Romani 5. 10-11

Riconciliati con Dio

 

 

Nei  testi che abbiamo letto stamattina c’è una parola, un concetto che viene fuori, fa capolino fra i tanti che normalmente vengono spiegati e predicati normalmente. In particolare nel capitolo quinto della lettera ai Romani , molto conosciuto per la spiegazione della Giustificazione per fede, spunta la parola riconciliati riferito alla nuova condizione degli essere umani  che vengono salvati, giustificati, appunto riconciliati mediante la morte di Gesù Cristo.

Dio con questo atto che è avvenuto nella storia ha voluto non soltanto assumere su di sé tutta la condizione infinitamente peccaminosa dell’ umanità, ma si è voluto  riconciliare con l’umanità intera.

Come ha detto il teologo  Paolo Ricca in un saggio edito recentemente il termine riconciliazione e il concetto che ne consegue, pur ampiamente presente nel nuovo testamento, non è stato studiato  e conseguentemente valorizzato nella storia della chiesa.

Ma facciamo un passo indietro e vediamo cosa significa riconciliazione: in Greco, la lingua usata da Paolo e da tutti gli autori del Nuovo testamento, riconciliazione si dice katallaghè, riconciliare katallasso.

Nel cuore di questa parola , come spiega il nostro teologo c’è la parola allos, che vuol dire altro. Quindi riconciliazione significa diventare altro, cambiare.

Dio quando incontra l’uomo lo fa diventare altro , nell’antico testamento è suggellato perfino dal cambiamento del nome ( l’elemento più soggettivo)  per molti personaggi: Abramo diviene Abraamo, Giacobbe Israele. Ecc.

Infine Dio diventa altro ( si fa uomo ) in Gesù per salvarci.

Attraverso la giustificazione e la riconciliazione Dio in Gesù  toglie ogni inimicizia fra lui e l’uomo, sconfigge i nemici di dio i peccatori che si annidano in  noi stessi, crea un ponte  che attraversa l’abisso fra La Divinità e l’umanità e Lui scende verso di noi.

Nella riconciliazione c’è qualcosa di più che nella giustificazione, c’è la forte comunione che si instaura far due persone infinitamente diverse.

Sì, per riconciliarsi bisogna sempre e comunque essere in due. Non può essere un gesto unilaterale come può essere il perdono..

La riconciliazione quindi implica una relazione: fra Dio e l’umanità e fra gli stessi uomini.

Cito testualmente il saggio del Pastore Ricca:

La riconciliazione esige due partner. E’ questo che la rende così difficile e così rara: occorre essere in due.

Non Basta un protagonista solo, nemmeno se è Dio. Dio può creare senza nessun intervento nostro. Siamo oggetto della crazione. Ma Dio non può riconciliarsi senza di noi. Qui non siamo oggetto, ma soggetto. E’ questo che rende le cose così difficili, così complesse, così rare, così estranee.

L’apostolo Paolo parla di un ministerio della riconciliazione : non una particolare vocazione individuale alla riconciliazione , neanche e non solamente la capacità di perdonare per i torti subiti , ma la capacità e volontà individuale e allo stesso collettiva  di diventare altro e farsi cambiare da DIO

C’è nel progetto di Dio per noi una umanità nuova che come scrive Paolo  in Galati non vive più le diversità della natura e della storia in modo conflittuale, ma è una umanità che tende alla riconciliazione perché ha ritrovato l’unità e la pienezza della pace e della solidarietà in Gesù Cristo.

Ma come si fa a diventare altro ? Io aggiungerei a questa definizione un piccolo articolo e direi diventare l’altro.

Ma anche questo a prima vista parrebbe impossibile, io non posso diventare, facciamo un esempio, mia moglie, ma ………………..con un grande sforzo posso prendere come mio il suo punto di vista, mi posso porre nei suoi panni, posso cercare i suoi pensieri, le sue ansie, le sue speranze , i suoi progetti e condividerli.

Questa è una pratica difficile, assumere il punto di vista degli altri è complicato, ma mi sembra un buon mestiere per dei cristiani che hanno accettato l’amore per il prossimo come il loro comandamento di vita.

Forse il ministerio della riconciliazione sta solo qui, accettare l’altro per quello che è e darsi una mano a crescere e a  liberasi dalle ansietà della vita.

Ultimamente questa comunità ha vissuto momenti importanti di discussione e di approfondimento su due aspetti della vita sociale e politica : i  cosiddetti dico e la libertà religiosa.

Prendendo spunto da questi temi è venuto fuori nel primo caso la condizione di vita non certo invidiabile che questa società impone a fratelli e sorelle che vivono la sfera della sessualità e degli affetti semplicemente in modo diverso dalla maggioranza.

 Nel secondo caso è venuto fuori che la nostra società impone una libertà condizionata all’esercizio della libertà di culto a delle persone che vivono insieme a noi, tant’è vero che come chiesa valdese nazionale abbiamo spinto per una legge sulla libertà religiosa nel nostro paese e la nostra comunità  conseguentemente ha preso posizione sulla costruzione di una moschea.

Nei due casi la nostra gente ha saputo , superando le barriere culturali della propaganda omofoba e xenofoba,

assumere come proprie le giuste ansietà di queste persone.

Anche questi,  seppur piccoli gesti di accoglienza e di condivisione, stanno nel progetto della riconciliazione che Dio ha indicato per noi.

 Forse oggi , in modo incompleto e incerto ma  profondamente umano, possiamo andare a lodare il Signore al tempio perché almeno con due gruppi di persone ci siamo riconciliati e non dobbiamo tornare indietro a cercare il fratello.

La strada è lunga, tortuosa e difficile, bisognerà nutrire con gesti di autocritica e di amore un popolo che sta camminando verso il regno di DIO.

Bisognerà invocare la presenza dello Spirito Santo in questo percorso, il vecchio e nuovo uomo convivono in noi stessi.

A proposito, il teologo Paolo Ricca dice che fra tutti i riti che i cristiani hanno manca solo quello della riconciliazione, forse bisognerebbe inventarlo, anche se la  riconciliazione fra gli uomini è talmente rara.

Per ora abbiamo  la sola confessione di peccato, ma bisognerebbe avere il coraggio, sì,  proprio il coraggio, anche fra di noi, io per primo, in questa piccola comunità, di parlare a cuore aperto con quelle persone che per insensibilità abbiamo offeso, non accettando il loro punto di vista e snobbandole quindi proprio come persone.

Iddio dacci questa forza.

Amen

Predicazione di David Buttitta, Chiesa Valdese di Firenze Culto del 4 marzo 2007