Diaspora evangelica
Mensile di collegamento, informazione ed edificazione
Anno XLII – numero 1 – gennaio 2009
È vita?
di Oretta Nutini*
È vita quella tiepida esistenza,
quella fiammella a forza resa accesa?
Ed è sicuro che la sofferenza
non si nasconda dentro la distesa
figura umana che, proterva scienza,
o guadagno, non vuol si faccia arresa
alla sua naturale decadenza?
Morte non è sconfitta, non è offesa.
Se chi è infermo potesse alfin parlare,
forse rinuncerebbe ad ogni cura
non accettando il solo vegetare,
né il sacrificio di un suo familiare;
piuttosto che rinchiuso in aspre mura
vorrebbe essere libero di andare
* Poesia inedita. La redazione ringrazia l’autrice per la gentile concessione del suo testo.
In questo numero:
· Comunione, autenticità, uguaglianza di Gianluca Barbanotti
· Dialogo interculturale e dialogo interreligioso di Marco Bontempi
· Il naso tra i libri di Sara Rivedi Pasqui
· Radio Voce della Speranza in Internet di Roberto Vacca
· Dalle associazioni e dalle Chiese evangeliche fiorentine
· Ecumenicamente (s)corretto di Roberto Davide Papini
2009: Anno di Giovanni Calvino
Senza l'Evangelo siamo tutti inutili e fatui, senza l'Evangelo non siamo cristiani, senza l'Evangelo ogni ricchezza è povertà, ogni sapienza è follia davanti a Dio, ogni forza è debolezza, ogni giustizia umana [con la quale l'uomo giustifica se stesso] è condannata da Dio. Ma con la conoscenza dell'Evangelo siamo resi figli di Dio, fratelli di Gesù Cristo, concittadini dei santi, cittadini del Regno dei cieli, eredi di Dio con Gesù Cristo, per mezzo del quale i poveri sono resi ricchi, i deboli potenti, i pazzi savi, i peccatori giustificati, gli affranti consolati, i dubbiosi rassicurati, i servi liberati. L'Evangelo è parola di vita e verità.
Giovanni Calvino, Epître à tous amateurs de Jésus-Christ. Testo pubblicato sul sito www.firenzevaldese.chiesavaldese.org; vignetta tratta da: Calvindrier 2009, Eglise protestante de Genève
Comunione, autenticità ed eguaglianza: II Corinzi 8. 1-15
di Gianluca Barbanotti
Le nostre coscienze sono spremute con sapienza dai maghi del marketing per venderci il piacere di essere buoni: vendita di stelle di Natale, arance o altro, il tutto destinato a fin di bene: lega per la lotta ai tumori, associazioni contro la fame nel mondo, bambini malati, lotta all’aids, ecc.
Ma nel testo biblico la storia è diversa. L’apostolo Paolo non sta cercando di toccare le corde dei sentimenti dei Corinzi. Non si prende neanche cura di ricordare che la colletta è destinata ai poveri di Gerusalemme. Contrariamente a quanto insegnano le scuole di marketing non insiste sulla diversità e sofferenza del destinatario della donazione, anzi neppure la ricorda (come accenna altrove Rom. 15.26). Non indugia sulle pance gonfie dei bambini africani, non vuole segnare la distanza fra chi da e chi riceve, non vuole vendere lo status di “buono” a chi mette mano al portafoglio.
Paolo non sta cercando soldi, sta annunciando, ancora una volta, l’evangelo.
In questo brano in cui l’Apostolo mette i suoi lettori al corrente di quanto è accaduto nelle chiese della Macedonia mi sono venute incontro tre parole che mi hanno colpito: comunione, autenticità ed uguaglianza.
Comunione. Paolo dice che i Macedoni hanno chiesto con insistenza la grazia di poter partecipare a questa sovvenzione. Il termine sovvenzione (o servizio), in greco koinonia (comunione), è lo stesso termine utilizzato per indicare la Cena del Signore, il momento solenne dell’annuncio e della fraternità. Ecco una vera sorpresa! Le due azioni concrete che si svolgono durante il culto sono definite con lo stesso termine. La partecipazione alla Cena del Signore e il momento che chiamiamo colletta sono entrambe koinonia, comunione. Come partecipare alla Cena del Signore, così partecipare alla colletta è una grazia; non è un gesto qualunque, indiscriminato, richiama esigenze forti: la grazia di Dio che ci renda degni di partecipare; la necessità di esaminare preliminarmente se stessi (ognuno secondo le proprie possibilità); la responsabilità personale nel riconoscere in questo gesto l’appartenenza al corpo di Cristo. La colletta diventa il segno di come i credenti, sull’esempio dei Macedoni, sono chiamati a “offrirsi prima al Signore” e poi agli altri (v. 5) esplicitando così il dono di sé a Dio nel dono di sé verso il prossimo. La colletta assume quindi un significato più ampio di un sacchetto che gira fra le panche: si tratta di diaconia, di servizio, di impegno, non come opzione, ma come necessaria risposta all’amore di Dio. Giorgio Tourn, in un dibattito sinodale di alcuni anni fa, propose la seguente immagine: la predicazione, l’annuncio dell’evangelo, (la Cena del Signore) e la diaconia, il servizio, (la colletta) sono le due lame di una stessa forbice, inutili l’una senza l’altra, forse anche pericolose. Si rendono efficaci nella misura in cui si allontanano e si incontrano. Insieme sono in grado di incidere e lasciare il segno.
