È la mattina del Venerdì Santo mentre sto scrivendo queste righe, anche se esse saranno distribuite sul foglio del culto di domenica mattina. Sullo schermo del televisore scorrono le immagini dei funerali delle vittime del terremoto. È una giornata di lutto nazionale, ma io molto umanamente continuo a sperare che dopo la retorica dei funerali di stato la magistratura riesca a individuare e punire con giustizia e con severità coloro che hanno costruito male le case, coloro che hanno rubato i soldi e ingannato la gente.
Fra qualche ora ci riuniremo nel nostro tempio per leggere e meditare la narrazione della passione e della morte di Gesù secondo Luca (cap. 24). Così entreremo in un’altra dimensione della speranza, quella assoluta. Il percorso tuttavia che ci porta verso la croce è inevitabile.
Domenica di Pasqua, 12 aprile ’09
Non si può comprendere l’annuncio della risurrezione senza passare attraverso il sentiero della croce.
Non si può sperare nella risurrezione se non si accetta l’inevitabilità della morte.
Non si può comprendere il testo che abbiamo appena letto, senza aver letto attentamente i capitoli 22 e 23 del vangelo secondo Luca.
Concentriamoci però sul messaggio che il Risorto lascia ai suoi seguaci.
1. La centralità delle Scritture. Allora aprì loro la mente per capire le Scritture.
Per noi credenti cristiani la Bibbia costituisce la prima e, oserei dire, l’unica chiave interpretativa della nostra esistenza e del mondo intorno a noi. È un libro che ci legge non un libro che leggiamo noi. Uso il verbo “leggere” nel senso “interpretare, spiegare”.
Ci vuole però anche la lettura quella quotidiane, regolare, disciplinata. Rinnovo dunque il mio appello. Riprendiamo in mano la Bibbia! Riappropriamoci dei suoi contenuti, affinché possiamo comprendere noi stessi!
2. Testimonianza radicale dell’evangelo. Voi siete testimoni di queste cose.
Testimoniare la necessità di ravvedimento e la possibilità di riconciliazione annunciateci dal Risorto e trasmesse nelle scritture. È assai scomodo denunciare le strutture di peccato e chiamare al ravvedimento. Si rischia di farsi troppi nemici, politici o vescovi di turno che non amano essere contraddetti né disturbati nelle loro strategie di potere. Essere espulsi nel patire, essere disprezzati e abbandonati dagli uomini, come nel lamento senza fine del salmista (Salmo 69,8s), questa è la caratteristica essenziale del patire proprio della croce, che una cristianità ormai incapace di distinguere l'esistenza borghese dall'esistenza cristiana non è più in grado di capire. (D. Bonhoeffer).
Come cristiani però non abbiamo alternative. O siamo capaci di imboccare la via della croce (via crucis!), e quindi di questa testimonianza radicale, o non ci siamo più.
Attenzione però! L’esistenza cristiana non significa nobili battaglie politiche ed etiche condotte soltanto nel nome della dignità umana. Noi difendiamo la dignità e la libertà di ogni persona umana perché siamo stati ricostituiti nella nostra dignità di figli di Dio da Colui che è morto per noi, per liberarci dal peso della nostra superbia e del nostro orgoglio.
3. La forza non è nostra. …rivestiti di potenza dall'alto.
La sequela radicale supera ogni limite delle nostre forze umane. Dobbiamo quindi rivolgerci a Dio perché la sua promessa è assolutamente credibile. Ma proprio qui viene fuori un altro problema. La nostra totale incapacità di pregare, in altre parole la nostra ostinazione nella totale chiusura verso Dio. Vorrei imparare a pregare… Basterebbe questo per aprirsi realmente all’azione dello Spirito.
Lasciamoci dunque andare sulla via della croce affinché la luce della Risurrezione possa risplendere sulla via che percorriamo ogni giorno. Lasciamo che il Signore trasformi ogni via crucis in una via lucis.
Predicazione del pastore Pawel Gajewski domenica 12 Aprle 2009, Pasqua. Chiesa Evangelica Valdese di Firenze