollevare in braccio le nostre compagne. La forza usiamola per diventare migliori

I redattori di Fuori Binario

 

(Fuori Binario è un “giornale di strada” dei senza dimora di Firenze, Autogestito e autofinanziato)

 

 

Una riflessione sui DICO (ovvero i Pacs all’italiana) e la religione

 

di Andrea Panerini*

 

“Un popolo morale trova sempre un governo degno di sé”

G. Mazzini

 

Inizio questo breve intervento segnalando innanzitutto la gretta provincialità dei nostri politici, che li porta a ribattezzare ogni cosa, compresi i Pacs, un acronimo che poteva rendere benissimo anche in italiano (Patti civili di solidarietà, definizione che delimitava in maniera molto più appropriata la regolamentazione delle coppie di fatto). No, i  nostri politici hanno la presunzione di insegnare agli altri e in tutto il mondo ci ridono alle spalle (pensiamo a Rutelli che vorrebbe i socialisti europei in un Partito democratico continentale per esportare e giustificare quello nostrano che deve ancora nascere - se mai nascerà e in quali condizioni). E allo stesso modo la nostra classe dirigente fa una pessima figura con questa bozza abbastanza informe che dovrebbe dare diritti civili. Apprezzo moltissimo lo sforzo - veramente encomiabile - delle ministre Pollastrini e Bindi, che hanno mediato tra le mille anime della coalizione di centrosinistra e sono state assediate da una campagna mediatica violentissima orchestrata dal Vaticano che denunciava “lo svilimento della famiglia”. La povera Rosy Bindi quasi scomunicata e attaccata dai giornali clericali mi ha fatto una enorme tenerezza. Non ripeterò qui il mio concetto di laicità, che ho già molte volte espresso sulla stampa e nella rivista che mi onoro di dirigere, ma al “non possumus” del clero cattolico romano, noi dobbiamo rispondere con il “possumus” della libertà dei figli del Padre che credono in Gesù il Cristo, colui che ha detto che “Ebbene, vi assicuro che le prostitute e i pubblicani vi passano avanti ed entrano nel regno di Dio” (Mt 21, 31). E tutti, credenti e non credenti, possiamo in questo caso ripararci dietro la croce di Gesù nel ribadire la separazione tra Stato e religione. “Date a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio” (Mc 12, 17). D’altronde le coppie di fatto non sono per nulla “l’eclisse di Dio” come annunciato in maniera apocalittica dal Papa, ma sono una realtà sociale ben presente nel nostro paese e regolamentarle seriamente significa mettere al riparo molti cittadini da gratuite discriminazioni e valorizzarli come elemento di stabilità sociale. Semmai “l’eclisse di Dio” è lo scandalo di uomini che pretendono di dire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato a tutti, non tenendo conto dell’amore verso i propri fratelli proclamato dal Risorto. Un cristianesimo davvero singolare, quello della Curia vaticana.

Non voglio entrare nel merito specifico del disegno di legge, ma noto l’ennesima ipocrisia nel punto della dichiarazione che è presentata “congiuntamente” ma non in maniera congiunta dai contraenti e in dichiarazioni separate che si possono notificare, con una espressione che è una mostruosità giuridica, per raccomandata con ricevuta di ritorno. Si accusava le coppie di fatto di fuggire dai doveri e quindi di non potergli dare dei diritti, il che è giusto, oserei dire mazzinianamente giusto. Ma qui si impedisce a queste coppie, che siano etero o omosessuali, di prenderseli questi doveri, umiliando il loro rapporto d’amore per mezzo di una raccomandata, invece di potersi assumere, in coppia, diritti e doveri davanti allo Stato (e io aggiungo anche davanti a Dio, almeno nel loro cuore, se sono credenti). Aggiungo pure che i restanti diritti previsti dal disegno di legge (previdenziali, per gli affitti, per l’assistenza sanitaria) implicano lunghi periodi di convivenza che non esistono in nessun altro paese occidentale e sono formulati in maniera vaga ed equivoca. Facile quindi dire, che si tratta di un brutto compromesso al ribasso all’italiana. Nonostante questo, penso non siano possibili, vista l’attuale situazione politica e parlamentare, grossi cambiamenti alle Camere. Pur brutto e pasticciato, preoccupiamoci di farlo passare questo provvedimento, perché in caso contrario si profila una grossa sconfitta per tutto il movimento laico del nostro paese e per tutti i cristiani che non si riconoscono nel Vaticano (e sono tanti, molti di più di quello che le statistiche dicono). Una volta approvata questa brutta legge, se cambierà il clima politico e le formazioni laiche avranno numeri maggiori alle prossime elezioni, potremo pensare di migliorarla, ma serve un chiaro cambiamento culturale e civile non

solo di tutti i cittadini ma anche e soprattutto della nostra avvizzita classe dirigente.