Autenticità. Il paradigma della colletta, il modello della diaconia, è presentato così: “Gesù Cristo da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (v.9). Non è un ordine che ci farà fare diaconia, non è un comando che porta a partecipare alla comunione della colletta. E’ una grazia che il Signore ci fa, un imperfetto scimmiottamento di quanto Cristo ha fatto per noi. Come lui ha dato gratuitamente, così gratuitamente dobbiamo dare. Il soccorso al prossimo, la diaconia, le collette non sono finalizzati all’ottenimento di qualcosa: non facciamo diaconia perché i destinatari si convertano, o chi ci vede ci ammiri e pensi che siamo bravi e generosi, o perché la gente pensi così di dare l’otto per mille alla Chiesa valdese. Non lo facciamo per avere qualcosa in cambio, ma solo perché Cristo lo ha fatto. Vorremmo poter dire che siamo costretti a farlo dalla nostra condizione di peccatori perdonati, fatti ricchi da un Cristo che si è impoverito. Non è il risultato di un nostro senso di colpa, ma il frutto della riconoscenza, senza la quale non saremmo in grado di capire come gli altri, i destinatari del nostro dare siano poi in realtà capaci di farci enormemente ricchi. Queste cose, scrive Paolo, sono dette per “mettere alla prova l’autenticità, (la verità) del vostro amore” (v. 8). La diaconia, il servizio agli altri, il dono di sé, sono la cartina di tornasole dell’autenticità del nostro amore. Tanto è facile dire ti voglio bene, quanto è difficile avere premura per l’altro!
Uguaglianza. Non si tratta di mettere in ristrettezza qualcuno “ma di fare uguaglianza” (v. 13). Non ci sono dimensioni punitive o penitenziali nella diaconia, non ci si fa servitori per il piacere del sacrificio, ma si serve per “fare uguaglianza”.
Si festeggerà nei prossimi giorni, il 10 dicembre, i 60 anni della Dichiarazione dei Diritti dell’uomo, una carta, stilata dopo gli orrori della seconda guerra mondiale, che fa dell’eguaglianza fra gli esseri umani l’elemento basilare del vivere sociale. Il concetto di uguaglianza non pare, tuttavia, godere di molta salute in questo periodo: la proposta per la depenalizzazione dell’omosessualità in preparazione all’ONU non sembra abbia riscosso grande successo in Vaticano, ove neanche il documento sui diritti dei disabili incontra particolari favori. L’uguaglianza di opportunità fra uomini e donne è ancora molto lontana dal realizzarsi. La nostra storia di evangelici italiani “non uguali” non può farci dimenticare le discriminazioni su base religiosa, nel nostro paese ed altrove. Se poi facciamo un passo oltre l’uguaglianza formale e andiamo su quella sostanziale, vediamo che il divario fra i ricchi e i poveri si sta accentuando in modo vertiginoso negli ultimi 15 anni, sia nei nostri paesi, che fra il mondo industrializzato e le altre zone del pianeta. La nostra storia di protestanti in Italia, costellata di scuole e scuolette, sorte accanto ai templi e alle chiese, ci induce a considerare l’attacco alla scuola pubblica come un attacco all’uguaglianza di opportunità. Il testo che ci propone l’apostolo Paolo indica nel “fare uguaglianza” anche un altro aspetto legato al rapporto fra chi da’ e chi riceve. “La vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza e reciprocamente la loro abbondanza supplisce alla vostra indigenza e vi sia eguaglianza” (v14). Il dare, denaro, tempo, relazioni, non crea una relazione asimmetrica dove ci sono i buoni che hanno e danno, e gli altri, che devono ricevere con riconoscenza. Il dare non serve per segnare la differenza, ma per sviluppare il riconoscimento reciproco. L’eguaglianza è il senso della diaconia: diamo le nostre risorse, soldi, tempo, intelligenze, speranze perché gli altri abbiano opportunità simili alle nostre, ma nel fare questo ci “muoviamo”, ci “facciamo diversi” siamo costretti ad adottare un altro sguardo sull’altro, ci dobbiamo avvicinare e scoprire che loro, gli altri, non sono così poveri, che forse noi che abbiamo raccolto molto (in opportunità, socialità, tempo, denaro) in fondo non abbondiamo, e all’altro che invece ha raccolto poco dalla vita, poche opportunità, poco denaro, poche relazioni, in fondo non manca molto.
