Diaspora evangelica
Mensile di collegamento, informazione ed edificazione
Anno XLI – numero 12 – dicembre 2008
Una cartolina di Adam Zagajewski*
di Zbigniew Herbert
(…)
Al manipolo che ci ascolta si deve bellezza
ma anche verità
ovvero – orrore
affinché siano coraggiosi
quando arriverà il momento
L’angelo in tunica di prima neve è in verità L’angelo dello sterminio
porta la tromba alla bocca invoca l’incendio
a nulla valgono scongiuri preghiere talismani rosari
È ormai vicino il momento finale
l’elevazione
il sacrificio
il momento che divide
e ascenderemo soli in un cielo dissolto.
* Adam Zagajewski (nato nel 1945, vivente), scrittore e saggista polacco
Zbigniew Herbert (1924-1998), poeta polacco, tratto dal volume Rovigo, Il Ponte del Sale, Rovigo, 2008, pp. 47-49. Si ringrazia il prof. Franco Giacone.
In questo numero:
· Vedere di nuovo di Giorgio Rainelli
· Diaconia valdese fiorentina di Gabriele De Cecco
· Il naso tra i libri di Sara Rivedi Pasqui
· Notizie dalle associazioni e dalle chiese evangeliche
· Ecumenicamente (s)corretto di Roberto Davide Papini
Editoriale
Domenica 7 dicembre nelle chiese valdesi e metodiste si celebra la Domenica della diaconia. È un’occasione per riflettere alla luce della Parola di Dio sul nostro servizio al prossimo. È anche una giornata particolare per presentare i progetti della nostra diaconia “istituzionale”. Per questo motivo dedichiamo un ampio spazio al ricco materiale predisposto da Gabriele De Cecco, direttore della Diaconia valdese fiorentina.
Anche l’agenda delle attività nel periodo natalizio diventa particolarmente fitta. Invitiamo dunque a studiarla attentamente. Tuttavia varrebbe la pena di riflettere se nella frenesia del nostro attivismo sociale nel periodo prenatalizio non perdiamo di vista l’essenziale: la Parola che si è fatta carne.
A tutte le persone che leggono la nostra circolare giunga dunque un affettuoso augurio di sperimentare pienamente la presenza del Cristo nella storia e nel presente dell’umanità.
Vedere di nuovo: Giovanni 9,1-41
di Giorgio Rainelli
Il capitolo 9 del Vangelo secondo Giovanni era usato nella chiesa antica in occasione degli “scrutini battesimali“, cioè l’esame di fede dei candidati al battesimo. Tale scrutinio avveniva pubblicamente, in un contesto liturgico per valutare i progressi nella fede del neofita.
Il legame tra il cap. 9 di Giovanni ed il battesimo è almeno triplice.
Infatti “il battesimo era visto come “illuminazione”, quindi i passi del vangelo che parlavano di tenebre o di cecità erano utilizzati in funzione di questa venuta della luce. In secondo luogo, il nostro testo parla anche di un lavacro con acqua: il cieco nato è invitato ad andare a lavarsi nella piscina di Siloe, e questo può evocare la vasca battesimale. Infine, è chiaro che quello del cieco nato non è solo un episodio di guarigione,ma simboleggia un percorso di conversone che si conclude appunto con una sorta di scrutinio ad opera di Gesù: “Credi nel Figlio dell’uomo?”
Salta subito agli occhi che il “breve esame di fede” è in netto contrasto con il lungo “scrutinio” a cui i farisei sottopongono il cieco nato.
Mentre la domanda di Gesù serve ad aprire le porte della comunità dei credenti, il processo” intentato dai farisei al cieco nato porta all’esclusione di questo. “E lo buttarono fuori” v. 34.
Si tratta di un processo inquisitorio che si conclude quasi con una scomunica; al versetto 22 si legge che i genitori del cieco nato sono reticenti a testimoniare “perché se qualcuno riconosceva Gesù come Messia, non lo lasciavano più entrare in sinagoga”. Il termine usato è aposinagogos cioè fuori dall’assemblea, possiamo tradurre liberamente “scomunicato”.
Ma la scomunica non è l’ultima parola del testo. Come la pecora sperduta l’ex-cieco nato viene cercato, trovato e accolto come discepolo da Gesù e le ultime parole sono di dura condanna per i farisei, per coloro che hanno scomunicato e sono dure parole per tutti gli inquisitori di tutti i tempi e di tutte le chiese. Il versetto 39 rappresenta il culmine dell’episodio: Io sono venuto a mettere il mondo di fronte ad un giudizio; così quelli che non vedono vedranno e quelli che vedono diventeranno ciechi.
Ma il giudizio di Gesù è sostanzialmente diverso da quello degli inquisitori farisei: nel Vangelo di Giovanni Gesù non condanna nessuno direttamente, non prende l’iniziativa del giudizio: è la chiusura, la cecità delle persone che diventa una sorta di auto giudizio… Nel capitolo 3,17-18 si legge infatti: Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è giudicato chi non crede è già giudicato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. Ma torniamo al testo. Un cieco nato recupera la vista, e dei vedenti risultano essere ciechi.
In cosa consiste la cecità di coloro che sono convinti di vedere? Voglio sottolineare tre aspetti di questa cecità che si annida nelle panche di tutti i templi e che si riveste di occhiali religiosi. Il vedente che diventa cieco:
1) è colui o colei che è assolutamente convinto e convinta di vedere, e non si rende conto della propria cecità;
2) è colui o colei che, nella sua cecità, è chiuso e chiusa ad ogni novità, perché vive in un sistema chiuso e predefinito:
3) è colui o colei che è incapace di vedere nel prossimo un fratello o una sorella, ma lo disprezza e lo emargina, lo scomunica.
