Marco 2, 1-12

Che cosa è più facile?

 

Ho trascorso quasi tutta la settimana scorsa ad assistere una persona paralizzata. Penso che molti di voi conoscano questo genere di esperienza. Oltre allo sforzo fisico che occorre per compiere anche una semplice manovra con il corpo del malato, si sperimenta un forte peso emotivo legato al contatto con una persona adulta che in tutto e per tutto dipende dagli altri.

Vediamo bene tale dipendenza nel racconto evangelico di oggi. L'uomo paralizzato è trasportato da un manipolo di amici o forse parenti su una barella di fortuna. Si tratta senz'altro di persone molto affezionate al malato, persone disposte a superare ogni ostacolo per aiutare l'altro. Senza il loro aiuto l'uomo sul lettuccio non potrebbe fare nemmeno un passo per non parlare della complicata operazione di calarsi giù da un'apertura nel tetto.

Chi convive con una persona paralizzata darebbe tanto se non proprio tutto per vederla alzarsi dal letto e camminare. Nella vita di tutti i giorni questi fatti accadono qualche volta ma soltanto dopo mesi o anni di un'intensa riabilitazione. Pretendere che tale persona si alzi e cominci a camminare soltanto grazie alla parola di un uomo appartiene alla sfera miracolosa nel senso letterale e assoluto dell'aggettivo “miracolosa”, vale a dire, quel genere di miracolo che non succede mai (o quasi...).

Va da sé che Marco nel suo racconto voglia mettere in evidenza lo status speciale di Gesù, lo status messianico di colui che agisce potentemente nel nome di Dio. Ed è proprio qui che spunta la domanda centrale del nostro racconto: Che cosa è più facile, dire al paralitico: "I tuoi peccati ti sono perdonati", oppure dirgli: "Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina?" (v. 9).

La risposta istintiva pende verso l'estrema difficoltà di un’operazione volta a far camminare correttamente una persona paralizzata. Peccati, trasgressioni appartengono alla sfera spirituale e morale e quindi difficilmente afferrabile. La paralisi invece è una malattia (o sintomo di una malattia) particolarmente grave e perfettamente visibile. Nella narrazione di Marco Gesù ci porta però verso una riposta diversa da quella istintiva.

I tuoi peccati ti sono perdonati... Nessun essere umano può rivolgere questa frase all'altro essere umano senza cadere in una bestemmia davvero terribile. Hanno ragione gli scribi riuniti intorno a Gesù. Una persona può dire all'altra: Ti perdono il male che mi hai fatto. Oltre questo non possiamo andare. Solo Dio può perdonare i peccati, vale a dire: togliere tutte le conseguenze del nostro stato di peccatori, del peccato nel senso assoluto del termine.

Nella mentalità corrente ai tempi di Gesù vigeva però una sconcertante equazione tra handicap e peccato, in altre parole, la paralisi sarebbe in questa ottica una conseguenza dei peccati commessi dal paralizzato stesso o dai suoi familiari più stretti. Detto in poche parole: una persona paralizzata simboleggiava con il suo corpo immobile la paralisi spirituale, la sua e/o dei suoi antenati. Meno male che tale visione sia ormai ben lontana dalla nostra mentalità odierna, salvo rare eccezioni. Rimane però il fatto che la vita sociale di una persona paralizzata dipende quasi totalmente dalla buona volontà degli altri.

Abbiamo imparato bene questa lezione e quindi la nostra società occidentale ha raggiunto i livelli di eccellenza nell'assistenza alle persone diversamente abili. Le strutture diaconali della nostra chiesa si inseriscono perfettamente in questo quadro. Siamo pronti ad andare incontro a tutti i tipi di paralisi, fisica, comportamentale, relazionale e otteniamo i risultati davvero ottimi. Siamo competitivi nel senso più nobile del termine.

Rimane però sempre aperta la domanda di Gesù: Che cosa è più facile... La parola “peccato” (al singolare) non ha perso oggi il suo peso sinistro. Vediamo gli effetti devastanti di questo peso: l'ingiustizia sociale, competizione spietata, disperazione degli individui e dei popoli interi. Sono i peccati al plurale. C'è dunque un bisogno urgente di chiamare alla conversione, annunciando la grazia di Dio. Soltanto Dio toglie il peso del peccato, soltanto lui perdona completamente tutte le nostre trasgressioni. Ma noi come chiesa siamo depositari di questo annuncio gioioso e potente: I tuoi peccati ti sono stati perdonati. Dobbiamo farne uso, dobbiamo divulgarlo con la stessa convinzione e la stessa forza con cui alleviamo le sofferenze fisiche altrui.

Predicazione del pastore Pawel Gajewski domenica 18 Ottobre 2009, Chiesa Evangelica Valdese di Firenze