Diaspora evangelica

Mensile di collegamento, informazione ed edificazione

Anno XLI – numero 1 - gennaio 2008

 

 

La nostalgia del Regno

di Søren Kierkegaard*

Non permettere, o Dio,

che la nostra fiducia in te si dilegui come un’idea fugace,

come l’espediente di un momento

o le assicurazioni fallaci di questo cuore carnale.

 

Fa’ che in noi la nostalgia del tuo regno

e nostre speranze del tuo splendore

non siano dolori infecondi,

né simili a nubi senza pioggia.

Ma come rugiada che disseta,

esaudite, bagnino le nostre labbra,

e come la tua manna celeste,

ci sazino per sempre!

 

 * 1813-1855, filosofo e teologo luterano, nato e morto a Copenhagen (Danimarca)


 

In questo numero:

-        Editoriale, di Pawel Gajewski

-        Meditazione biblica di Andrea Panerini

-        Giovanni Diodati - traduttore della Bibbia di Emidio Campi

-        Il naso tra i libri di Sara Pasqui

-        Omaggio a Domenico Maselli di Roberto Davide Ppini

-        La Bibbia di Giovanni Diodati di Roberto Davide Papini

-        Il Dopolavoro Teologico di Pasquale Iacobino

-        Sassolini da coltivare di Roberto Davide Papini

-        Dalla Radio Voce della Speranza a cura di Roberto Vacca

-        Libertà religiosa. Nessuna voce evangelica al meeting sui diritti umani di Firenze: la protesta dei pastori fiorentini, dal NEV

-        Notizie dalle associazioni e dalle Chiese evangeliche fiorentine

-        Archivio della DIASPORA: Diario di un parroco di città

-        Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

 

 

Editoriale

di Pawel Gajewski

Con questo numero la DIASPORA EVANGELICA inizia il 41° anno di vita. Come abbiamo annunciato, anche in questo numero ci sono alcune piccole novità. Prima di tutto ci siamo permessi di accorciare (“tagliare”, come si suol dire nel gergo giornalistico) alcuni contributi. Speriamo che nessuna delle persone che collaborano con la nostra circolare si sentirà offesa da questo provvedimento redazionale. Considerata l’impaginazione del nostro foglio, abbiamo deciso di fissare la lunghezza massima dei contributi scritti; si tratta di 3 pagine che corrispondono a 6000 battute circa, spazi inclusi. In questo numero abbiamo dato abbastanza spazio a ciò che si può definire come “cronaca locale”. Il motivo di tale scelta è molto semplice. Nel mondo evangelico fiorentino succedono ogni mese tante cose. Nessuno di noi è in grado di frequentarle tutte quante. È dunque importante condividere le notizie riguardanti almeno una parte di questi interessanti eventi.

In questo numero è anche presente la dimensione ecumenica. È un argomento estremamente difficile. Da un lato noi evangelici veniamo ignorati non tanto dall’interlocutore cattolico romano quanto dal partner che si proclama laico e rappresenta gli organi dello Stato. Dall’altro lato rimane sempre valido l’invito biblico a pregare incessantemente affinché la sostanziale unità della Chiesa di Gesù Cristo si manifesti pienamente, oltrepassando tutte le rigidità dogmatiche e disciplinari instaurate dagli esseri umani.

A tutte le persone che leggono la DIASPORA EVANGELICA auguriamo un anno nuovo ricco di Benedizioni dell’Eterno.


«Verrò come un ladro e tu non saprai a che ora verrò a sorprenderti» (Apocalisse 3,1-6)

di Andrea Panerini

 

Fratelli e sorelle, questo brano fa parte di un complesso (capitoli 2 e 3 dell’Apocalisse) denominato comunemente “lettere alle chiese”. In realtà mancano i presupposti, anche formali, per definire questi testi delle vere e proprie “lettere”. Più correttamente si dovrebbe parlare di “messaggi” od “oracoli”. Il numero di questi messaggi è di sette, numero che sappiamo essere altamente simbolico nella Bibbia. Tutti questi messaggi, da intendersi anche indipendenti l’uno dall’altro anche se dentro un comune disegno, sono un riferimento a modelli ecclesiologici, positivi e negativi. La chiesa di Filadelfia, ad esempio, è chiaramente indicata come esempio di virtù cristiana e di amore fraterno. La chiesa di Sardi, per tornare al nostro brano, era una delle più antiche comunità cristiane, la cui nascita viene fatta risalire ai primi anni della predicazione dell’apostolo Paolo. Sardi era una città notoriamente ricca ed opulenta, di cui i viaggiatori che venivano a Roma immaginavano mitiche ricchezze. Era la patria di Creso, una città in cui il lusso e la lussuria contaminavano la ricchezza cristiana. Una chiesa alla quale viene detto: «Io conosco le tue opere: tu hai fama di vivere, ma sei morto». Una chiesa fatta di esteriorità, di forme vane, ma in cui non si possono vedere né la vera pietas cristiana né l’opera autentica dello Spirito.

Quante analogie con la contemporaneità! Non solo si colgono riferimenti ai cristiani che hanno traviato il retto percorso di fede trincerandosi dietro vuote forme e basandosi sull’autorità della «tradizione» e non della Scrittura, ma questo brano chiama tutti i cristiani, tutte le chiese, ad un sincero e approfondito esame di coscienza. Tu hai in mano la Bibbia, quindi la verità rivelata dal Signore e il Signore ti ha rivelato quello che potevi conoscere. Ma tu hai lasciato la sana pratica di fede, di speranza e di carità. Conosci le forme dell’amore cristiano ma le hai rinnegate con forza tramite ipocrisie, perbenismi, discriminazioni, razzismo più o meno professo. Non hai più interesse nell’amore verso il prossimo, ma, come i farisei, ti interessa solo sembrare “giusto” e osservante.  «In verità vi dico che quando non l’avete fatto ai miei più piccoli fratelli, non l’avete fatto a me» (Mt 25,45). E’ un monito grave, che deve fare riflettere il credente.