In primo luogo, quindi, siamo spiritualmente ciechi quando crediamo di vedere perfettamente, quando pensiamo di non aver bisogno di occhiali, quando confidiamo non in un Dio d’amore ma nella nostra fede, nella nostra erudizione, nella nostra autorevole tradizione (siamo i discepoli di Mosè).
Nel processo che i capi del popolo intentano al cieco nato questo dà prova di una sorprendente saggezza. Nella sua semplice saggezza il cieco sa di non sapere. Per ben tre volte ripete: ”non so” e questa affermazione non è reticenza dovuta alla paura, come quella dei genitori, ma è un’ammissione spontanea e sincera. Egli non sa dove sia Gesù (versetto 12), non sa nemmeno se Gesù sia o non sia un peccatore (versetto 25), non sa chi sia il Figlio dell’uomo (versetto 36); ma una cosa la sa certamente: conosce l’esperienza fatta: “una cosa so, ero cieco e ora vedo” (versetto 25).
I farisei invece sono sempre sicuri del fatto loro. Quasi tutti sono sicuri che Gesù non viene da Dio perché….non osserva il sabato (versetto 16) ed al versetto 24 dicono: “noi sappiamo che quell’uomo è un peccatore”.
In secondo luogo, noi siamo spiritualmente ciechi quando ci chiudiamo davanti al nuovo. Perché i Farisei rifiutano Gesù? Perché non rientra nei loro schemi. Essi aspettano un Messia ma non certo uno come Gesù, uno che va in giro con dei poveracci, frequenta esattori delle tasse, prostitute, guarisce il servo chiacchierato di un centurione. Essi vivono in un sistema chiuso, finito dove non c’è spazio per la novità.
Un po’ come in un sistema assiomatico matematico: date le regole, i postulati, le ferree strutture logiche di induzione e deduzione da questi non si esce, a meno di non cambiare postulati, regole, insomma a meno di non uscire fuori e creare un altro sistema assiomatico (questo può funzionare in un sistema matematico ma nei rapporti sociali, nella vita quotidiana, nella vita di fede, nella società?).
Chiarisce bene questo punto in un suo libro Ernesto Balducci. “Un sistema si regge a condizione che si dimostrino impossibili le ipotesi non previste dal suo principio fondamentale…La cecità del sistema e di chi lo esprime consiste in questo: che i suoi giudizi sono già tutti predeterminati…Il nuovo non è previsto, dunque non c’è.” (Ricca /Balduci/Barsottelli, Evangelo secondo Giovanni Oscar Mondatori).
Eppure la novità, il rinnovamento sono parte integrante dell’opera creatrice di Dio; la Bibbia lo annuncia dalla Genesi fino all’Apocalisse: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap.21,5)
Infine siamo spiritualmente ciechi quando, di fronte al nuovo, di fronte al/alla diverso/a (o almeno pensiamo che tale sia), l’unica cosa che siamo capaci di fare è giocare la carta dell’esclusione, dell’emarginazione, della scomunica. Questo mendicante miracolato è riuscito a mostrare l’incongruenza del ragionamento dei farisei; ecco allora che lo insultano (versetto 28), gli rimproverano di “essere tutto quanto nel peccato fin dalla nascita” (versetto 34) ed infine lo buttano fuori. L’ex-cieco diventa così un aposinagogos. Già emarginato a causa della malattia, viene ricacciato nell’emarginazione perché ha osato mettere in dubbio le certezze di un sistema religioso.
La storia della chiesa è piena di scomuniche (unilaterali o reciproche), è piena di esclusioni, di persone che sono state messe ai margini dalle nostre chiese per poi, magari dopo secoli, essere riabilitate e riscoperte come testimoni di fede autentica.
Care sorelle e cari fratelli, che siamo figli della Riforma o i più ortodossi tra i “discepoli di Mosè” insomma a qualunque chiesa noi apparteniamo, non siamo mai completamente immuni dalla mentalità inquisitoria. Anche noi spesso siamo troppo sicuri del fatto nostro; anche noi siamo chiusi al nuovo; anche noi reagiamo alle diversità, alle differenze con un riflesso identitario che è scomunica di fatto anche se non formalmente.
Certo, oggi di fronte a noi non c’è una novità radicale come quella rappresentata da Gesù (ma nel caso ci fosse sapremmo riconoscerla?) eppure non mancano, certo, segni dei tempi a cui si dovrebbe prestare maggiore attenzione. Ci sono movimenti di risveglio spirituale oppure gli sviluppi della teologia femminista e queer, o ancora nuove riflessione etiche sulla sessualità nelle sue differenti forme, ci sono richieste impellenti di nuove forme di aggregazione famigliare. Tutto ciò riempie istintivamente molti e molte di noi di paure e sospetti e la reazione è sovente di chiusura preconcetta di fronte a questi nuovi fenomeni.
Che il Signore liberi noi e tutti i cristiani da questa forma raffinata di incredulità, che ci insegni a riconoscere la nostra cecità e la nostra ignoranza, a dire “non so” quando non sappiamo, che ci apra alle novità, liberandoci dai nostri schemi predeterminati; che ci liberi dall’ossessione di alzare steccati e dalla paura delle differenze e delle diversità.
