Domenica 9 settembre 2007, 15° dopo Pentecoste - Chiesa Evangelica Valdese di Firenze

Genesi 28, 10-19

ti farò ritornare, io sarò sempre con te

 

 

Giacobbe parte per andare verso Caran. Più che partire Giacobbe fugge.

E quando Il sole è già tramontato, quando è notte, Giacobbe prende una pietra e la utilizza come cuscino e si corica.

Sogna una scala, una scala che poggia sulla terra, mentre la  cima della scala tocca il cielo. Gli angeli di Dio salgono e scendono dalla scala. Il Signore sta al di sopra di essa.

Il sogno deve essere visto qui come luogo dell’incontro con Dio. Il sogno non è un prodotto del pensiero o delle fantasie di Giacobbe durante la notte, nella cultura pre-moderna il sogno era visto come luogo privilegiato dell’incontro con la divinità.

Il Signore benedice Giacobbe e gli fa una promessa, una promessa molto concreta:

 

 “ Io sono il Signore, il Dio d'Abramo tuo padre e il Dio d'Isacco. La terra sulla quale tu stai coricato, io la darò a te e alla tua discendenza. La tua discendenza sarà come la polvere della terra e tu ti estenderai  a occidente e a oriente, e a settentrione e a meridione, e tutte le famiglie della terra saranno benedette in te e nella tua discendenza. Io sarò con te e ti proteggerò dovunque tu andrai e ti ricondurrò in questo paese, perchè io non ti abbandonerò prima di aver fatto quello che ti ho detto”

 

Pensiamo ad un emigrante, a qualcuno che deve lasciare la sua casa per recarsi in un posto sconosciuto, pensiamo alle difficoltà...Ma Giacobbe ha la promessa da parte di Dio: “ti farò ritornare, io sarò sempre con te”.

 

Quando Giacobbe sarà lontano e ormai si sarà abituato a vivere lontano, come avviene agli emigranti in terra straniera, egli terrà sempre accesa quella fiaccola di speranza, la consapevolezza della benedizione di Dio e di quella promessa che Dio ha fatto: “ti farò ritornare, io sarò sempre con te”.

Perché Giacobbe fugge? La motivazione la troviamo nei capitoli precedenti del libro della Genesi rispetto al nostro passo di questa mattina.

Rebecca, la mamma, aveva ricevuto notizia, che Esaù, il fratello maggiore di Giacobbe, pensava di ucciderlo, e per questo decide di far fuggire Giacobbe, il figlio preferito, mandandolo dallo zio Labano a Caran per rifugiarsi, fino a quando l'ira di Esaù non fosse passata.

La situazione non è assolutamente delle migliori: tra i due fratelli non corre assolutamente buon sangue.

Giacobbe fugge, egli fugge lontano, va in esilio, in una regione lontanissima.  Ma Giacobbe ha la promessa da parte di Dio: “ti farò ritornare, io sarò sempre con te”.

Giacobbe sta fuggendo, e vede ormai all'orizzonte il destino dell'emigrante, che lascia dietro le spalle il suo piccolo mondo. Ma Giacobbe ha la promessa da parte di Dio: “ti farò ritornare, io sarò sempre con te”.

Uscendo dalla sua famiglia, dal suo clan, entrando nel resto del mondo, Giacobbe si trova sottoposto alle leggi dell'ospitalità, ma anche a tutti gli inganni possibili. Cosa che accadrà con lo zio Labano. Questo lo troviamo nei capitoli seguenti al nostro passo.

 

Saranno lunghi anni perché Giacobbe vuole realizzare qualcosa che gli sfugge continuamente, vuole poter sposare la donna che ama: Rachele.

Ingannato dallo zio Labano, gli viene data per moglie Lia, sorella di Rachele, ed egli deve aspettare lavorando ancora per Labano, se vuole Rachele, la donna amata.

Ma Giacobbe ha la promessa da parte di Dio: “ti farò ritornare, io sarò sempre con te”.

La vita dell'emigrante è sottoposta alle angherie di chi lo accoglie.

Ma alla fine Giacobbe  ritornerà nella sua terra e potrà vivere “felice”. (si riconcilierà anche con Esaù)

Chi parte, non sa cosa potrà trovare. Molti sono i motivi per cui si lascia, si fugge. Ma quando si arriva in terra straniera, purtroppo, siamo sottoposti alle leggi di chi ha il coltello dalla parte del manico.

Mentre scrivevo il sermone, uno dei mie più cari colleghi in facoltà, è partito per il suo anno all'estero ad Edimburgo e mi ha scritto,  che aveva paura dell'ignoto. E' una partenza diversa, da quella degli emigranti, da quella di Giacobbe sicuramente, è una “felice partenza”, ma le partenze lunghe sono sempre distacchi forti, si sa: chi lascia la strada vecchia per quella nuova, sa quello che lascia, ma non sa quello che trova...

Giacobbe lascia il suo passato, lascia la sua tranquillità, anche se ormai la tranquillità era lacerata da ciò che era successo con Esaù, lascia Rebecca, la madre che egli ama e che lo amava.

Ma Giacobbe ha la promessa da parte di Dio: “ti farò ritornare, io sarò sempre con te”.

 

Ma cosa è successo con Esaù?

