Matteo 25,31-46

Dio prende sul serio le nostre azioni

 

All'inizio di questa meditazione vorrei elencare tre presupposti che guideranno la riflessione.

  1. Il testo di Matteo 25,31-46 fa parte del grande discorso escatologico di Gesù che comincia con il primo versetto del capitolo 24. In quanto il nostro testo è parte finale di questo discorso, esso andrebbe letto nel contesto dell'intero discorso.
  2. Il nostro testo non è una parabola, ad eccezione dei versetti 32 e 33. Si tratta piuttosto di una forma di rivelazione escatologica.
  3. L'escatologia cristiana non significa una fuga dalla realtà, anzi essa fornisce la motivazione prima e ultima dell'agire da credenti, sensibilizza ai problemi del presente e annuncia al tempo stesso la giustizia e la misericordia di Dio.

Nella stragrande maggioranza delle Bibbie e dei commentari il nostro brano è intitolato “Il giudizio sulle nazioni”. È un argomento introdotto nell'Antico Testamento dai profeti all'epoca dell'esilio in Babilonia (si veda Ezechiele). Credo però che collocare tale giudizio in un futuro poco definito sia un grave errore. Il giudizio sulle nazioni è già in atto. La croce e la tomba vuota ne sono segni tangibili.

Pensavo nei giorni scorsi all'edizione speciale della trasmissione di Fabio Fazio “Che tempo che fa” andata in onda mercoledì scorso. Tutta la trasmissione è stata costruita intorno a Roberto Saviano e alle sue letture assai significative. Saviano ha raccontato diverse storie di ordinaria malvagità umana e di straordinaria sensibilità di coloro che hanno voluto denunciarla e combatterla, pagando per questo con la propria vita. Credo che sia il nostro testo di Matteo sia le narrazioni di Saviano vogliano dire a noi credenti la stessa cosa: Dio prende le nostre azioni umane sul serio. Insisto su questa dimensione teologica perché se riportiamo le nostre azioni sul piano puramente etico viene fuori un'asserzione abbastanza ovvia: le nostre azioni buone o cattive che siano non sono indifferenti per la collettività.

Preferisco dunque ritornare alla mia asserzione teologica per porre un quesito fondamentale: ma noi prendiamo le nostre azioni sul serio?

Bisogna distinguere qui i due piani individuale e pubblico. Ho l'impressione che nella nostra società occidentale il piano individuale sia molto curato. Ogni azione viene valutata preventivamente nell'ottica del beneficio personale. E quindi su questo piano prendiamo le nostre azioni assai sul serio. Questo atteggiamento però va spesso a scapito della dimensione pubblica che spesso viene confusa con la somma degli interessi individuali. Sul piano collettivo dunque nulla è preso veramente sul serio; l'indifferenza al bene degli altri è un atteggiamento dominante, l'opportunismo è considerata una virtù. L'autoreferenzialità diventa l'unico criterio universalmente valido. Gli effetti devastanti di questa mentalità sono davanti agli nostri occhi.

Le sei azioni elencate nel discorso di Gesù coprono invece l'intero arco della solidarietà sociale. Questa solidarietà ricongiunge i due piani, l’ individuale e il collettivo. Nella dimensione di solidarietà, a differenza dell'autoreferenzialità, la somma delle azioni individuali crea un beneficio comune.

Quando ero bambino, ragionavo da bambino e il testo Matteo 25,31-46 mi angosciava assai. Ogni giorno mi sforzavo di compiere opere buone e temevo che comunque sarei finito tra le capre e non tra le pecore. Quando sono diventato adulto, ho capito una cosa fondamentale: l'amore di Dio per me e per l'umanità intera non verrà mai meno. Dio però prende sul serio le mie azioni, dicendomi: Vedi, io metto oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male (Deuteronomio 30,15).

Se chiedessimo a Roberto Saviano di tradurre questo versetto nel suo linguaggio potrebbe venire fuori una traduzione più o meno così: Vedi, io metto oggi davanti a te la bellezza e l'inferno; dipende da te, oggi. Non domani, non in un futuro assai remoto.

Predicazione del pastore Pawel Gajewski domenica 15 Novembre 2009, Chiesa Evangelica Valdese di Firenze