Un passo particolarmente significativo è il terzo versetto: «Ricordati dunque come hai ricevuto e ascoltato la parola, continua a serbarla e ravvediti. Perché, se non sarai vigilante, io verrò come un ladro, e tu non saprai a che ora verrò a sorprenderti». E’ un versetto molto denso di contenuti. Ad una prima lettura anche a me è sembrato inquietante, una sorta di minaccia, di spada di Damocle. Ma non in questo senso va inteso. Esso esorta il credente a custodire gelosamente la Parola di Dio, donandola contemporaneamente ai fratelli non per giudicarli, perché tutti siamo peccatori, ma per dare loro una speranza. Un messaggio che deve forse far riflettere anche la nostra chiesa su alcune fragilità che dimostriamo nel predicare pubblicamente la Scrittura, che non va brandita o imposta agli altri ma che non ci dobbiamo vergognare di testimoniare, come non dobbiamo aver timore nel professare la nostra fede nel Cristo risorto.

Noi siamo nelle mani di Dio, totalmente affidati a Lui e non sappiamo quando il Signore ci chiamerà a sé. Quindi se sei adirato con un fratello, prima di presentarti al cospetto di Dio, riconciliati con il fratello in questione, anche se pensi di avere ragione (cfr. Mt 5,23-25).Non dobbiamo avere paura davanti a questo testo, il Signore ci vuole dire che noi siamo uomini e che nulla è più fragile ed aleatorio della vita umana. Non dobbiamo vivere con l’angoscia che Lui verrà di notte «come un ladro» nel senso deteriore, ma abbandonati alla fiducia nella Sua grazia. Amen.

 

  

 

Giovani Diodati e la sua traduzione della Bibbia in italiano

di Emidio Campi (prima parte)

Intervento al convegno del 2 dicembre 2007 al Centro polivalente avventista sui 400 anni della Bibbia del Diodati

Debbo confessare che quando il consiglio dei pastori delle chiese di Firenze mi ha fatto l’onore di invitarmi a questa celebrazione del quarto centenario della Bibbia Diodati mi sono commosso. Mi sono sentito tornare bambino, quando ascoltavo a bocca aperta le storie bibliche che mi raccontava mio nonno. Da bambino, chi fosse Diodati, non lo sapevo, né tantomeno cosa fosse la “diodatina”. Sono sicuro però che uno dei primi libri che ho avuto tra le mani era un bel volume, rilegato in pelle nera, con i  margini dorati e scalettati per facilitare la consultazione del testo: era una Bibbia Diodati. Adesso so che vocaboli come: “eziandio”, “imperoché”, “avvegnaché ” sono toscanismi tardo cinquecenteschi. Però da bambino mi sembravano parole immaginifiche che eccitavano la fantasia. Dico questo non perché credo di essere disceso da gente particolare, ma perché, al contrario, sono convinto che qualcosa di analogo possa raccontarsi di tante altre famiglie popolane evangeliche d’Italia che  fino alla metà del Novecento hanno preso così sul serio la “Diodatina” da scolpirla in maniera indelebile nelle loro menti e nei loro cuori.

Quanto più forte è la commozione, tanto più grande è la tentazione di rivestire il passato secondo i propri gusti. Credo che se vogliamo essere veramente rispettosi della memoria di Giovanni Diodati e della sua versione della Bibbia dobbiamo chiederci se la sua traduzione fu davvero un evento di importanza storica, al punto da giustificarne una commemorazione a distanza di quattrocento anni, o se si trattò di una specie di generosa infatuazione di un giovane rampollo di una facoltosa casata. Diciamolo semplicemente, senza tante perifrasi: valeva davvero la pena che il Diodati spendesse la sua giovinezza, anzi la sua intera vita – e i suoi stessi beni – in quest’impresa?

***

Le precedenti traduzioni della Bibbia in italiano

A noi che guardiamo le cose a quattrocento anni di distanza, sembra del tutto normale e pacifico che qualcuno, avendone le capacità, si metta a tradurre, magari a proprie spese, il testo biblico. Non dimentichiamo però che l’Italia dal 1546 al 1757 visse in un clima che – col senno di poi – appare paradossale. La chiesa cattolica usava ed onorava la Bibbia in latino, ma vietava e avversava la Bibbia in lingua volgare, al punto da non esitare a metterla al rogo, come ha messo bene in luce Gigliola Fragnito. Come è  noto, il concilio di Trento l’8 aprile 1546 impose l’uso della versione latina detta Vulgata nella predicazione e spiegazione del testo biblico; in seguito, con  la costituzione “Dominici gregis custodiae” del 24 marzo 1564 Pio IV proibì le versioni in lingua volgare. Tale divieto fu abolito da Benedetto XIV il 13 giugno 1757 con un decreto che concedeva la stampa e lettura di Bibbie in volgare, purché fossero approvate dalla Santa sede. In questo lungo arco di tempo la Bibbia rimase relegata sullo sfondo della vita e della cultura religiosa italiana, fino a cadere in un lungo declino, dal quale solo da pochi decenni ha iniziato lentamente a riprendersi.