Che il Signore dia a ciascuno e ciascuna di noi la fede semplice ed umile del cieco nato. Che ci renda capaci di testimoniare questa fede in un gioioso “scrutinio” reciproco che non escluda ma, al contrario, apra le porte alla condivisione.
Verso un progetto educativo comune, evangelico dunque laico.
a cura di Gabriele De Cecco
La riflessione, qui riportata in sintesi, propone obiettivi e indirizzi comuni per una linea di azione educativa (Gould -Ferretti), improntata alla nostra specificità evangelica e perciò laica e rispettosa del contributo di tutti. Nasce dagli stimoli che ho ricevuto dall'intervento della direttora del Centro La Noce di Palermo, Alessandra Trotta, al Convegno delle Opere valdesi (marzo 2008).
Gli educatori del Ferretti e del Gould saranno chiamati a dare gambe coerenti a questi ragionamenti, attraverso la professionalità che li contraddistingue e l'esperienza nel tradurre principi in strumenti educativi per la quotidianità. .
Sempre più abbiamo a che fare con situazioni di particolare problematicità. Non siamo più certo nella situazione di un tempo, che ha permesso a tante sorelle e fratelli, rimasti nella nostra storia e nel nostro cuore, un approccio forse più facilmente identificabile come “evangelico”. Ma in ogni epoca e nel mutare delle forme della nostra diaconia, resta nostro compito lasciarci guidare dalla vocazione che abbiamo ricevuto.
1 L’iniziativa protestante per un’educazione laica
La storia dei protestanti mostra una costante sottolineatura dell'importanza dell'azione educativa come liberazione della persona e costruzione di una società più giusta. Quale individuo adulto?, quale cittadino?, quale società? Il rifuggire da dogmatismi rispetto ai valori da proporre, non ha mai evitato ai protestanti di cercare risposte sempre provvisorie a queste domande.
Da tempo la Chiesa valdese, anche tramite atti sinodali, si è pronunciata per la definizione di obiettivi formativi che favoriscano la crescita di un individuo “cosciente di sé, adulto, capace di scegliere in modo critico, di sottrarsi alle abitudini e alle gabbie sociali e culturali, di assumersi responsabilità individuali, libero da indottrinamenti, solidale, curioso delle differenze”.
Questa concezione deriva dal contributo che i protestanti hanno dato allo sviluppo storico, così come è legata allo sviluppo del pensiero e della cultura protestante, caratterizzati dall'approccio al testo biblico, dalla percezione dello status dell’essere umano nel suo rapporto con Dio e con il prossimo, dalla concezione di chiesa.
La diaconia protestante italiana è perciò impegnata nella difesa di una educazione che favorisca la costruzione di una autentica democrazia laica, nella quale la libertà individuale è inscindibile dalla solidarietà e dalla responsabilità sociale. Tale azione educativa rispetta convinzioni religiose e diversità culturali di ciascuno.
2 Un’educazione al dialogo
L'educazione alla democrazia rifugge dall'utilizzo di verità assolute ed immutabili. Il dogma non esiste nella sfera dell'umano. Il Protestantesimo nasce da una sana distinzione fra la sfera dell’uomo e quella di Dio, che entrano in relazione, ma non devono mai essere confuse. Dio è Altro. Nessuna autorità umana è assoluta. La coscienza individuale non si inchina ad alcuna autorità religiosa o politica. Non sudditi, ma cittadini.
L'azione educativa si basa dunque su dialogo e discussione. Forma cittadini per una democrazia autentica, che ha l'esigenza di favorire l'autenticità del dialogo, rafforzando nei singoli le capacità e la possibilità di parteciparvi attivamente e creando opportunità e sedi per processi decisionali partecipati.
L'educazione è laica se rispetta l'aspirazione dell'uomo a rendere autonomi pensiero ed azione dall'ingerenza dell'autorità religiosa.
3 Un’educazione alla sperimentazione
Una società autenticamente democratica contempla la rivedibilità di ogni decisione ed è consapevole del proprio essere continua sperimentazione. Lascia spazio al “ci siamo sbagliati”, tempo e coraggio per cambiare le proprie opinioni e decisioni.
Il cittadino che vogliamo formare è orientato da principi, ma impara quotidianamente dalle conseguenze dei propri atti. Concepisce la propria storicità, sente il bisogno di crescere, sbagliare e correggersi.
Il Protestantesimo afferma questo principio prima di tutto verso se stesso (ecclesia semper reformanda) e lo allarga a tutte le organizzazioni umane.
L'etica protestante della responsabilità è appunto un tentativo di agire concretamente nella tensione tra le proprie convinzioni e le conseguenze che da esse si attendono. Rifiuta principi astratti, che non tengano conto delle specifiche situazioni, analizza la realtà e si lascia interrogare dalla fede.
4 Un'educazione all'uguaglianza non massificante
La massificazione degli individui snatura la democrazia. L'azione educativa deve prendersi cura delle individualità personali e dell’originalità di ciascuno, contrastando la passiva adesione alle mode. L'attuale massificazione è una strategia consapevole di un modo di produzione che ne ha bisogno per sopravvivere. Il tempo diviene corsa all'accelerazione e converte in “usa e getta” il valore delle cose, i sentimenti, le relazioni.
L'azione educativa ha dunque il compito, urgente e difficilissimo, di contrastare questo franare di ogni pensiero individuale verso la massificazione. Occorre cogliere ogni opportunità, anche momentanea, per aiutare il minore a consolidare le proprie autonomie, promuovere caratteri e vocazioni personali, espandere le potenzialità dell'individuo, all'interno di una socialità che faccia crescere la giustizia e diminuire le disuguaglianze.
