Luca 7,36-50
L’amore che salva
Ritorna ancora il profeta Gesù. Simone, un pio
fariseo che offre la sua ospitalità al Maestro di Galilea è meravigliato dal
fatto che Gesù non abbia immediatamente respinto una donna il cui mestiere
(pare il più antico del mondo) era ben noto tra i convenuti. Come se Gesù non
fosse capace di vedere, di scrutare la vera identità della donna… Invece è
vero il contrario: Gesù vede oltre la soglia del visibile. Anche egli prende
atto della condizione reale della donna: ella è una peccatrice. Non ci sono
scuse né espedienti etici per giustificare la sua condotta. Non avrebbe retto
(e non regge, infatti) nemmeno il nostro buonismo postmoderno, sempre pronto
a giustificare tutte le forme di trasgressione con la responsabilità
collettiva della società. La donna tornerà a casa sua giustificata, anzi
perdonata, ma non si tratterà di un’operazione a buon mercato, di un atto
plateale volto a scagionare la donna da ogni responsabilità, dispensandola
dalla necessità di rivedere profondamente la sua esistenza.
Nonostante una certa somiglianza con l’incontro tra
Gesù e Maria di Betania (Matteo 26,1-13; Giovanni 12,1-8), l’episodio, appena
narrato, è stato trasmesso soltanto da Luca. Nella sua versione, Luca,
discepolo e amico fedele di Paolo presenta un’altra stupenda esemplificazione
della teologia della grazia elaborata dall’Autore dell’Epistola ai Romani.
La cosa che stupisce non poco è la particolare
unzione che Gesù riceve dalla donna: un olio pregiato mischiato con le sue
lacrime. Luca nella sua narrazione sembra trascurare il valore materiale
dell’olio. Nel vangelo di Giovanni troviamo invece lo stupore e la condanna
di un simile gesto da parte di Giuda che quantifica anche il valore
dell’olio: trecento denari, in altre parole all’epoca quasi la paga annua di
un bracciante. Luca pone l’accento sull’amore che trasmettono i gesti della
donna. Non si tratta di quantificare o di misurare l’entità dell’azione
compiuta dalla donna, anzi l’opera compiuta non ha alcun valore, conta solo
l’amore, disperato e puro, della donna. Infatti il rimprovero rivolto da Gesù
al fariseo Simone (non mi hai dato dell’acqua……, non mi hai dato un bacio)
non è una rivendicazione di un’opera mancata o incompiuta. Si tratta
piuttosto di una denuncia: la denuncia della totale mancanza di amore. Nella
visione farisaica della vita e della fede, la fedeltà al precetto e quindi a
un sistema di norme rituali sostituiva qualunque riferimento all’amore.
Nel suo dialogo con Simone il fariseo, Gesù
introduce anche una breve similitudine tratta dall’ambito commerciale. A
prima vista questa metafora è sconcertante: non si può legare l’amore, il
rispetto, la benevolenza a un particolare tipo di trattamento economico. In
linea di principio questo è vero. Ammettiamo però con tutta sincerità che,
oggi come allora, utilizzando sapientemente il denaro si possono conquistare
simpatia e rispetto, persino la benevolenza altrui. L’amore senz’altro no, ma
quasi tutto il resto sì!
Nella prospettiva teologica di Luca si tratta in
ogni caso di un altro messaggio: una similitudine abbastanza banale serve ad
affermare che una peccatrice o un peccatore sono soggetti a un condono
infinitamente superiore a tutte le operazioni finanziarie umanamente
quantificabili. Questo fatto è messo in risalto dall’uso di verbi diversi:
condonare e perdonare, nettamente distinti anche nel testo greco.
Il vero problema esegetico tuttavia sorge al v. 47:
«Perciò, io ti dico: i suoi molti peccati le sono perdonati, perché ha molto
amato; ma colui a cui poco è perdonato, poco ama». L’amore della donna per
Gesù sembrerebbe la causa del perdono ottenuto. È un quesito di fondamentale
importanza. Dal punto di vista puramente filologico la frase può anche essere
tradotta diversamente: i suoi molti peccati le sono perdonati perciò ha molto
amato. In tal caso il perdono ottenuto diventa la causa dell’amore per Gesù.
La seconda parte della frase di Gesù pare confermare tale interpretazione.
Non nascondo che questa possibilità interpretativa mi trova abbastanza
d’accordo. Credo profondamente che la consapevolezza del perdono ricevuto
gratuitamente da Dio suscita un profondo amore verso il Donatore e quindi
anche un radicale cambiamento di atteggiamento verso il prossimo. È un
processo chiamato comunemente “pentimento”.
Dopo questa dichiarazione, vorrei mantenere aperta
un’altra ipotesi, perfettamente in sintonia con la cronologia e con la logica
del racconto. La particolare dichiarazione d’amore precede l’annuncio del
perdono. La donna dimostra tutto il suo amore e tutta la sua disperazione a
un uomo molto diverso dai più: un uomo che diffonde amore e compassione.
Questa sequenza ci autorizza ad affermare che un amore puro e gratuito verso
un essere umano, o talvolta verso l’umanità intera può essere uno strumento
privilegiato che porta verso la consapevolezza dell’amore di Dio e quindi
diventa una strada che porta verso la fede, intesa come una sorpresa e un
dono al tempo stesso: «La tua fede ti ha salvata; va' in
pace».
Pastore Pawel Gajewski,
Chiesa Evangelica Vadese di Firenze, Domenica 19 Agosto
2007