Diaspora evangelica

Mensile di collegamento

informazione ed edificazione

Anno XLIII – numero 1 – Gennaio 2010

 

 

Ultima preghiera

di Roberta De Monticelli (Pavia, 1952)*

 

 

Ascolta tu, Lontano.

Il resto è stanco.

 

Nel cavo di una volta

due note, una più alta

un varco nitido

arco su arco, un canto

fermo, non umano –

 

due finestre ogivali, una sull’altra

 

 

*Dal volume Le preghiere di Ariele, Garzanti, Milano, 1992, p. 29.

 

 

 

In questo numero:

- Meditazione biblica di Gabriele De Cecco

- Tullio Vinay, Testimone d’Amore di Natalia Paci Vinay

- Dossier “Etica del lavoro” (R.D. Papini, S. Tocci, S. Fossi)

- Libreria Claudiana

- Dalle opere e dalle Chiese evangeliche fiorentine

 

Un altro anno…

 

Il nostro mensile inizia il 43° anno della sua esistenza. Se si trattasse di una persona si potrebbe dire: è giovane. Poiché si tratta di uno strumento di comunicazione l’affermazione sulla giovinezza non è valida. Nel mondo della comunicazione i quarantadue anni vogliono dire “l’età nobile”. Nelle settimane scorse il Concistoro della Chiesa valdese di Firenze (editore di questo foglio) ha esaminato attentamente gli ultimi due anni della “nuova” direzione della nostra circolare. La valutazione ha rilevato i punti deboli e i punti forti della nostra pubblicazione. La redazione terrà conto di queste osservazioni nel corso del prossimo anno. In tutto questo processo di valutazione manca però la voce delle lettrici e dei lettori. Rispetto alla tiratura media (800 copie) le reazioni scritte che riceviamo (2-3 all’anno) sono poca roba.

Intanto salutiamo con affetto Alessandro Sansone che si aggiunge al gruppo redazionale.

Le nostre due rubriche particolarmente amate dai lettori “Il naso tra i libri” ed “Ecumenicamente (s-)corretto” ritorneranno a febbraio.

A tutte le persone che leggono la nostra circolare giunga un affettuoso augurio di un 2010 benedetto dall’Eterno. (p.g.)

 

 

 

 

Amare il prossimo (Romani 13,8-14)

di Gabriele De Cecco

 

Per Paolo, amare il prossimo è adempimento della legge, ma di più è riconoscimento del tempo di grazia nel quale già siamo ed è uno svegliarsi dal sonno perché è vicino il giorno del compimento della salvezza.

Amare il prossimo è dunque una risposta ad un comandamento e ad una chiamata (è conseguenza dell'amore che Dio dimostra creandoci a sua immagine). E' anche testimonianza di una realtà nuova (della quale facciamo parte perché giustificati a motivo di Cristo e grazie al dono della fede in lui), una realtà che già ora contesta il valore assoluto di una realtà che dopo la resurrezione è vinta e relativizzata. Amare il prossimo è inoltre predicazione del giorno in cui il Regno di Dio giungerà a completezza.

Eppure a volte ci chiediamo perché dobbiamo amare il prossimo, senza magari scegliercelo e senza aspettarci nulla. Ce lo chiediamo come singoli nell'incontro con il volto dell'altro che ci si presenta davanti e ci impone di essere amato non costringendoci attraverso un qualche suo potere, ma piegandoci proprio per la sua impotenza (per quell'abbandono e per quel grido che lo accomunano al Cristo crocifisso). Ce lo chiediamo nelle nostre “opere diaconali” da tempo impegnate con lealtà, ma anche con franchezza, accanto alle istituzioni, aspettando che prendano sul serio il loro dovere costituzionale di rimuovere quegli ostacoli economici e sociali che limitano la libertà e l'eguaglianza, il pieno sviluppo della persona umana e la partecipazione dei cittadini. Ce lo chiediamo di fronte alla banalità burocratica con cui, in quel che resta dei servizi sociali, si accetta la sottrazione di risorse e l'inaridimento progettuale, la trasformazione di diritti in elemosina ed il dissolvimento del cittadino in utente.

E' stato detto che il solo fermarsi a chiederci perché dovremmo amare il prossimo, rappresenta la morte dell'etica. Perché non possiamo che amare il prossimo, a meno di smarrire ciò che ci rende uomini, prima ancora che cristiani.

Noi allora non ci fermiamo. Riflettiamo continuando a fare. Ma siamo convinti che riflettere sull'amore per il prossimo sia oggi più che mai urgente per la diaconia protestante. Perché le motivazioni nell'amare il prossimo, e nel rapportarsi con la realtà in cui è inserito, hanno una rilevanza importante nelle differenze di atteggiamento e di obiettivi.

