Riprendiamo la lettura del capitolo 2 del vangelo secondo Luca. Nella meditazione precedente (25 dicembre scorso) abbiamo stabilito già che non si tratta di una cronaca bensì della narrazione di una gloriosa teofania che diventa al tempo stesso un percorso di formazione (o in-formazione) della fede. Quale significato assume dunque il racconto di oggi: Gesù dodicenne che si ferma nel tempio di Gerusalemme dopo le festività pasquali? È importante precisare che questo episodio, è narrato soltanto da Luca, gli altri tre vangeli canonici lo ignorano completamente.
Sicuramente il nostro brano allude al “Bar-Mitzwa” (lett. Figlio del comandamento), un rito di ammissione nella comunità ebraica che segna la maturità religiosa di un giovane ebreo, capace di leggere la Torah nell’assemblea liturgica. Non dimentichiamo che Luca è molto attento alle usanze ebraiche: la circoncisione (v. 21), la purificazione della partoriente e il riscatto del figlio primogenito (vv. 22-24, cfr. Esodo 13,2; Numeri 3.13; Levitico 12,8).
Nonostante questa attenzione e la sua competenza, il nostro evangelista attribuisce al tempio un significato assai diverso da quello consueto: il tempio nella sua visione è un luogo d’insegnamento della Torah. Tale usanza corrisponde alla realtà dei fatti: il portico esterno del tempio era a quell’epoca un luogo di dibattito e d’insegnamento; si trattava tuttavia di un’attività per così dire “secondaria”. Quella primaria era ovviamente il culto sacrificale. Contrariamente al giovane Samuele, la cui madre, Anna, abbiamo incontrato nel corso della nostra meditazione del “Magnificat”, Gesù non frequenta i sacerdoti e i leviti bensì gli studiosi della legge. Il pensiero risolutivo, anche se un po’ criptico si trova nel v. 49b: Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio.
La menzione della “casa” in alcune traduzioni è un grossolano tentativo di armonizzazione del testo. E le cose del Padre suo e del Padre nostro sono appunto la meditazione della parola che il padre ci rivolge. Nella prospettiva cristiana è la piena comunione con questa parola che s’incarna. Dalla nostra esperienza di vita sappiamo che l’adolescenza significa la scoperta (talvolta dolorosa) delle cose essenziali della vita e di una scala di valori e di priorità, secondo cui ordinare queste cose.
Se qualche giorno fa parlavamo della nascita della fede, oggi seguendo Luca parliamo dell’adolescenza della fede. Una persona adolescente scopre l’essenza della vita. Il momento della scoperta coincide però con la domanda: di che cosa allora devo occuparmi, che cosa devo fare ora, che cosa devo fare da grande. Credo che alla chiesa cristiana, alle prese con le domande adolescenziali che non finiscono mai, Luca voglia dire proprio questo: devi occuparti delle cose del Padre Tuo. Devi saper ascoltare, devi saper porre delle domande, devi essere preparata a dare le risposte che ti vengono chieste. In altre parole, la chiesa cristiana deve concentrare la sua intera esistenza sull’ascolto e sull’annuncio della Parola di Dio. Prima l’ascolto, la meditazione poi l’annuncio.
Qualcuno non capirà questa esortazione. Credo che Luca ne sia stato pienamente consapevole: i genitori di Gesù sono, infatti, i primi a non capire le sue parole. È un’affettuosa ironia che ci invita a non fermarci nel nostro cammino di formazione nella fede.
Predicazione tenuta dal pastore Pawel Gajewski domenica 4 gennaio 2009, Chiesa Evangelica Valdese di Firenze