 

*Direttore de “Il libro volante” - www.librovolante.eu

 

COPPIE DELLA DISCORDIA

di Giuseppe Verrillo

 

 

Accade che Andrea ama Marta, i due sono giovani capaci di esprimere una propria fede, per questo si domandano, non credendo al “matrimonio sacramentale”, se il loro amore, dono di Dio alle Sue creature, possa già di per sé significare un impegno che, in una corretta prospettiva biblica, li vincoli alla promessa di fedeltà e rispetto reciproco. Per questo convincimento i due decidono di lasciare il  “tetto” dei rispettivi genitori iniziando una difficile convivenza, difficile perché le loro condizioni economiche non sono tra le migliori .... Il tempo passa e queste condizioni non migliorano affatto, anzi spesso si è costretti a chiedere aiuto ai rispettivi genitori che già affrontano da un po’ di tempo, dato il costo della vita, il “dignitoso problema di fine mese ...“. D’improvviso una piccola speranza, un piccolo contributo, lo Stato decide di voler riconoscere queste “unioni di fatto” ed estendere anche a loro i benefici in materia di assistenza previsti nel caso dei nuclei familiari già costituiti; ma sorge un problema: una intera realtà ecclesiale, che va per la maggiore nella Nazione, unitamente ad una certa area borghese/conservatrice, si oppone ad ogni tipo di riconoscimento in quanto tali coppie non possono essere riconosciute perché la loro unione non è stata sug­gellata dalla “tradizionale” prassi che prevede, prima di tutto, un matrimonio “sacramentalmente” riconosciuto dalla Chiesa e dai fedeli. Andrea e Marta non nascondono la propria perplessità in merito considerato che questa Chiesa, e coloro che ne condividono la strategia ostile alle coppie di fatto, dovrebbe spiegare come mai circa la metà dei matrimoni da essa riconosciuti finisce con un divorzio, come mai, negli ultimi anni, il più alto numero di omicidi e suicidi avvengono nell’ambito di queste famiglie, come mai il divario tra figli e genitori ha raggiunto un livello tale per cui quest’ultimi non riescono più a riconoscerli come frutto del loro amore e della loro educazione, non sembrano essere più loro figli, bensì figli, prima di tutto, di un diffuso bullismo che li porta ad aggredire un invalido oppure a violentare e ricattare una coetanea con una superficialità agghiacciante.

E’ ovvio che la soluzione dei gravi problemi che attraversano le famiglie del nostro paese non sta nel demonizzare le coppie di fatto bensì nel prendersi “cura”delle coppie già fatte .... Ma Andrea e Marta non vogliono perdere la speranza, addirittura gli viene incontro la riflessione di un grande filosofo dell’età moderna: Leibniz. Quest’ultimo interrogato più volte sul rapporto fede-ragione usava riflettere: la fede ... non contraddice mai la razionalità umana, ma solo la oltrepassa. Insomma, nel nostro caso, non bisogna perdere la speranza che qualcuno rinsavisca, altrimenti potrebbe correre il rischio che la propria razionalità, alla luce dei termini della fede che sempre la oltrepassa, si possa tramutare in vera “irrazionalità”!

Può anche accadere che il nostro Andrea invece di innamorarsi di Marta si innamori di Silvio ... ma questa è un’altra storia che richiede tutta la nostra saggezza e massima attenzione, affinché la nostra razionalità sia realmente sostenuta dalla fede.

(da: L’Eco delle Comunità, organo della Chiesa Apostolica Italiana)

 

 

 

 

 

CASA CARES                                                                   

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I campi cadetti a Casa Cares

Da più di vent’anni fa hanno iniziato i campi estivi  a Casa Cares per i ragazzi delle chiese evangeliche fiorentine e toscane. Con il passare degli anni i “nostri”ragazzi hanno coinvolto sempre più loro amici di provenienza anche non evangelica. Così il “bacino d’utenza” si è espanso, arrivando fino a Napoli e a Como.

I campi vengono organizzati da un gruppo di staffisti i quali, anni addietro, partecipavano in veste di campisti. Un altro compito della staff é di insegnare ad altri ex-campisti come si fa ad organizzare e a gestire un campo, in modo da poter fornire un costante ricambio. Scriviamo tutto questo perché vogliamo invitare i ragazzi evangelici fiorentini  ad organizzarsi fin d’oggi con le date.

Il campo da 8 a 12 anni: 30.06 – 7.07.07

Il campo da 13 a 17 anni: 7.07 – 15.07.07

Trascorrere una settimana in allegria in piena campagna con nuovi e vecchi amici è una bella esperienza!

I volantini su i temi dei campi saranno pronti a marzo e saranno spediti a tutte le chiese BMV toscane.