Meno noto, viceversa, è che nonostante il divieto di diffusione della Bibbia in volgare, non mancarono i tentativi di traduzione, anzi si trattò di un fenomeno non meno ragguardevole che in altri paesi europei. Già prima del concilio di Trento erano stati fatti alcuni modesti tentativi. Senza risalire alla Bibbia del Malermi del 1471, basta qui ricordare la Bibbia del fiorentino esiliato a Venezia Antonio Brucioli, apparsa nel 1532 a cui seguirono numerose ristampe fino al 1559, anno in cui fu messa all’Indice da Paolo IV. Anche il domenicano Santi Marmochino pubblicò, sempre a Venezia, una versione della Bibbia nel 1538. [1] Tuttavia entrambe le versioni attingevano solo in parte ai testi originali e inoltre erano scritte in una lingua aspra, alquanto contorta e talvolta oscura. Nel 1551 a Lione fu stampato il Nuovo Testamento del fiorentino Massimo Teofilo, in cui veniva corretta la lingua e lo stile del Brucioli. Un posto a sé merita la Bibbia di Ginevra del 1562, detta anche Bibbia Rustici, dal nome del suo traduttore-compilatore, il medico lucchese Filippo Rustici, rifugiatosi nella città di Calvino.[2] In essa si denota una migliore comprensione del testo originale là dove precedentemente esso era stato frainteso o mal interpretato, ma non si può dire che possedesse una maggiore eleganza nello stile. Tuttavia la Bibbia di Ginevra resta, con decorosa dignità, singolarmente notevole. Per oltre mezzo secolo essa nutrì la pietà degli esuli italiani per causa di religione a Ginevra e al di là della piccola repubblica lemana. Inoltre, come poche altre fonti coeve, essa dà il senso di una vasta corrente di pensiero che sperava ancora di vedere l’alba di un rinnovamento civile e spirituale dei “Principi e Repubbliche d’Italia”, come recita la lunga e appassionata dedica.

Il Diodati si rese certamente conto delle molte imperfezioni di queste versioni fin dai suoi primi anni di studio, quando il greco e l’ ebraico cominciarono ad essergli familiari. Spinto dal duplice desiderio di fornire una versione chiara e fedele del testo biblico alla chiesa italiana di Ginevra e di favorire il diffondersi delle idee evangeliche in Italia, questo ginevrino nelle cui vene scorreva sangue lucchese si accinse giovanissimo alla traduzione della Bibbia nella lingua che sentiva come la materna. Eccellente ebraista e buon ellenista, Diodati traduceva dagli originali,anziché dalla Vulgata o da altre versioni latine, come avevano fatto i suoi predecessori.  Una prima bozza era già pronta nel 1603 e il ventisettenne traduttore, da poco nominato professore di teologia all’ Accademia, la presentò il 18 novembre di quell’anno alla seduta della compagnia dei pastori per ottenere l’autorizzazione alla pubblicazione. A quanto si deduce dall’epistolario, predominava in lui, anziché un senso di orgogliosa soddisfazione per la grandezza del lavoro compiuto, la consapevolezza dei propri limiti, per cui passò ancora del tempo prima  che l’ opera vedesse la luce. Intanto si rivolse ad amici e conoscenti di provata esperienza perché lo aiutassero ad epurare il testo dagli errori e a migliorarne lo stile.

 

 

Il naso tra i libri: Le variazioni Reinach

di Sara Pasqui Rivedi

 

Il libro ricostruisce la vicenda di una potente e nota famiglia ebrea, i Reinach: Léon, Beatrice sua moglie ed i loro figli Fanny e Bertrand. I due coniugi discendono da facoltosi banchieri celebri per il loro amore per l’arte e la passione per il collezionismo. Beatrice è l’erede di Moїse de Camondo, Léon è figlio di Theodore Reinach. I loro padri si stabilirono a Parigi ed in questa città svilupparono e potenziarono i propri affari a tal punto da costruire un vasto impero finanziario di cui avrebbero beneficiato i figli. Furono degli eccentrici cultori d’arte infatti Moїse si fece erigere un sontuoso palazzo, l’Hotel de Camondo, dove visse con i due figli, Nissim e Beatrice, Theodore invece incaricò l’architetto Pontremoli di costruire una villa in stile neogreco sulla Corniche, fra Montecarlo e Nizza, che chiamerà Kérylos. Il periodo storico in cui i membri della due famiglie si muovono, agiscono, vivono è la prima metà del 900.

La storia ha inizio a Parigi in una domenica di marzo del 2002, lo scrittore sta visitando, insieme alla moglie ed al figlio, le Musée Nissim de Camondo allestito nel palazzo omonimo e fortemente voluto da Moїse in memoria del figlio morto in un combattimento aereo durante la I Guerra Mondiale. Qui Beatrice trascorse la sua giovinezza in modo solitario ed appartato, ed all’Autore che vaga un po’annoiato e disattento ad un tratto sembra di avvertirne la presenza, anzi perfino di scorgerla avanzare un po’ rigida ed imbronciata, attraversare lentamente le grandi sale, sfiorare i mobili, soffermarsi davanti al pianoforte, mentre nell’aria sente echeggiare voci e risa infantili. I suoni, i gesti, le ombre evanescenti che la sua immaginazione, senz’altro stimolata dall’atmosfera rarefatta ed un po’ magica del luogo, ha percepito sono interpretate come una richiesta “di un debito da saldare” con gli scomparsi, i sommersi, quasi essi volessero tornare a far sentire la loro voce, a raccontare la loro vita, la loro tragica sorte affinché il ricordo non vada disperso, annullato, cancellato dall’oblio.