Esiste una specificità protestante quando si parla di amare il prossimo? Senz'altro sì. E questo non perché la nostra diaconia abbia alcuna necessità di darsi un’identità, di darsi da sé una giustificazione (magari razionale), o di credersi migliore rispetto a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, con i quali siamo chiamati a percorrere il nostro cammino in umiltà.

Questa specificità esiste e semplicemente non possiamo e non vogliamo nasconderla. Se crediamo che la ricchezza venga dalle diversità, non abbiamo nessuna ragione per minimizzare la nostra differenza, né pudore nell'esplicitarla accanto alle altre differenze.

Amare il prossimo, non significa per noi santificare l'uomo. Il nostro amore ed il nostro impegno per l'uomo è motivato dal patto che Dio ha voluto stringere con lui. L'uomo ha certamente valore per noi, ma un valore che riceve dal fatto che Dio lo ha amato ed accolto. E' stato creato a immagine di Dio e fa parte di una creazione, che è atto di amore e che porta le tracce di Dio. Ma né l'uomo né il creato sono Dio.

Noi non possiamo condividere le affermazioni di Benedetto XVI che nella sua ultima enciclica fa discendere, dalla sola creazione dell'uomo ad immagine di Dio, l'inviolabile dignità della persona umana e il trascendente valore delle norme morali naturali. Non solo perché scambiare il creato con Dio porta ad un passo dall'idolatria, ma anche perché parlare di uomo in questo senso, dipingendolo in una cornice di leggi e valori che sono naturali e perciò trascendenti ed assoluti, non è affatto fargli un gran favore.

Questa “naturalità” controfirmata da Dio finisce, più o meno involontariamente, per fornire investiture religiose ad uso di chi ha bisogno di assolutizzare sistemi sociali, modi di produzione, etiche sociale di vario tipo. E l'uomo in realtà viene lasciato in balia di una ricerca di giustificazione e di salvezza tra il bene e il male assoluti, fino a sentirsi al centro del mondo, proprio quando la società (altrettanto naturalmente costituitasi in sistema) lo rende semplice elemento interscambiabile, reso precario e astratto o lo emargina come esubero. Il tutto con naturalezza e con la benedizione di un qualche dio.

Noi amiamo il prossimo mantenendo la nostra riserva critica protestante. Anche a protezione del prossimo stesso. Questa riserva critica non ci paralizza, anzi rimanda la nostra azione diaconale all'assunzione di una responsabilità, alla coscienza vocazionale, alla consapevolezza di una provvisorietà, ma anche e soprattutto alla dimensione escatologica che non ci permette di adeguarci alle compatibilità di una realtà che si autoproclami senza alternative.

E non abbiamo ricette naturali e divine, ma siamo di fronte alla promessa di Dio che ha deciso di intervenire a favore dell'uomo. Lavoriamo a soluzioni concrete, provvisorie e limitate, ma crediamo in un Dio che rivela la Sua grazia proprio assumendo su di sé i nostri limiti e gli esiti del nostro seminare. La Riforma protestante ci ha insegnato che nel nostro operare non abbiamo la preoccupazione di acquisire meriti e salvezza, ma possiamo rivolgerci totalmente al prossimo e alla sua situazione.

Non siamo umanisti. Non abbiamo un concetto immediatamente (ingenuamente?) ottimista sull'uomo. Ma la libera scelta di Dio per l'uomo, il suo intervenire attraverso Gesù Cristo e la futura coabitazione tra Dio e uomo, il farsi uomo da parte di Dio, supera qualunque pessimismo e ci pone in relazione con il prossimo come colui che Dio ha voluto innalzare a suo partner. E quanto siamo criticati per questo non essere umanisti! Quante discussioni dobbiamo sostenere, in genere inutilmente, sul tema fede ed opere. E soprattutto mentre si lavora nella diaconia e chi ci interroga sta creando deserti abitati da individui che si incrociano nei supermarket, senza più neanche l'idea che si possano creare relazioni durature, condividere problemi o addirittura porsi il problema di una società più giusta.

Ma proprio questa situazione di individui deprivati di ogni identità che abbia una qualche durata e la deriva della solidarietà, rappresentano l'indecoroso esito dell'umanesimo. Noi non possiamo accettare che si faccia credere all'uomo di essere l'essere supremo. Non possiamo accettarlo per l'uomo stesso, per l'amore che ci lega al nostro prossimo. Al contrario dobbiamo proclamare che il prossimo appartiene a Dio ed in ciò non c'è proprio nulla di umiliante per l'uomo. Solo così il suo e (il nostro) significato e la dignità della persona umana, sono messe in mani più sicure. Solo così l'uomo può essere pienamente uomo ed evitare di contare solo come strumento a disposizione degli scopi di altri. Proprio l'umanesimo, con la sua pretesa di assolutizzare l'uomo, ha dimostrato di non sapergli dare la garanzia di essere preservato concretamente in quanto persona. Una società che proclama astrattamente l'uomo come essere supremo, in realtà ne riproduce e ne amplifica lo sfruttamento e l'emarginazione.

