Marco 11,1-10
“Il Signore ne ha bisogno….”
L’ingresso
di Gesù in Gerusalemme è il testo della predicazione di
oggi; è un testo
inusuale, se pur molto conosciuto perché è
letto nella maggior parte delle
chiese cristiane almeno due volte l’anno, la domenica delle palme
, e come
introduzione nella prima domenica di avvento. Ma come
testo per la predicazione è snobbato: è un piccolo brano
narrativo che ci
ricorda il quando e il come dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme
e segna
l’inizio della settimana di passione.
Nel contesto della prima domenica
dell’avvento questo
brano ci ricorda e ci prepara a festeggiare l’immenso dono
che Dio ci ha
fatto mandandoci il suo unigenito figlio. Come tutti sanno, fra
tre domeniche, anche se non c’è
alcun appiglio storico alla data, il 25 dicembre, festeggeremo il
natale di
Gesù.
Ma
torniamo al nostro testo: Colui che
ha partecipato all’ingresso festante di Gesù in
Gerusalemme e che poi ha
raccontato questo fatto ad altri, che
infine lo hanno scritto, per prima cosa si è ricordato la
“profezia
dell’ingresso dell’unto del Signore” di Zaccaria che coincide ai fatti
che
osservava, per seconda cosa ha annotato alcuni particolari della
vicenda almeno
curiosi, forse significativi.
Tutti
i
quattro gli evangelisti narrano dell’ingresso di Gesù a
Gerusalemme,
tre di essi
Marco, Matteo e Luca ci narrano l’episodio dell’asinello, due di essi
annotano
e riportano quella strana frase con la quale i due discepoli di
Gesù lo
sottraggono, spero in prestito, ai legittimi proprietari :
Il
Signore ne ha bisogno.
Strana
frase, un po’ enigmatica , ma che fa pensare.
Come?
Gesù per il suo ingresso in Gerusalemme ha bisogno di una
cavalcatura ? E
quale
cavalcatura ? Proprio
di un asinello ? Perché
poi Gesù suggerisce ai due discepoli una frase così
strana? Il
Signore ne ha bisogno?
Ma
andiamo con ordine e vediamo di capirci qualche cosa: Gesù
è a
pochi chilometri da Gerusalemme, ce lo dice il testo, anche andando
piano a
piedi, in una mezz’oretta sarebbe al centro della città,
al Tempio. Gesù
certamente è stato numerose volte a Gerusalemme e non ci
risulta che vi sia
mai entrato cavalcando alcunché. Questa
volta quindi Gesù scegliendo di entrare in Gerusalemme
cavalcando un asinello
compie una scelta precisa e sa, solo lui, il figlio di Dio, dove e
come
trovare quelle cavalcature che corrispondono alla profezia del
messia-re di
Zaccaria. Gesù, è
chiaro, vuole affermare che egli è il vero messia
annunciato da Dio e dai
suoi profeti, chiamato, invocato, da sempre dal popolo di
Israele.proprio un asinello ?
Per
noi
che apparteniamo ad un altro mondo culturale e siamo a
quasi 2000 anni
dall’avvenimento non ci basta la diligente coincidenza fra
profezia e fatto. Nel
nostro immaginario
collettivo ci vorrebbe una cavalcatura più nobile, mica un
asinello, anzi un
puledro d’asina. Noi al massimo potremmo
pensare ad uno splendido e fiero cavallo, cavalcatura
questa sì degna
del liberatore, del salvatore, del re discendente di re, della casa di
Davide. Ma anche
questa scelta e idea corrisponde, come tante, ad una nostra
sensibilità e a
una nostra cultura, molto occidentale, molto indoeuropea, molto
greco-latina e
poi germanica e barbara. I
nostri
re, i nostri capi, per l’indubbia propensione alla guerra di
questa
nostra
cultura, sono prima di tutto capi militari e l’animale della guerra,
della
caccia, della corsa , della carica delle spade fiammeggianti, non
può essere
che il cavallo. Ve li
immaginereste dei nobili cavalieri che salvano
fanciulle e che sono
paladini di ogni virtù a cavallo di un ciuco?
Invece
l’asino è in ambito semitico l’animale che aiuta l’uomo
nel lavoro
quotidiano, porta il contadino al lontano campo, porta la
legna per il fuoco,
il cibo per la famiglia, testardo e poco fiero d’aspetto, molto
parco nel
mangiare, è un animale che vive con poco, bastano pochi ciuffi
di erba secca.
E’
l’animale dall’incedere lento, ma che va molto lontano ed è
associato in quella
cultura semitica alla soma ideale di chi pensa, di chi non fa la
guerra, del
saggio e del poeta, del profeta e del re, di Salomone più famoso
nella storia
del mondo per la sua proverbiale saggezza che per le imprese belliche.
Il
simbolo dell’asino, come ha detto il professor Cardini in uno dei suoi
libri,
negativo per il nostro mondo, positivo per il mondo semitico,
configura due
modi diversi di intendere la vita.
Il
re di
Israele è l’uomo di pace che ascolta il suo Dio e si preoccupa
del suo popolo
ed per queste cose è considerato un buon re, come si
può leggere nei giudizi
di merito presenti nella bibbia ebraica sui re di Israele e di Giuda
che si
basano su questi parametri principali.
