Michea 5,1-3

La lezione di Betlemme



1. «Ma da te, o Betlemme, Efrata, piccola per essere tra le migliaia
di Giuda, da te uscirà colui che sarà dominatore in Israele, le cui
origini risalgono ai tempi antichi, ai giorni eterni.

2. Perciò egli li darà in mano ai loro nemici, fino ai tempi in cui colei
che deve partorire partorirà; e il resto dei suoi fratelli tornerà
a raggiungere i figli d'Israele».

3. Egli starà là e pascolerà il suo gregge con la forza del Signore,
con la maestà del nome del Signore, suo Dio. E quelli abiteranno
in pace, perché allora egli sarà grande fino all'estremità della terra.

 

Gerusalemme e Betlemme... Non c'è paragone tra queste due città che si trovano al centro del libro di Michea. Gerusalemme è la capitale storica del regno unificato da Davide, la città santa dove sorge il tempio, il punto di riferimento per tutti popoli. Betlemme è invece è una cittadina di provincia assolutamente insignificante. L’unica cosa importante è la stirpe di Davide che prende origine da questo piccolo borgo. Nell'ottavo secolo avanti Cristo questa era l'immagine delle due città che aveva davanti agli occhi il nostro profeta.

Ma anche oggi il paragone tra Gerusalemme e Betlemme non regge. Gerusalemme rimane sempre la vera caput mundi, la città in cui si incontrano (e talvolta scontrano) le tre grandi religioni di Abraamo, il luogo dove sono presenti praticamente tutte le chiese e le denominazioni cristiane. Betlemme rimane tuttora nell'ombra della grande Gerusalemme. La distanza è minima appena dieci chilometri. Betlemme si trova sui territori governati direttamente dalle autorità palestinesi e la sua unica attrazione è la basilica della Natività. In parole semplici: si tratta di un luogo particolare sopratutto per i cristiani.

Ritorniamo però a Michea. Nel capitolo 4 del libro che porta il suo nome il profeta prospetta la gloria futura di Gerusalemme: Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore (4,2). Nel capitolo 6 invece riferendosi all'ingiustizia sociale che regna sovrana nella città santa il profeta annuncia una dura punizione da parte del Signore: I ricchi della città sono pieni di violenza, i suoi abitanti affermano il falso e la loro lingua non è che inganno nella loro bocca.Perciò anch'io ti colpirò, ti produrrò gravi ferite e ti devasterò a causa dei tuoi peccati (Michea 6,12-13).

In mezzo a questi due oracoli troviamo il nostro breve brano che si riferisce alla città di Betlemme. La lettura ebraica di questo testo mette subito in evidenza la figura di Davide. Davide, nonostante le sue debolezze umane (o forse proprio a causa di esse) rappresenta la figura del sovrano ideale, ubbidiente al Signore e impegnato seriamente per il bene del suo popolo, per la sua unità. Il profeta Michea invece ha di fronte un popolo diviso in due regni, un popolo che litiga sia sulle questioni politiche sia su quelle religiose, un popolo assai lontano dall'ideale incarnato dal re Davide. Il suo oracolo invoca dunque la venuta del nuovo Davide, del Messia appunto.

Laddove la lettura ebraica del testo si ferma, senza indicare precisamente la persona del nuovo Davide, subentra la lettura cristiana che senza alcuna esitazione vede in Gesù il messia annunciato da Michea. Basta vedere il capitolo 2,1 di Matteo (Nato Gesù a Betlemme di Giuda) oppure il capitolo di Luca, capitolo in cui l'evangelista descrive tutti i particolari della nascita a Betlemme, mettendo in evidenza le origini di Giuseppe appartenete appunto alla stirpe di Davide.
Il grande paradosso della storia delle religioni è però legato al netto rifiuto da parte degli ebrei di qualunque convinzione sulla messianicità di Gesù. Soltanto alcuni isolati gruppi dei cosiddetti ebrei messianici riconoscono in Gesù il Messia senza attribuirgli tuttavia la dignità del figlio dei Dio.
In questo senso il Natale sembra essere una festività prettamente cristiana. Io vorrei però trarre da questo testo biblico un messaggio, anzi una lezione che possa andare oltre gli stretti confini tra le religioni mondiali.

La lezione di Betlemme è prima di tutto un elogio dell'umiltà. Nelle categorie cosiddette mondane la forza e la potenza sono di solito legate alle nobili origini, ai luoghi importanti alle grandi metropoli. Quando invece ripercorriamo la storia della chiamata e dell'unzione di Davide (I Samuele 16) scopriamo che il Signore sceglie colui che non ha né aspetto né apparenza di un re (l'uomo vede l'apparenza ma il Signore vede il cuore, I Samuele 16,7).
Lo stesso modello narrativo viene elaborato e perfezionato da Matteo e da Luca. Soltanto le persone particolarmente illuminate dal Signore (i magi, i pastori) sono in grado di comprendere la vera portata dell'evento che si svolge a Betlemme.

Il secondo messaggio della lezione di Betlemme proposta da Michea è una particolare meditazione sulla storia. Ci sono luoghi (Gerusalemme) e istituzioni (monarchia, sacerdozio) destinate ad assumere i ruoli primari nella società. Quando però questi luoghi e queste istituzioni entrano in una fase di crisi, di declino; il rinnovamento arriva spesso dai luoghi considerati periferici, poco importanti, piccoli, appunto.

Sono convinto che la nostra società occidentale con i suoi luoghi simbolici e con le sue istituzioni si trovi in una fase di declino. Non sono in grado di prevedere da dove ci verrà la salvezza, da quale Betlemme piccola e insignificante... Credo però fermamente che la piccola minoranza dei credenti cristiani non abbia ancora esaurito la sua missione e che essa contribuirà di sicuro al rinnovamento della nostra società e del mondo intero.

Predicazione del Past. Pawel Gajewski, Chiesa Valdese di Firenze, Sabato 25 Dicembre 2010 Natale