Amare il prossimo significa dunque prendere su di noi quel servizio reso da Cristo che si umiliò fino alla morte in croce. Significa cioè svolgere una funzione critica contro tutte le ideologie (anche religiose) che alienano l'uomo concreto esaltando un uomo astratto che non esiste. Forse non è esagerato pensare che la diaconia protestante, se saprà restare a stretto contatto con la chiesa nella quale la vocazione viene rivolta a tutti i credenti, possa rappresentare un avamposto nella società. Un avamposto che può disporre di un punto di vista prezioso per contrastare le idolatrie dei nostri tempi, servendo il prossimo che Dio ama, facendo della propria azione nella società una parabola del Regno che viene, aiutando la chiesa a guardare verso l'orizzonte dove albeggia già il nuovo giorno.

 

 

Tulllio Vinay, testimone d’amore

di Natalia Paci Vinay

 

Giovedì, 17 dicembre 2009 il Centro culturale protestante “P.M. Vermigli ha organizzato la presentazione del libro di Paola Vinay, “Testimone d’amore” (Claudiana, Torino, 2009) dedicato alla memoria di suo padre Tullio. Oltre all’Autrice hanno partecipato alla serata Goffredo Fofi, Paolo Ricca e Valdo Spini. Diverse persone tra cui Giuliana Cuccodoro, Luigia (Lully) Fontana, Maja Koenig hanno raccontato le loro esperienze d’incontro con Tullio Vinay Pubblichiamo in seguito un particolare contributo all’iniziativa del Centro culturale. (red.)

Per me, che sono la figlia dell'Autrice del libro e la nipote di Tullio Vinay, questo libro ha avuto certamente un significato aggiuntivo, di tipo emozionale ed affettivo, dato dal conoscere o riconoscere le proprie radici, dal commovente ricordare i racconti dei nonni, dal rivivere la storia della propria famiglia.  Ma qui vorrei cercare di parlare, partendo certo dalla mia esperienza personale, dell'importanza oggettiva di questo libro, che è l'importanza di ricordare la vita e le opere di Tullio Vinay, cioè indipendentemente dallo sguardo coinvolto di figlia e nipote.

Leggere il libro Testimone d'amore è prima di tutto utile. Può sorprendere l'utilizzo di questo termine accostato alla biografia di una persona come Tullio Vinay, ricordato invece soprattutto con la parola amore.

Parafrasando un provocatorio verso della grande poetessa polacca Wislawa Szymborska, inverto l'ordine della domanda e vi chiedo: “L'amore è normale? È serio? È utile?”

L'amore serve a qualcosa o a qualcuno in questa nostra realtà in cui è il denaro a fare, a permettere, a vietare, in sostanza “a decidere e comandare”? Leggo nel libro questa frase di Tullio: “E' l'ora in cui l'amore non può essere teorico, perché l'amore vero, Cristo, non è teoria ma carne crocifissa, e questa carne la si incontra nelle vie, nei rifugi, nelle prigioni e fra le case distrutte. E' l'ora in cui occorre esigere che la predicazione sia incarnata in opere, in cui si richiede di non essere separati di fronte alle responsabilità del momento ma sempre impegnati, anche nel pericolo”.

E ora so che la risposta è sì. Sì, l'amore è utile nel momento in cui ci indica una strada da percorrere, quella da scegliere, al posto di altre. E così, allo stesso modo, questo libro è utile, perché narrando la storia vera di una persona che ha posto l'amore - inteso come dono di sé agli altri (agàpe) - come faro delle proprie scelte, a sua volta ci mostra un esempio da seguire, ci indica una via da intraprendere.

Spesso succede a noi del gruppo di Riesi di incontrare viaggiando delle persone che ci dicono: “Siete matti a cacciarvi laggiù e sciupare la vostra vita...”. Lasciamo lo “sciupare” perché la vita è troppo breve per dedicarla ai televisori, agli elettrodomestici, alle auto nuove, ai vestiti e agli svaghi più o meno monotoni. Semmai questo è sciupare una vita che ha ben poco gusto... Ma quanto ad essere matti mi pare che lo siano quelli che dimenticano la realtà del mondo in cui viviamo e che dimenticandola preparano, irreparabilmente, da sonnambuli, la rovina loro e di tutti”.