Nel Protestantesimo la fede è collegata ad un appello personale alla conversione (al cambiamento di punto di vista). Alla chiamata (vocazione) che ciascuno riceve individualmente, perché si metta al servizio del prossimo, in una prospettiva di superamento delle differenze sociali. Il Protestantesimo nasce conseguentemente come rifiuto della chiusura dentro comunità omogenee a sfondo etnico-religioso e spinge all’espansione universale dei diritti.
L'attenzione all'individuo non concede spazio all'insidia del privilegio e sostiene l'uguaglianza. Ogni distanza dai luoghi di decisione, chiusura in caste, esistenza di oligarchie, sottrazione di potere alla società, ammirazione passiva verso chi utilizza impropriamente il potere... è sintomo di malattia che uccide progressivamente la democrazia.
Nel Protestantesimo la concezione non sacerdotale dei ministeri, il rifiuto di gerarchie e di mediazioni nel rapporto con Dio, sono utili antidoti. L'adulto che vogliamo formare va dotato di strumenti per leggere le deviazioni del potere e reclamare i propri e gli altrui spazi all'interno della società.
5 Un'educazione alla solidarietà e alla tutela delle minoranze
La società non è un contratto tra individui che avrebbero potuto scegliere di starsene per conto proprio, ma è la forma di vita di esseri umani che non possono prescindere da rapporti sociali. Amore per la cosa pubblica e disponibilità a mettere in comune, a disposizione degli altri, il meglio di sé. Spinta a non lasciare indietro nessuno. Solidarietà, non come aiuto al “bisognoso”, ma come consapevolezza dell’interdipendenza, del non esserci senso al di fuori della socialità.
La logica protestante, qui possiamo tranquillamente dire cristiana, del servizio (diaconia) rovescia completamente la logica del potere e crea attorno a sé, in modo naturale, la solidarietà. Rigetta la tentazione di sentirsi superiori nell'atto di dare all'altro. Considera con naturalezza la cosa pubblica come risorsa per recuperare chi resta indietro.
Non tutto può essere sottoposto al principio di maggioranza (certamente mai i diritti fondamentali delle persone). Le minoranze rappresentano risorse fondamentali, aperture ai cambiamenti, sfide per ogni decisione presa dalla maggioranza, possibilità di future scelte migliori.
Uno dei concetti chiave del protestantesimo, quello della “salvezza per grazia”, porta a non mettere mai al primo posto il giudizio verso l'altro, ma piuttosto l'apertura che c'è stata nella decisione di Dio anche verso di lui, da me così diverso.
Un'azione educativa che porti il minore ad una considerazione dell'altro fondata sul rispetto, sulla ricerca di potenzialità e sull'attesa di riscontri positivi, contribuisce a formare persone equilibrate e costanti nelle proprie valutazioni.
6 Un'educazione alla cura delle parole
La crescita della pienezza democratica di una società va di pari passo con la quantità di parole conosciute da coloro che ne fanno parte. La diffusione progressiva della quantità delle parole, il loro arricchimento di significato, la maggiore adesione alla descrizione di realtà complesse, ha sviluppato la capacità di padroneggiare il proprio pensiero, di comunicare e comprendere il pensiero dell'altro. Lo sviluppo e la ricchezza del linguaggio sono sviluppo delle capacità di ragionamento comune e di mutuo aiuto. Ogni attacco a questa ricchezza, ogni restrizione di essa ad alcune categorie sociali è di fatto un allontanamento di persone dalla possibilità di essere cittadini attivi.
I protestanti sono stati spesso definiti il popolo del “libro” e del Sola Scriptura. Nei secoli hanno puntato sull’alfabetizzazione come strumento di liberazione dei popoli. Oggi si ripropone una necessità di difendere popoli e categorie di persone dall'impoverimento del linguaggio e delle culture, dalla semplificazione, dall'inganno delle parole dal significato sibillino o artefatto.
L'azione educativa deve oggi saper accogliere le novità che si sviluppano nel linguaggio, rifuggendo tuttavia da quelle semplificazioni che sono impoverimento e restringimento delle possibilità di partecipazione alla cosa pubblica.
7 Educazione e autorità
Oggi molti esperti pensano che la crisi del “principio di autorità” sia la principale causa della frana delle istituzioni educative (a partire dalla famiglia) e del disagio giovanile. Ma la sana critica del principio di autorità è critica di ogni pretesa assolutistica di autorità immutabili.
Oggi nella sfida educativa sembra che intere generazioni di adulti rifiutino di assumere il compito di trasmissione di memorie, esperienze, principi e regole fondanti del senso di appartenenza ad un progetto comune per il quale valga la pena di impegnarsi.
Questa è in realtà l'”autorità” che manca e che bisogna ricostruire. Perché questa mancata trasmissione di modelli, memorie, testimonianze concrete, fa mancare quella mediazione, nella tensione fra i desideri e la percezione della realtà, che consentirebbe ai minori di definirsi gradualmente nel rapporto con l’altro e con il mondo, anche attraverso le trasgressioni, ma all’interno di un contesto di affettività e relazione.