 

 

 

 

Lettera al Presidente della

Repubblica

di Marco Ricca*

 

           Signor Presidente,

           mi consenta di esprimere amarezza e delusione per le Sue affermazioni a Madrid sui PACS  e sull’invito a tener conto delle “Preoccupazioni del Pontefice”.Diversamente, avrei gradito una Sua presa di posizione chiara e ferma , oltre che sui diritti civili, sulla  Laicità dello Stato e sulla difesa dell’autonomia delle Istituzioni rispetto a qualsivoglia ingerenza.  Sorprende anche  che  le Sue dichiarazioni siano state pronunciate nel corso del colloquio con Zapatero il quale,notoriamente,ha saputo dare sostanza e forma ai rapporti Stato-Chiesa in Spagna a vantaggio dello Stato ma anche della Chiesa : richiamata,quest’ultima, alla sua missione   di testimonianza e non di ingerenza e occupazione del potere.

Come gli antichi romani esprimevano davanti al mondo la loro orgogliosa identità nel motto “ civis romanus sum “ così vorrei sentire che il “civis italicus” é parte di una “civitas civium et juris” e non di una “civitas ancilla ecclesiae” : una “civitas civilis”maturata in oltre trenta secoli di storia,di lotte,di conquiste,di pensiero,di ricerca ; che possiede valori,principi etici,ideali ; rispettosa di tutti ma rispettata da tutti,Pontefice e CEI compresi. Signor Presidente,il mio é il “sentiment” di un singolo cittadino deluso:tuttavia si tratta  di una posizione non isolata la quale ,al contrario e sempre più manifestamente , risulta  diffusa e condivisa.

Voglia gradire i miei più rispettosi saluti

 

*medico valdese e consigliere comunale

 

 

 

IL GOVERNO HA SIGLATO OTTO

INTESE CON FEDI RELIGIOSE DANDO IL VIA ALL'ITER  PARLAMENTARE


Tra queste la modifica dell'Intesa con la chiesa valdese e con l'Unione avventista

Apprendiamo dal NEV, agenzia di stampa della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia che il  21 febbraio 2007 dopo otto anni di stallo parlamentare riprende l'iter per le Intese. A Palazzo Chigi sono state siglate dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Enrico Letta otto testi di legge, di cui due modifiche a Intese già esistenti (Tavola valdese e Unione italiana delle chiese cristiane avventiste del settimo giorno), due testi già approvati dal governo D'Alema nel 2000 e ora riproposti (Testimoni di Geova e Unione buddhista italiana), e quattro Intese "nuove" (Chiesa apostolica d'Italia, Sacra Metropolia greco-ortodossa d'Italia, mormoni, e l 'Unione induista italiana). "Il Governo ha inteso così riprendere nel concreto il dialogo con le diverse rappresentanze del mondo religioso, al fine di dare sempre più ampia attuazione all'articolo 8 della Costituzione" si legge nel comunicato di Palazzo Chigi. I testi dei relativi disegni di legge di approvazione, ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione, dovranno essere sottoposti al Consiglio dei Ministri per la successiva trasmissione al Parlamento, al fine di avviare l'iter legislativo. "E' il primo scalino di un iter che ci auguriamo sia il più veloce  possibile", ha dichiarato la moderatora della Tavola valdese, la pastora Maria Bonafede, al termine dell'incontro.

 

 

 

 

Il naso tra i libri

a cura di Sara Pasqui Rivedi

 

Jacques Ellul

Islam e Cristianesimo – Una parentela impossibile

Ed. Lindau 2006. pp.123, 12€

 

 

Profilo biografico

 

Jacques Ellul, giurista, storico, sociologo e teologo protestante di fama internazionale, nasce nel 1912 a Bordeaux nella cui Università insegnerà Storia e Sociologia delle Istituzioni per quasi tutta la sua carriera di docente. Le sue origini cosmopolite (il padre nato a Trieste era cittadino austriaco e al tempo stesso suddito britannico, la madre era figlia di una francese e di un portoghese) lo renderanno estraneo ed ostile ad ogni genere di sentimento nazionalista. L’educazione ricevuta in famiglia, fondata sull’esaltazione delle virtù più alte e nobili, lo spingerà verso la non violenza di cui diverrà uno strenuo sostenitore, un vero apostolo. Nel 1930, quando ancora la sua fede non era ben definita, Dio gli si manifesta in un modo che per pudore lo studioso si rifiuterà sempre di rivelare per cui la sua esperienza di fede, la sua conversione resterà un fatto privato e personale, ma lo trasformerà in un credente così convinto da non esitare mai a testimoniare il suo rapporto con Gesù Cristo Signore e Salvatore ed ad impegnarsi come cristiano nella vita pubblica, sociale e politica. Partecipa attivamente alla Resistenza e dopo la Liberazione vive una breve esperienza politica come consigliere municipale e come candidato nella lista dell’Unione Democratica e Socialista della Resistenza (1945) poiché fermamente convinto che la presenza del credente nel mondo moderno sia determinante. In questa sua scelta si colloca in netta contrapposizione con gli integralisti ed i teologi della liberazione che invece ne rifuggono. Ricopre varie cariche a livello nazionale nella Chiesa Riformata di Francia fino al 1970. Dal 1958 al 1977 si occupa di prevenzione della delinquenza minorile. Prende parte attiva nella battaglia ecologista per la difesa dell’ambiente in particolare della costa aquitana.