Frasi come queste, ogni tanto mi tornano in mente e diventano una guida, una bussola per orientarmi nel difficile mondo delle scelte.

Un giorno si capirà che il nostro discorso annunziando il nuovo mondo indica la rinuncia a se stessi per l'altro, che questo discorso implica impegno e scelta. Allora entreranno in gioco gli interessi. Questi non sopporteranno di essere offesi e minati. Quello sarà il momento della vera predica verso la quale ci incamminiamo se Dio non ci abbandona, ma sarà anche il momento della vera sofferenza. O la città ci respingerà perché avrà preferito la via finora percorsa dell'economia del proprio interesse. Oppure potrà avvenire il grande miracolo. La metanoia, il mutamento di mentalità in molti...” 

Gli esempi potrebbero essere tanti ma il principio è sempre lo stesso: ognuno di noi, anche nella piccola realtà della propria vita quotidiana, si è trovato o si troverà nella condizione di dover scegliere tra un'opzione ingiusta ma che ci fa comodo ed una che non ci interessa o addirittura ci danneggia anche se è l'unica giusta, perché dettata dall'agàpe.

La sola vera politica è quella che si fonda sull’agàpe – la mia morte è la tua vita – anche se ciò possa apparire assurdo, sciocco e non pratico. Lo stesso si può dire per l'economia. La sua legge fondamentale non può che essere l' agàpe, ma ciò fa ridere gli economisti. L'economia si regge sul profitto, essi dicono, non sul dono. Però il mondo muore di fame quando c'è la possibilità di produrre pane per tutti”.

Ognuno di noi in quel preciso momento avrà la possibilità di scegliere se comportarsi come avrebbe fatto Tullio Vinay (e tutte le persone che mettono davvero in pratica i principi che predicano) oppure no. Ed in quel preciso momento l'aver letto questo libro diventerà molto utile perché spesso le scelte giuste sono anche le più difficili e dolorose e quindi conforta e aiuta sapere di seguire un esempio virtuoso e coraggioso che ci ha preceduto, nella convinzione che proprio grazie a tanti piccoli passi si può arrivare ad un mondo migliore.

L’utopia non è quello che non c’è, ma quello che non c’è ancora”.

 

 

L’etica del lavoro

di Roberto Davide Papini

 

La Parola di Dio e le sofferenze degli esseri umani; la salda roccia dell’Evangelo e la precarietà di vita, aspettative, risorse materiali nella crisi; il tutto in un rapporto dialettico con l’una che interroga le altre e viceversa. In un tempio valdese di via Micheli non proprio pienissimo (comunque eravamo una quarantina di persone e non è poi così male) ma denso di emozioni e di preghiera, si è svolto un incontro sul tema dell’etica del lavoro, argomento di triste e stringente attualità in questa fase storica attraversata così profondamente dalla crisi economica, ma in realtà sempre attuale nella storia dell’umanità. Un incontro che sino dal titolo (“Lavoro, etica e solidarietà: facciamo un patto?”) richiamava l’iniziativa presa dalla Chiesa valdese fiorentina di elaborare un “Patto per un’etica del lavoro”, presentato nell’occasione, e che si è tenuto in una data non proprio casuale. In quel 31 ottobre, infatti, abbiamo voluto legare la Festa della Riforma e le celebrazioni dei 500 anni dalla nascita di Giovanni Calvino, alle conseguenze concrete che la crisi economica sta causando a precari, cassintegrati, piccoli imprenditori, disoccupati. Tante e intense le testimonianze che si sono succedute e che hanno seguito la parte in cui abbiamo dato voce alla Parola di Dio, proprio come fa il “Patto” (un manifesto di princìpi che parte dal testo biblico per affermare il valore del lavoro come promozione dell’uomo e non come strumento di sfruttamento e discriminazione) nei suoi dodici articoli. Un’iniziativa che ha visto una bella partecipazione ecumenica con esponenti di altre chiese evangeliche e i rappresentanti delle parrocchie cattoliche di Santa Maria a Ricorboli e Santo Stefano a Paterno, fino a una telefonata di vicinanza e partecipazione del vescovo di Prato Gastone Simoni. L’incontro ha vissuto uno dei suoi momenti centrali nel digiuno di rinuncia e solidarietà con le famiglie delle vittime sul lavoro e nella raccolta di fondi destinati all’associazione “Primo Maggio”. Il tutto in un’atmosfera profondamente calviniana grazie a immagini e musiche appropriate.

