Numeri 6, 27
“...Io li benedirò!”
La benedizione sacerdotale, o la “benedizione di Aaronne” è uno dei testi più antichi trovati nelle ricerche archeologiche (600 a. C.) su due rotoli d’argento, negli scavi fra le macerie del primo tempio di Gerusalemme. I primi due versi contengono l’ordine di benedire i figli d’Israele e poi la “formula” è contenuta in tre frasi, che sono giustamente divenute famose fra gli ebrei e poi fra i cristiani ed usate per la fine del culto, fra i cristiani anche al termine del battesimo. La prima frase è fatta di tre parole, la seconda di cinque e la terza di sette:
Benedica(te)- (il)Signore- protegga(te)
Risplenda- (il)Signore- (ilsuo)volto- su(te)- favorevole
Alzi — (iI)Signore — (ilsuo)volto- su(te) — metta- sn(te) — pace
Si può dire che buona parte della Bibbia si può considerare un commento di questa benedizione: il Salmo 121 è una descrizione della “protezione” di Dio, che diventa il tuo guardiano, un guardiano che non sonnecchia; è la tua ombra, sta alla tua destra, ti protegge dal sole di giorno e dalla luna di notte; ti protegge quando esci e quando rientri, per sempre.
Il risplendere del volto del Signore significa il suo rivelarsi e rivelarsi come Dio d’amore, che è favorevole e “fa grazia” ai suoi sudditi. Nel Salmo 67 abbiamo sentito: “faccia risplendere il suo volto su di noi, affinché la tua via sia conosciuta sulla terra e la tua salvezza fra tutte le genti”. Nell’immaginario antico si pensa a Dio come un sovrano potentissimo, assoluto, davanti al quale si prostrano i sudditi e ancora più i nemici sconfitti. Ma Dio li fa rialzare e li fa stare all’altezza del suo “volto” perché li ama, li fa vivere e li copre di doni.
E infine la terza frase della benedizione ripete l”alzare il volto” e finisce con la parola “pace” (shalom) che vuoI dire tutto il bene immaginabile e non- immaginabile, da quello materiale a quello spirituale, da quello dell’individuo a quello della famiglia, della società, della nazione. Noi umani non abbiamo la pace nel nostro DNA, si deve riceverla da Dio. Il verbo della benedizione dice “metta su te (o dentro dite) la pace”, come qualcosa che materialmente non c’è e può essere messo, posato sopra dal di fuori. Lo stesso verbo sarà usato dopo per “il nome” del Signore, che deve essere “messo”, quasi posato sui figli d’Israele con questa benedizione.
Anche questa è una espressione curiosa: sembra quasi che si tratti di un cartellino che si metta sul prodotto finito, il marchio di fabbrica. Questa persona appartiene al Signore.Tutti sappiamo il mistero che l’ebraismo ha creato intorno al Nome ineffabile, cioè indicibile, del Signore. Tutto quello che diciamo, quando diciamo Dio, l’Altissimo, l’Onnipotente, il Santo etc. sono nostre definizioni, ma anche le più alte e complesse non possono descrivere Dio e non ne colgono certo l’essenza, che non è alla nostra portata, se no non sarebbe Dio. Il racconto più famoso della Bibbia riguardo al Nome è quello di Mosé quando vede il roveto ardente e sente la voce che lo manda a liberare i figli d’Israele. E’ Mosé che domanda quale sia il Nome di chi lo chiama e ne riceve una risposta non tanto comprensibile: l' ”Io sarò” è quello che ha chiamato Mosé e “Io sarò” è quello che guiderà il popolo verso la libertà. Ogni volta che una persona o un popolo pronuncerà Io sono o Io sarò dovrà ricordarsi del nome misterioso del Signore e “porterà” il suo nome perché è stato messo su di lui ed ora gli appartiene.
Questi bambini, che oggi abbiamo battezzato, appartengono al Signore. Tutti i bambini gli appartengono, ma noi di questi abbiamo preso coscienza e ne lodiamo il Signore. Gesù ha benedetto i bambini forse con questa stessa benedizione; i discepoli vorrebbero allontanarli perché non diano fastidio al Maestro, ma Gesù li prende ad esempio di come ricevere il Regno di Dio, come un bambino riceve un regalo: non si fa problema di restituirlo o di meritarlo, deve solo goderlo e usarlo.
Il nome di Dio è stato posto su Gesù, un nome che fa compiere prodigi ai suoi discepoli che affermeranno: “Non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati” (Atti, 4, 12). Il nome di Dio è stato dato a Gesù, che pur essendo come Dio, si è spogliato della divinità per accettare la condizione umana, fino alla condizione più dura della morte dell’innocente. “perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome” (Fil. 2, 9). L’unico Nome che è al di sopra di ogni nome per la Bibbia è quello di Dio stesso. In questo antico inno della comunità cristiana primitiva lo si “pone” su Gesù per onorario come Dio stesso e più tardi si chiederanno al Padre molte cose “nel suo nome” (Gv.14,13).