Giacobbe ha ingannato Esau, si è fatto vendere per un piatto di lenticchie la primogenitura  ed è stato benedetto da Isacco loro padre al posto di Esaù, grazie ad un inganno che è stato messo in piedi da Rebecca e Giacobbe.

Esaù è il primogenito, il preferito del padre Isacco, è quasi descritto come potente, un essere mostruoso, amante della caccia, del sangue, della potenza. L'altro, Giacobbe è un ragazzo delicato, “vive nella tenda”, nel clan familiare è caro soprattutto alla madre Rebecca che lo sente come il figlio suo prediletto.

Giacobbe quindi era il secondo, era colui nei confronti del quale non si poteva scommettere nulla. Ma con l'inganno diventa lui “il primogenito”, ed è ora costretto a scappare.

C'è l'inganno, la frode e per questo c'è la fuga: questo è il piano della narrazione degli avvenimenti umani. Ci sono due piani della narrazione quello umano e quello del progetto di Dio.

Giacobbe, il secondo, in realtà fin dall'inizio era stato scelto da Dio: “il maggiore servirà il minore”. Dio sceglie chi la società non sceglierebbe. Tutti avrebbero scommesso su Esaù, non su Giacobbe “uomo tranquillo, che se ne stava nelle tende”.

Giacobbe fugge perché ha ingannato e rischia la pelle, ma a sua volta Giacobbe sarà ingannato dalla zio Labano. Le vicende umane sono quelle che sono.

Ma Giacobbe ha la promessa da parte di Dio: “ti farò ritornare, io sarò sempre con te”.

Dio ha scelto immeritatamente Giacobbe. Ha scelto il secondo!

Giacobbe sta fuggendo, ma all'interno di questo cammino riceve un segno dell'amore di Dio: il Sogno,la scala, la benedizione, la promessa.

In quel luogo, che sarà chiamato Betel proprio da Giacobbe, dove sorgerà uno dei santuari più famosi d'Israele, Giacobbe incontra la benevolenza di Dio.

Questo episodio  è narrato  anche per canonizzare uno dei più famosi santuari d'Israele: Betel, appunto.

 

Secoli dopo, il popolo ebraico ha trovato un origine a questo santuario e con questo racconto ha voluto metterlo sotto il patronato del padre Giacobbe. Israele ha cercato di immaginare, che quando il santuario non c'era, quando era soltanto un cumulo di pietre, di là sia passato pieno di paure ed incubi Giacobbe e  là abbia avuto in sogno la grande visione della scala e ricevuto la benedizione e la promessa da parte di Dio.

La scala, però, non è una scala come la possiamo spontaneamente immaginare noi. Teniamo presente che la rielaborazione finale del pentateuco, i primi cinque libri della Bibbia, quindi anche la Genesi, è da datare in epoca esilica (cioè quando Israele era in Babilonia) o post-esilica durante l’epoca persiana terminato l’esilio in Babilonia.

L'immagine, quindi, è quella tipicamente babilonese di una ziqqurat, ormai familiare ad Israele.

Le ziqqurat erano i templi a gradoni che salivano dalla terra come ideale scala verso il vertice dove c'era il santuario, dove era presente la statua del dio, dove la divinità incombeva con la sua grandezza con il suo splendore.  Potevano salirvi solo alcuni privilegiati: i sacerdoti ed alcuni fedeli qualificati, che salivano per incontrare la divinità.

All'interno del sogno di Giacobbe c'è un simbolo squisitamente orientale, un simbolo che descrive il cammino dell'uomo verso Dio, ma che in questo caso, nel sogno di Giacobbe indica invece il cammino di Dio verso l'uomo. Nessuno sale in cima alla scala...Infatti dalla scala, la ziqqurat, scendono e salgono gli angeli di Dio.  E’ una scala discendente da Dio verso l’uomo. Gli angeli sono i messaggeri di Dio, il totalmente altro, che è in cima alla scala, nei cieli ( “e che nemmeno i cieli possono contenere”). E che si manifesterà con la sua Parola. Dio non scende dalla scala nella visione del sogno di Giacobbe, ma manda i suoi ambasciatori, manda il segno dell'angelo. Al di là della scala egli viene incontro a Giacobbe con la sua Parola. Con la sua promessa di benedizione per Giacobbe e per la sua discendenza, per l'umanità, quindi anche per tutti e tutte noi.

Da questo sogno, nasce per Giacobbe la speranza, quell'unica fiaccola che ha permesso a Giacobbe di sopportare gli anni dell'esilio, essendo consapevole che al di là delle sofferenze, la benedizione di Dio lo accompagnava.

La promessa, la benedizione è il segno di una posteriorità per Giacobbe, per noi: il dono della terra, una discendenza numerosa. Una promessa che si realizza nell'al di qua! Questo non vuol dire che tutto andrà benone: Giacobbe avrà molto da tribolare con Labano e con il suo passato (Esaù). Ma la continua presenza di Dio nella vita di Giacobbe ci sarà. Dio non abbandonerà Giacobbe e sarà      fedele alla sua promessa:

 “ti farò ritornare, io sarò sempre con te”.

Amen

 

Predicazione di Fabio Traversari, Stud.Theol. Domenica 9 settembre 2007