Come studioso lascia un patrimonio di documenti, circa un migliaio di articoli ed una cinquantina di testi tradotti in oltre dodici lingue che lo rendono famoso ed apprezzato ovunque, ma particolarmente presso le università americane. Nei suo scritti si avverte sovente una eco profetica ed il teologo mai si dissocia dal sociologo. Muore nel 1994 dopo lunga malattia.

A Jacques Ellul nel 2002 viene conferito il titolo di Giusto fra le nazioni per aver aiutato alcune famiglie di ebrei durante l’occupazione nazista in Francia.

 

Islam e Cristianesimo

 

Questo testo sottotitolato Una parentela impossibile comprende il saggio I tre pilastri del conformismo ritrovato e pubblicato dieci anni dopo la scomparsa di Jacques Ellul e la prefazione scritta dallo studioso nel 1983 per il libro di Bat Ye’or (1) The Dhimmi: Jews and Christians under Islam. Il libro è completato ed arricchito da una interessante ed esaustiva prefazione dell’accademico di Francia Alain Besançon, studioso di storia del totalitarismo e di cultura religiosa. Questi due studiosi così lontani, così diversi per credo religioso, Ellul protestante appartenente alla scuola del teologo Karl Barth, Besançon cattolico e liberale con tendenze conservatrici si trovano in perfetta sintonia sull’argomento preso in esame nel libro poiché per ambedue, sul piano teologico, la distanza far Islam e Cristianesimo risulta incolmabile.

Il testo in questione vuol mettere in guardia dalla tendenza non costruttiva, anzi pericolosa, di considerare le due religioni simili tra loro. Già quando Ellul scrisse questo trattato in Europa andava affermandosi presso l’opinione pubblica, ad opera di una nutrita schiera di intellettuali, il concetto di parità, di uguaglianza tra Islam e Cristianesimo ingenerando enorme confusione. I punti di contatto che renderebbero conformi le due religioni sarebbero tre: Siamo tutti figli di Abramo, Il monoteismo, le religioni del Libro i quali sono anche i titoli dei tre capitoli che compongono il testo. Ellul si propone di analizzare questi tre concetti per fare chiarezza di fronte a tanta confusione di idee dovuta alla scarsa e superficiale conoscenza di ambedue le religioni prese in esame.

La comune discendenza abramitica è priva di fondamento per il teologo francese il quale, rifacendosi al racconto biblico,  ne spiega le motivazioni. Ismaele, da cui secondo la tradizione discendono gli arabi, figlio di Abramo e di Agar, schiava di Sara, avrà una numerosa discendenza come il Signore ha promesso a sua madre, ma “…la sua mano sarà contro tutti, e la mano di tutti contro di lui; e abiterà di fronte a tutti i suoi fratelli” (Genesi 16,12). Dunque siamo di fronte ad una promessa “che si realizza concretamente nel mondo e nella storia. Isacco è il figlio di Abramo e di sua moglie Sara, è il figlio della promessa, nato prodigiosamente e su di lui riposa la benedizione del Signore poiché “in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terra”  (Genesi 22,18). Quindi Ismaele riceve una benedizione temporale che gli assicurerà il potere nel mondo, Isacco ne riceve una eterna che riguarda la salvezza dell’umanità perciò anche se fra i due c’è consanguineità Isacco solo è la vera progenie di Abramo, non per la carne, ma per la promessa (Romani 9,7).

Per ciò che riguarda il monoteismo Ellul spiega che l’Islam non riconosce come monoteista la religione cristiana perchè crede nella Trinità (Padre, Figlio e Spirito Santo). Il concetto di un Dio trinitario è incomprensibile e inaccettabile per i musulmani. Inoltre il Dio della Bibbia, il Dio del Cristianesimo è un Dio vivente, è Amore, Egli crea una relazione personale con l’uomo il quale si rivolge a lui chiamandolo Padre. Al contrario il Dio dell’Islam, Allah, è assolutamente trascendente per cui è esclusa una relazione personale con l’uomo, è un Dio inaccessibile, un Dio giudice, anche se chiamato il “Misericordioso”. Nell’Islam non c’è redenzione e Gesù, secondo il Corano, è un profeta, un inviato e non è morto sulla croce poiché un altro avrebbe preso il suo posto. Di lui si riconosce solo la capacità di fare miracoli. Quindi ciò che separa definitivamente le due religioni è la persona di Gesù che è il fondamento del Cristianesimo.

