Un suono dolce e sommesso
I RE 19,1-18
Predicazione di David Buttitta
Culto congiunto della comunità metodista e valdese di Firenze
Domenica 24 febbraio
Nella predicazione di oggi incontriamo il grande profeta Elia, personaggio che spicca nel libro dei Re. Siamo a metà del 9 secolo avanti Cristo, nella storia del popolo ebraico è già avvenuta la scissione fra il regno del nord e quello del sud. Nei libri dei re si narrano le alterne fortune di questi due regni, non è certamente la storia come noi la conosciamo e la studiamo. In questi libri le vicende, il susseguirsi dei vari re sul trono, sono analizzati con una chiave particolare: ogni re viene valutato non per le sue capacità di governo, come oggi noi potremo intendere, ma in una chiave diversa …. teologica, ogni re viene valutato per il grado di fedeltà al Signore degli atti che lui compie. Infatti molti re che sono diventati famosi e importanti agli occhi delle potenze statali vicine sono trattati in pochi e scarni versetti, mentre altri che la cronaca dell’epoca aveva sottovalutato rimangono impressi nella memoria del popolo del Signore e quindi anche della nostra. In che cosa consiste questa fedeltà al Signore?
Principalmente nel mantenere puro e incontaminato il culto al Signore, seguire e applicare nella prassi quotidiana le regole della tradizione mosaica, vivere come popolo prescelto e liberato dal Signore dalla schiavitù egiziana. Con i nostri occhi moderni non è facile comprendere questa situazione e questa particolare condizione del popolo di Israele. Da una parte vi sono dei re che nella logica tradizionale del potere compiono una serie di atti che tendono a rafforzare il loro Stato, dall’altra vi è una altra logica che impone loro il mantenimento dei compiti affidati al popolo di Israele da Dio.
Il re Acab con la moglie straniera Gezabel nella prima logica di potere sono da considerarsi appena appena dei buoni regnanti, in particolare Acab grazie a un matrimonio con la figlia del re dei Sidoni (il potente vicino del nord) e con una accorta politica di alleanze è riuscito a rafforzare il suo piccolo stato, con una politica di annessioni territoriali (fra cui la zona del Monte Carmelo) ha aggiunto al suo piccolo stato territori e popolazioni non israelite. Con questa logica però ha contribuito fortemente all’insediamento e al rafforzamento della religione di Baal, compiendo una operazione che noi forse chiameremo di sincretismo religioso. Templi a Baal sono stati costruiti su tutto il territorio e lo stesso Acab si è reso devoto per ragioni di stato anche alla religione di Baal, le parole di un altro regnante di un'altra epoca “Parigi val bene una messa” nella logica del potere vanno sempre bene.
A tutto questo, a questa politica di Acab che non è molto diversa da quella portata avanti dal re David o da Salomone, si oppongono i profeti, persone di varia estrazione, che scusate la brevità e incompletezza della descrizione, vengono chiamati a cercare di ristabilire quella speciale alleanza fra il popolo di Israele e Dio. Nell’economia del libro dei re personaggi, profeti, come Elia, Eliseo e tanti altri appaiono pertanto molto più importanti di tanti re di cui avremo perso la memoria se non fossero stati qui citati. Alcuni commentatori di questo primo libro dei Re giungono ad affermare che lo stesso titolo andrebbe cambiato per la scarsa rilevanza anche descrittiva delle figure dei re.
Ma torniamo ora alla saga di Elia, di questa storia che è stata scritta prima dell’ampia redazione finale del libro dei Re e ne rappresenta forse la parte più importante, noi ne abbiamo letto un ampio brano, ma per rinfrescarci la memoria vi ricorderò alcuni antefatti essenziali. Il profeta si è presentato al re Acab e ha proposto una sfida ai sacerdoti di Baal perché fosse pubblicamente riconosciuto il vero dio che si doveva adorare. La sfida ha avuto luogo sull’altura del Carmelo ed è stata favorevole ad Elia il quale stermina 450 profeti di Baal colpevoli di aver indotto il popolo all‘idolatria. La regina Gezabel, fautrice del culto di Baal, non nasconde la sua intenzione di togliere di mezzo il Profeta e lo costringe così alla fuga. Ora torniamo al brano di oggi. Egli fugge solo, va nel deserto, e dopo solo un giorno di cammino, si getta per terra sotto una ginestra. Elia è sconvolto, da una parte cerca di mettersi in salvo la vita dall’altra cerca la morte, la invoca, da una parte si è infilato nel posto più inospitale del territorio, dall’altra cerca l’ombra, la misera ombra di un arbusto come la ginestra. Si sente sconfitto, ha sfidato il potente re e la regina, i sacerdoti di Baal e il loro dio, ha vinto. Il Signore degli eserciti è intervenuto, tutti hanno potuto capire chi è il vero Dio, ma lui si sente inadeguato e sconfitto.