Dialogo interculturale e dialogo interreligioso: qualche nota sociologica su caratteri e condizioni.
di Marco Bontempi
Dialogo interculturale e dialogo interreligioso mettono in movimento logiche, attori e conseguenze differenti. La rilevanza pubblica del dialogo interreligioso è ormai ampiamente riconosciuta: una recente testimonianza in questo senso è la pubblicazione del Libro bianco sul dialogo interculturale (LB) da parte del Consiglio d’Europa nel giugno 2008 (www.coe.int/dialogue). Con questo testo si intende dare un fondamento esplicito al superamento delle politiche identitarie comunitariste, in base alle quali la differenza culturale presente in un paese è stata tutelata promuovendo la costituzione di comunità culturalmente omogenee, con la conseguenza di attivare dinamiche di chiusura e di autoreferenzialità capaci, col tempo, di condurre ad una segmentazione profonda del tessuto sociale, e di favorire «la segregazione delle comunità e la reciproca incomprensione» (LB, p.14). Il dialogo tra le comunità culturali costituisce dunque una risposta complessa, ma potenzialmente efficace al fallimento del “trattamento” della differenza culturale con i criteri delle politiche comunitariste. In questa prospettiva gli attori del dialogo interculturale sono, oltre a persone e gruppi o comunità di origini e tradizioni diverse, anche – necessariamente – le istituzioni politico-rappresentative. Ciò ha importanti conseguenze sulla natura e sulle conseguenze del dialogo interculturale. Dal punto di vista delle istituzioni questo tipo di dialogo è strettamente connesso con la traduzione dei principi e delle pratiche democratiche nel campo delle relazioni tra gruppi culturali. Il primo è il presupposto del pluralismo: che ciascun gruppo culturale, per poter entrare nelle relazioni di dialogo, accetti come legittima l’esistenza di culture diverse dalla propria. Il secondo è la condivisione di una base comune rispetto alla quale stipulare le regole del dialogo, solitamente individuata nei diritti umani come diritti fondamentali e irrinunciabili. Il terzo è la costanza temporale dell’impegno di dialogo, cioè il fatto che – proprio per l’accettazione dei primi due presupposti - il lavoro di dialogo non può essere occasionale o limitato ad obiettivi specifici.
In tal modo il dialogo interculturale si configura per le istituzioni come uno strumento efficace per perseguire alcuni fini di valenza collettiva come la lotta contro i pregiudizi e gli stereotipi, lo sviluppo di pratiche di mediazione o di riconciliazione tra gruppi culturali, l’impegno a contrastare i sentimenti di insicurezza e i rischi di frammentazione sociale a fronte di cambiamenti rapidi e della presenza in un territorio di culture differenti. È importante considerare che le istituzioni entrano nel dialogo interculturale con una doppia natura: da un lato il perseguimento di fini collettivi e dell’interesse generale, dall’altro il loro essere culturalmente determinate ed espressione dei valori della cultura maggioritaria. A loro volta i gruppi culturali minoritari possono trovare attraverso il dialogo interculturale occasioni e forme di riconoscimento pubblico di elementi e aspetti della propria identità. In questo contesto diviene fondamentale il lavoro di negoziazione che i gruppi culturalmente minoritari si trovano a fare con quello maggioritario di cui le istituzioni sono inevitabilmente espressione.
Lo sviluppo di forme di negoziazione costituisce un cambiamento importante nelle relazioni tra gruppi culturali, perché rende l’identità un bene collettivo per la cui affermazione si è disposti (da entrambe le parti in gioco) all’accettazione o legittimazione-riconoscimento di elementi dell’identità dell’altro. Tra le possibili logiche di negoziazione che si sviluppano nel dialogo interculturale due sembrano particolarmente significative. La prima è la negoziazione in base al criterio di reciprocità, quando - ad esempio – le istituzioni danno sostegno alla conoscenza di una lingua minoritaria a condizione che i leaders del gruppo culturale si impegnino per azioni tese a favorire nel gruppo l’apprendimento della lingua maggioritaria. La seconda è la negoziazione sulla base dell’eccezione alla regola nella quale il riconoscimento della differenza culturale avviene attraverso la deroga alle norme esistenti, tra i molti esempi possibili: l’adozione, prima nella città francese di Lille e poi in altre, di un orario di accesso alla piscina comunale riservato alle sole donne, per consentire la pratica del nuoto alle donne musulmane osservanti; la deroga, nella polizia canadese, agli obblighi connessi alla divisa per consentire ai poliziotti sikh di portare il turbante invece del cappello di ordinanza. Altri ambiti nei quali il dialogo interculturale si sviluppa secondo queste logiche sono quelli dei rituali religiosi che per essere praticati richiedono spazi e ruoli specifici che possono confliggere con le norme esistenti (come la macellazione di animali), le mense delle scuole pubbliche, gli ospedali e i luoghi di cura nei quali è necessario rendere consapevole il personale (infermieri) dei diversi significati culturali e delle diverse pratiche sociali di relazione con i corpi dei pazienti di cultura o religione diversa dai membri del personale.
