Lascia che prima siano saziati i figli……

MARCO 7 :24-37 (GIACOMO 2 :1-17)

 

La vita cristiana è come un tirocinio dopo la scuola: dobbiamo imparare attraverso la pratica tutto quello che ci è stato insegnato in classe. Nella prima metà del capitolo 7, nel dialogo con i Farisei, Gesù aveva ridefinito l’idea di puro e impuro, facendo vedere come niente è contaminato né può contaminare, e che l’origine di ciò che era considerato impuro - di ciò che può separarci da Dio, debba essere cercata in noi stessi.

In occasione di quella conversazione in fin dei conti comunque aveva mostrato una via d’uscita, la grazia di Dio.

Soltanto il rifiuto di aprirsi a Dio tali quali siamo, di riconoscere il nostro stato di bisogno e di domandare aiuto, soltanto questo rifiuto può fare in modo che rimaniamo in questo stato di separazione.

Una volta spiegata questa idea, ecco che adesso Gesù insegna tramite l’esempio, tramite delle situazioni concrete.

I discepoli dunque si trovavo a prendere parte a un tirocinio senza saperlo, grazie alle situazioni alle quali si trovano esposti per il semplice fatto di essere con Gesù e di viaggiare con Lui.

 

Se guardiamo le cose in faccia, tutto il discorso che Gesù aveva appena tenuto, non era servito a granché; infatti si trova a dover abbandonare la regione; e d’abitudine le sole volte che Gesù parte accadono quando non lo si vuole ascoltare.

Questa escursione in territorio pagano è piena di sorprese per noi, per i discepoli e anche per Gesù. Non dobbiamo però essere a disagio con il fatto che a volte - come qui nel caso del dialogo con la donna sirofenicia, il che vuol dire semplicemente libanese – non dobbiamo essere a disagio con il fatto che a volte egli dia delle risposte che ci sembrano sconcertanti e quasi al limite della mancanza di buone maniere; se prendiamo sul serio l’idea dell’incarnazione - Dio che si fa essere umano – non è un superuomo che si ottiene, né un fantasma che deambula sul pianeta, ma piuttosto una persona reale, vera, con le sue opinioni, le sue percezioni, come tutti gli altri esseri umani.

 

La prima sorpresa è costituita dal fatto che Gesù con i suoi discepoli si ritiri nella regione della città di Tiro, nel sud del Libano attuale. Questa è la prima lezione del tirocinio. Lo scopo di questo viaggio è probabilmente quello di farsi da parte per un po’ di tempo, in modo da poter con calma e tranquillità essere in grado di insegnare ai discepoli senza essere disturbato o interrotto.

La sorpresa però sta nel posto scelto. Tiro era il nemico per eccellenza d’Israele, la regina Jezabel che nell’ottavo secolo a.C. aveva cercato di uccidere il profeta Elia, ne era originaria. Tiro per gli Ebrei rappresentava la personificazione del paganesimo, e dunque era certamente il posto più impuro che si potesse trovare nel mondo conosciuto a quell’epoca.

 

Perché possiamo farci un’idea del livello di repulsione sentito dagli Ebrei verso Tiro, pensiamo che per esempio nel libro del profeta Ezechiele c’é un poema che sembra fare allusione alla rivolta di un angelo contro Dio, che poi è diventato famoso col nome di Lucifero; ebbene quel poema era in realtà rivolto contro il re di Tiro. È una prima indicazione che non c’è davvero nessun ostacolo all’azione di Dio, soprattutto nessun ostacolo a parte il nostro cuore - traduzione: la nostra volontà – che possa separarci da Dio.

 

Ecco però che questa spece di ritiro segreto non funziona, e una donna bussa alla porta della casa in cui Gesù avrebbe voluto avere un po’ di tempo in santa pace con i suoi discepoli. La donna parla greco - dunque appartiene alla cultura che circondava Israele da tutte le parti e contro cui i Farisei cercavano di proteggere l’identità ebraica – per di più è etnicamente sirofenicia (libanese), o come ci dice Matteo nella sua versione dello stesso episodio, cananea, il che rende ancor meglio l’idea della totale alienazione e opposizione rispetto al mondo ebraico.