Il popolo di Israele sa quello che è successo sul Carmelo, ma a quanto pare niente e cambiato, la regina può permettersi di farlo ricercare per ucciderlo, in questa parte della storia di Elia non c’è il lieto fine delle favole, ma la cruda realtà del potere del re che ha subito sì una sconfitta, ma ha saputo rigenerarsi velocemente. Elia è affranto e invoca la morte, si addormenta aspettando che essa arrivi a portare il definitivo sollievo. Ma il Signore interviene, manda l’angelo. L’angelo tocca Elia, lo sveglia. L’angelo è di poche parole “alzati e mangia“, pane caldo e acqua fresca sono lì accanto al suo giaciglio di sassi. La vita è ancora assicurata, la fame e la sete è tolta, ma il cuore di Elia è ancora ferito e si ricorica ancora una volta in attesa della morte. E l’angelo del Signore ritorna, e siamo daccapo “Alzati e mangia, perché il cammino è troppo lungo per te“». Ancora poche parole ed Elia parte, quaranta giorni fino al monte Oreb, il Monte di Dio. Elia ubbidisce.
È un viaggio lungo, quaranta giorni, il deserto, il monte di Dio, elementi che conosciamo, che si rincorrono nelle storie della nostra fede e in quella di Israele. Potremo dire che è un viaggio dell’anima, è un percorso di preghiera, una ricerca di senso per Elia. Ma qual è la sua domanda, qual è la domanda che rivolge al Signore? Sempre la stessa, perché tutto questo? Perché di fronte ai suoi gesti per ristabilire il culto di Dio, lui e solo lui è rimasto e tentano di ucciderlo? Due volte e più volte immaginiamo abbia posto queste domande al Signore.
E il Signore a queste domande come risponde? Dapprima con il pane quotidiano e l’acqua per la sopravvivenza. Poi con l’ordine di muoversi e di non lasciarsi vincere dalla solitudine. Poi, e questo è un chiaro modo di rispondere che troviamo spesso nella bibbia, ad una domanda Dio risponde con una altra domanda? Che fai qui, Elia? Perché sei venuto fino al monte Oreb, lontano dalla tua terra e dai tuoi compiti di profeta? Ma in effetti poi, dopo un po‘, dopo aver scandagliato un testo così antico e lontano dalle nostre sensibilità e dal nostro modo di pensare, si possono intuire le vere domande che Elia ha posto a Dio e le sue risposte. Chi sei tu mio Dio? Ho capito che non sei come un Baal qualsiasi, divinità naturale della fertilità con le tue immagini di crudo realismo a sfondo sessuale, pensa Elia, come posso continuare la missione che mi hai dato senza saperne di più?
Iddio d’Israele risponde, non lo fa con le parole, ma con delle situazioni: Il suo essere presente sul monte Oreb, il suo farsi intuire e non vedere, il suo definirsi per negazioni continue (ma il SIGNORE non era nel vento, ma il SIGNORE non era nel terremoto, ma il SIGNORE non era nel fuoco) fanno capire ed intuire ad Elia, e speriamo anche a noi, che la natura della divinità è assolutamente diversa da tutte queste immagini naturalistiche che popolano l’immaginario collettivo dell’umanità e che il massimo della nostra comprensione di Dio, quello che lui liberamente concede ad Elia, sta in un suono dolce e sommesso. E’ un’immagine imbarazzante di Dio, molto lontana da tutte le definizioni teologiche di tremila anni di pensiero cristiano e giudaico, ma è quella che Lui liberamente ci ha dato in questo brano.
Forse l’unico modo per stare vicino a Dio, per noi umanità, è quella di cercare di intuire la sua volontà e aspettare fiduciosi che essa si compia così come ci ha insegnato Gesù nella sua preghiera, ricordando a noi stessi e agli altri tutto il pane quotidiano, tutto l’amore incondizionato e liberatorio che ha posto nelle nostre vite.
La solitudine di Elia, il non capire completamente i piani di Dio lo rendono speciale agli occhi di tutti i credenti di tutte le epoche, ma cosa più importante, agli occhi di Dio. Si narra nella bibbia che Elia non sia morto, ma che il Signore lo abbia rapito in cielo. L’uomo che ha pensato anche al suicidio, che disperato si vuole lasciar morire nel deserto è stato esaudito in tutte le sue richieste, 7000 nuovi testimoni nasceranno.
Qui finisce secondo lo schema classico della predicazione riformata la parte di spiegazione del testo e di solito inizia un commento, un’attualizzazione del testo. Dopo i voli pindarici di domenica scorsa, di una scuola evangelica lontana dalla nostra sensibilità e cultura, vorrei che questa attualizzazione fosse la più breve e scarna possibile. Ognuno di noi ha misurato nella propria vita le ferite profonde della solitudine, è con noi il ricordo doloroso delle persone care che non abbiamo più e l’angoscia per tutte le decisioni che abbiamo dovuto prendere da soli. Ognuno di noi forse ha pensato anche solo per un attimo a gesti irreparabili. Ognuno di noi ha dovuto anche fare scelte difficili misurando con la propria coscienza e responsabilità se queste scelte corrispondevano di più alle logiche di potere di Acab od a quelle che ci ha insegnato il nostro Dio. Ognuno di noi sa però che in tutte queste situazioni, forse non come suono dolce e sommesso, abbiamo avuto accanto qualcuno, forse uno dei settemila, forse proprio lui, il nostro Signore. Egli ci sta vicino, ci capisce, ci giustifica, ci rende più forti e ci apre gli occhi.