Luca 2,15-20

La nascita della fede

Il capitolo 2 del vangelo secondo Luca non è una cronaca della nascita di Gesù. Si tratta della narrazione di una gloriosa teofania in cui l’evangelista mescola abilmente alcuni elementi del teatro greco (un eroe esteriormente spogliato della sua dignità regale, cori angelici, la partecipazione dell’intera natura a un evento di portata cosmica) e della fede ebraica (stirpe di Davide, il rito di riscatto nel tempio di Gerusalemme, il cantico profetico di Simeone).

Si tratta di un racconto affascinante che ha dato origine a tutte le rappresentazioni comuni della nascita di Gesù: il presepe, recite di Natale, cartoline di auguri. Che cosa dunque dobbiamo fare? Mettere da parte tutta questa ricchezza, tagliando corto il discorso per affermare che in fondo si tratta di un mito. I miti, come sappiamo bene aiutano a vivere ma non sono essenziali né per la vita, né per la fede.

Alcuni recenti studi sul vangelo di Luca hanno messo in luce la dimensione pedagogica, o meglio, catechetica dell’opera lucana. In altre parole i suoi “quadri viventi” sono delle lezioni di catechismo che spiegano i principali contenuti della fede cristiana.

Proviamo dunque ad analizzare in questa chiave la storia dei nostri pastori sorpresi dall’annuncio della Buona Novella. Gli angeli (i messaggeri) sono scomparsi dalla scena. L’eco delle loro parole è però talmente forte da mettere in movimento i pastori: «Andiamo fino a Betlemme e vediamo ciò che è avvenuto, e che il Signore ci ha fatto sapere» (2,15b). Giunti a Betlemme che cosa vedono i pastori? Vedono una normalissima coppia con un bambino appena nato. Non ci sono cori angelici; c’è la folla di una locanda piena di gente comune venuta a Betlemme in occasione del censimento. Cose di ordinaria amministrazione, insomma. Ma proprio in questa ordinaria famiglia i pastori scoprono la straordinaria verità dell’annuncio che hanno ricevuto. Non si fermano però con Giuseppe, Maria e Gesù. I pastori proseguono nel loro cammino per annunciare la parola che ha operato in loro una trasformazione radicale. Le persone che incontrano per strada sono meravigliate e intanto l’annuncio prosegue. I pastori diventano angeli, vale a dire messaggeri della Gloria di Dio che si manifesta in mezzo all’umanità.

Che cosa significa tutto ciò? È la nascita della fede, un’esperienza che abbiamo sperimentato o che sperimenteremo di sicuro. L’annuncio della Buona Novella ci giunge nel pieno della notte. Ci fa alzare perché il desiderio di verificare la credibilità del messaggio è grande. Fino al momento in cui in una cosa ordinaria, quotidiana scorgiamo la straordinaria verità dell’Evangelo. Allora non ci tratteniamo dalla gioia e corriamo per le strade affinché il suono del lieto annuncio risuoni con forza. La gente resta meravigliata e l’Evangelo si espande. Ma proprio qui ci vorrebbe un grande punto interrogativo? Si tratta ovviamente di un auspicio. Quanti di noi corrono per le strade, reali o metaforiche che siano, per essere testimoni della Parola che cambia la nostra esistenza e trasforma il mondo?

Molte volte, riflettendo su questo testo mi sono interrogato sulla strana sequenza dei vv. 19 e 20: Maria che serba e medita tutte le cose in cui è coinvolta e i pastori che tornano, presumo alle loro dimore originali, lodando e glorificando Dio.

Credo che in questa storia che racconta la nascita della fede quel ritorno voglia esprimere il ritorno alla vita di tutti giorni. La nascita della fede è come la nascita di un bambino: una grande gioia all’inizio e una serie di fatiche quotidiane. Nella nostra esistenza cristiana è dunque importante mantenere un giusto equilibrio tra contemplazione e azione, tra preghiera ed evangelizzazione affinché la fede, nostra e altrui, possa rinascere continuamente.

Predicazione tenuta dal pastore Pawel Gajewski giovedi 25 dicembre 2008 Natale, Chiesa Evangelica Valdese di Firenze