Creatore delle cose visibili e invisibili


(testi di riferimento: Salmo 8 e Ebr.2, 9)

Abbiamo già dedicato una riflessione domenicale al tema del Creatore, commentando il Salmo 104 e leggendone un re-scrittura moderna, fatta da Ernesto Cardenal, a partire dal pensiero evoluzionista. E' rassicurante pensare che non c'è bisogno di rinnegare il progresso scientifico e le nuove ricerche della conoscenza antropologica per rifugiarci in un creazionismo oscurantista, che per un malinteso senso di fedeltà alla Bibbia, letteralmente intesa, rimpicciolisce e non accresce la lode del Creatore. Avremo bisogno di dedicare ancora un'altra riflessione al tema del male e del peccato nel mondo creato, ma prendiamoci il tempo di parlare delle creature oltre che del Creatore.

Fulvio Ferrario nel suo libro di spiegazione del Credo (Libertà di Credere) segnala i maggiori problemi di queste tematiche nel "crollo del modello cosmologico tolemaico" (quello che vedeva la terra al centro dell'universo) e "nell'evoluzionismo biologico" (che considera l'essere umano come un esito provvisorio di un lungo processo evolutivo). Mentre nella concezione primitiva si poteva pensare alla terra come al centro dell'universo e l'essere umano come al centro della terra, ora con un processo irreversibile dobbiamo prender atto della perifericità della terra e dell'essere umano rispetto all'immensità del cosmo (dove veramente si può parlare di cose visibili e invisibili) e rispetto al microcosmo delle molte materie di cui siamo fatti (anche qui ci sono cose visibili e invisibili).

La tecnica è indispensabile per vedere alcune di queste cose invisibili e quanto più ricerchiamo, tanto più ci rendiamo conto di quanto poco riusciamo a conoscere, mentre tantissimo resta da esplorare. Si deve lasciare piena libertà, nel rispetto sia della natura sia dell'umanità, a questa ricerca senza aver premura di porle dei limiti, quasi che solo i credenti siano consapevoli del limite mentre gli altri non lo sarebbero.  Per altro verso si deve mantenere piena fiducia (che di solito non c'è) alla positività della ricerca, che ha lo scopo di alleviare le sofferenze umane e di re-distribuire le risorse della terra in modo da farle bastare a un numero che è sempre più ampio di abitanti. Questo positivismo razionalista, qui enunciato in un modo un po' superficiale, è in realtà messo in dubbio da una parte di umanità che vede un mondo sempre più armato e sempre più incosciente del pericolo dello sperpero delle risorse, da parte dei poteri sia dichiarati sia occulti, nelle mani di pochi incontrollati e incontrollabili individui.

Per questi controlli e per i programmi di economia sostenibile a livello mondiale sono necessarie politiche democratiche, come quelle che oggi fanno riferimento al new-global, senza atteggiamenti di autosufficienza da parte di chi crede già di sapere; e senza ovviamente atteggiamenti suicidi di chi si ritira da un mondo corrotto destinato alla distruzione, e attende l'intervento apocalittico di un Dio che punisce i peccati degli umani. Non è la fede nel Dio Creatore, che noi affermiamo nel Credo.

Ora che abbiamo espresso la differenza e la distanza che ci separa dall'immaginario biblico, troviamo tuttavia di grande attualità lo stupore e la domanda del Salmo 8: anche se è solo lo stupore notturno dinnanzi a un gran cielo stellato di una persona che non sa nulla del cosmo, il risultato è identico al nostro, nel venir a conoscenza dell'esistenza di un gran numero di galassie, che contengono un gran numero di sistemi planetari simili al nostro solare. Quanto è magnifica l'opera del Creatore, quanto è grande il suo nome! Il Salmo comincia e finisce con questa lode riconoscente, che non si può esprimere fino in fondo, o lo si farà a balbettii da neonato. Anche il neonato è riconoscente e felice per il poco che percepisce intorno a sé; quanto più grande la conoscenza, tanto più grande e complessa dovrebbe esser la lode. Tuttavia forse è giusto pensare che i nostri restano solo balbettii incerti e inarticolati...