Infine si arriva al terzo nodo da sciogliere: le religioni del Libro. Secondo l’Islam il Corano è stato dettato da Dio, scritto da un unico uomo, Maometto, e può essere letto correttamente solo in arabo. La Bibba invece è un testo ispirato da Dio e composto da più libri i cui autori si sono assunti la responsabilità di ciò che scrivevano, quindi il Dio biblico vede l’uomo come suo interlocutore e collaboratore. Nel Corano non si parla di amore, ma di sottomissione completa, obbligo e costrizione, mentre la Bibbia ci parla di una promessa di salvezza, di una speranza di libertà.

Di conseguenza resta assai difficile, secondo Ellul, parlare di Islam e di Cristianesimo come delle due religioni del Libro, l’avvicinamento è forzato, imposto dalla convenienza.

L’assunto di Jacques Ellul è condiviso pienamente da  Alain Besançon, allora in che modo è possibile dialogare con l’Islam ? Lucetta Scaraffia in un suo recente articolo pubblicato dal Corriere della Sera propone di aprire un dialogo fra le culture che derivano dalle due religioni, Cristianesimo ed Islam.

 

 

(1)Pseudonimo della studiosa Gizelle Littman la quale ha dedicato gran parte della sua vita professionale allo studio dei dhimmi cioè i non musulmani che vivono in condizioni di inferiorità nei paesi islamici.

 

 

Nota della redazione: Non solo Lucetta Scaraffia, ma innanzitutto la rivista “Confronti” e poi nel suo piccolo la nostra stessa Diaspora negli ultimi anni ha avviato un “Dialogo” fra cristiani e islamici. Con tutto il rispetto per J. Ellul e il suo impegno politico e cristiano, il dialogo è andato più avanti negli ultimi anni e pur riconoscendo le differenze fra le rispettive impostazioni, non si può fare a meno di pensare che alcune nostre convinzioni vengono dal bisogno di sentirci “privilegiati” e “benedetti” nel nostro rapporto con Dio. L’hanno fatto prima di noi gli ebrei e noi cristiani continuiamo ancora più insopportabilmente sia verso gli uni che verso gli altri e verso tutti. La nostra identità è benedetta quando siamo piccoli e poveri, non quando ci ergiamo a padroni del mondo!

 

 

 

 

 

Un libro anticlericale dalla costola di “Avvenire”:

 

“ Chiesa Padrona” di Roberto Beretta

 

 Quando il libro di un giornalista di Avvenire è introvabile sugli scaffali degli stand del Convegno della Chiesa italiana di Verona, può venire l’idea che sotto ci sia qualcosa di strano. Quando poi, aprendo il libro, troviamo sì l’immancabile citazione di papa Ratzinger, ma nell’inedita veste del cardinale che ricorda che “oggi la Chiesa è divenuta per molti l’ostacolo principale alla fede”, allora la curiosità diventa sorpresa.

Il libro è “Chiesa padrona” (sottotitolo: “Strapotere, monopolio e ingerenza nel cattolicesimo italiano”, Piemme 2006, pp. 188, € 12,90) e l’autore è Roberto Beretta, che scrive sulle pagine culturali del quotidiano della Cei e non è nuovo a sortite irriverenti all’interno dell’allineato mondo dell’informazione cattolica. Ma questa volta - rispetto ai suoi libri precedenti in cui irrideva il linguaggio pretesco (“Da che pulpito... Come difendersi dalle prediche”) o l’ignoranza biblica dei cattolici (“Gli undici comandamenti. Equivoci, bugie e luoghi comuni sulla Bibbia e dintorni”) - Beretta, pur con uno stile leggero e ironico, attacca con durezza quello che chiama “il più grande nemico della Chiesa italiana”: il clericalismo. Una durezza sorprendente, tenendo conto del “pulpito” da cui parla, tanto da indurlo a premettere che, se il suo nome sparirà dal quotidiano dei vescovi, “il lettore potrà concludere che non avevo poi tutti i torti a prendermela con certi meccanismi”. In seguito alla pubblicazione, il nome di Beretta non è sparito ma ciò non fa che aumentare la singolarità del libro.

Non sono la “dittatura del relativismo” o le “persecuzioni” inflitte dal laicismo ‘zapateriano’ a mettere in pericolo la Chiesa oggi, ma la sua stessa forza e il suo trionfale successo: “Il crollo delle ideologie -. argomenta Beretta - ha privato il mondo e l’Italia di uno degli interlocutori più forti e popolari, il ‘socialismo’, naturale antagonista del cattolicesimo, lasciando campo aperto alla Chiesa, rimasta ormai unico baluardo di valori che vadano un po’ oltre le mere aspirazioni consumiste, libertarie, borghesi, insomma individualiste. La Chiesa è dunque tornata protagonista riverita e rispettata, anzi persino lusingata e blandita, ascoltata e temuta. E, come una vecchia signora inaspettatamente corteggiata, forse si è un poco montata la testa”: “Per quanto paradossale possa apparire - aggiunge -, la Chiesa oggi in Italia è ‘padrona’, e lo sa. Lo è però solo in quanto utile all’uno o