Da un lato permangono modelli sterilmente e pericolosamente autoritari, dall'altra la relazione con il minore si fa simmetrica, contrattuale (con l’illusione da parte degli adulti di riuscire a convincere i figli all’accettazione dei limiti e con l'alibi di aver rispettato la loro “libertà”...). Questo significa lasciare i minori, in particolare gli adolescenti, soli di fronte alle proprie pulsioni ed ansie, scaricando su di loro la responsabilità di scelte, senza considerare i tempi di sviluppo dei bisogni, delle capacità di autocontrollo, di comprensione della realtà. Così, a questa relazione, viene a sostituirsi la seduzione commerciale.
Nella carenza di contesti familiari strutturanti, il desiderio di esplorazione ed auto-affermazione da parte del minore si sposta all'esterno: la trasgressione è spostata dall'ambito familiare a quello del quartiere e della città. Ma se nella famiglia la trasgressione delle regole familiari è gioco fra desiderio e principio di realtà, al di fuori di essa il minore si scontra con le leggi dei codici.
L'azione educativa ha il compito di esercitare quell’autorità (o forse “autorevolezza”) che è trasmissione di memorie, esperienze e principi fondanti l'esistenza. Orientandola chiaramente verso l’accrescimento dell’altro, e non la sua repressione. Con fermezza, senza dogmatismi e aperta alle novità. Occorre formare individui capaci di mettere in discussione le regole ed i valori della generazione precedente, per sostituirle con altre che ritengono più giuste e con le quali si assumeranno, a loro volta, la responsabilità educativa e di esercizio dell’autorità.
8 Educare all'attesa e alla speranza
La vita del minore, ed in particolare dell'adolescente, si caratterizza in larga parte come tempo dell'attesa. Ma il tempo dell’attesa è già un tempo pieno, è il tempo dell’immaginazione, del sogno, dell’impegno per… È il tempo del desiderio, che crea movimento, spinge verso…, pone in relazione, diversamente dalla paura che isola. E' pensiero creativo. E' tempo di speranza, a volte speranza “nonostante tutto”, a volte speranza nonostante un passato ed un presente molto pesanti. L'azione educativa deve alimentare la speranza, l’apertura e la mobilità delle situazioni, contro il determinismo, la rassegnazione, lo schiacciamento dell'esistenza su bisogni immediati, la sopravvalutazione di eventi negativi contingenti.
Per i protestanti, e per i cristiani in generale, la dimensione della speranza e dell'attesa hanno proiezioni che vanno oltre questo tempo, si fondano sulle promesse di Gesù, sull’annuncio della realtà del Regno di Dio. Ma, restando all'interno di una educazione laica, valgono l'esperienza della pienezza del tempo di attesa, la spinta a seminare sempre e comunque, seminare piccoli semi di speranza, segni visibili di discontinuità, di “rottura” dei meccanismi che generano ingiustizia e sofferenza, possibilità di vie di uscita e nuovi inizi.
9 Educare alla felicità
L'aspirazione forse più intima dell'essere umano è quella della ricerca della felicità, in sé stesso e nel rapporto con gli altri. Un delicato equilibrio tra la continua ricerca di senso per la propria vita, la capacità di affrontare ansie e difficoltà quotidiane sapendole valutare nella giusta misura, le attese nei confronti di chi ci sta attorno, le speranze per il futuro.
In un periodo storico in cui è evidente la surroga di qualunque felicità nel possesso e nel denaro, non si può che denunciare come questa precisa strategia renda estremamente difficile aiutare i minori nella ricerca di equilibri che li portino a sapersi difendere. In particolare sappiamo che nell'intervento educativo della nostra diaconia, ci troviamo di fronte a minori che se saranno vittime di questo inganno e pagheranno duramente, anche per altri.
La caricatura del rigore protestante, sia pure a volte meritata, non può farci dimenticare che il messaggio evangelico è una buona notizia e ci chiede di fare quello che facciamo sempre con gioia.
La nostra azione educativa non può creare spazi e contesti tristi e grigi. Deve saper creare occasioni di festa, momenti in cui si possa gioire (e ridere di noi stessi!). Non deve curarsi solo degli aspetti patologici e attivarsi solo nelle situazioni di difficoltà, ma deve saper accompagnare il minore, condividere con lui anche i momenti di gioia e la sua intima ricerca di piccole e grandi felicità.
