1 «Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini le quali, prese le loro lampade, uscirono a incontrare lo sposo.
2 Cinque di loro erano stolte e cinque avvedute;
3 le stolte, nel prendere le loro lampade, non avevano preso con sé dell'olio;
4 mentre le avvedute, insieme con le loro lampade, avevano preso dell'olio nei vasi.
5 Siccome lo sposo tardava, tutte divennero assonnate e si addormentarono.
6 Verso mezzanotte si levò un grido: "Ecco lo sposo, uscitegli incontro!"
7 Allora tutte quelle vergini si svegliarono e prepararono le loro lampade.
8 E le stolte dissero alle avvedute: "Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono".
9 Ma le avvedute risposero: "No, perché non basterebbe per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene!"
10 Ma, mentre quelle andavano a comprarne, arrivò lo sposo; e quelle che erano pronte entrarono con lui nella sala delle nozze, e la porta fu chiusa.
11 Più tardi vennero anche le altre vergini, dicendo: "Signore, Signore, aprici!"
12 Ma egli rispose: "Io vi dico in verità: Non vi conosco".
13 Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora.
Matrimonio nella Palestina di 2000 anni fa, la famiglie dello sposo e della sposa hanno organizzato correttamente la festa più importante dei loro figli; forse l’unica in quella società. E’ la festa per eccellenza, dove si spendono un sacco di danari, ci si veste con l’abito nuovo, dove tutti devono partecipare nella cerchia dei parenti e degli amici. E’ la festa per eccellenza di quel mondo contadino, non dissimile ai matrimoni che ancor oggi si celebrano anche qui da noi.
Chi vi partecipa ed è invitato fa parte di quella cerchia di socialità che distingue quella comunità, quelli esclusi e quelli che non vogliono partecipare sono fuori, non fanno più parte di quel gioioso rituale ciclico della comunità. Il centro della festa non è di certo il rito del matrimonio religioso, ma il banchetto, con le danze, con l’abbondanza di cibo, di vino e di allegria: nel rito ebraico dell’epoca le ragazze, amiche e parenti della sposa vanno incontro allo sposo che deve andare alla festa organizzata dalla famiglia della sposa. Si deve formare un corteo nuziale, festante e gioioso, con luci, le fiaccole o lampade che dir si voglia, con i suonatori, che intonano canti di buon auspicio, canzoni di amore (come alcune contenute in varie parti della Bibbia, fra le quali, quelle del Cantico dei Cantici). Gesù per raccontare il regno che viene, il tempo della festa, usa la parabola delle nozze. Inizia proprio così: “Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini le quali, prese le loro lampade, uscirono a incontrare lo sposo”. Poi la storia si svolge piana, salvo la piccola ironia, molto spesso presente nei discorsi di Gesù, di quelle ragazze sventate alla ricerca dell’olio per le fiaccole dopo la mezzanotte.
In questo testo non ci sono difficoltà particolari nell’esegesi, ma due sono le interpretazioni più ricorrenti. La prima usa il paragone sposo-Cristo, sposa-chiesa, è una interpretazione forzata e allegorica del testo. Nel nostro racconto lo sposo appare solo all’ultimo e della sposa non si fa menzione. La seconda interpreta la storia partendo dal contrasto fra le ragazze sagge e le sventate, le prime preparate per una lunga attesa, le altre per una breve. La seconda è più convincente perché meglio concorda con l’intera predicazione di Gesù che annuncia l’imminenza del regno.
Questo messaggio comunque a prima vista ci appare molto lontano e sembra rispecchiare più che altro le preoccupazioni di molte generazioni di credenti, specialmente dei più entusiasti, per il ritardo della venuta del regno: forse proprio per questo questa piccola parabola di Gesù, fra le tante che ha pronunciato, è giunta fino a noi.
Poi, rileggendola, ci appare la sua forza e il suo messaggio. Gesù non contrappone il bene e il male nel momento del giudizio e della venuta del regno, il giudizio per l’intera umanità con i nostri parametri sarebbe di condanna, ma ci rimette in discussione chiedendoci di essere sempre pronti e fedeli. In quest’epoca dove tutti parlano di religione, di crocifissi da appendere dappertutto, di santi subito, di madonne piangenti, di verità tangibili, in quest’epoca di normalizzazioni delle coscienze ad identità forti, Gesù, come alle ragazze in attesa della festa, chiede soltanto di essere avveduti e fedeli.
Gesù ci conosce talmente bene che sa che spesso ci addormentiamo, che la lucida coscienza di chi è sveglio viene battuta dal sonno e la stanchezza, ecco perché ci chiede soltanto di avere un po’ d’olio per le nostre lampade. Gesù ama le nostre feste, anche quelle di matrimonio, a cui non fa mancare il vino come a Canaan, ama talmente l’umanità che racconta il giorno della venuta del regno di Dio con il paragone a uno dei momenti più lieti e festosi della nostra piccola esistenza. Se c’è quindi un ultimo messaggio da sottolineare, che è sottointeso nella parabola di oggi, ma che è scritto a caratteri cubitali in tutta la bibbia, è che Gesù non vuole una umanità che piange e si dispera, fatta di martiri e di flagellanti, ma una umanità vigile, ma pronta ad andare a festeggiare e che affronta tutte le vicissitudini della vita con gioia, riconoscenza e serenità.
Predicazione di I. David Buttitta Domenica 22 Novembre 2009, Chiesa Evangelica Valdese di Firenze