"Vegliate"
Marco 13,31-37
Il capitolo 13 del Vangelo secondo Marco è stato spesso definito la “piccola Apocalisse” (o l’Apocalisse dei sinottici, cfr. Mt. 24; Lc.21), per la sua visione pessimistica della storia, per l’annuncio di una drammatica crisi imminente e della fine del tempo presente, per le visioni di sovvertimento cosmico. I commentatori notano che il suo simbolismo è legato soprattutto al libro di Daniele, citato tre volte (vv. 14,19,26), ed è collegato alla Seconda lettera ai Tessalonicesi, cap. 2 e a numerosi passi dell’Apocalisse.
Gli scritti apocalittici del Nuovo Testamento testimoniano, in comune con i profeti dell’Antico Testamento, la certezza che Dio dirige il corso della storia. Da questa convinzione, i profeti ricavavano un invito per i loro contemporanei a rivedere i loro rapporti con Dio e a riformare la loro condotta individuale, sociale e politica. I testi apocalittici del Nuovo Testamento esortano invece alla sopportazione, fino alla testimonianza estrema della morte, alla fedeltà assoluta, individuale e comunitaria, nell’osservare gli insegnamenti del Signore Gesù, nell’attesa della “grande svolta”, quando Dio capovolgerà la situazione presente.
La cosiddetta “guerra giudaica” combattuta da Roma negli anni 66-70, che terminò con l’assedio, la conquista e la distruzione di Gerusalemme, fu un momento tragico che assunsa per molti un significato simbolico, di presagio o addirittura di inizio degli ultimi giorni della storia. Marco, che scrive intorno a quegli anni, raccoglie nel cap. 13 del suo Vangelo una serie di parole di Gesù che hanno qualche rapporto con gli avvenimenti finali.
Il contesto immediato del lungo discorso di Gesù (il più lungo discorso ininterrotto in Marco) è costituito da una domanda posta da quattro dei suoi discepoli (Pietro, Giacomo, Giovanni, Andrea) sul monte degli Ulivi. S tratta dei primi quattro discepoli che Egli aveva chiamato (Mc 1,16-20), a cui aveva detto “Seguitemi!”, e a cui ora rivolge l’imperativo “Vegliate!” Il quesito dei discepoli collega la distruzione del Tempio (Quando avverranno queste cose? v. 4a) con la fine di tutte le cose (Quale sarà il segno del tempo in cui tutte queste cose staranno per compiersi?, v. 4b).
Tuttavia, invece di dare un’indicazione precisa sul “quando”, Gesù raccomanda di non interpretare la presenza di falsi messia, di falsi profeti, il verificarsi di carestie, guerre e terremoti come annunzi della fine imminente. Lo stesso vale per le persecuzioni: per i credenti esse saranno un’occasione di testimonianza davanti a “governatori e re”, in cui sperimenteranno la potenza dello Spirito che parla in loro difesa, per bocca loro. Il testo quindi passa ad annunziare la venuta del Figlio dell’uomo, preceduta da terribili fenomeni celesti, e seguita dalla riunione dei credenti, ai quali egli allora manderà gli angeli e raccoglierà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremo della terra all’estremo del cielo” (vv. 24-27). La venuta del Figlio dell’uomo si realizzerà con la stessa certezza con cui dopo la primavera viene l’estate. Ma la data non può essere prevista da nessuno, perché nessuno lo sa; neppure gli angeli nel cielo, neppure il Figlio, ma solo il Padre.
Il compito dei discepoli è dunque quello di essere fedeli e vigilanti, sapendo che il Signore può venire a chieder conto ai suoi della loro fedeltà. L’accenno a “questa generazione” (v. 30) potrebbe riferirsi al popolo d’Israele: esso non cesserà di esistere prima della fine del mondo, oppure può riferirsi più in generale all’umanità intera. Una possibilità di testimonianza, di fede, di conversione per tutti, durerà fino a quando esiterà il creato nella sua forma attuale.
L’esortazione Vegliate! è quindi un incoraggiamento alla testimonianza. Si tratta di testimoniare che la storia dell’umanità ha un senso che non è determinato dalle logiche del potere, né dalle esigenze del mercato globale, né tanto meno da facili entusiasmi religiosi. Il senso della storia è la radicale trasformazione dell’intero creato, i cui segni si avvertono già ora. Alla fine di questo percorso tuttavia non si trova la distruzione totale bensì la piena manifestazione di un Regno di amore e di pace.
Predicazione del pastore Pawel Gajewski, Domenica 25 Novembre,Chiesa Evangelica Valdese di Firenze