"Il terzo dì risuscitò"
(Luca 24, 6-8)
Si contano i giorni, come il Credo ha continuato a fare a distanza di
più di 300 anni, dalla morte e risurrezione di Gesù. Il
Credo potrebbe dire soltanto: "è risorto dalla morte", ma invece
aggiunge questo dato temporale: "il terzo giorno", contando il giorno
stesso della morte, il sabato e il primo giorno della settimana, che
poi i cristiani chiameranno "dies dominica" (giorno del Signore) e poi
semplicemente "domenica". Fra la morte, la sepoltura e la risurrezione
di Gesù c'è di mezzo un sabato, il giorno ricevuto come
un dono da Dio per il riposo. Forse Gesù è risorto di
sabato, visto che le donne sono andate prestissimo la mattina dopo e
non hanno più trovato il corpo. Forse si può dire che
Gesù è il vero compimento del Sabato, perché
è quello che ne ha messo in luce la più grande portata
per la salvezza degli esseri umani. Un nuovo modo di contare il tempo
si addice a un episodio della portata della risurrezione. Con buona
pace dei fratelli Avventisti che sono tornati ad osservare il Sabato,
il Cristianesimo ha visto e attestato un gran significato nel
cominciare la "settimana" (in ebr. si dice "i sabbati" al plurale) con
il primo giorno in ricordo della risurrezione di Gesù.
Il compimento del sabato consiste nel ricevere fino in fondo il proprio
riposo, quello del corpo al termine della vita: per le comunità
cristiane antiche era importante sottolineare che Gesù aveva
condiviso esattamente anche questo; era veramente morto ed era
veramente stato sepolto, come viene affermato a più riprese e
documentato. Molto presto si sono sparse dicerie sul fatto che
Gesù non sarebbe veramente morto; una corrente gnostica
sosteneva che Gesù era morto e al tempo stesso risuscitato,
senza tempo intermedio. Era un modo per non prendere sul serio la morte
e il corpo, o per dire che Gesù come Figlio di Dio non poteva
veramente morire, o almeno non in quel modo. Se ne conserva un'eco nel
Corano, dove si sostiene che sia stato sostituito all'ultimo momento da
un sosia, "ma verso lui il Dio lo ha innalzato" (IV, 158). L'insistenza
gnostica nell'identificare la risurrezione con la morte era causata da
un certo disprezzo del corpo e della corporeità, che in
Gesù sarebbe stata solo apparente e temporanea. La
comunità dei discepoli ha visto e preso sul serio il corpo di
Gesù, la sua morte e il tempo fra la morte e la
risurrezione, Gesù è disceso negli Inferi, si è
lasciato inghiottire dalle tenebre dell'inconoscibile. Ha condiviso
ancora e per l'ultima volta la angoscia umana più profonda,
prima di superarla per un nuovo inizio radioso. Gesù ancora per
40 giorni si farà vedere da parecchi discepoli e discepole.
Anche questo è un tempo particolare (come indica già il
numero 40) e prezioso per la nuova chiamata e per le testimonianze che
suscita.
Qui torniamo al racconto biblico: dopo la morte di Gesù,
avvenuta alle tre del pomeriggio e la sua deposizione nel sepolcro
forse due ore dopo, le donne hanno già preparato gli aromi e
profumi prima del tramonto 823,56). Per le donne sarà stato
doloroso e interminabile quel sabato, infatti la mattina prestissimo,
come avviene a persone che non hanno punto dormito, si mettono in
cammino e giungono al sepolcro (qui viene chiamato 'mnema' cioè
ricordo), "una tomba scavata nella roccia, dove nessuno era ancora
stato deposto" (23,53). Il Vangelo di Marco indugia sul particolare
della gran pietra rotolata a chiusura della tomba: le donne si chiedono
per via "chi ci rotolerà la pietra?" Nel Vangelo di Matteo la
pietra è stata rotolata e sigillata con delle guardie che devono
custodirla. Ma poi avviene un terremoto e davanti alle guardie e alle
donne compare un angelo che vi si siede sopra e annuncia la
risurrezione di Gesù. Qui nel Vangelo di Luca la pietra è
già rotolata e le donne entrano nel sepolcro trovandolo vuoto.
Mentre sono lì "perplesse" appaiono due "uomini in vesti
risplendenti" a spiegare l'evento.
Gli elementi costitutivi della fede nella risurrezione sono: la
scoperta della tomba vuota e la testimonianza personale di "aver visto
il Signore" oppure una visione di angeli. L'apostolo Paolo più
tardi elencherà soprattutto le apparizioni del Signore (1 Cor.