Il naso tra i libri: Nella valle del perdono impossibile
Racconto di Natale
di Sara Rivedi Pasqui
L’uomo era stato arrestato nel settembre del 1944 durante un rastrellamento dei fascisti, accusato di “banditismo” e deportato in Germania. Nell’ottobre del 1945 aveva fatto ritorno al paese natio, ma non riusciva a reinserirsi. Si sentiva estraneo fra la sua gente, non aveva né parenti né amici poiché la madre nel frattempo era morta ed i compagni con i quali aveva vissuto la tragica esperienza della guerra non erano stati così fortunati da ritornare, alcuni erano morti combattendo, altri di stenti nei campi di concentramento. Così decise di salire in montagna a svellere i ceppi degli alberi fatti tagliare dai tedeschi. Si era sistemato in una vecchia e semidiroccata osteria di confine dove facevano sosta boscaioli, bracconieri, reduci che avevano perduto contatto con il proprio gruppo. La mattina, all’alba, si caricava sulle spalle gli attrezzi necessari, si dirigeva verso il grande bosco confinante con le malghe e si metteva all’opera. Era un lavoro duro e defatigante perché i ceppi grossi, pesanti, ben saldamente ancorati al terreno, andavano liberati, scalzati, rimossi, poi tagliati a pezzi con la scure, caricati sulla slitta e portati a valle. L’uomo sperava di ricavarne quel tanto che gli permettesse, a primavera, di saldare il suo debito con il santolo(*) Toni che generosamente gli aveva dato a credito tutto il necessario per sopravvivere durante i mesi invernali e di acquistare un biglietto per l’Australia dove progettava di emigrare. Ormai l’inverno era sopraggiunto e la misera catapecchia dove si ritirava dopo il tramonto era deserta, tutti i suoi ospiti se n’erano andati temendo di essere sorpresi dalle copiose nevicate. Al protagonista del racconto non pesava la solitudine poiché lavorando durante la giornata ed alla sera preparandosi la parca cena poteva richiamare alla memoria le esperienze vissute nei cupi anni di guerra, da soldato prima, da partigiano dopo, quindi da deportato ed infine da vagabondo una volta liberato dal lager. I giorni trascorrevano lenti nel silenzio del bosco, aveva dimenticato da quanto tempo era lassù da solo, supponeva che Natale fosse imminente. Una sera, dopo aver rianimato il fuoco ed appeso il paiolo per cuocere la polenta, si stava preparando l’unica sigaretta della giornata e si disponeva a fumarla gustandone tutto il piacere quando qualcuno bussò alla porta e lo chiamò. Si alzò ed andò ad aprire, l’ospite era il maestro della scuola elementare, l’uomo che l’aveva denunciato ai fascisti, il quale si affrettò a spiegargli che allora era stato costretto ad eseguire degli ordini che doveva obbedire e poi era Natale, si poteva dimenticare il passato e perdonare, aveva portato persino panettone e spumante quale segno di riconciliazione e pacificazione. L’uomo taceva fissando immobile il fuoco guizzare nel camino, ma non lo vedeva, né sentiva la voce del maestro poiché stava rivivendo gli orrori esperiti, il suo pensiero andava alle donne e ai bambini martoriati ed uccisi, ai compagni morti di freddo e di fame in Albania, agli ebrei deportati e sterminati, al lager con il suo carico di sofferenza e di efferatezza, ma soprattutto al ragazzo gettato nudo nella fossa comune, sopra altri cadaveri in una fredda giornata invernale, forse proprio il giorno di Natale. Sentì che non era pronto a perdonare, non provava rancore, ma solo tanto dolore per tutti coloro che non erano più e che in quella sera sembravano affollare la misera stanza. No, non poteva perdonare per loro e con voce spenta disse al maestro : - Va via! .
L’autore del racconto, Mario Rigoni Stern, il quale ci ha lasciato all’inizio dell’estate, ancora una volta si rivela il custode della memoria storica, lucido testimone della IIª Guerra Mondiale, maestro di lezione civile e di severità morale. Rifuggendo da uno sdolcinato buonismo con questa fine desueta per un racconto di Natale rende il lettore consapevole e cosciente di quanto sia determinante ed essenziale la responsabilità che ogni essere umano deve assumersi nei riguardi dell’altro. Per il protagonista il gesto conciliatorio verso il suo aguzzino offenderebbe la memoria di “tutti coloro che non avevano neanche più un fuoco da guardare”.
(*) santolo = padrino, dal latino medievale sanctulus
Dalle associazioni e dalle Chiese evangeliche fiorentine
Centro culturale protestante “P. M. Vermigli”
Sabato, 13 novembre, alle 17.15 in Borgo Ognisanti, il Centro culturale invita alla presentazione del libro di Mario Riccio Storia di una morte opportuna (Sironi Editore). Il libro è una magistrale narrazione della storia di Piergiorgio Welby. Questo incontro segna anche la ripresa del dibattito legato alle tematiche etiche poste dalla scienza.
Chiesa apostolica italiana
Domeniche dialogate (Firenze, Via M. Morosi). Ogni seconda domenica del mese, dalle ore 10,30 alle 12,45, l’incontro è dedicato allo studio biblico-teologico secondo la consueta formula: lettura ampliata di una base d’ascolto, consegnata in copia a tutti i presenti, e conversazione di recezione e di approfondimento. Per quest’anno 2008-2009 è previsto un percorso ecclesiologico che si svolgerà come segue: 14 dicembre 2008: Chiesa nel Nuovo Testamento; 11 gennaio 2009: Relazioni tra chiese locali; 08 febbraio 2009: Ministeri e carismi nella chiesa locale; 08 marzo 2009: Rinnovamento della chiesa locale; 12 aprile 2009: Chiesa locale ed evangelizzazione; 10 maggio 2009: Chiesa locale luogo del quotidiano; 14 giugno: Aggiornamento teorico-pratico su “La predicazione”.
La partecipazione è aperta a tutti.
Forum teologico giovanile (Prato, Casa pastorale, Via Vespucci 3/18). Gli incontri si hanno il quarto sabato di ciascun mese, dalle ore 16,00 alle ore 17,00/30. Saranno trattati, come voluto dai partecipanti, temi di teologia sistematica secondo il seguente diario: 27 dicembre: Cosa è la cristologia?; 24 gennaio 2009: Cosa è la soteriologia?; 28 febbraio 2009: Cosa è l’ecclesiologia?; 28 marzo 2009: Cosa è l’escatologia?; 25 aprile 2009: Cosa è la ‘non credenza’?; 23 maggio 2009: Cosa è la futurologia?; 27 giugno 2009: Cosa è la kairologia?.
La partecipazione è aperta a tutti.