all’altro degli schieramenti, e sa anche questo. Pertanto sembra aver deciso di sfruttare tale temporanea posizione di privilegio facendo finta di crederci e cercando di ricavarne i maggiori vantaggi, per sé e per i valori che promuove. Così, dopo decenni di contestazioni, sbandamenti, depressione, autolesionismo e crisi, le sue file gerarchiche vengono sempre più abitate da un risorgente clericalismo di ritorno; molti ecclesiastici paiono volersi illudere che siano tornati i ‘bei tempi’ in cui il parroco era il centro del paese e il vescovo    un’indiscussa autorità civile”.

Per descrivere cosa sia la mentalità clericale, Beretta prende in prestito una fulminante citazione del poeta Giacomo Noventa: “Il clericale non pensa che l’istituzione sia necessaria. Il clericale pensa che l’istituzione sia sufficiente”.

Beretta è tutt’altro che tenero nel descrivere le conseguenze di questo “clericalismo di ritorno” all’interno della Chiesa. Ed è un’analisi serrata, che non si perita di chiamare in causa - anche se l’attacco è rivolto al fenomeno e non alla persona - il principale artefice di questa gestione negli ultimi decenni, il card. Camillo Ruini: “Il ‘serrate le file’ davanti alla constatazione di essere ormai minoranza, la riorganizzazione e il potenziamento delle strutture ecclesiali realizzati nel ventennio Ruini, il realismo da realpolitik nell’occupare spazi e ottenere risultati grazie a un’opera di abili mediazioni hanno concorso nel creare all’interno della Chiesa italiana un centralismo a tratti soffocante e oppressivo per il credente qualunque. Stretto tra la necessità di esprimere una posizione unitaria (anche nelle scelte sociali e civili) coi fratelli di fede e l’assenza di un vero pluralistico dibattito su tali scelte all’interno della comunità, egli si sente spesso esecutore di decisioni altrui, vittima di un ‘pensiero unico’ del quale gli sfugge la necessità, deluso per la mancanza di fiducia, conculcato nella sua libertà”.

Il giornalista di Avvenire arriva persino a criticare - rispettosamente, ma senza smussare più di tanto - il trionfo della “gioiosa macchina da guerra” di Ruini, il referendum sulla legge 40: “Ma lo stile ‘dirigista’ purtroppo si nota in tutta la gestione della Chiesa. L’ultimo referendum sulla bioetica, quello del 2005 in cui i vescovi si schierarono per l’astensione, è un altro esempio del metodo clericale e dei suoi evidenti difetti. E non per l”ingerenza’ politica di cui è stata accusata la Chiesa dagli esponenti dell’altro fronte, no; piuttosto per una ragione assai più ‘interna’ alla comunità cristiana e indipendente dal merito dell’alternativa oggetto di voto (sul quale qui non si discute nemmeno). Qual’ è stato, infatti, il ruolo dei laici cattolici - ma anche della maggioranza del clero - in quell’occasione? Quello di esecutori obbedienti di una tattica stabilita altrove. Un comitato denominato Scienza e vita è stato fatto nascere dall’alto senza coinvolgere la base - come fu invece, per esempio, all’epoca dei referendum sull’aborto o il divorzio -, dal centro direttivo stesso della Cei, anzi usando strutture e mezzi e uomini già alle dipendenze di enti satelliti della Conferenza episcopale, e di lì si è diffuso verso il basso con le sue parole d’ordine, strettamente controllate dall’alto”.

Beretta passa in rassegna tutte le conseguenze della mentalità clericale che è tornata a infettare la Chiesa: dalla totale mancanza di un dibattito franco e libero all’interno della Chiesa alla mania di efficientismo e iperattivismo che accomuna Conferenze episcopali e semplici parroci; dall’invadenza di pronunciamenti da  parte della gerarchia su ogni aspetto dello scibile umano alle molte parole vane spese per esaltare il ruolo dei laici (che non devono mai tralignare, però, dal loro ruolo di cinghia di trasmissione dei chierici); dal conformismo dei preti alla formazione, gerarchica e ‘escludente’ rispetto al mondo, impartita nei seminari, fino, naturalmente, al capitolo dolente dell’8 per mille.

Certo, nel libro di Beretta non mancano le ambiguità e gli ammiccamenti: ad esempio, in un passo in cui riconosce persino nelle parole del suo direttore Dino Boffo il timido tentativo di aprire un dialogo all’interno della Chiesa che si sostituisca al ‘monologo’ della Cei. Ma d’altra parte, come tiene a precisare lo stesso autore, non si tratta certo di un libro scritto “contro il clero, ma assolutamente contro il clericalismo”: “Non è anticattolico, anzi della fede vuole rispettare tutti i dogmi. Solo quelli però”.  (a. s.).