E’ stata la prima di una serie di iniziative sul tema dell’etica del lavoro: il “Patto” è già stato presentato a Prato e a Pistoia. L’intenzione è quella di tenere viva l’attenzione e di raccogliere il maggior numero possibile di firme entro il 17 febbraio (altra data non proprio casuale) da presentare ai vertici istituzionali del Paese. Sempre ricordando che firmando quel “Patto”, ancor prima di chiedere riforme alla politica, ci si impegna in prima persona a seguire comportamenti etici e corretti nella vita di tutti.

 

Storie di ordinario precariato

Pubblichiamo in seguito due testimonianze che parlano della precarietà di lavoro nella società di oggi. I due contributi fanno parte di un piccolo progetto editoriale che si sta definendo in questi giorni per rilanciare il tema del patto e dell’etica del lavoro (red.)

 

Simona Tocci

La mia è la storia di tanti. Sono una precaria fra tanti precari, laureati, qualificati, con molta e diversificata esperienza.  Uno degli aspetti più negativi di questo stato di instabilità strutturata e, soprattutto, legalizzata chiamato mondo del lavoro, è proprio il fatto che la mia vicenda sia così comune, davvero ordinaria. E che sia ormai il precariato la normale modalità di lavoro è addirittura un luogo comune. Perciò non vorrei tanto fermarmi sui particolari della mia storia, preferendo piuttosto fare alcune mie considerazioni in ordine all'inammissibile condizione di chi si è trovata a sperimentare, a causa di mille e più ragioni, il precariato come stabile situazione lavorativa. La contraddizione dei termini è troppo evidente perché io senta il bisogno di sottolinearla. E' triste dirlo, ma in questo è tutta l'aspettativa di un precario: che si riesca a passare da un contratto all'altro senza soluzione di continuità. Io posso considerarmi fortunata. Negli ultimi quindici anni sono sempre riuscita a lavorare; fra rinnovi di contratto e nuove stipule, ho sperimentato le diverse offerte contrattuali di questo immorale sistema che esalta, in chi ci si trova invischiato, un insolito e tenace istinto di sopravvivenza e estingue sul nascere la progettualità a lunga scadenza della propria vita, proiettando ogni attenzione alla data, più o meno prossima, scritta sul proprio ennesimo contratto.

A parte l'effetto destabilizzante di un precariato permanente facilmente comprensibile, due o tre considerazioni vorrei condividere. La prima riguarda strettamente il rapporto che un lavoratore precario, instaura con la propria attività professionale. Dopo aver cambiato più e più tipi di lavoro e con la prospettiva di dover lasciare quello attuale, quale può essere il livello di coinvolgimento con esso? Quando si sa che il proprio impegno e la propria fatica non porterà ad altro che alla fine di un contratto, quale potrà mai essere grado di partecipazione all'attività lavorativa che temporaneamente si è chiamati a svolgere? E ancora non c'è forse una logica alienante nel doversi, di fatto, dichiarare più semplicemente un lavoratore precario piuttosto che dover determinare a tempo la propria professionalità del momento: “oggi sono…”, “oggi mi occupo di…”, “al momento il mio lavoro consiste in…”? Oggi, al momento…domani si vedrà e speriamo di cavarcela! Intanto se ne vanno e si rende vana esperienza professionale e umana faticosamente acquisita che forse, per il prossimo contratto a tempo, servirà poco o nulla. Fast food, fast life, fast job anonimo e snervante; non si fa  in tempo a trovare che già si è sulla strada per cercare una nuova, momentanea certezza per il domani e la vita non diventa altro che un’istanza continua!

Tutta qui la nuova morale di un sistema malato che rende più forte il forte e garantisce chi è stabile e protetto. E chi si dibatte in questa giungla istituzionalizzata è tanto che non ne esca più lupo dei lupi di Hobbes: tutti contro tutti, l’altro sul posto di lavoro, non è un collega, ma un rivale. Lupi contro lupi: storie di ordinario precariato, ovviamente.

 

Stefania Fossi

Sono una disoccupata fortunata. Sono fortunata perché ho un marito che ce l'ha fatta, si è sistemato e ha un posto a tempo indeterminato.

Mi resta ancora poco mutuo da pagare e ho imparato a fare tesoro anche delle mie disgrazie, come il risarcimento che mi sono presa dall'ospedale in cui ho partorito, anche se quella volta ho rischiato grosso, anche se mio figlio ha rischiato grosso... Allora, che ci fa una come me, qui, a parlare? Sono qui comunque per parlare della mia pur sempre esistenza da "precaria", sempre in bilico tra un’agenzia di lavoro interinale ed un'altra, ad alzarsi tutte le mattine con l'ansia di farsi "notare", cercare, provare, tra le centinaia di altre facce di precari come me, spesso meno fortunati di me, che cercano anche loro di porgere un curriculum, ottenere un colloquio come se fosse una vincita al Superenalotto....