Chiesa evangelica battista
http://chbattistaborgognissanti.interfree.it
Domenica 2 novembre culto e predicazione curato da Renzo Ottaviani, mentre Domenica 23 è stata la volta di Dunia Magherini: in entrambe le occasioni i nostri predicatori sostituivano il pastore Raffaele Volpe impegnato fuori Firenze in veste di membro del Comitato Esecutivo dell'Unione Battista. A loro il nostro ringraziamento.
Domenica 9 novembre un bel culto serale molto partecipato ha inaugurato la sala messa a disposizione sul territorio del Comune di Scandicci da Susanna Enriques e da Renzo Ottaviani. Una bella base di partenza per annunciare l'Evangelo in un'area della realtà metropolitana di Firenze.
Domenica 16 novembre Assemblea elettiva: nel Consiglio di Chiesa Giorgio Brandoli subentra a Mauro Galli. Il resto del consiglio rimane invariato. Nel Collegio degli anziani, alle anziane in carica, si aggiungono gli eletti: Gianpaolo Ruffa e Renzo Ottaviani, che subentrano al compianto Piero Bensi e a Donald Malcolm. Tra i revisori si confermano Paolo Biagini e Maureen Mateer. Auguri alle new entry e un sentito grazie a Mauro e Donald. Nella stessa occasione sono state accolte come nuovi membri Karin Caterina e Kaliu: un'agape brasiliana a fine Assemblea ha permesso di concludere la giornata comunitaria.
Sabato 29 novembre Cineforum.
A Renzo esprimiamo il nostro cordoglio per la scomparsa della sua cara mamma.
L'appuntamento per il culto rimane domenica alle 11, anticipato da mezz'ora di canti. Studio biblico il sabato sera alle 19.45 sugli Atti degli Apostoli. Tutte le attività si svolgono regolarmente: scuola domenicale, gruppo giovanissimi, gruppi di preghiera nelle case. È iniziata una riunione di giovani il giovedì pomeriggio alle 17.30
Chiesa evangelica metodista
Domenica 9 novembre è stata una giornata particolare per la nostra comunità, è venuta a trovarci la Commissione esecutiva distrettuale (Ced) del III distretto, guidato dal suo presidente Mario Cignoni. Per festeggiare questi “ospiti d’onore”, dopo il culto, alcune giovani del gruppo Christian Fellowship, che da un po’ di tempo si riunisce nei nostri locali al 1° piano, ci hanno offerto un piccolo aperitivo, occasione per avere un momento informale di reciproca conoscenza. Con questo bel gesto la Christian Fellowship voleva ancora esprimere altro, è stato il primo passo in direzione di una più profonda collaborazione comune. Per il futuro organizzeremo un culto insieme a questo gruppo e tutti gli altri che si riuniscono presso i nostri locali.
Dopo il pranzo si è svolta una riunione tra la Ced e il Consiglio di Chiesa, durante la quale abbiamo analizzato l’attuale situazione di sofferenza della comunità e i possibili sviluppi futuri, soffermandoci soprattutto sui piccoli segni di ripresa.
Dal 10 al 13 novembre è venuta a trovarci Alison Walker, una giovane pastora della Chiesa metodista inglese. Per Alison, la futura pastora di via dei Benci, questo è stato il primo “giro di ispezione”, insieme a suo marito Robin arriverà definitivamente a Firenze nel mese di luglio 2009.
La nostra sorella Margherita Gallini, dopo un lungo periodo trascorso in ospedale, finalmente è tornata a casa sua dove ha potuto ritrovare la serenità e il calore famigliare. Circondiamo Margherita con la nostra preghiera d’intercessione e il nostro affetto.
Nel mese di novembre abbiamo iniziato le riunioni dello Studio Biblico (tema: Introduzione all’Antico Testamento, prossime riunioni martedì 2 e 16 dicembre, ore 18) e la Scuola Domenicale (per la prossima riunione si prega di mettersi in contatto con la pastora Mueller 3339855181). I Culti si svolgono tutte le domeniche alle ore 10.30, il 25 dicembre, Natale, ore 10.30: Culto con Cena del Signore, presieduto dalla pastora Thesie Mueller.
Chiesa evangelica luterana
Domenica 7 dicembre, alle 10, culto nella Chiesa luterana, segue il Bazar Natalizio fino alle 18.
14.12, alle 17: Concerto d’avvento
24.12, alle 17: Culto per la vigilia di Natale
25.12, alle 10: Culto di Natale
31.12, alle 16: incontro di riflessione di fine anno con successivo aperitivo
4. 1. 2009: alle 10: Culto nella sala comunitaria; l’ingresso in via dei Bardi 20
18.1, alle 10: Culto, l’ingresso sempre in via dei Bardi 20
21.1, mercoledì, alle 16.30: incontro ecumenico, ingresso in via dei Bardi 20
Chiesa evangelica valdese
www.firenzevaldese.chiesavaldese.org
Ricordiamo, prima di tutto, le principali attività ordinarie della nostra chiesa.
Riunioni di zona: Pistoia, giovedì 4 dicembre, alle 20.30, nei locali della Chiesa battista; giovedì 18 dicembre, alle 21 nei locali del Gould, in via De’ Serragli, 49.
A causa delle numerose attività predisposte da associazioni che collaborano con la nostra chiesa, lo studio biblico nel mese di dicembre si terrà soltanto il 20 dicembre, alle 16.30. Dopo la pausa natalizia gli incontri riprenderanno il 10 gennaio.
