Il dono e la via dell’Amore
I lettera ai Corinzi 13, 1-13
“Ora vi mostrerò una via, che è la via per eccellenza”
Abbiamo oggi
pronunciato diverse:volte la parola amore. Nel testo appena letto questo
termine compare ben otto volte, ma, nella liturgia del nostro culto questo
termine e stato pronunciato, e sarà ancora pronunciato, molte più volte. E una
cosa stupenda perché la nostra attenzione è rivolta verso questa forte
testimonianza d’amore che Patrizia ed Edoardo hanno deciso di dare davanti a
tutte le persone qui riunite.
Il predicatore tuttavia deve rispondere a un’altra domanda: di quale amore
parla il testo biblico che gli Sposi hanno scelto per questa celebrazione?
Da un punto di vista puramente filologico la risposta è semplice: il testo
greco, cioè quello originale, usa il termine “agape”. Un vocabolo molto caro
alla Chiesa Evangelica Valdese. Quasi sessant’anni fa il pastore Tullio Vìnay
ha lanciato il grandioso progetto di un centro ecumenico di studio e di
incontro, realizzato a Prali, un piccolo villaggio alpino. Questo centro porta
tuttora il nome di Agape. Lanciare questo termine a pochi anni dalla fine
della seconda guerra mondiale significava delegittimare tutte le logiche basate
su risentimento o rivendicazione, significava ricostruire la comunione tra
credenti cristiani divisi dagli orrori da una dittatura e di un conflitto
militare.
Alcune traduzioni italiane della Bibbia propongono per questo termine la traduzione
“carità”. Non è una traduzione sbagliata, essa è legata al concetto della
caritas in latino. Praticare la carità voleva dire andare oltre le mere
esigenze contrattuali e quindi combattere anche tutte le ingiustizie, create
dalla ferma applicazione della lex romana. Ahimé, oggi carità fa pensare, prima
di tutto all’opera di assistenza sociale o addirittura all’elemosina e quindi
poco si applica alla gioia di un culto di benedizione nuziale.
Come uscire dunque da questa sorta di impasse linguistica?
Penso che trovare un termine adatto in italiano non sia possibile. Bisogna
ricorrere a un espediente linguistico e sostituire il sostantivo “agape” con
una descrizione: “colui/colei che si dona totalmente e gratuitamente
all’altro”. Certo, si tratta di una frase lunga e anche un po’ complessa, ma è
proprio questa frase a spiegare perfettamente il nostro concetto greco.
Non so se lo abbiamo capito bene durante la lettura del testo: in tutte le sue frasi,
l’amore e un soggetto attivo, un soggetto che agisce, oppure, per contro,
rinuncia a un azione violenta, anzi, sembra addirittura rinunciare ai suoi
diritti fondamentali. Se volessimo: applicare questo testo direttamente alla
vita di questi sposi, alle nostre vicende quotidiane, dovremmo ammettere subito
che si tratta di un programma di vita impossibile e sconcertante nella durezza
delle esigenze morali.
Il capìtolo 13 della prima lettera di Paolo: ai Corinzi però non è un testo di
natura etica. Non è neanche un dolce canto dedicato a un amore ideale, mai
realizzato né realizzabile.
Si tratta di un testo teologico di fortissima. impronta cristiana. Badiamo
bene, qui non è un filosofo morale che parla, non è un poeta che canta versi
sopraffini. Paolo è prima di tutto un credente, anzi un credente cristiano.
L’ultimo versetto del capitolo precedente che introduce il nostro bellissimo
brano parla di una via, la via suprema, la via sopra tutte le altre. È una
cifra che nel linguaggio di Paolo indica proprio il cristianesimo. I primi
cristiani non amavano presentarsi, facendo riferimento a parole come religione
o chiesa, preferivano questo altro termine, la via appunto, un po’ criptico ma
in fondo molto chiaro. La via è un pèrcorso esistenziale; un cammino che va
oltre la soglia della morte, oltre tutto questo che è visibile.
Non si tratta di una dottrina: il centro del cristianesimo è una persona: Gesù
Cristo, vero uomo e vero Dio.
Egli è la via.
In questo modo risolviamo il nostro rebus e troviamo un sinonimo perfetto per
il sostantivo “agape”: il nome di Gesù Egli rende possibile ciò che umanamente
non sarebbe possibile. Egli ha gia messo in tutto ciò che nella sua
straordinaria bellezza esprime il nostro testo.
Stamattina Patrizia ed Edoardo ancora una volta ci stanno indicando la Via E noi preghiamo per loro e per noi stessi, esprimendo un augurio affinché tutti i nostri
percorsi esistenziali, talvolta ripidi e complicati possano ricongiungersi
in un unica Via
Amen.
Predicazione del Pastore Pawel Gajewski, Chiesa Evangelica
Valdese di Firenze, Domenica 2 Settembre 2007 in occasione del matrimonio di Patrizia ed Edoardo