(da: Adista del 9 dic. 2006)

 

 

 

 

La Chirodinamica Mediterranea è antica arte curativa coltivata nelle regioni della Magna Grecia, recuperata e re-interpretata nell’ambito di circoli cavalleresco-ospedalieri fondati in epoca medievale. Trattasi di un insieme di tecniche quali digitopressione, riflessologia, vibrazioni e percussioni tipiche della tradizione mediterranea, sottese da una filosofia complessa e razionale, miranti alla ricerca del benessere psicofisico. Tali manovre -prevalentemente manuali- hanno effetto decontratturante o stimolante e possono essere volte anche al riallineamento dei corpi vertebrali.

 

La chirodinamica mediterranea è arte medica naturale che deriva dalle più antiche scuole degli aggiusta-ossa della tradizione mediterranea. Non è pensata come medicina alternativa proprio perché affonda le proprie radici nella forma primigenia della medicina occidentale, dalla quale non può quindi divergere in maniera antitetica. Piuttosto si propone come valido strumento che si affianca alla medicina classica e con essa può interagire positivamente. Può giovare nei casi di dolori reumatici, cefalee, contratture neuromuscolari, nevralgie, sublussazioni vertebrali, discopatie, stati di affaticamento psicofisico, insonnia, esaurimento nervoso.

 

L’esecutore chirodinamico collabora attivamente col medico curante del paziente in trattamento e con i medici specialisti richiesti dalla patologia trattata. Attualmente il principale impiego delle tecniche della chirodinamica mediterranea avviene nel contesto dei massaggi dolci per contribuire al benessere psicofisico. Un altro utilizzo è nella forma di pressioni ritmiche per rimuovere contratture neuromuscolari.

 

Chi desidera seguire corsi, lezioni o conferenze di chirodinamica mediterranea può rivolgersi a

- dott. Francarlo Chiolerio tel/fax 0584 92315 Via dei Borghi, 58/A 55040 Stiava (LU) ; cell. 334 6205083

- past. Antonio Longo tel. 055 242961 Via Manzoni, 21 Firenze

 

 

 

 

 

Notizie dalle chiese evangeliche fiorentine

 

Dalla Chiesa Metodista

 

Siamo veramente lieti di partecipare con voi, dopo tanta preghiera e lavoro, il pensiero che sembra che c’è speranza per la nostra comunità. Durante l’anno 2006 abbiamo lavorato con il corso Alfa come un mezzo per il discepolato. Il 18 gennaio abbiamo celebrato la fine dell’ultimo corso ed anche abbiamo fatto un appello ai presenti a quella serata. Nove persone hanno deciso di continuare il corso; ne lodiamo il Signore. Gloria al Suo nome! Il 14 febbraio abbiamo avuto il “Florence Gospel Choir” ed anche abbiamo approfittato la sera per continuare il corso per le coppie con 16 persone a cena. Preghiamo e lavoriamo perché il Regno di Dio sia stabilito nella vita della nostra città.

Augusto Giron

 

 

Dalla Chiesa Battista di Firenze

 

Il culto domenicale prosegue con il nuovo orario: inizio alle ore 11:00. E' preceduto dalle ore 9:15 dallo studio biblico sul Vangelo di Matteo.

Domenica 11 febbraio l'agape fraterna ha visto la partecipazione di 110 commensali. Grande lavoro per Carlo Mazzola e la sua equipe di cucina, ma anche tanta soddisfazione!

Dalla sera di Sabato 17 febbraio a Domenica 18 mattina i giovanissimi della comunità hanno dato vita al KIUSINKIES (2° Edizione): notte di cinema, giochi e idee, accampati nei locali di Borgognissanti. La famiglia Volpe e Beatrice hanno curato l'iniziativa: a loro, grazie di cuore!

Domenica 25 febbraio una delegazione parteciperà all'Assemblea del'Associazione delle Chiese Battiste della Toscana che si terrà a Pistoia, mentre Sandra Spuri e Lea Goicochea parteciperanno al 1° seminario per animatori musicali organizzato dal Dipartimento di Evangelizzazione dell'UCEBI. Il culto sarà tenuto dal fratello Eddy Goldis.

Durante tutto il mese è proseguito il Mercoledì sera alle ore 19:45 lo studio su ISAIA 40-55 (il cosiddetto Deuteroisaia) tenuto dalla sorella Patrizia Sciumbata, così come i 3 gruppi di preghiera nelle case aperte Brandoli-Tonarelli, Baconi-Magherini, Gloriana Innocenti.

Si è conclusa la raccolta Offerta D'Amore a sostegno delle Missioni della Federazione Battista Europea.

Domenica 18 febbraio il Duo Demidoff (Michai Chendimenu, Violino e Dalida Jacono, Pianoforte) ha offerto un concerto con musiche di Corelli, Beethoven, Prokovieff.