Chi altro erano i cananei se non i nemici storici, i pagani per eccellenza, che Israele aveva dovuto combattere per entrare in possesso della terra promessa ? In fin dei conti, se vi è qualcuno qui che secondo i criteri dell’epoca avrebbe dovuto essere considerato impuro e che per di più avrebbe considerato se stesso impuro rispetto alla religione degli Israeliti, è proprio questa donna: pagana di religione, cananea di razza, greca di cultura; un concentrato di tutto ciò che poteva essere percepito  essere contro Dio e contro la vera religione.

Eccoci dunque arrivati alla seconda lezione del nostro stage. Non soltanto non esistono più luoghi impuri di per sé, ma non vi sono neppure più persone impure o separate da Dio di per sé per qualsiasi ragione che si voglia invocare.

 

Questa donna, grazie alla sua fede, grazie alla sua maniera franca e sfacciata attraverso la quale reclama l’aiuto di Dio, dunque attraverso il suo stesso atto di aprirsi a Dio nella piena coscienza dei propri limiti - sa molto bene che porta in sé tutto ciò che gli Israeliti rifiutano – questa donna riesce a far cadere tutte le barrire che sembrerebbero separarci da Dio:

a) le barriere poste dagli altri quando ci considerano indegni di avvicinarci a Dio; qui in fin dei conti questa donna non ne tiene conto, non si può permettere il lusso di tenerne conto, non hanno nessuna importanza ai suoi occhi; tutto ciò che conta è la situazione di disperazione nella quale si trova a causa delle sofferenze di sua figlia, e dunque tutto ciò che conta, tutto ciò che è essenziale è il fatto che quest’uomo di Dio – Gesù – è il solo a poterci fare qualcosa; gli altri, che pensino quello che vogliono !

b) ci sono poi gli ostacoli che noi stessi ci poniamo e che finiamo per porre all’azione di Dio.

Come abbiamo visto poco fa, questa donna sa benissimo che rappresenta tutto quello che gli Ebrei praticanti rifiutavano. Evidentemente per noi nel 21° secolo si tratta di categorie che non hanno più molto senso né importanza: non ci si sente separati da Dio a causa della nostra origine etnica o a causa della nostra identità culturale, né perché parliamo una lingua piuttosto che un’altra.

 

Se però vogliamo cercare di capire quello che lei poteva provare e se vogliamo vedere come questo passo del Vangelo ci possa riguardare, possiamo allora cercare di identificare quali sono le cose che ci fanno sentire lontani da Dio.

Spesso si tratta della consapevolezza della nostra insufficienza, la vergogna per i nostri peccati, la confessione che possiam fare a noi stessi del fatto che non siamo all’altezza e che non lo saremo mai.

Quando ci troviamo in questo stato d’animo, probabilmente avremo anche una tendenza ad allontanarci da Dio, a nasconderci, a rimanere in un angolino nella disperazione o nella mancanza di speranza perché – ci diremo – non siamo degni di avvicinarci a Dio.

Ebbene questa storia di oggi ci dice che persino questi limiti, queste barriere, cadono davanti a Gesù Cristo.

Quando nell’isolamento dell’alienazione la più totale - l’essere totalmente altro, totalmente estraneo – la sola speranza che resta è quella in un atto di misericordia di Gesù Cristo, non abbiamo altra scelta che di aggrapparci a questa speranza, ed abbiamo in questo testo la conferma che questa preghiera, che non è altro che la preghiera dei mendicanti che noi siamo davanti a Dio, è ricevuta e accettata.

E quel che costituisce la sorpresa più grande di questo episodio, la grande sorpresa di questo tirocinio, è il fatto che Gesù per questa donna, per tutti coloro che pensano di trovarsi nell’alienazione più totale rispetto a Dio, Gesù è pronto pure lui ad andare aldilà dei suoi stessi limiti.

Nella sua mente è moto chiaro, come l’abbiamo visto nel versetto 27 Gesù le disse: lascia prima che si sfamino i figli; non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini” la cui spiegazione è data nel passo parallelo di Matteo “Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa d’Israele”, è molto chiaro nella sua mente che la sua missione si dirigeva principalmente agli Ebrei, e che consisteva a richiamarli al loro Dio. Tuttavia nel nostro caso eccolo che concede alla donna cananea quell che lei domandava.