 Sotto gli occhi del lettore si dipana il filo della memoria, i personaggi si sostanziano, prendono vita e si animano, il loro vissuto si intreccia con quello della raffinata società parigina. Léon e Beatrice si conoscono fin dall’infanzia e si sposano nel 1919, ma il loro non sarà un matrimonio felice poiché assai diversi per carattere e per interessi culturali. Léon ama la solitudine, la quiete, rifugge dalla vita mondana, si sottrae anche agli incontri con i parenti, ha interesse per la poesia e la musica, suona il piano e trae piacere dalla composizione infatti è autore di una sonata per violino e pianoforte, opera reputata assai pregevole dai critici. Beatrice ha vissuto l’infanzia segnata dalla separazione dei genitori, dall’assenza della madre. Non è bella, ha un atteggiamento scostante ed un’espressione accigliata che rivela inquietudine, ansia, insicurezza, insoddisfazione. Anche i figli sono diversi fra loro: Fanny è vivace, frequenta feste e ricevimenti, ama cavalcare e partecipare ai concorsi di equitazione; Bernard al contrario è taciturno e scontroso, ma anche lento nell’apprendere, non riuscirà bene negli studi. I Reinach vivranno senza emozioni e coinvolgimenti l’inizio del secondo conflitto mondiale. Anche quando la Francia sarà invasa dall’esercito tedesco e la persecuzione degli ebrei si farà più capillare e segnata da iniqui provvedimenti essi sperano, in virtù di meriti acquisiti e della loro condizione sociale di non dover subire umiliazioni. Poi tutto precipita rapidamente, la caccia all’ebreo si fa sempre più spietata e non vale essere ricchi ed importanti cittadini francesi, ormai sono dei paria. Léon decide di abbandonare Parigi per raggiungere il Sud della Francia con l’intento di organizzare la fuga in Spagna per tutta la famiglia, Beatrice invece è tranquilla e fiduciosa perché si è convertita al cattolicesimo, è fermamente convinta che la sua nuova religione la proteggerà.

Tutti quanti saranno catturati e trasferiti nel campo di raccolta e di internamento di Drancy dove sosteranno in attesa di essere deportati all’Est. Saliranno su quei vagoni ferroviari diretti verso i campi di sterminio troveranno la morte: Fanny e Beatrice ad Auschwitz, Léon e Bernard a Birkenau. Il percorso di Tuena per ricostruire la loro vita e le loro vicende familiari via via che procede nella ricerca si trasforma in un pellegrinaggio soprattutto quando approda a Drancy e ritrova quasi intatto il luogo dove migliaia di persone sostarono ed attesero il compiersi del loro tragico destino. Dalle testimonianze dei rari superstiti, compagni di sventura dei Reinach, emerge che essi dimostrarono in quel drammatico periodo della loro vita una dignitosa rassegnazione ed un’accettazione coraggiosa che si esplicitano in queste frasi di Léon: «Bisogna provare tutto, essere i primi e gli ultimi!»

Il libro avvincente e coinvolgente è arricchito da numerose fotografie, alcune fortunosamente ritrovate, altre scattate dall’Autore nei luoghi testimoni delle vicende narrate ed è corredato dalle riproduzioni di lettere e documenti, da riferimenti archivistici e bibliografici.

Filippo Tuen, Le variazioni Reinach, Rizzoli, 2005, pp.396, €17.50

 

Profilo biografico dell’autore

Filippo Tuena è nato a Roma il 24 luglio 1953 da una famiglia di origine poschiavina, nelle sue vene scorre sangue non solo svizzero, ma anche pugliese e triestino. A diciassette anni, costretto a letto da una brutta influenza, legge «Guerra e Pace» di Tolstoj e «La Peste» di Camus, ne resta talmente affascinato da decidere di dedicarsi alla scrittura. Nell’arco di otto anni vengono pubblicati cinque dei suoi romanzi e colleziona una serie di premi letterari come il Premio Bagutta nel 1991 ed il Premio Super Grinzane Cavour del 2000. Nel 2006 ha pubblicato presso la casa editrice Fazi la «Grande ombra», un dossier dedicato agli ultimi anni di Michelangelo.

 

 

«Chi ha sprezzato il giorno delle piccole cose?». Omaggio a Domenico Maselli

di Roberto Davide Papini

 

«Un’opera collettiva che vuole onorare chi ha onorato questa città, vivendo gli anni di insegnamento e i mandati parlamentari come servizio nel segno della parola biblica: “Ora il frutto della giustizia si semina nella pace per quelli che si adoperano alla pace” (Giacomo 3:18)». Così il pastore Mario Affuso ha presentato il volume dedicato a Domenico Maselli, pastore, docente universitario e deputato in due legislature. Un’opera dal titolo biblicamente evocativo, «Chi ha sprezzato il giorno delle piccole cose?» (Zaccaria 4:10) che è stata dedicata a Maselli da colleghi, studiosi e parlamentari e che è stata presentata alla Libreria Claudiana di Firenze il 7 dicembre, in un affollato incontro moderato da Carlo Catarsi con Valdo Spini e Giovanni Gozzini. Un’occasione per approfondire l’assiduo impegno di una vita di fede, di studio e di impegno civile che Maselli porta ancora avanti, come pastore valdese di Lucca e come presidente della Federazione chiese evangeliche italiane, nella prospettiva della fratellanza fra gli uomini «nel significato più ampio e universale che è al di sopra delle diversità di fede, di pensiero politico e di appartenenza etnica», come sottolinea Alessia Artini che ha curato le testimonianze e gli studi raccolti nel volume edito da “Epa”.