E' questa la vita da precari. Un’esistenza passata attaccata all'orologio biologico degli anni che passano. "Oddio, ne ho già trentanove... Oddio non mi vorranno più ... non mi cercheranno più...." Tutti i giorni sono questi i pensieri che mi attanagliano, e non solo me, ma bensì i quasi cinque milioni di precari, atipici, interinali, “co.co.co.”, che tutti i santi giorni lottano per avere un’esistenza normale, fatta di diritti che chiedono solo di essere rispettati.

Già diritti.... Diritti dei Lavoratori.... C'è qualcuno che se li ricorda in questo Paese?! Avrei tanta voglia di urlarlo in faccia ai nostri politici, a chi sta in Confindustria e fa finta di non vederci. Eppure siamo tanti e purtroppo sempre di più. Ormai non ci sono più parole per descrivere un’esistenza da precari perché ormai questo Paese l'ha già digerita e inscatolata nella normalità. E' questa la cosa più terribile... la nostra "normalità" il fatto che nessuno in realtà ci considera davvero atipici. Io proporrei di abolirlo questo termine e di avere il coraggio di dire che piuttosto siamo "tipici": è atipico chi ce l'ha, come mio marito, il posto fisso.

Se almeno i politici la smettessero con questo linguaggio e avessero a chiamarci purtroppo con il nostro vero nome, "tipici", sarebbe già un passo avanti, sarebbe già la prima sconfitta contro l'ipocrisia.

 

 

 

Voci dalla “Claudiana” di Firenze (Info: 055282896)

a cura di Pasquale Iacobino in collaborazione con il Centro Culturale Protestante P.M. Vermigli di Firenze.

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Pensare la fede, dire la speranza

Incontri con la teologia nel nostro tempo

Chiesa Battista, Borgo Ognissanti 4 - Firenze

 

Sabato 30 Gennaio 2010 – ore 17:30

Quando la teologia diventa profezia: la testimonianza di Karl Barth

Incontro con Giorgio Bouchard

Sabato 27 Febbraio 2010 – ore 17:30

Fede e politica in Barack Obama

Debora Spini, Giorgio Bouchard

sul libro: “La fede di un presidente” (Claudiana 2009)

 

 

 

Casa Cares

 
Olio – Novembre 2009

 

L’olio d’oliva extravergine di produzione biologica è già in vendita. Chi l’acquista può essere sicuro di avere un prodotto genuino di qualità e può essere contento di aver sostenuto quest’aspetto del nostro lavoro a Casa Cares.

Bottiglia a ¾ litro - € 12 (5 bottiglie per € 50)

Latta da 1 litro - € 14;latta da 3 litri - € 36;

latta da 5 litri - € 56

 

 

Dalle Chiese evangeliche fiorentine

 

Chiesa Apostolica Italiana di Firenze e Prato

DOMENICHE DIALOGATE. Ogni seconda domenica del mese la Chiesa Apostolica Italiana di Firenze-Prato dedica la riunione del mattino alla trattazione di un argomento utile al divenire della fede e a favorirne la testimonianza. Quest’anno tale argomento è l’angoscia.

Il percorso, che potrà essere considerato di vera «relazione d’aiuto», si configura come segue: Angoscia e fede (10 gennaio 2010), Crisi come angoscia (14 febbraio 2010), Angoscia e ragione (14 marzo 2010), Angoscia e preghiera (11 aprile 2010), Angoscia come attesa (09 maggio 2010). La «domenica dialogata» di giugno (domenica 13), ultima dell’anno ecclesiastico, sarà dedicata ad un aggiornamento sulla «predicazione».

FORUM TEOLOGICO GIOVANILE (MA NON SOLO). Il gruppo che partecipa e, perciò, costituisce il Forum ha scelto come area di ricerca per l’anno 2009-2010 il modulo tematico relativo al «Dialogo», i cui sottotemi vengono di volta in volta presentati con una "base d'ascolto", previamente distribuita, per essere, poi, discussa insieme.

È pensabile, ed augurabile, che l'argomento di quest’anno, data la sua indiscutibile rilevanza ad ogni latitudine di pensiero, possa essere proposto anche ad amici che i membri tutti potrebbero invitare.

Gli incontri hanno luogo mensilmente, nella «Casa pastorale» di Prato, il quarto (non ultimo, ma quarto) sabato del mese, dalle ore 16.00 alle ore 17.00/massimo 17.30!