Anche solo i pochi esempi citati sono indicativi di un dato di valenza più generale: in molti casi il dialogo interculturale interseca dimensioni etico-religiose, anche nel rapporto con le istituzioni, sollecitandone i caratteri di laicità. In questo senso il Libro bianco del dialogo interculturale intende la religione come dimensione del dialogo interculturale stesso sottolineando che le comunità religiose «devono contribuire, attraverso il dialogo interreligioso, a rafforzare la comprensione tra le diverse culture. Il ruolo strategico delle comunità religiose in materia di dialogo comporta un impegno da intraprendere in questo settore fra le comunità stesse e le autorità pubbliche (…) Il Consiglio d’Europa ha spesso riconosciuto l’importanza del dialogo interreligioso (che non rientra nella sua competenza) nel quadro del dialogo interculturale (…) In ambito sociale, il dialogo interreligioso può contribuire anche a rafforzare il consenso nei riguardi di soluzioni di problemi sociali» (LB, pp.17-18).
Religione e cultura si intersecano dunque sia nel perseguimento degli scopi collettivi compiuto dalle istituzioni, che sono culturalmente determinate anche nella loro laicità, che come dimensioni distinte, ma unite nella definizione dell’appartenenza degli individui ai gruppi culturali. In linea generale le istituzioni guardano alle religioni e alle differenze tra religioni trattandole come differenze culturali e possiamo dire che la considerazione della religione come cultura è il tratto specifico dell’esercizio della laicità delle istituzioni. È in questa chiave che, ad esempio, nel passo citato il Consiglio d’Europa riconosce l’importanza del dialogo interreligioso «nel quadro del dialogo interculturale». Un ulteriore elemento che mostra come la laicità delle istituzioni porti quest’ultime a considerare le differenze religiose in termini di differenze culturali può essere individuato nel fatto che il dialogo interculturale è sempre un dialogo tra comunità o gruppi culturali e che nei suoi effetti e nelle sue conseguenze coinvolge tutti i membri del gruppo culturale, anche coloro che non sono favorevoli al dialogo con identità diverse. Allo stesso modo, le decisioni delle istituzioni in merito al dialogo e alle forme di riconoscimento della differenza culturale vincolano tutti coloro che esse rappresentano, anche coloro che non sono favorevoli al dialogo. Nel dialogo interculturale gli attori fondamentali sono infatti le comunità, gli individui coinvolti sono i rappresentanti dei gruppi e come tali agiscono. Tuttavia la riuscita del dialogo e il suo successo sociale sono condizionati da alcuni comportamenti che – pur necessari in ogni sistema democratico – sono inevitabilmente caratteristiche individuali che devono qualificare i rappresentanti, come l’apertura mentale, la volontà di intraprendere il dialogo e di lasciare agli altri la possibilità di esprimere il loro punto di vista, la disponibilità a riconoscere la fondatezza degli argomenti altrui, la volontà di risolvere i conflitti con mezzi pacifici.
Passando ad un livello di maggiore profondità, è però necessario osservare il fatto che il dialogo interreligioso ha la sua specificità nell’essere un dialogo tra persone che vivono l’esperienza della fede e solo in seconda istanza può essere dialogo tra comunità. Questa è la ragione principale della differenza tra dialogo interreligioso e dialogo interculturale. Nel dialogo interreligioso i comportamenti necessari, sopra accennati, sono sviluppati in profonda connessione con l’esperienza di fede, in primo luogo personale e divengono così un lavoro sulla propria esperienza di fede e sulla propria fedeltà alla storia comunitaria della propria fede. Da questo punto di vista i contenuti del dialogo possono essere i più vari, senza però mettere in discussione il presupposto: dalle dottrine o concezioni teologiche agli aspetti della pratica religiosa, fino al confronto sui temi del presente.
Il fatto che il coinvolgimento degli attori è necessariamente personale e poi in quanto rappresentanti di comunità ha importanti conseguenze almeno su due aspetti tra di loro connessi. Il primo è relativo alla trasformazione dell’identità di fede. Il secondo riguarda la generalizzabilità degli effetti del dialogo entro le rispettive comunità. Nel lavoro sull’identità di fede, l’apertura all’altro si sviluppa come tensione tra il polo “universale” dell’accoglienza di un’esperienza di fede altra e il polo “storicamente situato” del radicamento nella concreta storia della propria comunità di fede. Nel dialogo interreligioso è la crescita parallela dei due poli che ridefinisce l’identità di fede attraverso una maggiore apertura che è contemporaneamente maggiore consapevolezza del proprio radicamento in una storia comunitaria di fede e in un contesto di dialogo storicamente determinato e locale. Infatti, quanto più l’individuo si apre all’altro tanto più entra in relazioni di accoglienza e ascolto non con altri astratti, ma con gli altri concreti del suo proprio ambiente di vita, del contesto locale nel quale vive. Ben lungi dalle nebbie del relativismo, nel dialogo interreligioso l’apertura è tale solo se è anche radicamento, nella propria identità di fede e nel proprio luogo della vita. Ora, è evidente che questa dinamica è peculiare della sfera dell’individuo e non della comunità. Ciò ha importanti effetti sul secondo aspetto. I risultati del dialogo interreligioso sono accessibili in modo indifferenziato a tutti i membri della comunità solo relativamente e indirettamente. Coloro che non condividono il dialogo non partecipano, di conseguenza, dei risultati che il dialogo produce sull’identità, se non di riflesso. Il coinvolgimento della comunità nel dialogo interreligioso è certamente di grande importanza, ma è condizionato da una pluralità di fattori di contesto e di condizioni che possono variare molto nel tempo e nello spazio, rendendo diversificate le relazioni di dialogo da luogo a luogo. È per questo che lo sviluppo del dialogo interreligioso non produce maggiore omogeneità tra le fedi, ma crea condizioni locali di intesa e di trasformazione dell’identità di fede che rendono ancora più variegato il panorama religioso di un paese.