 

Quali limiti possiamo dunque porre all’azione di Dio, alla sua disponibilità ad accoglierci, se troviamo qui la prova che Egli è pronto a oltrepassarli tutti, perfino quelli che aveva posti al suo piano originale ?

È vero che c’era un posto anche per i pagani nel piano di Dio; Gesù non si aspettava di doversi occupare subito di questa parte del piano; e tuttavia di fronte alla richiesta pressante della donna, lo fa.

 

È certo dunque che possiamo sempre restare con la speranza che Dio ci ascolterà, che verrà in nostro aiuto. L’unico limite è quando non ci rendiamo conto che siamo dei mendicanti davanti a Lui, quando noi facciamo della religione o della fede qualcosa di artificiale e quando viviamo nella finzione, nella pretesa di essere differenti e migliori di quello che siamo in realtà. Il rifiuto dunque di ascoltare Dio è l’unico limite alla sua azione; non ve ne sono altri. La vergogna o l’insufficienza che possiamo provare, non ci devono bloccare, perché Gesù ci è passato sopra.

 

Dopo questo primo incontro con la donna cananea  Gesù continua il suo viaggio in territorio pagano, e qui di nuovo ci troviamo di fronte alla grandezza della misericordia di Dio. La regione nella quale si reca è quella ad est del lago di Galilea, dove nel capitolo 5 Gesù aveva guarito un uomo posseduto da una legione di demoni  che avevano finito per gettarsi in un branco di porci. Se ci ricordiamo, la gente del posto aveva chiesto a Gesù di andarsene  e Lui aveva finito col mandare l’uomo guarito come missionario nella regione, perché raccontasse alla sua famiglia e ai suoi amici tutto quello che Dio aveva fatto per lui. Di nuovo la grazia di Dio che va aldilà di tutte le barriere che si possano immaginare. In questa regione totalmente pagana dove per di più si allevavano maiali – l’animale impuro per eccellenza per gli Ebrei – l’annuncio della grazia di Dio aveva finito coll’essere ricevuto, proprio là dove Gesù all’inizio era stato respinto. Ecco infatti che vi troviamo delle persone che vengono a domandargli di guarire il loro amico sordo e muto. E Gesù lo fa; prende l’uomo con sé da parte, ne prende cura personalmente e lo guarisce. L’importanza dell’intercessione. Non ci sono limiti all’azione misericordiosa di Dio.

Quell’uomo era sordo e muto, dunque non poteva nemmeno aver sentito parlare di Gesù. Grazie però alla fede, grazie all’iniziativa di coloro che lo hanno portato da Gesù, perfino questa barriera imposta dalla natura e dalla malattia è stata superata, e Gesù guarisce quell’uomo.

La grazia di Dio si è scatenata, non ci sono più limiti e il finale è grandioso.

Il versetto 37 infatti – che potrebbe esserci passato inosservato – è in realtà una bomba teologica: “E pieni di stupore dicevano: Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti”.Questo versetto non fa che mescolare insieme due passaggi della versione greca dell’Antico Testamento, quella utilizzata dagli Ebrei che vivevano fuori dalla Palestina. All fine del racconto della creazione nel capitolo 1° della Genesi

prima del peccato originale sta scritto “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco era cosa molto buona”. (Gen.1:31).

E nel profeta Isaia, quando parla dei tempi del Messia, della venuta del regno di Dio, sta scritto  “Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi; allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto”.

 

Ecco dunque che quando l’uomo non rifiuta l’accesso a Dio, ecco che ci si trova grazie a Gesù Cristo alla presenza di Dio, quale era stata prima del peccato originale e quale sarà finalmente realizzata in tutti i suoi aspetti alla fine dei tempi.

In Gesù Cristo, attraverso di Lui, con Lui e grazie a Lui ci troviamo già in questa dimensione. Non ci sono limiti, non ci mettiamo dei limiti, presentiamoci davanti a lui, sicuri della sua accoglienza. I solo limiti sono quelli che ci poniamo noi stessi.     

 

 

Giancarlo Fantechi Chiesa Italiana del Redentore a Montreal (Chiesa Unita del Canada)17 Settembre 2006