Padre Onnipotente
(testi di riferimento: Osea 11; Lc.15, 11-32)
Abbiamo definito la fede un "rapporto di fiducia verso" ... (seguendo
le definizioni del Credo Niceno-Costantinopolitano); quel "verso"
indica come un viaggio, l'orientamento e l'impegno della nostra vita.
La prima definizione era: un solo Dio. Nella sottolineatura della
assolutezza c'è probabilmente più il desiderio umano di
potere "assoluto" di tipo imperiale che non la confessione contro gli
idoli. Questa è la ragione per cui oggi ci poniamo il problema
di spiegare come le "religioni del Dio unico", com'è anche la
nostra, non riescano a fare i conti con l'intolleranza e a volte
perfino con il fanatismo. Il "solo Dio" rivelato da Gesù non
è assoluto, ma relativo, nel senso che entra in relazione,
accetta di identificarsi con l'incompiutezza e con il peccato. La fede
lo confessa come padre, onnipotente. Onnipotente può essere un
aggettivo del Padre, oppure una definizione a sé stante.
Padre è proprio l'inizio di questo "essere in relazione"; invece
di definire Dio come essenza o motore immobile, o realtà
isolata, come il Dio dei filosofi, Dio è padre. Poi si
parlerà anche del Creatore, ma intanto è "padre",
"abbà" per Gesù, (papà); Gesù ha insegnato
a pregarlo così nel Padre Nostro. Nella Scrittura ebraica il
termine è più raro e non è riferito a persone
singole, ma al popolo: Dio ama Israele come un figlio, anzi come un
figlio piccolo che va imboccato e al quale bisogna insegnare a
camminare (come in Osea 11). La cultura ebraica rifugge da commistioni
di nature fra Dio e l'uomo, dunque non c'è mai l'idea di una
"generazione" da Dio; anche nei Salmi di incoronazione del re, come il
Salmo 2,7 citato nei racconti di battesimo di Gesù, si pensa
molto probabilmente a una solenne dichiarazione di "adozione". Si
tratta ugualmente di entrare in una relazione d'amore, che è
squilibrata per l'età, l'esperienza, il prestigio, dove il
più importante accetta il piano più basso e umile
dell'altro. E' il contrario dell'assolutezza, è la confessione
del bisogno.
Il più piccolo ha bisogno di cibo, cure, conoscenza, amore; il
più grande ha bisogno di fornire tutti questi elementi e
ricevere amore. Gesù descrive questo rapporto
nell'indimenticabile parabola del "Figlio prodigo", dove il Padre,
lungi dall'affermare la sua volontà e il suo potere assoluto, al
contrario consente alla partenza del figlio, gli dà mezzi di
sussistenza, che verranno spesi male, com'era prevedibile... Un padre
umano non avrebbe potuto far di peggio! Però questo padre ama
suo figlio e lo aspetta e poi lo accoglie, perché ha bisogno di
essere amato da lui. C'è qui un rovesciamento del rapporto
patriarcale, insieme ad una critica del modo umano di essere genitori,
che forse non si coglie fino in fondo. Matteo 23,9 lo ammetterà
esplicitamente: " Non chiamate nessuno sulla terra vostro padre,
perché uno solo è il Padre vostro, quello che è
nei cieli".
Le relazioni fra gli umani conosceranno anche dei ruoli necessari e dei
tempi in cui debbono svolgersi in un certo modo, poi finiranno nella
reciprocità: anche tra genitori e figli (esempi in questa
settimana: i due Angela, i due Spini). Il rapporto che sembra
più "patriarcale" entra in discussione e si apre a nuove
definizioni.
Confessare il "solo Dio" di Gesù come padre,
anziché subito come Creatore e Signore, significa affidare
l'essenza di Dio piuttosto all'amore, che al potere. La Bibbia usa la
metafora della "paternità" per dire la "vicinanza" di Dio. E'
ugualmente espressione di un'epoca patriarcale, perché non lo
definisce mai "madre" (nemmeno Gesù), pur usando molte metafore
femminili per descrivere quello che Dio fa : "Una donna può
dimenticare il figlio che allatta?" (Is.49,15). La teologia femminista
ci ha aperto gli occhi sull'abuso di immagini maschili per parlare di
Dio. D'altra parte Dio - Madre avrebbe significato un appiattimento
sulle religioni naturalistiche o l'adozione del loro linguaggio, dove
si confondeva continuamente la creatura col creatore; questa sembra
essere stata la ragione per il non uso del termine "madre" per Dio. Per
molti teologi moderni è importante che di Dio si parli come di
un "padre materno" (Ferrario, Moltmann), mentre altri, e soprattutto
altre, ci chiediamo se non si troverà il coraggio di usare altre
metafore (McFague)!
Ferrario (di cui stiamo seguendo il bel libro di spiegazione del Credo
"Libertà di credere") ha una pagina felice (55) a conclusione di
questo capitolo. Cita Mc.10,29:
«In verità vi dico che non vi è nessuno che abbia
lasciato casa, o fratelli, o sorelle, o madre, o padre, o figli, o
campi, per amor mio e per amor del vangelo, il quale ora, in questo
tempo, non ne riceva cento volte tanto: case, fratelli, sorelle, madri,
figli, campi, insieme a persecuzioni e, nel secolo a venire, la vita
eterna".
Nel secondo versetto non sono menzionati ...i padri (le madri avevano
comunque poco potere). "Quella di Gesù è una
comunità senza padri, in cui vi sono solo sorelle e fratelli; il
che, come osserva il gesuita G. Lohfink, mal si concilia con la
reintroduzione da parte della chiesa non solo dei padri,ma addirittura
di un santo padre..."
Onnipotente (pantocrator): è un termine che si trova poco nella
Scrittura, curiosamente è molto usato per la Scrittura ebraica
nel libro di Giobbe e nei Maccabei, in quella cristiana
nell'Apocalisse. Questo ci rende attenti a che si tratti di una
terminologia importata e paradossale. I testi che più
diffusamente sentono l'impotenza di Dio e dove i credenti sono vittima
di persecuzione da parte di poteri mondani che si credono
"onnipotenti", attribuiscono a Dio, anziché ai loro aguzzini
questa qualità e denunciano al tempo stesso che gli "imperatori"
passano e muoiono. Il solo Dio rivelato da Gesù è quello
che si lascia invocare ed è vicino al Crocifisso, che sa che
può sperare di tornare a lodarlo nella grande assemblea (Salmo
22, 24 ss.).
Il linguaggio del Credo è ancora sempre un linguaggio biblico
che ci permette di confessare Dio come l'hanno confessato migliaia di
credenti prima di noi. Forse però non è più
nell'orizzonte biblico il suo immaginario, visto che confessa il
"padre" dopo aver aver escluso le madri e le donne dalla testimonianza
attiva. Confessa l'Onnipotente in concili convocati dagli imperatori e
piano piano descrive e raffigura (!) Dio o Cristo come Pantocrator
sullo sfondo delle absidi delle chiese romaniche, che sempre più
saranno sfoggio di potenza degli imperatori cristiani che
perseguiteranno i non cristiani e spiegheranno al massimo il loro
potere, anziché occuparsi dei minimi... Che fare? Il segreto
scoperto già dai Valdesi e poi al tempo della Riforma è:
tornare al senso più profondo e liberatorio della Scrittura.
Bene il Credo, ma letto alla luce della Parola scritta con tutte le sue
sfaccettature che rappresentano la testimonianza corale di quelli che
hanno creduto.