Il naso tra i libri: “I custodi del libro”
di Sara Rivedi Pasqui
Geraldine Brooks è stata per undici anni corrispondente di guerra in Medi Oriente, nei Balcani, in Africa, oggi continua a pubblicare articoli per il New Yorker, ma ormai si è dedicata totalmente alla letteratura scrivendo saggi e soprattutto romanzi di grande interesse e di notevole successo. Nel 2005 ha vinto il Pulitzer Prize per il romanzo L’idealista. Nata in Australia, trascorre nella nazione d’origine una parte dell’anno mentre negli altri mesi vive a Martha’s Vineyard, un’isola al largo dello stato del Massachussets, insieme al giovane figlio. Il suo ultimo libro, I custodi del libro, è uscito nel 2008 per i tipi dell’editore Neri Pozza ed accosta avvenimenti storici a fatti di pura fantasia. L’Autrice con questo romanzo si muove attraverso il tempo e lo spazio poiché ricostruisce la storia di un manoscritto elaborato nel 1350 a Barcellona, in Spagna, il quale dopo innumerevoli vicissitudini riappare nel 1995 a Sarajevo al termine della guerra bosniaca. Il testo in questione è la più vecchia Haggadah sefardita esistente al mondo. Oggi il libro è di proprietà del Museo Nazionale di Bosnia Erzegovina ed è esposto permanentemente. È un manoscritto la cui copertina in pelle di vitello ha fregi in rame ed oro ed è impreziosito da meravigliose miniature che riproducono scene bibliche che vanno dalla creazione del mondo alla morte di Mosè. È un’opera originale di valore non quantificabile perché risalente ad un‘epoca in cui le illustrazioni erano proibite e condannate dalla religione ebraica, veniva usata nelle ricorrenze pasquali, ancora oggi rivela tracce di vino. Essa è il testo sacro che gli ebrei leggono a Pesach (Pasqua ebraica) perché narra la liberazione di Israele dalla schiavitù in Egitto. Si suppone che il libro sia stato portato fuori dalla Spagna quando gli ebrei ne furono espulsi. Nel 1500 si trovava in Italia. Viene chiamato “Illuminato” proprio per le sue lumeggiature in oro e rame ed è considerato il più bell’esemplare di manoscritto ebraico tanto che durante la Seconda Guerra Mondiale i nazisti cercarono di impadronirsene, ma il bibliotecario del museo di Sarajevo, un uomo di religione islamica, lo pose in salvo nascondendolo. Anche durante la guerra bosniaca il manoscritto ha rischiato di essere distrutto ed ancora una volta un musulmano, il direttore della biblioteca del museo, lo nascose mettendolo al sicuro. Su questa vicenda veramente accaduta Geraldine Brooks ha costruito il suo ultimo romanzo. Dalla sua narrazione il lettore apprende la storia di questa opera straordinaria e magnifica le cui miniature mantengono ancora intatti i loro colori vividi e splendenti (si possono ammirare su internet all’indirizzo: http://www.talmud.de/sarajevo/detailansicht_bild.htm)
La vicenda narrata dal libro è intessuta di fatti di sangue e di storie di amore, di dedizione, ma anche di odio, bramosia, vigliaccheria, avidità. L’Autrice immagina che una giovane studiosa australiana sia convocata a Sarajevo nel 1996 per restaurare questo manoscritto prezioso che si temeva fosse andato distrutto a causa dei bombardamenti. La protagonista ripercorre con una ricerca attenta, accurata ed appassionata, le migrazioni del libro dalla Spagna al’Italia ed infine in Bosnia, i tentativi di distruggerlo, ma anche l’opera di salvaguardia e preservazione da parte di cristiani come Giovanni Domenico Vistarini che lo sottrasse all’Inquisizione e quella dello studioso islamico che lo preservò dalla furia nazista. Geraldine Brooks considera l’ Haggadah di Sarajevo come una sorta di talismano poiché essa rappresenta il simbolo della la vita con tutta la sua forza di essere, di esistere, di continuare nel tempo, di opporsi alla distruzione alle tenebre del male, alla violenza e alla brutalità umane.