Segue il programma nella sua articolazione sottotematica non senza aver prima segnalato che gli argomenti saranno trattati in chiave laica, metaconfessionale ed interdisciplinare:

Incontro delle differenze (Sabato, 23 gennaio 2010).

Il mondo dell'altro (Sabato, 27 febbraio 2010).

Dialogo ed empatia (Sabato, 27 marzo 2010).

Volontà di capire (Sabato, 24 aprile 2010).

La legge del dialogo (Sabato, 22 maggio 2010).

Limiti del dialogo (Sabato, 26 giugno 2010).

 

Chiesa evangelica battista

http://chbattistaborgognissanti.interfree.it

Il culto domenicale si tiene alle ore 11. Sempre di domenica scuola domenicale e gruppo giovanissimi, mentre il gruppo giovani si riunisce di venerdì sera. Proseguono le riunioni di preghiera e di lettura nelle case. In casa Baconi-Magherini si studia la confessione di fede dei battisti italiani. Gli studi biblici del pastore Raffaele Volpe, con la collaborazione di Patrizia Sciumbata, del Mercoledì alle ore 20,15 sono dedicati alla lettera di Paolo ai Galati. E' partita l'iniziativa “Pacco Amico” coordinata da Karin e Silvia: un esperimento di banco-alimentare comunitario.

In occasione dell'Assemblea della FCEI la comunità ha vissuto l'opportunità di ospitare i delegati delle chiese battiste. Gran lavoro in cucina del gruppo “Stasera Esco”! 

Domenica 20 dicembre, culto a cura del gruppo del venerdì e agape fraterna prenatalizia, mentre nel pomeriggio del 24 dicembre culto “quacchero”.

Sabato 24 dicembre si è tenuto il terzo incontro del ciclo “Pensare la fede, dire la speranza” organizzato con il Centro Culturale Protestante “P.M Vermigli”, la Libreria Claudiana e Radio Voce della Speranza. Ospiti il pastore valdese e docente di teologia sistematica Fulvio Ferrario e Rosino Gibellini, fondatore e direttore della prestigiosa collana Biblioteca di Teologia Contemporanea. Intervenendo sul tema “La speranza cristiana, tra attesa e responsabilità”, Ferrario ha proposto una riflessione sul rapporto tra speranza cristiana, amore e giustizia, mentre Gibellini ha tratteggiato la speranza cristiana come “radicale” e “polemica” (combatte le ideologie del potere), “inquieta” e “avveduta” (vive scomodamente le ingiustizie del tempo presente e resiste al male), “crucis” (è sempre nella prospettiva della Croce di Cristo), “creativa” (anticipa il nuovo inizio, perché ha fondamento nella Risurrezione di Cristo). Come sottolineato da Fulvio Ferrario e dal moderatore della serata, il pastore Volpe, è stata davvero un’occasione speciale incontrare Rosino Gibellini, una vita dedicata alla diffusione in Italia della letteratura teologica europea e mondiale, un servizio che ha permesso a generazioni di studenti e pastori evangelici di avere in italiano le opere dei maggiori teologi del Novecento.

Per chi è pratico di internet, è possibile ascoltare gli interventi collegandosi con il Sito web di Radio Voce della Speranza: www.radiovocedellasperanza.it – cercando nel menu “Conferenze”.

 

Chiesa evangelica luterana

Nelle domeniche 3 e 17 gennaio 2010, sempre alle ore 10 si svolgeranno i nostri culti - fino a Pasqua - nella nostra sala comunitaria con ingresso in via dei Bardi 20.

Durante il corso della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, dal 18 al 23 gennaio 2010, ci sarà anche un incontro presso la nostra sala comunitaria il 20 gennaio alle 16.30.

Mercoledì 27 gennaio, in occasione dell'anniversario della liberazione dal campo nazista di Auschwitz ci sarà un incontro con un rappresentante della Comunità Ebraica, sempre alle ore 16.30 nella sala comunitaria. Mercoledì successivo, il 3 febbraio un membro della nostra comunità ci illustrerà la sua città Nuernberg con successivi assaggi tipici della sua regione (in tedesco).

