Matteo 28,1-10

Il messaggio dell'angelo

 

Lunedì scorso, 18 aprile, la TV7 ha trasmesso il film di Mel Gibson The Passion (La passione). Nel 2006 alla sua uscita nelle sale questa produzione cinematografica ha suscitato numerose polemiche che non si sono ancora placate. La discussione dopo il film, animata sapientemente da Enrico Mentana ha fatto emergere alcuni elementi assai discutibili, legati a questo film. La celebrazione della sofferenza fisica che rasenta l'orrore è indubbiamente una pericolosa deviazione della spiritualità cristiana. La discutibile scelta di far parlare i personaggi in aramaico e in latino a me ha fatto sorridere un po'. L'aramaico parlato nel film è quello che si insegna nelle facoltà universitarie e sicuramente non quello parlato in Palestina venti secoli fa. Lo stesso vale per il latino che sembra quello di Giulio Cesare che ancora oggi fa sudare i ragazzi nei licei classici.

La parte più debole però è la scena finale, vale a dire la risurrezione. Provo a raccontarla brevemente a chi non ha mai visto il film. La cinepresa in postazione fissa riprende l'interno della tomba illuminata da fuori, come se una luce potente cercasse di penetrare dentro. Al centro della scena c'è il corpo di Gesù avvolto in un sudario. In un certo momento l'intensità della luce aumenta e il grosso fagotto comincia a sgonfiarsi fino allo svuotamento totale. La scena cambia improvvisamente ed ecco vediamo il Risorto che si dirige verso la luce. È un uomo bellissimo il suo corpo ben scolpito assomiglia del tutto a quello di David di Michelangelo. Tutto stupendo e commuovente. Peccato che sia totalmente contrario al dato biblico.

Nessuno dei vangeli canonici narra il momento stesso della risurrezione di Gesù. Matteo ci avvicina quasi troppo - Ed ecco si fece un gran terremoto; perché un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e vi sedette sopra (Matteo 28,2) – mantenendo però sempre la distanza di sicurezza. Noi lettori e uditori non sappiamo che cosa sia successo dentro la tomba. Il Vangelo di Pietro, un apocrifo respinto dalla comunità cristiana racconta invece una scena di questo genere: E mentre (i soldati) stanno raccontando ciò che hanno visto (i due uomini scesi dal cielo che hanno srotolato la pietra), di nuovo vedono uscire dal sepolcro tre uomini: due sostenevano l'altro, e una croce li seguiva. La testa dei due giungeva fino al cielo, mentre quella di colui che era condotto per mano da loro oltrepassava i cieli (Vangelo di Pietro, X, 38-40). Dal punto di vista storico critico c sarebbe tanto da discutere su questa descrizione. Noi per ora dobbiamo accontentarci del fatto che tutti i testi canonici parlano di due cose: dell'annuncio della risurrezione e degli incontri con il Risorto.

Nella predicazione di oggi vorrei concentrarmi sul primo di questi elementi: l'annuncio della risurrezione. Nelle parole che pronuncia il messaggero si cela una delle più antiche confessioni di fede: Gesù, che è stato crocifisso [..] è risuscitato dai morti. Sembra che questo sia il cuore dell'annuncio cristiano delle origini. C'è qui anche una notevole insistenza sulla Galilea, la vera patria di Gesù. Infatti, sembra che l'annuncio della Risurrezione prima di essere diffuso a Gerusalemme (cinquanta giorni, vale a dire la Pentecoste) abbia avuto il suo inizio proprio in Galilea.

Nella struttura narrativa del nostro brano l'incontro con l'angelo precede questo con Gesù Risorto. Credo che questo paradigma sia legato alla celebre affermazione di Paolo: La fede viene da ciò che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla parola di Cristo (Romani 10,17). Poche frasi prima Paolo tuttavia pone due domande di grande peso: E come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? E come potranno sentirne parlare, se non c'è chi lo annunzi? (Romani 10,14)
Sono domande che toccano direttamente noi che ci diciamo seguaci di Gesù, che consideriamo membri della sua chiesa. Roberto Davide Papini nel suo articolo pubblicato su Riforma afferma: Non dobbiamo fare annunci culturali o finemente intellettuali. Egli ci invita a uscire fuori dai nostri templi e dai centri culturali per annunciare alle nostre città e al nostro Paese la buona novella della morte e risurrezione di Gesù Cristo. (Riforma, 22 aprile 2011, p. 10)

In altre parole siamo chiamati a svolgere la stessa missione dell'angelo nel racconto di Matteo. Dobbiamo soltanto fare attenzione a non confondere l'annuncio della risurrezione di Cristo con l'esaltazione della Chiesa valdese o del protestantesimo in generale. A questo proposito è sempre valida l'esortazione di Vittorio Subilia: All'uomo moderno in lotta con le sue varie concezioni della vita il protestantesimo non rivolge l'invito a diventare protestante, non propone e non addita se stesso come la soluzione dei suoi problemi e delle sue incertezze, ma propone e addita un punto di riferimento che orienti diversamente la sua vita, lo distolga dal conformismo a "questo secolo" (Romani 12,2), lo conduca a esercitare una funzione critica nei confronti di tutte le sue concezioni, trasformandolo in un uomo libero dagli elementi e dai poteri del mondo [...], per poter rendere al mondo un servizio liberatore dalle sue schiavitù e dalle sue idolatrie (Solus Christus, p. 9). Amen.

Predicazione del Past. Pawel Gajewski, Chiesa Valdese di Firenze, Domenica 24 Aprile 2011 Pasqua