Geraldine Brooks, I custodi del libro, Edizioni Neri Pozza, 2008,
pp. 414, €18.
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Radio Voce della Speranza su Internet
di Roberto Vacca
Anche questo mese voglio proporvi alcune informazioni utili (spero) in relazione al servizio che Radio Voce della Speranza (sui 92,4 Mhz) vuole offrire a credenti e non credenti nella città di Firenze. E questa volta voglio parlarvi di un servizio “parallelo”, cioè il servizio internet della radio. Infatti, dal sito dell’emittente è possibile non solo ascoltare la radio in diretta via computer (utile per chi tra voi faccia… un viaggio in Nuova Zelanda e voglia comunque ascoltare la RVS) ma anche recuperare numerosi programmi già trasmessi, e disponibili per tutti gratuitamente. Facciamo un esempio. Sabato 8 novembre c’è stata al centro protestante P.M. Vermigli di Firenze una bella conferenza di Paolo Ricca sul tema “Tra fede e dubbio: la via stretta del cristiano del XXI secolo”. Ebbene, ora è possibile trasferirla sul proprio computer e ascoltarla in qualunque momento in piena tranquillità. Come si fa? Prima di tutto occorre possedere una connessione internet veloce (p.e. una connessione ADSL), andare nel sito www.radiovocedella speranza.it e lì premere con il “mouse” sulla dicitura “programmi”. Si aprirà una “tendina” con la scelta di numerose categorie di programmi. Li menziono velocemente: attualità, “a tu per tu”, associazioni, conferenze, Bibbia, recensioni, salute, famiglia, temi spirituali, psicologia, cultura, lingue straniere. Selezionando una di queste categorie, apparirà sullo schermo una lista di programmi, con titolo, breve descrizione e la dicitura “scarica” per trasferire e salvare il programma sul proprio computer (“cliccando” col tasto destro) o in alternativa per ascoltarlo subito mentre si è connessi (“cliccando” col tasto sinistro). Naturalmente la conferenza del professor Paolo Ricca sarà nella categoria “conferenze”. Ma esiste anche la possibilità di una ricerca a largo raggio all’interno dell’archivio grazie a un “motore interno” di ricerca. In questo caso, anziché scegliere una delle categorie su menzionate, sceglieremo la categoria “scarica” e in fondo alla pagina potremo effettuare una ricerca inserendo una “parola chiave” nell’apposita finestra relativa al titolo o alla descrizione del programma.
Oltre a essere un servizio utile per chi voglia riascoltare un programma - che magari si è sentito solo in parte alla radio - il sito propone anche una forma di “abbonamento gratuito” che si chiama podcast, grazie al quale se uno si iscrive, riceve automaticamente sul proprio computer i programmi relativi alla categoria per cui ci si è iscritti. Per esempio, se ci siamo iscritti alla categoria “attualità”, tutti i programmi relativi all’attualità che RVS mette su internet, saranno trasferiti automaticamente sul computer dell’abbonato. Tutto questo fa sì che internet diventi un ulteriore mezzo di diffusione dei programmi: secondo dati recenti (7 novembre) numerosi sono stati nei primi 10 mesi del 2008 i “download”, cioè i trasferimenti completi dei programmi. Ecco la statistica suddivisa secondo le categorie più popolari:
Trasmissione |
Download |
Famiglia |
6.867 |
Salute |
25.470 |
Attualita |
20.285 |
A tu per tu |
9.389 |
Recensioni e Opinioni |
14.393 |
La Bibbia |
16.665 |
Associazioni |
4.870 |
TOTALE |
97.939 |
Nel prossimo futuro contiamo di mettere sul sito il palinsesto aggiornato dei programmi di Radio Voce della Speranza (cioè gli orari dei programmi trasmessi via radio), oltre a importanti miglioramenti, a proposito di offerte e iniziative varie (libri, campagne speciali, dibattiti pubblici, etc.). Un’ultima segnalazione: nel sito esiste anche un “blog” cioè un forum su vari temi legati alla fede e alle sfide del nostro tempo. Ci farà piacere se anche voi potrete parteciparvi lasciando dei commenti, magari per essere letti in qualche programma in diretta!
Dalle associazioni e dalle Chiese evangeliche fiorentine
Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: Essere riuniti nella tua mano (cfr. Ezechiele 37,17).
Alcuni principali appuntamenti
Domenica, 18 gennaio, alle 18, Chiesa anglicana St.Mark: Vespri ecumenici.
Martedì, 20 gennaio, alle 18, Chiesa avventista del settimo giorno: Dibattito trasmesso dalla RVS, “I cristiani di fronte all’ingiustizia economica e alla povertà, con la partecipazione di Paolo Naso, introduzione di Davide Mozzato.
Mercoledì, 21 gennaio, alle 16, Comunità luterana: dibattito “I cristiani di fronte alla crisi ecologica, introduzione di Christian Holtz.
