La prima cosa che si nota leggendo il testo Atti 6,1-7 è che la parola diacono non vi compare nemmeno una volta. Il termine centrale di questa breve narrazione è “servire alle mense” (gr. diakonein trapezais) che si trova nel v. 2. Il servizio diaconale è dunque esercitato nella comunità di Gerusalemme che rappresenta idealmente la chiesa delle origini. Chi amministra questo servizio sono gli apostoli che guidano la comunità sia sul piano spirituale sia su quello materiale. La conferma di questo fatto si trova già nel v. 1, in cui si parla esplicitamente dell’assistenza quotidiana (diakonia têi kathêmerinêi).
Il “servizio delle mense” in un certo momento comincia a diventare un problema. Il nostro testo è chiaro: gli apostoli trascurano la predicazione della Parola di Dio e i membri della comunità di origine greca non sono contenti del servizio che viene offerto alle loro vedove. In somma, non va bene né l’uno né l’altro.
Non si tratta tuttavia di un episodio isolato. L’autore degli Atti mette in guardia la chiesa davanti a un rischio perenne che si cela nella tensione tra predicazione e diaconia.
Predicazione e diaconia… è un tema sempre in discussione, un dilemma che sembra irrisolvibile. La prima indicazione che scaturisce dal nostro testo è che predicazione e diaconia sono complementari e al tempo stesso distinte. È da notare la preferenza assoluta che il gruppo dei Dodici attribuisce alla predicazione: nel servizio delle mense qualcuno ci può sostituire, nell’annuncio della Parola di Dio no. Si tratta della prima regola che dovrebbe guidare le scelte strategiche di una chiesa: nel campo dell’assistenza ci sarà sempre qualcuno pronto a sostituirci. Non credo che il servizio pubblico o una cooperativa debbano offrire un livello di assistenza più scarso di quello che può offrire una chiesa. Nel campo della predicazione non ci sono sostituti.
Nicolas Tom Wright, vescovo anglicano e uno dei più noti teologi cristiani scrive: La chiesa esiste essenzialmente per due scopi strettamente correlati: per adorare Dio e per lavorare per il suo regno nel mondo. Si può e si deve lavorare per il regno di Dio in privato e in modi che sono peculiari a ogni persona, ma se il regno di Dio deve andare avanti, piuttosto che girare intorno in cerchi, dobbiamo lavorare insieme oltre che da soli. La chiesa esiste anche per un terzo scopo, che serve gli altri due: incoraggiarsi l’un l’altro, accrescersi l’un l’altro nella fede, pregare con e per gli altri, imparare e insegnare a vicenda, proporre l’uno all’altro esempi da seguire, sfide da cogliere, e compiti urgenti da svolgere.
Questo aspetto della chiesa è particolarmente visibile nei capitoli successivi in cui Stefano e Filippo diventano annunciatori convinti della Parola di Dio, la missione di Stefano si conclude addirittura con il sacrificio della propria vita offerta per la causa dell’evangelo.
Pensando alla diaconia istituzionale della nostra chiesa la conclusione è semplice e sconcertante al tempo stesso. O questa diaconia sarà capace di annunciare chiaramente l’evangelo di Gesù Cristo o, prima o poi cesserà di esistere. Non basta un annuncio generico di valori umani supremi: rispetto, tolleranza, accoglienza… Anche nell’annuncio dei valori umani possiamo trovare degni sostituti.
La Parola di Dio si diffondeva, e il numero dei discepoli si moltiplicava grandemente in Gerusalemme (v. 7) Nella nostra modesta realtà valdese possiamo affermare che si sta moltiplicando il numero di coloro che devolvono a noi l’otto per mille. Indubbiamente si tratta di un successo. Io vorrei però terminare con la preghiera di Nicolaus Ludwig von Zinzendorf (1700-1760), fondatore della comunità dei Fratelli Moravi. Questa piccola chiesa è diventata famosa con il suo lezionario “Un giorno una parola”. Questa comunità tuttavia è conosciuta in Germania, nell’America del Nord e in Africa anche grazie a un’estesa rete di scuole, asili, case per gli anziani che sembrano funzionare molto bene.
Che in ogni cosa che facciamo si veda che Gesù stesso cammina con noi e porta tutte le sue membra!
Predicazione tenuta dal pastore Pawel Gajewski domenica 17 agosto 2008, Chiesa Evangelica Valdese di Firenze