"Pregare senza stancarsi "
Luca 18,1-8
Di nuovo ci troviamo davanti a una di queste parabole di Gesù che fanno risparmiare un sacco dì lavoro al predicatore o alla predìcatrice. Il senso della parabola è chiaro: bisogna continuamente pregare senza stancarsi.
È geniale l’aspetto narrativo della parabola: il giudice che non teme Dio e non ha rispetto per nessuno a contrapposto a Colui che è giusto che cha il totale, assoluto rispetto per l’essere umano. Il sermone potrebbe dunque terminare qui, con un’esortazione a rileggere il racconto di Luca. E invece ovvio che la predicazione non è terminata. Sì, sara più breve perché il lavoro assembleare non può aspettare. L’assemblea di chiesa tuttavia è un ulteriore motivo per spendere qualche parola sulla preghiera.
Prima dì tutto devo fare una precisazione esegetica che può ritornarcì utile. Il versetto 7 del nostro brano è fondamentale per comprendere il senso della parabola. Le nostre traduzioni moderne esprimono il contenuto di questo versetto con una domanda retorica: Dio non renderà dunque giustizia ai suoi eletti che giorno e notte gridano a lui? Tarderà nei loro confronti? Credo che questa traduzione non renda bene il senso della parabola, sono convinto che Giovanni Diodati abbia compreso molto meglio sia la grammatica sia la teologia della parabola di Gesù: E Iddio non vendicherà egli i suoi eletti, i quali giorno e notte gridano a lui; benché sia lento ad adirarsi per loro? La lentezza con cui Dio talvolta rende palese la sua giustizia non è altro che un’ulteriore conferma della sua misericordia.
Il testo tuttavia scoraggia qualunque tentativo di approfittare dalla lentezza di Dio: Io vi dico che renderà giustizia con prontezza (v. 8). Nonostante questo incoraggiamento evangelico noi conosciamo bene il tormento legato a una preghiera che sembra inascoltata, il cui esito rimane infinitamente lontano dai nostri desideri e dai nostri sogni. E poi c’è un altro problema, abbastanza tipico delle chiese legate alla teologia calvinista: perché devo pregare, se Dio ha gia deciso tutto? Sono temi per un colloquio pastorale o per uno studio biblico, io stamattina vorrei essere breve e quindi mi limito a citare due dei miei maestri.
Il primo è il pastore Aldo Comba, ben conosciuto da molti di noi che in una delle sue predicazioni affermava: L’invito di Luca è di continuare a pregare con perseveranza,"ma non con l’intento di stancare Dio per indurlo a concedere tutto quello che si desidera, questo sarebbe un atteggiamento pagano”. Aggiungo ancora che la preghiera di una persona credente è assidua perchè deriva dal desiderio di voler restare in comunione con Dio nell’attesa di un tempo di salvezza e di giustizia che si realizzerà pienamente con l ’avvento del Regno di Dio.
Il secondo maestro che voglio citare è Schalom Ben-Chorin, al secolo Fritz Rosenthal (1913-1999), teologo e rabbìno, nato a Monaco di Baviera, rifugiato politico in Palestina negli anni Trenta e in seguito uno dei più importanti intellettuali detto Stato di’lsraele, morto nel 1999 Nel suo libro (pubblicato anche in italiano) Il giudaismo in preghiera Schalom Ben-Chorin citava il detto del Rabbi Akiva, tramandato dal Talmud: “Ogni cosa è prevista; tuttavia viene lasciata aperta la possibilità di scegliere”. In altre parole, Dio nella sua sovranità assoluta lascia all’uomo il potere e l’efficacia della preghiera. L’efficacia della preghiera è talvolta scarsa perché assumiamo un atteggiamento pagano denunciato da Aldo Comba, un atteggiamento totalmente autoreferenziale.
Il nodo fondamentale che non scioglieremo stamattina è però un altro. Ma quando il Figlio dell’uomo verrà, troverà la fede sulla terra?
E una domanda che deve restare aperta che deve tormentarci continuamente, che deve essere costantemente presente nel corso della nostra assemblea.
Predicazione del pastore Pawel Gajewski, Domenica 10 Novembre, culto breve in occasione dell'Assemblea della Chiesa Evangelica Valdese di Firenze