Rocca o Roccia (rifugio in una roccia spaccata, come nel canto di Toplady)? Sono entrambi attributi dati a Dio, elencati, con molti altri simili, nel canto di Davide (2 Sam. 22 che corrisponde al Salmo 18). Rocca equivale a castello, fortezza, fa pensare ad una guerra, ad un assedio. Fa pensare a un principe assediato che si rifugia lassù con i suoi armigeri, ma accoglie (speriamo!) i suoi contadini con il loro bestiame perché non vengano saccheggiati e uccisi dai nemici. Rifugio nella roccia è qualcosa che si trova molto spesso in natura, fa da riparo agli uomini, ma anche agli animali, fa pensare a persone che sono in cammino, per necessità o per qualunque altra ragione; non l’abbiamo costruita noi, perché la si trova come un dono inaspettato in un momento di bisogno. Entrambe queste immagini sono metafore della salvezza per grazia mediante la fede: noi siamo quei contadini che vengono accolti nella fortezza per esser tratti in salvo dai nemici. Noi siamo quei viandanti colti dalla tempesta che trovano insperatamente un rifugio nella roccia!
Per Martin Lutero il rifugio è una Burg, Rocca o Forte, o rocca-forte; pensava alla Wartburg? E’ lì che è stato nascosto per un paio d’anni, messo in salvo dagli armigeri di Federico il Savio. Certo una fortezza mette in salvo dai nemici, ma può anche diventare una prigione se si è costretti a nascondervisi a lungo. Lutero usa la fortezza per tradurre la Bibbia per intero, scoprendone sempre nuovi aspetti entusiasmanti. Lì ha fatto anche le sue battaglie interiori e si è sentito vincitore con l’aiuto di Dio. Il suo linguaggio è : nemici, eserciti, forza, astuzia, armi crudeli, chi si batte per noi? Gesù è l’eroe forte in battaglia, “il campo sarà suo”. Fuori dalla metafora della Wartburg: il mondo è il campo di battaglia ed è pieno di diavoli, che ci vorrebbero inghiottire, il signore di questo mondo (Satana) sarà annientato; la parola di Dio (che è ancora e sempre il Cristo) ha la vittoria, anche se si dovesse perdere a causa della persecuzione la propria famiglia e i propri beni e perfino l’onore. Il Regno di Dio ci è stato dato in dono irreversibile per grazia mediante la fede. Dio è la nostra rocca e la nostra fortezza. Gesù è il grande Liberatore che si è battuto contro Satana e l’ha vinto sulla croce.
Per il rev. Augustus Toplady (1740-1778) la rocca è una spaccatura naturale della roccia, come ne abbiamo sempre viste e ammirate nelle nostre gite in montagna. Qui l’atmosfera è un’altra: intanto bisogna camminare e non stare rinchiusi, i nemici non sono nemici esterni, ma interiori a noi stessi, sono i peccati; la minaccia più grave è l’ira di Dio per la nostra impurità e disobbedienza. Noi siamo dei malati che hanno bisogno di cura; piangiamo, ma le nostre lacrime non possono salvarci, siamo poveri, non abbiamo denaro per riscattarci. Sono parole che hanno fatto presa sugli schiavi neri portati in America, e infatti questo canto è diventato un negro-spiritual fra i più amati. Nelle tre strofe si concentra una specie di catechismo che si può memorizzare e trasmettere alle prossime generazioni. Qui viene fatta la trasposizione metaforica della roccia “spaccata” a Cristo sulla croce quando un soldato gli fora il fianco e ne esce “sangue ed acqua” (Gv. 19, 34). Queste parole anche nel IV Vangelo sono sottolineate da un commento dell’autore, che però è interessato alla metafora di Gesù ucciso come agnello pasquale. Qui invece si predilige la metafora del sangue di Gesù che ci lava e purifica dei nostri peccati, come testimonia anche l’acqua del battesimo. Anche qui l’affermazione centrale è che la salvezza è per grazia mediante la fede: “tu devi salvarmi e tu solo”, “io posso solo aggrapparmi alla tua croce”. Per lo schiavo che cantava questo canto Gesù in croce non era uno sconfitto, ma era la “roccia spaccata per me, lascia che io mi nasconda in te”.
E noi dove siamo? In una fortezza sentendoci sicuri perché Dio ci ha nascosti con lui finché i nemici non saranno sconfitti? A combattere sul campo con Cristo come capitano e noi “soldati della fede”? Ma a combattere chi e per cosa? Gesù, il profeta disarmato, ci insegna ad amare i nostri nemici e a dare perfino la nostra vita per gli altri. Non vive nella indifferenza e nel disimpegno, dunque ha dei nemici e fa delle battaglie, ma sono battaglie contro nemici sia esterni che interni, dove la vittoria ha una diversa valutazione a seconda non se ci siamo salvati noi, ma se si sono salvati anche i nemici… Forse nella nostra vita Dio sarà a volte Rocca a volte Rifugio nella Roccia, come lo è stato per i nostri Padri e per tutti quelli che hanno confidato nella sua salvezza.