Rispetto alla grandezza del creatore e della creazione che ci circonda è appropriata la domanda: Che cosa è l'uomo che tu te ne ricordi? il figlio dell'uomo perché tu te ne curi? (lo visiti). Qui si percepisce la perifericità dell'uomo e al tempo stesso se ne afferma la centralità: di poco inferiore agli elohim (gli ebrei qui traducono angeli, ma sappiamo che in tante parti della Bibbia è il nome plurale di Dio stesso). Forse qui l'accenno è alla "immagine di Dio", espressione che è oscura quanto alla forma reale, ma chiara nelle intenzioni. "Ora facciamo l'umanità (uomo e donna) a nostra immagine e somiglianza" dice Dio (Elohim) in Gen. 1, 26. Anche in questo contesto si parla di dominio, sulle piante, gli animali della terra, del cielo e dell'acqua. Tuttavia più che nel dominio si può vedere l'immagine di Dio nella pluralità o nell'essere-in-relazione. Dio non è assoluto, ma in relazione, così l'uomo è plurale e non assoluto, è in relazione con la donna, con le creature del creato. Di poco minore di Elohim, che è plurale ed è relazione.

I Raheliani stanno portando alla ribalta questo nome che essi attribuiscono ad esseri extraterrestri da cui dicono di aver avuto una rivelazione. Le loro farneticazioni sulla clonazione umana e sui vantaggi di conoscenza e di immortalità che ne deriverebbero stanno divertendo (e preoccupando) tutto il mondo. La perdita di una dimensione di bambino da cui Dio trae forza per sconfiggere i suoi avversari denuncia un completo fraintendimento di questo senso dell'umano a cui Dio dà forza e affida l'opera di presiedere al resto del creato.

Solo se si mantiene il senso della piccolezza dell'umano a cui Dio affida il dominio sulla creazione, si può sperare di mantenere una giusta comprensione di quel dominio, senza abusarne: Dio ha messo ogni cosa sotto i suoi piedi. Il Nuovo Testamento comprende nel modo giusto questa scelta che Dio fa della fragilità alla quale affida il compito di farsi rappresentare: Gesù è, secondo la Lettera agli Ebrei, il vero uomo nuovo a cui Dio affida l'incarico di dominare sul resto del mondo, ma è il dominio della croce, che è servizio alla creazione, dono della vita perché gli esseri umani abbiamo una vita vera. In Gesù si comincia a vedere la nuova creazione, ma quello che si vede è ben poco: si vede la forza nella fragilità della morte, si vede la potenza di guarigione nel dubbio della fede, si vede la presenza dello Spirito di Dio che annulla e respinge le forze del male, si vede la tomba vuota, che annuncia la grande realtà invisibile che è la risurrezione.

 Secondo il Vangelo di Giovanni, quando Pilato compare davanti alla folla inferocita dopo aver fatto torturare Gesù, dice una parola che è involontariamente profetica: "Ecco l'uomo!". Ecco l'uomo che è fatto di poco minore di Dio, ecco l'uomo di cui Dio si ricorda e che Dio visita. Dio lo ha coronato di gloria e di onore. Ma si tratta di beni invisibili, perché dovranno essere seminati in profondità nell'esistenza del creato stesso.

Ora il Salmo torna alla lode di Dio; poteva restare ad affermare la gloria dell'uomo, ma essa è una gloria come uno specchio, c'è solo quando e se riflette quella di Dio. Il Figlio di Dio crocifisso e risorto è la gloria di Dio che dà inizio alla nuova creazione, quella che manifesta l'amore del Padre. Gesù "è l'immagine del Dio invisibile, il primogenito di ogni creatura" (Col.1,15). Il canto della lode continua nelle varie generazioni fino a noi. Non siamo un pulviscolo frutto dell'incontro casuale degli elementi, persi nel fluttuare della materia e esposti ad esser inghiottiti dal nulla o trasformati in una catena senza fine: noi siamo amati dal Padre invisibile e destinati ad essere sua immagine, suoi rappresentanti verso gli altri esseri umani e verso tutte le altre creature che ci sono state affidate. Quanto è magnifica questa dignità, quanto è magnifico il Nome di Dio in tutta la terra!