Un libro ponderoso (oltre 1100 pagine) e ricco di approfondimenti interessanti e di saggi che spaziano dalla storia alle testimonianze sino ai discorsi parlamentari di Maselli. Nella sezione dedicata alla storia ci piace segnalare, tra i tanti articoli di valore, «Note per servire a un’archeologia del pregiudizio antimusulmano» di Franco Cardini, gli «Appunti sulla confutazione del Purgatorio in Pietro Martire Vermigli» di Alessia Artini, le riflessioni di Giorgio Tourn su Dietrich Bonhoeffer «Etsi Deus non daretur», l’intervento di Giorgio Bouchard su «Riforma e Risveglio. Una dialettica interna al mondo protestante» e quello di Arnaldo Nesti su «Firenze religiosa: la presenza evangelica nel primo Novecento».

 

 

Abitare il vuoto, esistenza come domanda – il terzo appuntamento del Dopolavoro Teologico

di Pasquale Iacobino

 

Il terzo appuntamento del gruppo di lettura “Dopolavoro Teologico”, il 18 dicembre, è stato introdotto dagli interventi di Daniela Monreale e di Roberto Cappato.

Daniela ci ha accompagnato nelle pagine de «Il Dio sconfinato» dedicate ai temi dello svuotamento, del sostare creativo (o del fermarsi sabbatico) e della preghiera come respiro divino.

Roberto, rileggendo «Parlare di Dio» di André Gounelle, ha proposto alla nostra attenzione il nodo della centralità di Cristo per la fede cristiana nell'epoca della “post-modernità”. Ne è seguita un’appassionante discussione con molti interventi e domande.

Qual è il ruolo del silenzio nella conoscenza di sé e nell'ascolto dell'altro/a? C'è il rischio di una deriva narcisistica nelle pratiche meditative? Può il vuoto essere gravido di un fecondo possibile? Qual è la posizione e la funzione della cristologia nella teologia? Qual è la distinzione tra Gesù e Cristo? Dio esiste?

Con Paul Tillich, forse, è possibile pensare che la dimensione interrogativa dell'esistenza non riguardi tanto Dio, quanto l'uomo e la donna. Nel teatro drammatico della vita l'essere umano esiste? Insomma, piace pensare che nell'inquieta ma fiduciosa ricerca vissuta dal Dopolavoro Teologico si agiti proprio l'assunto tillichiano dell'esistenza umana come domanda: “L'essere umano è la domanda che egli pone su se stesso” (P.Tillich, “Teologia sistematica”, Vol.1, Claudiana 1996, p. 78).

Il prossimo incontro del Dopolavoro Teologico, iniziativa promossa dal Centro Culturale Protestante “P.M. Vermigli” e dalla Libreria Claudiana, si terrà martedì 29 gennaio alle 20 in via Manzoni, 21 a Firenze. Questo il programma: il pastore Lello Volpe introdurrà Andrè Gounelle per i capitoli: “Silenzio e parola di Dio” / “Il Dio vivente” / “I tempi di Dio”; Simona Tocci introdurrà Elisabeth Green per i capitoli: “Fino alla morte” / “La potenza del nulla” / “La cicogna, ovvero come tutte le cose cooperano al bene”.

Gli interessati e le interessate assenti agli incontri precedenti possono sempre inserirsi e partecipare. Si ricorda che è necessario per il 29 gennaio leggere i capitoli di cui sopra. Gli incontri saranno a frequenza mensile fino a maggio. Per informazioni: telefono: 055.28.28.96. Oppure via e-mail: libreria.firenze@claudiana.it

 

Elizabeth Green, Il Dio sconfinato, Claudiana Torino 2007, pp.103, € 10

André Gounelle, Parlare di Dio, Claudiana, Torino 2006, pp.185, € 16,50

 

 

Sassolini da coltivare

di Roberto Davide Papini

 

A parte  tutte quelle curve e  un po’ di mal d’auto (d’altronde a casa loro le strade sono in pianura e abbastanza diritte) il mese passato in Italia dai bambini bielorussi ospiti di Casa Cares e del “Sassolino Bianco” è stato davvero da incorniciare. Un mese intenso tra lezioni scolastiche, momenti di gioco, allegria, gite e attività manuali e creative. Il campo con i sedici bambini provenienti dall’istituto di Radun, uno degli internat seguiti dall’associazione “Sassolino Bianco”, ha riempito il mese di novembre e i primi giorni di dicembre e, soprattutto, i cuori dei tanti volontari che si sono alternati nelle varie attività coordinate ottimamente da Antoinette Steiner e da Paola Reggiani. Accompagnati dall’insegnante Irina e dall’interprete Svetlana (che hanno gestito ogni situazione con grande professionalità e sensibilità) i sedici bambini dai 9 ai 12 anni hanno continuato a frequentare le lezioni scolastiche, usufruendo dell’ospitalità della scuola elementare di Leccio, e nei fine settimana sono stati impegnati in numerose attività. Dal laboratorio artistico creativo tenuto da Daniela Sarasso alla visita a Palazzo Vecchio e al Museo dei bambini (organizzata dall’infaticabile Riccarda Nardini), dalle attività manuali con la ceramica fino alle gite a Pisa (sotto l’occhio vigile di Andrea Melli) e  a Fornovolasco, in Garfagnana, per visitare la spettacolare Grotta del Vento grazie alla generosa ospitalità del sindaco di Vergemoli, Michele Giannini.