15, 5-8) e ignorerà le donne e la tomba vuota, ma per i Vangeli,
ognuno con accentuazioni diverse, sarà questo lo schema. Tomba
vuota e apparizione (o annuncio) sono insieme costitutivi della fede,
sembrano ritenere i Vangeli: la sola tomba vuota non è nessuna
certezza della risurrezione, ma potrebbe essere l'espediente temuto
dalle autorità secondo Matteo (i discepoli vanno a rapire il
corpo per dire che è risuscitato); le sole apparizioni
potrebbero essere un'esperienza personale dovuta al grande affetto per
una persona cara scomparsa, che torna alla nostra memoria e ci desta
grande emozione, ma non è vera per gli altri. Le apparizioni
durante i 40 giorni sono infatti tante e diverse, la tradizione biblica
vacilla di fronte a incongruenze e ripetizioni. Come potrebbe esser
chiara e coerente di fronte a un simile sconvolgimento di ogni
più semplice ragionevolezza ed esperienza? Un fatto tanto strano
ed unico al mondo crea reazioni diverse: dalla logica
incredulità, alla ostinata negazione, all'accettazione
riconoscente, al riconoscimento umile di chi sa che avrebbe dovuto
credere e sperare contro speranza, ma non ha saputo. Ed è quello
che succede a tutti i discepoli e le discepole!
Alle donne gli angeli rivolgono un rimprovero: "Perché cercate
il Vivente tra i morti?" che diventerà un "luogo teologico" di
gran rilievo per tutti i tempi: dove va cercato Gesù? E poi
dicono: "ricordate come egli vi parlò quand'era ancora in
Galilea" (24,6). Qui gli angeli enunciano una specie di breve
"confessione di fede" che era forse in uso presso le comunità
cristiane primitive: che il Figlio dell'uomo doveva esser dato nelle
mani di peccatori, doveva esser crocifisso, e il terzo giorno
risuscitare. "Esse si ricordarono delle sue parole" (v.8). Questo
è un particolare di grande interesse; si presuppone qui che
Gesù abbia parlato alle donne della sua morte e risurrezione,
non solo ai Dodici (Luca 18,31; Marco 10,32) o ai discepoli in privato
(Mt.16,21). Gesù ha istruito le donne come gli uomini, come suoi
discepoli e ha detto già loro in anticipo quello che gli sarebbe
accaduto. C'è un ascolto distratto della Parola del Signore, che
forse è anche il nostro, in varie epoche della nostra vita. Poi
in momenti particolari c'è l'annuncio che desta il "ricordo" che
fonda la fede. Il sepolcro si chiamava "ricordo", ma è solo
pietra in confronto alle parole degli angeli che destano il ricordo
vivo di quanto Gesù ha detto. Alle donne basta questo annuncio
per credere, tornare dagli altri discepoli e testimoniare delle cose
viste e udite. Non c'è da meravigliarsi se non sono state
credute, come si potrebbe credere all'incredibile?
Altri faranno esperienze di incontro con Gesù Risorto, come i
due di Emmaus, che sentiranno ricordare le Scritture da uno sconosciuto
e lo riconosceranno solo a tavola, quando spezzerà il pane.
Quelli che hanno bisogno di tradizioni dogmatiche certe poi diranno che
si può incontrare Gesù solo nel Sacramento. Forse il
Vangelo di Luca vuol dire che Gesù risorto sarà
riconoscibile nell'accompagnare, nell'ospitare, nel condividere la
nostra vita con altri. Non c'è naturalmente identità di
Gesù negli altri solo perché altri, ma c'è la
nostra identità di discepoli che "ricorda" altri incontri e
condivisioni nei quali è stato possibile riconoscerlo...
perché poi sparisca dalla nostra vista, nella sua libertà
che noi non possiamo sequestrare per noi stessi.
Karl Barth ha scritto: la risurrezione è il più grande
dono di Dio, un miracolo che non può esser spiegato (se potesse
non sarebbe più tale), è lo stesso miracolo della nascita
virginale, cioè quello della comunione fra Dio e
l'umanità, per libera grazia e decisione di Dio. Se la vita di
Gesù si è svolta per una prima parte fino alla sua morte
e alla sua sepoltura, per la seconda parte riceve un movimento
contrario dalla morte alla nuova vita: qui sta il più grande
dono di Dio all'esistenza umana, che non vivrà più
semplicemente orientata verso la morte, ma il suo destino viene
rovesciato nel suo contrario, verso la vita. L'aurora del tempo nuovo
è annunciata, la si vede chiaramente anche se noi siamo ancora
nelle tenebre, come in montagna quando appare l'alba lontana, ma il
nostro versante è ancora allo scuro... Lasciamo Dio essere Dio,
ci fa camminare verso una speranza viva (1 Pietro 1,3).