Mercoledì, 21 gennaio, alle 20.45, Auditorium Stensen: tavola rotonda “le chiese cristiane di fronte a vecchie e nuove divisioni, con la partecipazione di Debora Spini, Mario Affuso e Mario Marziale
Venerdì, 23 gennaio, alle 18, Chiesa ortodossa russa: preghiera ecumenica con la partecipazione di Mario Marziale
Domenica, 25 gennaio, alle 17.30, Battistero di S. Giovanni: testimonianza di dialogo e vespri ecumenici con la partecipazione di Pawel Gajewski.
A cena col “Sassolino” (a cura di Roberto Davide Papini)
La sera di sabato 29 novembre, grazie all’ottima riuscita della cena di autofinanziamento (destinata a raccogliere fondi per ristrutturare gli spogliatoi delle docce dell’internat per bambini di strada di San Pietroburgo) è stata una bella tappa nel cammino del “Sassolino Bianco”, l’associazione di volontariato che si occupa di progetti per assistere bambini e adolescenti in difficoltà in Italia e in varie parti del mondo. L’iniziativa, ideata e organizzata da Paola Reggiani (responsabile della sezione fiorentina) e Antoinette Steiner (membro del direttivo nazionale), con la preziosa collaborazione della “Compagnia dei Nove” e di altri volontari è stata molto apprezzata dai quaranta commensali, anche grazie al brillante show del gruppo musicale “Train de vie”. Nella serata sono stati raccolti circa 600 euro ed è stato un ottimo modo per riavviare e rivitalizzare le iniziative della sezione fiorentina. Un segno di speranza per il futuro che si aggiunge all’ottimo lavoro fatto quest’estate dalla sezione elbana (che ha raccolto 1700 euro destinati a un progetto per ragazze vittime di violenza in Congo) e al tradizionale e multiforme attivismo della sezione delle Valli valdesi.
Molto positiva è stata anche la missione di una delegazione in Bielorussia a metà dicembre per verificare la situazione degli istituti per minori che l’associazione segue da anni, anche alla luce della chiusura di alcuni di essi, a partire dall’internat di Voronovo. La delegazione ha fatto un giro degli istituti tra Voronovo, Radun e Grodno, prendendo nota dei progressi fatti e dei tanti problemi aperti. All’interno del tradizionale sostegno al centro di Kobrin (che consente a un migliaio di bambini delle zone più povere della Bielorussia di trascorrere due settimane in un ambiente salubre, con un’alimentazione adeguata e una serie di cure mediche) si sta sviluppando l’idea di realizzare un frutteto che servirà a fornire frutta fresca e sana ai bambini, permettendo alla struttura di risparmiare molti soldi, visto l’enorme aumento dei prezzi di generi alimentari nel Paese. Basti pensare che il Governo di Minsk passa a ogni istituto per bambini due euro al giorno per il vitto di ciascun bambino, cifra assolutamente insufficiente. Per chi volesse saperne di più o volesse darci una mano (ne abbiamo molto bisogno!) basta telefonare a: Riccarda Nardini: 3392214182; Paola Reggiani:3338405915; Roberto Davide Papini: 3355614547.
Chiesa apostolica italiana
Domeniche dialogate (Firenze, Via M. Morosi). Ogni seconda domenica del mese, dalle ore 10,30 alle 12,45, l’incontro è dedicato allo studio biblico-teologico secondo la consueta formula: lettura ampliata di una base d’ascolto, consegnata in copia a tutti i presenti, e conversazione di recezione e di approfondimento. Durante l’anno 2009 continuerà un percorso ecclesiologico che si svolgerà come segue: 11 gennaio 2009: Relazioni tra chiese locali; 08 febbraio 2009: Ministeri e carismi nella chiesa locale; 08 marzo 2009: Rinnovamento della chiesa locale; 12 aprile 2009: Chiesa locale ed evangelizzazione; 10 maggio 2009: Chiesa locale luogo del quotidiano; 14 giugno: Aggiornamento teorico-pratico su “La predicazione”.
La partecipazione è aperta a tutti.
Forum teologico giovanile (Prato, Casa pastorale, Via Vespucci 3/18). Gli incontri si hanno il quarto sabato di ciascun mese, dalle ore 16,00 alle ore 17,00/30. Saranno trattati, come voluto dai partecipanti, temi di teologia sistematica secondo il seguente diario: 24 gennaio 2009: Cosa è la soteriologia?; 28 febbraio 2009: Cosa è l’ecclesiologia?; 28 marzo 2009: Cosa è l’escatologia?; 25 aprile 2009: Cosa è la ‘non credenza’?; 23 maggio 2009: Cosa è la futurologia?; 27 giugno 2009: Cosa è la kairologia?.
La partecipazione è aperta a tutti.
Chiesa evangelica battista
http://chbattistaborgognissanti.interfree.it
Domenica 14 dicembre il fratello Giorgio Brandoli ha curato liturgia e predicazione, in sostituzione del pastore Volpe impegnato per l'Unione Battista in Piemonte. A lui il ringraziamento della comunità per il servizio svolto.
Rettifica di quanto scritto nel numero scorso: Mauro Galli è ancora membro del Consiglio di Chiesa. Ce ne scusiamo con l'interessato e con i lettori.