A dire il vero, la presenza dei bambini bielorussi provenienti da una realtà difficile e pesante (l’internat di Radun accoglie ragazzi dai 6 ai 16 anni, orfani o con situazioni familiari particolarmente difficili e drammatiche), ha suscitato come sempre una catena di solidarietà straordinaria. Particolarmente importante è stato il supporto del Comune di Reggello per la disponibilità dell’aula, il servizio di scuolabus e il pranzo nei giorni di lezione, così come quello dei maestri, delle maestre, dei bambini e dei genitori della scuola di Leccio e poi di tante famiglie di Reggello e dintorni che hanno testimoniato ai piccoli ospiti bielorussi solidarietà e affetto.

C’è molto bisogno di solidarietà e generosità per aiutare questi e gli altri bambini che il “Sassolino Bianco” segue in Bielorussia, in una situazione difficile e dal futuro incerto. Come nel caso dell’internat di Voronovo (che ospita ragazzi dai 6 ai 18 anni con ritardi mentali o disabilità fisiche) la cui sorte è ancora tutta da capire. 

Ovviamente, il “Sassolino Bianco”, nato a Firenze nel 1997 promuovendo progetti a sostegno dei bambini bielorussi vittime della tragedia nucleare di Chernobyl, ha poi sviluppato attività più articolate in varie parti del mondo a favore dell’infanzia in difficoltà e sono allo studio programmi e iniziative rivolte a diversi Paesi, che saranno sottoposti all’approvazione dell’assemblea dei soci. La Bielorussia, comunque, resta anche adesso il principale scenario di azione dell'associazione che, oltre agli internat di Radun e Voronovo, aiuta il centro di prima accoglienza della provincia di Voronovo (per bambini in stato di abbandono dai 3 ai 13 anni), porta avanti un  progetto di sostegno scolastico a distanza, finanzia i campi estivi organizzati dalla Chiesa battista di Kobryn e sostiene il lavoro a favore dei portatori di handicap fatto dalla Chiesa battista di Grodno. Per informazioni sulle attività del “Sassolino Bianco” è possibile telefonare alla sede di via Manzoni 21, a Firenze, 055/2346933 oppure scrivere all’e-mail sassolinobianco@virgilio.it

 

I bambini bielorussi davanti al Palazzo Vecchio

 

 

Dalla Radio Voce della speranza: il bilancio di una scommessa

a cura di Roberto Vacca

 

Dal 1° al 16 dicembre la Chiesa avventista di Firenze ha promosso una fitta serie di incontri, con una doppia finalità: una umanitaria (un progetto contro la desertificazione nel Sahel) e una volta a dare visibilità ai nuovi locali e ai servizi del centro polivalente avventista. Si sono svolti incontri su diverse tematiche religiose, sociali e culturali, dalla traduzione biblica del Dio. Un calendario così fitto e ambizioso si presta male a un bilancio univoco. Da una parte può dare l’impressione di non aver considerato sufficientemente i limiti di una comunità che (come molte altre) risponde alle sollecitazioni organizzative soprattutto in un quadro di abitudini liturgiche (per noi il sabato). «Piantiamo alberi insieme» dunque presta il fianco alla critica di essere stato un progetto un po’ velleitario. D’altra parte questa serie di incontri in cui la chiesa avventista si è posta all’ascolto e al servizio di associazioni e individui, di laici e di cristiani di altre chiese, di ambientalisti e di politici, vuole essere la scommessa per un modo diverso di auto-comprendersi e di rapportarsi con gli altri. In questo indubbiamente la radio “Voce della Speranza” ha avuto un ruolo (non esclusivo, ovviamente) poiché è particolarmente esposta ai problemi della società e della comunicazione evangelica in rapporto a questi problemi.

Tra i tanti modi di inaugurare dei servizi cristiani e un luogo di culto, si è voluto evitare una strada auto-referenziale, che sarebbe stata probabilmente la più semplice e la più gratificante per diversi tra noi. Però la nostra identità è almeno in parte mutata, e noi avventisti (e i cristiani in generale) siamo chiamati a essere testimoni della grazia di Dio, ma non siamo l’ombelico del mondo, ci percepiamo immersi in un mondo pieno di problemi con tanti uomini e donne di buona volontà che avvertiamo come compagni di viaggio, con i quali ci sentiamo fratelli in un comune sforzo per migliorare quel che si può, con la consolazione (che vogliamo offrire con discrezione, ma anche con convinzione) che il Signore vuole essere al nostro fianco tutti i giorni, fino alla fine del mondo (Mt 28:20).

 

 

Libertà religiosa. Nessuna voce evangelica al meeting sui diritti umani di Firenze: la protesta dei pastori fiorentini

 

Roma (NEV), 12 dicembre 2007 – Gli evangelici fiorentini hanno disertato in segno di protesta l’XI meeting sui diritti umani organizzato dalla Regione Toscana, svoltosi ieri al Mandela Forum di Firenze con il titolo “La libertà religiosa come diritto: dialogo tra credenti e non credenti”. “Da tempo impegnate sul fronte della libertà religiosa, le chiese evangeliche avevano accolto con piacere l’iniziativa della Regione”, si legge in un articolo su La Nazione di domenica 9 dicembre, che prosegue: “un piacere che è durato poco ed è finito quando i protestanti fiorentini hanno scoperto che il programma non prevede la presenza di una voce evangelica”.