Il gruppo di catechismo si riunisce ogni sabato alle 15 in via Manzoni. La scuola domenicale per i bambini si incontra ogni domenica nell’orario del culto, dalle 10.30 alle 11.45.
Sono iniziati anche gli incontri del gruppo giovani in via Manzoni. Per informazioni: Anita Barbanotti, 3403954931, e-mail: merlina85fi@hotmail.com.
Ringraziamo tutte le persone che hanno collaborato al nostro bazar comunitario. È stata una giornata bella, animata, segnata da tanti incontri ricchi di amicizia. Anche il risultato economico (5.000 euro ca.) è una cosa degna di apprezzamento.
Desideriamo salutare con affetto il fratello Sergio Lorenzetti che continua a combattere tenacemente contro la sua malattia.
Un saluto di tutta la comunità giunga al fratello Daniel Pacanowski, ospite della Casa “Sadun” gestita dalla Comunità ebraica di Firenze. Siamo particolarmente vicini a Daniel soprattutto nei momenti di scoraggiamento e di sofferenza.
Un abbraccio affettuoso giunga anche a Ernesto e Marcella Olivieri, un po’ isolati nella loro dimora in montagna. Durante la raccolta delle olive Marcella, cadendo dalla scala, s’è rotta una costola, rimanendo immobilizzata a letto.
Riassumiamo ora le principali attività straordinarie della nostra chiesa.
Sabato, 6 dicembre, alle 16.30, in via Manzoni, l’associazione Pantagruel invita a una tavola rotonda, saranno organizzata per presentate le attività che l’Associazione svolge tra le persone carcerate.
Domenica, 7 dicembre, Domenica della diaconia, il culto sarà dedicato in particolare alla Diaconia valdese fiorentina.
Giovedì, 11 dicembre, dalle 18 in poi ospiteremo in via Manzoni un’intensa serata di dialogo interreligioso; nella prima parte l’intervento del prof. Marco Bontempi, nella seconda parte del prof. Ariel Levin.
Sabato, 13 dicembre, dalle 10, in via Manzoni si terrà il bazar organizzato da Amnesty International.
Domenica, 14 dicembre tutta la comunità è inviata al pranzo comunitario in via Manzoni. Parteciperanno a questo festoso incontro anche le persone anziane di cui si prende cura il nostro gruppo visite.
Venerdì, 19 dicembre, alle 19, nel tempio di via Micheli si terrà il concerto di musica classica organizzato in collaborazione con Riccardo Gnudi, giovane organista di Pisa e amico della nostra chiesa.
Sabato, 20 dicembre, alle 19, nel tempio di via Micheli, la Chiesa metodista coreana invita al concerto dei canti di Natale. Seguirà una cena comunitaria offerta dalle sorelle e dai fratelli coreani.
Nel periodo natalizio i culti si terranno alle 10.30 nel tempio di via Micheli: il 21 dicembre (culto della Scuola Domenicale), il 25 dicembre (culto di Natale), il 28 dicembre (la prima domenica dopo Natale), il 4 gennaio (culto dell’Epifania).
di Roberto Davide Papini
Care sorelle e cari fratelli delle non chiese evangeliche, ecco una bella soddisfazione all’insegna dell’ecumenismo e della chiarezza. Il cardinale Walter Kasper, presidente del Consiglio pontificio per l’unità dei cristiani (meno male che è per l’unità, se fosse per la divisione dei cristiani chissà cosa direbbe....) ci ha spiegato che avevamo ragione a prendercela per la dichiarazione “Dominus Iesus” (2000) e per il successivo documento della Congregazione per la dottrina della fede (2007). Quei documenti che, per intenderci, dicevano che noi non siamo chiese perché ci manca la successione apostolica. Sì il cardinale Kasper ci ha dato ragione, non nel merito della questione, ovviamente, ma nel metodo: «Disapprovo quella dichiarazione - ha detto Kasper - non nel contenuto, ma soltanto per il linguaggio inadeguato». Insomma la chiesa cattolica anche in quella occasione (come sempre d’altronde) ha detto la verità, solo che ce l’ha detta male, in modo un po’ brusco. Aggiungeteci che noi siamo anche un po’ permalosi ed ecco che per un po’ di mesi ci siamo agitati a rispondere piccati. Addirittura il sinodo della non chiesa valdese ha dedicato del tempo e un atto sinodale all’argomento.
Adesso, non essendo più chiese dobbiamo definirci in altro modo.
All’interno delle non chiese valdesi, battiste, metodiste, luterane, avventiste,
pentecostali, apostoliche (e di altri gruppi egualmente poco raccomandabili) è
partito il dibattito: come ci chiamiamo? Non possiamo più definirci Chiesa
valdese, Chiesa avventista, Chiesa luterana ecc. ecc.
Se ne discute molto anche a Firenze dove il
consiglio dei pastori e le singole comunità stanno elaborando vari progetti che
dovrebbero andare in porto prima della prossima settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani in modo da lasciare, giustamente, solo a cattolici (e
forse ortodossi) la denominazione “Chiesa” sulle brochure del programma. Tra le
soluzioni più gettonate ne citiamo alcune: dalla Bocciofila valdese al
Dopolavoro metodista; dal Cineclub battista alla Polisportiva avventista; dal
Centro sociale luterano al Circolo culturale del Nazareno.
Piccola domandina (facile, facile e in
previsione della prossima Settimana per l’unità) per il nuovo vescovo di
Firenze, Giuseppe Betori: secondo lei siamo o non siamo chiese? Ci dica una
parola definitiva...
Diaspora evangelica
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