 

 

Dalla Chiesa Valdese

 

Continua lo studio biblico il sabato pomeriggio su Gesù visto dalle varie religioni, anche non cristiane, poi si passerà a Gesù visto dalla letteratura contemporanea. In Via Micheli è fuori servizio la canna fumaria che ha avuto dei crolli interni ed è stata dichiarata inagibile; di conseguenza non si può più accendere la caldaia! Dopo alcune domeniche passate al freddo abbiamo deciso di rifugiarci in Via Manzoni anche la domenica mattina fino ad Aprile. Anche la comunità coreana metodista ci ha seguito, invece etiopici e brasiliani sono rimasti a presidiare la grande chiesa.

Hanno avuto periodi di malattia e ricoveri ospedalieri: Rosetta Naso, Franca Malapelle, e la piccola Miriam Rinaldi che ha subito un difficile intervento chirurgico. Tutti stanno molto meglio!

Anche Margherita Caporali attende un ricovero ospedaliero e Francesco Amato ha appena subito un intervento chirurgico: auguriamo loro l’aiuto del Signore.

E’ venuta a mancare la sorella Giannina La Monica che ha sofferto a lungo per una malattia degenerativa che l’ha costretta sulla carrozzina; poi è morta per una broncopolmonite di stagione; al suo funerale è stata numerosa e commossa la partecipazione dei dipendenti del Gignoro e dei suoi familiari che sono sparsi in molte parti del mondo. La ricordiamo come persona piena di spirito e di risorse, che si è presa cura degli altri anche al di là delle sue stesse forze.

La Festa del XVII Febbraio, che un tempo vedeva la partecipazione anche delle chiese sorelle, quest’anno ci ha raccolti a Casa Cares, una buona delegazione valdese e altri amici del Cares di provenienza diversa; una buona cena e i canti intorno al falò sono bei ricordi che porteremo con noi nelle prossime settimane. Il 18 dopo il culto e la consueta agape ci siamo convocati in assemblea per rispondere alla richiesta della comunità musulmana, fatta in sede di consulta regionale, di un sostegno morale alla costruzione della moschea di Colle Val d’Elsa. Ecco l’ordine del giorno che è stata votato in quella circostanza:

“L’Assemblea della Chiesa Valdese di Firenze del 18 febbraio 2007, nell’occasione della Festa del XVII febbraio, che ricorda l’ottenimento dei diritti civili e della libertà religiosa per i Valdesi, dopo molti secoli di persecuzione,

a fronte degli episodi di intolleranza verso la comunità islamica di Colle Val d’Elsa per la costruzione della Moschea,

esprime la necessità di rivendicare per loro, come per ogni appartenente ad altre fedi, quella piena libertà religiosa costituzionalmente garantita, che è stata una conquista storica per la Chiesa Valdese;

ricorda a tutti i cristiani l’impegno al dialogo interreligioso e a scoprire nella multiculturalità una fonte di arricchimento reciproco.”

Il Concistoro si riunirà la prossima volta il 21 marzo alle 18 in Via Manzoni; si stanno prendendo in esame diversi progetti per rifare l’impianto di riscaldamento in chiesa.

Con tutta probabilità (tempo permettendo) torneremo in chiesa in Via Micheli domenica 1° aprile con un coro gospel, una agape e una assemblea di chiesa nel pomeriggio.

 

Calendario delle attività di marzo

 

Venerdì 2 marzo           Giornata Mondiale di Preghiera presso la

Chiesa Luterana, Lungarno Torrigiani 11 alle ore 18.

 

Mercoledì 7 marzo       in v. Manzoni alle 9.30: Consiglio dei pastori e dei responsabili delle opere.

 

Mercoledì 7 marzo alle 21 in Via Spaventa 3 incontro interreligioso “L’altro” con Mario Fineschi, Ilaria Gaspari, Mohamed Bamoshmoosh.

 

Sabato 10 marzo inizio del Convegno della Diaconia a Palazzo Vecchio, Salone dei Duecento a partire dalle 9.30 con il min. Paolo Ferrero, e responsabili del settore assistenza: Angelo Migliarini, Gabriele De Cecco, don Andrea Bigalli, Andrea Mannucci, coordina Roberto Bottazzi.

Nel pomeriggio al Gould: La Chiesa e la Diaconia con la Moderatora Maria Bonafede e il  prof. Nedo Baracani. Lavoro in gruppi.

 

Domenica 11 marzo al Gould : Conclusione del convegno.

 

Sabato 17 e domenica 18 a Casa Cares a partire dalle 16 di sabato: Seminario sull’Evangelizzazione, con il pastore Klaus Langeneck.

 

Sabato 31 marzo in Via del Percolino 1 presso la sede avventista: culto delle Palme con le chiese evangeliche fiorentine, predicazione della past. G. Sciclone alle 11.