“Ama il tuo prossimo e odia il tuo nemico”: un comandamento del genere non si trova nella Bibbia, neanche nell’Antico Testamento. Gesù forse cita una frase usuale o un comportamento diffuso, cui contrappone la sua nuova Legge. L’amore del prossimo è prescritto nel Levitico 19, 17-18: “Non odierai tuo fratello nel tuo cuore; rimprovera pure il tuo prossimo, ma non ti caricare di un peccato a causa sua. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il prossimo tuo come te stesso. Io sono il Signore.” E’ un brano che ha l’intensità e la cadenza di una rivelazione, ricorda i comandamenti ed esprime al tempo stesso una saggezza umana non comune: l’odio fa male innanzitutto a chi lo prova nel cuore, si carica di un peccato che non è suo!
Nell’Antico Testamento si raccomanda nei confronti del nemico un comportamento di massima improntato alla solidarietà: in Esodo 23, 4-5 Dio ordina di soccorrere il nemico se la cavalcatura gli vien meno o di ricondurgli il bue smarrito, e in Prov. 25, 21 c’è la famosa frase, poi ripresa dall’apostolo Paolo: “Se il tuo nemico ha fame, dagli del pane da mangiare; se ha sete, dagli dell’acqua da bere”. Si tratta di nemici a livello personale, che vanno trattati con umanità, come fece Davide con Saul, quando, dopo un lungo inseguimento, poteva averlo nelle mani, ma lo risparmiò. Anche Giuseppe non si vendicò dei suoi fratelli che lo avevano venduto agli egiziani, ma li perdonò.
C’è invece un uso della parola “odiare” e “nemici” in senso spirituale, dove i nemici sono i nemici di Dio o della pace o della causa di Dio nel mondo, e il Salmista del Salmo 139 si vanta di “odiarli di un odio perfetto”. Bisogna esser consapevoli di dover rompere con “chi odia la pace”: il Salmo 120, 6 dice: “L’anima mia troppo a lungo ha dimorato con chi odia la pace”. Forse più che “odia il tuo nemico” l’espressione antica avrebbe detto: “odia i nemici del Regno di Dio”.
Gesù si oppone anche a questo odio “spirituale” e dice “amate i vostri nemici… e poi “benedite”… “fate del bene”… “pregate” per quelli che vi perseguitano. La scoperta stupefacente di Gesù è che non si deve ricambiare la violenza con la violenza, come nel discorso sullo schiaffo e il porgere l’altra guancia; se non la si ricambia essa si ferma. Si ferma al prezzo che uno subisce un torto, che assume sulla sua persona il male, scatenato da un altro, al prezzo della croce, ma si ferma. L’amore per i nemici è il bastone messo nella ruota della violenza che da tanto tempo insanguina la storia: la ruota si spezza e lo schema del mondo viene cambiato almeno per un po’. La storia di Gesù prova nei fatti questo cambiamento e l’inizio di una umanità nuova. I discepoli devono vivere come ha vissuto il Maestro e dunque devono imparare “lo straordinario” del Regno.
Quando si amano le persone care, gli amici, i parenti, le persone con cui si va d’accordo non si fa male… Ma che c’è di straordinario? Anche i mafiosi amano la mamma! Matteo dice i pubblicani, che erano la gente più malvista del suo tempo, oppure i pagani. Vivere al seguito di Gesù comporta un atteggiamento che va al di là dell’ordine naturale delle relazioni umane. E’ qualcosa di straordinario (greco: perissòn, eccessivo, che passa la misura), che in quanto tale dà visibilità alla comunità dei credenti. Non si può non vedere l’amore dei nemici: non si capisce, da fastidio, suscita odio e disprezzo. Eppure è qualcosa di forte, non di debole, perché non viene dalla sottomissione allo schema del male, ma al contrario dalla denuncia. “Rimprovera il tuo fratello che ha sbagliato, ma non odiarlo, per non caricarti di un peccato a causa sua”.
Il pericolo è che si confondano i piani, che si concordi almeno apparentemente con gli schemi malvagi del mondo, senza rimproverarli per non offendere gli altri che ne sono responsabili e in questo modo si debba dire anche noi: “Troppo a lungo l’anima mia ha dimorato con chi odia la pace”, perché ormai anche noi siamo prigionieri di uno schema che non distingue più la pace dalla guerra. Gesù fa una vera e propria scoperta, che è il centro del suo Evangelo: l’amore per i nemici sconfigge i nemici, sconfigge il male e l’odio. La legge, la giustizia comportano chiarezza su chi ha ragione e chi ha torto, chi ama e chi odia. Gesù interpreta la legge di Dio e instaura questa chiarezza proprio nell’amore per i nemici. E non importa se sono nemici personali o nemici di Dio, perché egli vive con Dio la sua vita per intero.