Nella Bibbia sono numerosi i passi dove si afferma che Dio ci chiama per nome (Is.45,4), anche Gesù lo dice nella parabola del Buon Pastore (“chiama le sue pecore per nome” Gv. 10,3); non siamo granelli di polvere persi nello spazio, ma ciascuno di noi è prezioso davanti a Dio, perché ha ricevuto la sua benedizione e il nome di Dio è messo su di noi. Nel nome c’è un po’ l’essenza stessa della persona; non è il nome che porta la persona, ma la persona che porta il nome. Di conseguenza non c’è troppo da preoccuparsi per i genitori su quale nome dare ai propri figli, perché il tempo rivelerà la loro sostanza e poi riceveranno i nomignoli o i vezzeggiativi intanto della famiglia che li ama, poi più tardi di quelli fra i compagni o le amiche che vorranno stimolarli o prenderli in giro; poi di nuovo da chi li amerà e condividerà la loro vita.
I nostri due bambini di oggi hanno dei nomi biblici molto significativi: uno si chiama Gioele, il nome di un profeta sconosciuto dell’epoca postesilica (circa 400 anni prima di Cristo): significa “il Signore è Dio”. Di lui sono conservati pochi oracoli molto significativi; il più importante ogni anno lo leggiamo per Pentecoste, perché annuncia che verrà un tempo in cui lo Spirito di Dio sarà “versato” su ogni persona, ed elenca vecchi e giovani, uomini e donne, perfino sui servi e sulle serve. Si respira in quell’oracolo un’atmosfera molto ecumenica e universalistica “chiunque invocherà il Nome del Signore sarà salvato”. Non si elencano buone opere, non si distingue la retta dottrina (ortodossia) da eventuali false credenze, non si giudica secondo criteri che possono dipendere dal tempo e dalle circostanze, ma semplicemente la salvezza dipende dall’invocazione del “Nome” del Signore.
L’altro si chiama Pietro, che è un soprannome dato da Gesù a Simone, fratello di Andrea, originari entrambi di Betsaida, pescatore, abitava a Capernaum quando Gesù lo ha chiamato ed ha lasciato prontamente le reti e la barca per seguire Gesù. Nel Vangelo di Giovanni i due fratelli sono presentati come discepoli di Giovanni il Battista. A Simone Gesù ha cambiato il nome, forse per indicargli una direzione; è menzionato sempre per primo fra i discepoli, fa da portavoce agli altri nella bella confessione di fede e forse era il più sveglio e pronto, ma soggetto a grandi sbandamenti e a incomprensioni; per questo forse Gesù gli cambia il nome. Nei racconti della passione di Gesù, in Luca 22, 31 Gesù gli dice: “Simone, Simone, ecco Satana ha chiesto di vagliarvi, come si vaglia il grano, ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno; e tu quando sarai convertito, fortifica i tuoi fratelli”. Parole dure... Pietro non è ancora convertito, malgrado abbia lasciato tutto per seguire il Maestro? Nel famoso passo di Matteo 16 sono menzionati entrambi i nomi: Gesù gli disse “Tu sei beato, Simone, figlio di Giona, perché non la carne e il sangue ti hanno rivelato questo (che Gesù è il Cristo), ma il Padre mio che è nei cieli. E anch’io ti dico: tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa...” Praticamente Gesù sta annunciando la necessità della conversione, del ravvedimento, su questo poggia la chiesa, non certo su una persona fisica.
I nomi dei bambini sono una specie di piccola predica che le loro rispettive famiglie ci fanno quest’oggi. Noi vogliamo accoglierli con tutta la forza evocativa di questi nomi che ci ricordano i punti fondamentali su cui si regge la chiesa cristiana: lo Spirito Santo e la conversione della vita umana. Chi si lascia porre sopra di sé il nome di Dio partecipa alla sua chiesa e alla nuova realtà che Dio ha cominciato a creare nel mondo, la vita prefigurata dalla risurrezione di Cristo. Il Veggente dell’Apocalisse scrive di Gesù: “Io vengo presto; tieni fermamente quello che hai, perché nessuno ti tolga la tua corona. Chi vince io lo porrò come colonna nel tempio del mio Dio; ed egli non ne uscirà mai più; scriverò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio e della nuova Gerusalemme che scende dal cielo da presso il mio Dio, e il mio nuovo nome” (Apoc. 3, 11-12).
Noi vogliamo augurare a queste famiglie che i loro bambini sappiano un giorno di esser stati chiamati per nome e che possano rispondere all’amore che Dio manifesta già ora nelle loro vite.
Chiesa Evangelica Valdedese di Firenze, Predicazione della Pastora Gianna Sciclone in occasione del battesimo di Gioele e Pietro, Firenze 10 giugno 2007