L'appuntamento per il culto rimane domenica alle 11, anticipato da mezz'ora di canti. Studio biblico il sabato sera alle 19.45 sugli Atti degli Apostoli. Tutte le attività si svolgono regolarmente: scuola domenicale, gruppo giovanissimi, gruppi di preghiera nelle case. È iniziata una riunione di giovani il giovedì pomeriggio alle 17.30.
Chiesa evangelica luterana
Il 21 gennaio, mercoledì, alle 16.30: incontro ecumenico, ingresso in via dei Bardi 20. I nostri culti domenicali si svolgono la prima e la terza domenica del mese, in lingua tedesca; da gennaio fino al 5 aprile 2009 avranno luogo nella sala comunitaria, ingresso via dei Bardi, 20. La seconda e la quarta domenica del mese viene celebrato invece il culto della Chiesa riformata svizzera, in lingua italiana, sempre in via dei Bardi, 20.
Chiesa evangelica valdese
www.firenzevaldese.chiesavaldese.org
Esperienze di lutto. Gli ultimi due mesi del 2008 sono stati segnati da due lutti. All’inizio di novembre è tornato alla casa del Padre il fratello Sebastiano Di Luca; pochi giorni prima di Natale anche il fratello Sergio Lorenzetti, dopo una lunga malattia ha varcato la soglia dell’Eternità. Fiduciosi nella promessa della risurrezione ci stringiamo con affetto intorno alle famiglie di Sebastiano e di Sergio.
Ricordiamo le principali attività ordinarie della nostra chiesa. Il culto domenicale è celebrato a Firenze alle 10.30 nel tempio di via Micheli, 26. La scuola domenicale per i bambini si incontra ogni domenica nell’orario del culto, dalle 10.30 alle 11.45.
Il gruppo di catechismo si riunisce ogni sabato alle 15, in via Manzoni. Lo studio biblico si tiene ogni sabato (salvo eccezioni legate alle attività del Centro culturale protestante), alle 16.30 in via Manzoni, 21. A gennaio proseguirà lo studio del libro di Osea. L’ultimo sabato del mese, 31 gennaio, dopo lo studio biblico, dalle 17.45 alle 19 si terranno gli incontri di catechismo per le persone adulte che hanno chiesto di essere ammesse come membri della chiesa valdese di Firenze. Continuano anche gli incontri del gruppo giovani in via Manzoni. Il principale oggetto di studio e di discussione è il commento di Karl Barth all’Epistola ai Romani. Per informazioni: Anita Barbanotti, 3403954931, e-mail: merlina85fi@hotmail.com.
Le riunioni nelle case saranno concordate direttamente con le persone interessate e comunicate durante i culti domenicali.
A Pistoia, il gruppo di diaspora valdese si riunisce ogni primo giovedì del mese, alle 20.30 nei locali della Chiesa evangelica battista. Nel mese di gennaio, in via eccezionale, l’incontro di studio biblico sull’epistola ai Filippesi si terrà il secondo giovedì del mese, 8 gennaio 2009.
A Empoli il culto domenicale per il locale gruppo di diaspora valdese è celebrato la terza domenica del mese, 18 gennaio 2009, alle 16.30 nel locale di via Pontormo.
di Roberto Davide Papini
A fine anno, uno spazio satirico (come questo cerca, più o meno, di essere) potrebbe rileggere l’anno appena passato in chiave caricaturale, accentuando volutamente alcuni aspetti, magari in chiave polemica verso i cattolici (tanto per citare un obiettivo a caso). Ma i lettori di questa rubrica che conoscono il nostro equilibrio e apprezzano la nostra moderazione ecumenica di certo non si aspettano questo. Sarebbe troppo facile...
Già, sarebbe troppo facile distorcere la realtà e dire che nel 2008 c’è stata un’esibizione necrofila e di cattivo gusto del cadavere di Padre Pio. Peggio ancora sarebbe fare della banale ironia insinuando che l’operazione è stata fatta anche per incassare un po’ di soldini. Fuorviante sarebbe sostenere che il Vaticano ha avuto sul caso di Eluana Englaro una posizione di chiusura verso il dramma della famiglia e le volontà espresse dalla stessa Eluana. Vorrebbe dire essere troppo caricaturali scrivere che il Vaticano si è rifiutato di firmare all’Onu la proposta per depenalizzare il reato di omosessualità o la convenzione sui diritti dei disabili perché manca il divieto esplicito all’aborto. No, sarebbe troppo anche per Ratzinger, di sicuro non è successo questo. Così come sarebbe incredibile affermare che la Cei ha protestato per il taglio alle scuole private (cattoliche) e che subito dopo il Governo ha chiesto scusa e ha ripristinato i fondi.
Tutto questo non è accaduto, non può essere successo e sarebbe troppo ipotizzarlo anche per uno spazio irriverente come questo.
Con questa certezza rassicurante (?), buon 2009 a tutti!
Diaspora evangelica
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