Abbiamo dedicato una parte del nostro tempo a studiare i documenti di Accra e di Porto Alegre e abbiamo toccato con mano quanto il sistema economico neo-liberista ci tiene in trappola con le sue conseguenze negative su gran parte del mondo più povero. Non è nelle nostre forze cambiare un sistema mondiale, ma corriamo il rischio di adagiarci nell’impotenza “Troppo a lungo l’anima mia ha dimorato con chi odia… la condivisione”. Occorre ritrovare la forza del “rimprovero” e della denuncia, occorre l’inventiva e la fantasia di vivere modelli alternativi, che diventino visibili nel mondo che ci circonda. Occorre pregare per la conversione dei nemici della causa di Dio, che stanno nel mondo solo per curare i loro interessi e opprimono i poveri.
C’è una preghiera del XIV secolo, conservata in un manoscritto di Cambridge, attribuita ai Valdesi di quel tempo intitolata “Nos pregaren lo Paire e lo Filli e lo sanct Sperit” che si ricorda di pregare per i persecutori per la loro conversione: “… e che converta i nemici a portare dei frutti degni del pentimento, affinché essi non aumentino i loro peccati contro di noi o contro la conoscenza di questo popolo. E che Dio accordi la grazia di perdonare a loro come Dio ci ha perdonati”. Non vogliamo santificare nessuno, del resto sono testimonianze anonime conservate dagli inquisitori. Non sappiamo e non sapremo mai se il mondo sarebbe cambiato se molte più persone si fossero convertite al movimento valdese… Non sappiamo e non sapremo mai che mondo ci sarebbe se i discepoli di Gesù avessero davvero preso sul serio le sue parole e fossero vissuti nell’amore dei nemici!
Un celebre commentatore ebreo (Klausner), grande studioso del personaggio Gesù, rende omaggio all’universalità del suo insegnamento e alla sua esigenza di assoluto, ma non la condivide, la vede su un piano di astrattezza, che la rende inadatta alla vita. “Le nazioni cristiane hanno in teoria una eccelsa dottrina morale, ma nella realtà quotidiana un livello di vita che confina con la barbarie”. Quanto sia vera questa considerazione non c’è purtroppo bisogno di dimostrare, in particolare dopo le guerre e le stragi degli ultimi due secoli!
C’è da chiedersi cosa veramente si aspettava Gesù dai suoi discepoli, cosa si aspetta da noi? L’ultimo versetto del nostro testo dice: “Siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste”. Il termine greco per “perfetto” è ‘teleios’, che non è la parola filosofica per esprimere il compendio delle virtù che potrebbero formare “l’uomo perfetto”; ma come ‘perissòn’, indica piuttosto uno squilibrio, è la freccia che si muove veloce e raggiunge il bersaglio (telos). Dio è perfetto, perché ha raggiunto il suo scopo, che siamo noi; Dio ama e amerà sempre più chi è imperfetto, chi odia, chi vive nella morte dello spirito; Dio ama di un amore anche non ricambiato; Gesù ha “amato” il giovane ricco che non è riuscito a seguirlo…
I discepoli invece hanno lasciato ogni cosa e lo hanno seguito. Valdès di Lione si è disfatto dei suoi beni e lo ha seguito, Francesco d’Assisi altrettanto. La vita di chi ricambia l’amore di Cristo cambia e anche il mondo può cambiare. Non è vero che il messaggio di Gesù è astratto e inadatto alla nostra vita! E’ l’unica speranza di rottura efficace degli schemi di questo mondo! Solo il suo Spirito può darci la forza di essere “perfetti” nel senso in cui Gesù parla, cioè verrebbe voglia di dire “perfettamente squilibrati”! Se l’equilibrio è adeguarsi alle regole del mondo in cui viviamo, vogliamo essere degli squilibrati, vogliamo amare di un amore eccessivo, anche non ricambiati, i nostri nemici (a proposito abbiamo ancora dei nemici?), e se non ne abbiamo dovremo amare i nemici della causa di Dio nel mondo.
Chi entra a far parte della nostra chiesa farà parte di questo squilibrio, perché non c’è saggezza che tenga, non c’è età giusta, non c’è ragionevolezza, ma solo eccesso di amore: di questo amore siamo stati amati e di questo amore ci è offerto di vivere.