 

Chiesa evangelica valdese

www.firenzevaldese.chiesavaldese.org

e-mail: concistoro.fivaldese@chiesavaldese.org

Concistoro. Riassumiamo le principali delibere prese durante l’ultima seduta del Concistoro: 1) per il 24 gennaio 2010 è convocata l’assemblea di chiesa che esaminerà le proposte elaborate dalle commissioni “Liturgia”, “Migranti”, “Carceri”, “Comunicazione e Diaspora evangelica”. Inoltre parleremo della diaconia comunitaria; domenica 17 gennaio sarà consegnato a tutti i membri di chiesa il materiale di studio; 2) nel corso del periodico aggiornamento degli elenchi il concistoro ha cancellato dall’elenco dei membri comunicanti le seguenti persone: per trasferimento: Giancarlo Fantechi; per manifesta irreperibilità: Gerbino Cetica Maria Luisa; Gufoni Wanda; 3) Walter Balzano è stato nominato rappresentante delle Chiesa valdese nel Comitato generale del Cimitero evangelico “degli Allori” in sostituzione di Mario Downie, dimissionario per motivi di salute; 4) Alessandro Sansone è entrato a far parte della redazione di Diaspora Evangelica (questa decisione presa dalla commissione “Comunicazione e DIASPORA EVANGELICA” è stata semplicemente ratificata dal Concistoro). La prossima seduta ordinaria del concistoro si terrà il 16 gennaio 2010.

Ringraziamenti. Ringraziamo ancora una volta tutte le persone che hanno collaborato al nostro bazar comunitario. È stata una giornata bella, animata, segnata da tanti incontri ricchi di amicizia. Anche il contributo entrato nella cassa della chiesa è degno di nota: ben 4300 euro!

Un affettuoso ringraziamento possa giungere alle sorelle che hanno preparato l’agape comunitaria del 20 dicembre. È stato un momento di allegria ma anche (o forse soprattutto) di forte comunione in Cristo. Ben ottanta persone hanno partecipato ha questo evento comunitario è così abbiamo anche scoperto che questa è la capienza massima del nostro salone per mangiare insieme, senza preparare posti aggiuntivi nelle stanze attigue.

Studio biblico e catechismo per adulti. Gli incontri di studio biblico ricominciano il 16 gennaio, alle 16, in via Manzoni. Questo primo incontro dopo la pausa natalizia sarà al tempo stesso l’ultimo del ciclo dedicato alle immagini di Dio. Dal 23 gennaio inizierà il ciclo dedicato al libro della Genesi condotto da Simona Tocci. Ecco il breve riassunto di questo studio biblico. "E Dio vide che era cosa buona". Visioni di Dio nei racconti delle origini (Gen. 1-11,9). L'espressione "visioni" è ambivalente poiché intende la visione che di Dio mostrano i racconti della genesi e anche la visione-progetto che Dio ha del mondo e dell'uomo. Questa tematica verrà analizzata attraverso le tre fasi tipiche di: 1) creazione, 2) corruzione; 3) ri-creazione nei tre seguenti racconti: 1) creazione e caduta 2) diluvio e alleanza universale 3) torre di Babele e nuova umanità. Gli incontri si terranno il 23 gennaio (in collaborazione con il pastore Gajewski), il 30 gennaio, il 6 febbraio, il 13 febbraio. Il 20 febbraio lo studio biblico sarà sospeso. Il 27 febbraio invece inizierà lo studio biblico dedicato alla Lettera agli Ebrei che terminerà nei primi di giugno 2010.

Il gruppo di catechismo per adulti si riunirà il 16 gennaio alle 15 in via Manzoni. Nei mesi di febbraio e marzo ritorneremo invece alla solita regola del promo sabato del mese: il 6 febbraio e il 6 marzo.

Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Ecco i principali appuntamenti che coinvolgono la nostra chiesa: il 18 gennaio (lunedì), alle 18, nel tempio di via Micheli, culto di apertura della Settimana con la predicazione di Timothy Verdon (Chiesa cattolica romana); il 19 gennaio, alle 21, Istituto Stensen, tavola rotonda con la partecipazione di Lothar Vogel (Facoltà valdese di teologia), e di Marco Ricca (CCP “P.M. Vermigli).

Diaspora valdese di Pistoia ed Empoli. I prossimi incontri di studio biblico a Pistoia si terranno il 14 gennaio e l’11 febbraio (eccezionalmente il secondo giovedì del mese). In seguito, dal mese di marzo ritorneremo al solito primo giovedì del mese.

A Empoli continuano i nostri culti mensili in via Pontormo alle 16.30. Il prossimo appuntamento è fissato per il 17 gennaio 2010. L’appuntamento di febbraio sarà concordato direttamente con il gruppo di Empoli.

 

Invito dalla Consulta comunale per il dialogo con le confessioni religiose.

La Consulta comunale per il dialogo con le confessioni religiose annuncia che martedì 16 febbraio, nelle ore serali, si terrà una manifestazione dedicata alla libertà religiosa e di coscienza. I dettagli saranno pubblicati nel prossimo numero di DIASPORA EVANGELICA.

 

 

 

Un sorriso (amaro?)… (dal www.gioba.it)

immagine gennaio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Diaspora evangelica

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