“Ormai siamo abituati a vedere la confessione cattolica chiamata come unica rappresentante del cristianesimo tra le religioni monoteistiche, con la consueta omissione delle componenti evangelica ed ortodossa”, ha scritto il Consiglio dei pastori di Firenze a Massimo Toschi, assessore regionale alla cooperazione internazionale. “Ci colpisce però – prosegue la lettera – che questo avvenga anche nell’ambito di una manifestazione sulla libertà religiosa e nel momento in cui è in funzione nella Regione Toscana una consulta per il dialogo interreligioso a cui partecipano una grande pluralità di confessioni e movimenti”. I firmatari, Giuliano Giorgi (Chiesa apostolica in Italia), Pawel Gajewski (Chiesa evangelica valdese), Eliseo Longo (Chiesa cristiana dei Fratelli) e Tiziano Rimoldi (Chiesa cristiana avventista), ricordano in particolare il ruolo della minoranza evangelica nell’affermazione della libertà religiosa, “non fosse altro per quella data del 17 febbraio 1848, l’emancipazione dei valdesi, momento di partenza di un lungo cammino verso l’effettivo godimento del diritto di libertà religiosa nella nostra amata Italia, e per il fatto che ben 5 delle 6 intese sin qui trasformate in legge in adempimento dell’articolo 8, comma 3, della Costituzione, riguardino confessioni evangeliche”.

“L’esclusione della voce evangelica risulta ancor più grave – ha dichiarato Domenico Maselli, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) –, se consideriamo il fatto che l’iniziativa si svolge presso il Mandela Forum, che prende il nome dal leader sudafricano, che è appunto un evangelico metodista”.

 

 

 

Dalle associazioni e dalle Chiese evangeliche fiorentine

 

Centro culturale protestante “Pier Martire Vermigli”

 

Il programma del Centro culturale “Vermigli” vedrà in gennaio un incontro particolarmente interessante dedicato al tema “il diritto di morire”. Prendendo spunto dall’omonimo libro di Hans Jonas e dal dibattito sempre più attuale su temi come il testamento biologico, la sera di venerdì 11 gennaio nella sede di via Manzoni 21 (l’appuntamento è per le 21) si confronteranno Pawel Gajewski, Mina Welby, Carlo Casini e Mario Melazzini.

 

Chiesa Evangelica Battista

Il culto domenicale è alle 11. Continua la scuola domenicale e il gruppo giovanissimi/e, mentre alle 9,30 prosegue il corso di introduzione alla teologia cristiana curato dal pastore. Raffaele Volpe. Domenica 9 dicembre è stata dedicata alle missioni: è iniziata l'offerta d'amore a sostegno dei missionari dell'European Baptist Federation; è stato presentato il progetto di adozione a distanza nato nell'ambito dei rapporti tra UCEBI e Convenzione Battista dello Zimbabwe; sono state raccontate esperienze missionarie in Afghanistan e Cuba. Un'agape fraterna molto partecipata ha allietato la giornata. Domenica, 16 dicembre nel pomeriggio, riunione del consiglio di chiesa con consultazione sui progetti di ristrutturazione dello stabile alla presenza del direttore dei lavori e della ditta edile. Martedì 25 dicembre si è tenuto il culto di Natale. Hanno continuato la loro attività i gruppi nelle case Biagini-D'Angrò, Baconi-Magherini, Brandoli-Tonarelli e Gloriana Innocenti.

 

Chiesa Evangeliche Valdese e Metodista

 

Dalla prima domenica di Avvento, 2 dicembre, le due comunità si riuniscono insieme per il culto domenicale. Questo fatto è legato alla temporanea chiusura del tempio di via Micheli a causa dei lavori. Durante l’Avvento abbiamo vissuto insieme momenti particolarmente intensi. Domenica, 16 dicembre, durante il culto preparato interamente dai giovani e giovanissimi della Chiesa valdese (Scuola domenicale, catechismo, gruppo giovani) è stata battezzata Harmony Marie, figlia di Mathieu e Larissa, una giovane coppia africana, che molto tempo frequenta da simpatizzanti la Chiesa valdese. Il 23 dicembre, dopo la predicazione tenuta dalla pastora Thesi Müller, sovrintendente del nostro circuito, sono stati insediati nel ministero di anziano la sorella Debora Spini e i fratelli Roberto Davide Papini e Valdo Pasqui. Il culto di Natale, particolarmente intenso ha visto un prezioso contributo della sorella Lisa, membro della Chiesa metodista. Lisa, cantante lirica di origine coreana, accompagnata dal maestro Riccardo Montanaro ha eseguito diversi canti tratti dal repertorio cristiano classico.

 

Dal concistoro valdese

Nella sua seduta del 19 dicembre, il concistoro della Chiesa valdese ha varato un nuovo momento di comunicazione con la comunità, con una piccola e sintetica relazione. In questa occasione il concistoro ha rinnovato le sue cariche, confermandole tutte, ad eccezione di quella di vicepresidente affidata a Debora Spini. Tra le varie decisioni quella di formalizzare alcune commissioni tematiche, individuando le prime aree su cui muoversi in:

1) Informazione e sito internet

2) Finanze

3) Manutenzione e gestione stabili

4) Ecumenismo, rapporti interreligiosi e con gli enti.

Si tratta di commissioni nelle quali, oltre ai vari membri del concistoro è auspicabile la presenza e la partecipazione di altre sorelle e fratelli della comunità. Tra i temi affrontati ricordiamo in particolare la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani

Esiste un’interessante possibilità di ospitare (presumibilmente in aprile) lo spettacolo del Gruppo Teatro Angrogna “Fina e l'inquisitore”, occorre verificare costi e questioni logistiche ed eventuali collaborazioni con altre chiese per suddividere gli oneri. Il concistoro ha anche preso atto favorevolmente dei prossimi lavori di tinteggiatura dei locali della Cooperativa la Riforma (al piano terra di via Manzoni) e ha brevemente esaminato l'interessante proposta avanzata dalla sorella Patrizia Barbanotti per un'attività a favore dei bambini “rom”, cittadini rumeni. Su questo, visto l'interesse della cosa, si è deciso di chiedere alla sorella Barbanotti un ulteriore approfondimento e un progetto più articolato. Il concistoro si riunirà di nuovo il 15 gennaio, il 5 febbraio e il 4 marzo. La prossima assemblea è stata fissata per domenica 30 marzo.