Gesù non
a caso quindi sceglie l’asinello, la soma dal verso stonato, la soma
del
contadino che sale e scende fra le colline riarse della terra di
Israele, la
soma del profeta. Non a
caso Gesù si rifà a questa tradizione.
Lo
vedremo poi nei giorni che seguiranno quanto egli rifiuti a costo della
sua vita
di essere il re che brandisce la spada, che vuole imporre con la forza
la sua
regalità. Eppure
gli zeloti e i partigiani nazionalisti del suo popolo, oppresso
dall’invasore
romano, lo vorrebbero, come ogni altro re, armato e pronto ad uccidere
per ristabilire
il regno di Israele. Lo
vorrebbero così anche i Romani perché con la loro
mentalità, dove solo il
potere delle armi conta, risulta incomprensibile quest’uomo che li
spiazza, che
non li vuole morti, che non li caccia da Gerusalemme, che si fa
arrestare
urlando di non usare la forza per salvarlo ai suoi discepoli e in
particolare
a Pietro nel Getzemani.
Anche
per
noi quindi questo asinello può e deve diventare un simbolo
positivo, nel mondo
cristiano d’occidente per quanto vi è stata una forte
commistione far archetipi
culturali indoeuropei e semiti, l’asinello è diventato anche un
simbolo
positivo. Così
lo
ritroviamo dipinto da Giotto nella fuga in Egitto, lo ritroviamo
nell’invenzione del presepio di Francesco d’Assisi, lo ritroviamo come
scrive
un padre della Chiesa del IV secolo, Giovanni Crisostomo, come un segno
distintivo che i cristiani di quei secoli usavano per raffigurare
Gesù Cristo
stesso. Forse
però l’asino nel nostro mondo è rimasto troppo
legato al simbolo negativo
attribuito dalla cultura indoeuropea. Quelle
orecchie, quello zoccolo unito lo fanno diventare un satiro e poi un
diavoletto, quel carattere irascibile e scontroso lo fanno diventare
simbolo
dell’ignoranza e della testardaggine come gli asinelli di
Pinocchio, per Jung
l’asino rappresenta il simbolo della terra, del caos contro il
pegaso alato
che rappresenta l’ascesi: Gli
esempi letterari di tanta ambivalenza simbolica sono numerosissimi, ma
a noi
piace pensarlo così come è in questo contesto
biblico.
Gesù
lo
ha scelto, questo ci deve bastare, egli ha dichiarato pubblicamente ai
due
discepoli di aver bisogno di un asinello. L’umile
bestia da soma è nei piani della salvezza che Gesù
ha voluto donare, il testo
da questo punto di vista è molto chiaro. Anche
gli animali, e anche i meno belli , più famosi per i loro
calci ben assestati
che per le loro prestazioni atletiche, stanno nei piani della salvezza
di Dio. Loro non
sono fatti come noi ad immagine e somiglianza di Dio, loro sono solo
bestie con
poca intelligenza e pochi sentimenti eppure Dio ha bisogno anche
di loro.
E
noi che
c’entriamo con questa storia di asinelli che percorrono in lungo e in
largo le
storie della bibbia? Che ce ne facciamo di queste bestie un
po’ puzzolenti
che abbiamo sostituito velocemente con l’Ape in campagna e con la Vespa
in città, cosa ce ne facciamo di queste bestie che i
nostri figli non hanno mai visto
se non in televisione o in un presepio? Noi
custodi del mondo e della sua natura potremmo almeno
salvarli perché sono in
via di estinzione.
Oggi
questa piccola storia che abbiamo letto all’interno della grande
storia
annuncia l’ingresso di Gesù nella città di Gerusalemme,
simbolo di ogni città
del mondo.
Ma potremmo solo per un attimo, ve ne
prego, solo per un attimo, per
quella sana antropologia negativa tipica di noi protestanti, pensarci
come se
fossimo asinelli, autodefinirci somari? Non io
più asino di te, non tu più asino del tuo vicino di
panca, ma tutti
indistintamente asinelli: testardi,
ignoranti, poco intelligenti, tanto poco intelligenti da produrre
oggetti per
la distruzione della nostra specie e del mondo. E se
questo paragone ardito con gli asinelli non vi ha sconcertato
pensiamo per un
attimo che Dio ha dichiarato: Il Signore ne ha bisogno.
Non
montiamoci la testa, egli, solo lui, può usarci perché
possiamo essergli utili,
egli solo lui può usarci e addomesticarci per annunciare al
mondo il regno
della pace e della felicità. Egli,
solo lui, sa servirsi di noi, qualunque sia la cosa che sappiamo fare,
come ha
saputo servirsi dell’asino affinché egli, il nostro salvatore,
possa entrare
nelle città del mondo e nel cuore della gente con la cavalcatura
del profeta
della pace.
E’
per
grazia che siamo salvati, non per le nostre doti, non per i nostri
meriti, ma
perché ubbidienti portiamo sulle nostre spalle il messaggio di
Gesù in ogni
luogo.
amen
Predicazione di David
Buttitta,
Chiesa Valdese di Firenze, Culto del 27 novembre