 

 

Dal diario di un parroco di città

 

Un mio caro fratello ci scherza su: “ecco il nostro parroco”, mi saluta. “Pace e bene”, rispondo scherzando anch’io. Ma forse vorremmo ‘anche’ dire così sul serio tutti e due, e questo sarebbe ‘anche’ bene, se Dio ci aiuta a essere autentici.

È una tensione senza respiro. Giorni fa mi è capitato di passare dalla festosità di un matrimonio a un dramma in ospedale, da una bega amministrativa in comune a una festa di giovani, e di avere almeno tre colloqui impegnativi. Tutto in un giorno. Se non ci fosse questo Spirito Santo, ditemi come i pastori potrebbero dare almeno 10% di quello che si comanda loro!

Il fratello YK e la sorella EK “finalmente vedono un pastore”. Hanno ragione, perché è da molto tempo che non ci vediamo. C’è da chiedersi, però, se non renderemmo un migliore servizio a quei credenti se domandassimo a quei credenti perché non si sono fatti vedere. Qui o qualcuno bara o si gioca a nascondino.

“Signor pastore, ho sentito dire che lei è un comunista. Mi dica che non è vero!”. Quella che mi chiede se sono comunista è una creatura buona, fedele ed è ingiusto che io non la prenda molto sul serio. D’altra parte non si può discutere una opinione – alla luce dell’Evangelo! – che a un patto: che essa sia suffragata da fatti scritti, ecc. Altrimenti non ci resta che affidare la riposta a quelli che ritengono che il pastore sia un conservatore reazionario.

La comunità ha una vita articolata e complessa, fatta di molti interventi, tante collaborazioni; ogni pastore sa quanto la chiesa sia in questo senso di tutti, e si sente ferito e frainteso ogni volta che in bene o in male tutto viene attribuito a lui.

 

Diaspora Evangelica, Anno IV – n. 9, 15 aprile 1971, p.4.

(testo anonimo)

 

 

 

 

Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani e giornate di dialogo interreligioso

 

La settimana di preghiera per l’unità dei cristiani si svolgerà, come ogni anno, dal 18 al 25 gennaio 2008. Il tema della settimana è tratto dalla Prima lettera ai Tessalonicesi (5,17): Pregate continuamente.

La settimana sarà preceduta dalla giornata del dialogo ebraico - cristiano, 17 gennaio. In tale occasione, alle 18, nella Sala Teatina del Centro Internazionale Giorgio La Pira, via de' Pescioni 3, il rabbino Joseph Levi terrà una conversazione intitolata “Non pronunciare il nome del Signore Dio tuo invano” (Esodo 20,7). Ecco i principali appuntamenti della settimana di preghiera:

·       venerdì, 18 gennaio, alle 18, Chiesa anglicana St. Mark’s: vespri presieduti dal reverendo Laurence MacLean, con gli interventi del pastore Mario Affuso, del padre Nikoloas Papadopoulos e del monsignore Timothy Verdon.

·       sabato, 18 gennaio, alle 18, Chiesa ortodossa russa: vespro celebrato dai presbiteri di tutte e chiese ortodosse fiorentine.

·       lunedì, 21 gennaio, alle 21, auditorium “Stensen”: tavola rotonda dedicata alla preghiera nelle diverse tradizioni di spiritualità cristiana, con la partecipazione del monsignore Dante Carolla, del diacono Ionut Coman e del pastore Pawel Gajewski.

·       martedì, 22 gennaio, alle 18.30, Chiesa episcopale americana St. James, serata di preghiera animata dai ragazzi (8-15 anni).

·       mercoledì, 23 gennaio, alle 17, Comunità luterana, incontro ecumenico con la partecipazione di Christian Holz, Marco Bontempi e del pastore Davide Mozzato.

·       venerdì, 25 gennaio, alle 18, Badia Fiorentina, vespri ecumenici con la condivisione delle diverse esperienze di vita comunitaria e di preghiera; in questa occasione Debora Spini, vice-presidente del Concistoro Valdese, presenterà la figura di Tullio Vinay e l’esperienza del centro ecumenico di Agape (Prali, in provincia di Torino).

Sabato, 26 gennaio, alle 18, sempre nella Sala Teatina in occasione della giornata del dialogo islamico – cristiano si terrà la conferenza di Giovanni Yahya Nicotera “Il ricordo di Dio e la preghiera dei cuori”, introdotta dal pastore Pawel Gajewski

  

Diaspora evangelica

 

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[1] Sebbene dichiarasse di aver tradotto dagli originali ebraico e greco, Brucioli fu debitore più di quel che egli non dica, alla versione latina di Sante Pagnini per l’Antico Testamento e a quella di Erasmo per il Nuovo Testamento. Il Marmochino, dal canto suo, riproduceva il testo della versione brucioliana  dell’Antico Testamento e quello del confratello fra’ Zaccaria per il Nuovo. 

[2] Uno studio approfondito di questa traduzione mostra diverse influenze. Essa dipendeva non poco dalla versione latina di Sante Pagnini e dalla “Bibbia di Vatable” (anche nota come la Bibbia latina di Zurigo del 1543) per il VecchioTestamento, mentre per il Nuovo Testamento ricalcava una versione anonima ginevrina del 1555.