Diaspora evangelica

Mensile di collegamento

informazione ed edificazione

Anno XLIII – numero 5 – maggio 2010

 

Preghiera di serenità

di Reinhold Niebuhr (1892-1971)*

 

Che Dio mi conceda la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare quelle che posso cambiare, e la saggezza di distinguere tra le due.

Vivere giorno per giorno, godersi un momento per volta, accettare le avversità come una via verso la pace, prendere, come Lui fece, questo mondo corrotto per quello che è,non per quello che vorrei, confidare che Lui sistemerà tutto se mi abbandonerò alla Sua volontà. Che io possa essere ragionevolmente felice in questa vita e sommamente felice accanto a Lui nella prossima, per sempre.

 

*Teologo e politologo statunitense particolarmente stimato dal presidente Barack Obama.

 

In questo fascicolo:

·         Meditazione biblica di P. Gajewski

·         Generatività di R. Salamone

·         Il naso tra i libri (e le riviste) di S. Rivedi Pasqui

·         Etica del lavoro di R.D. Papini

·         Rassegna bibliografica (P. Iacobino, V, Spini)

·         Dalle opere e dalle Chiese evangeliche fiorentine

·         Ecumenicamente (s-)corretto di R.D. Papini

 

[…]

 

Vorrei dedicare questo editoriale al nostro fidatissimo collaboratore Roberto Rossi. Il suo nome non compare tra gli autori, né tra i redattori. Eppure la nostra circolare non esisterebbe senza di lui. L’assemblaggio di ogni singolo fascicolo, la cura dell’indirizzario, la distribuzione; tutto questo poggia sulla spalle di Roberto.

Pochi giorni fa Roberto e la sua famiglia sono stati colpiti da grave lutto: il figlio Paolo è morto all’età di 47 anni. A nome della redazione esprimo il nostro cordoglio e la nostra affettuosa solidarietà alle famiglie di Roberto e Paolo.

Con commozione pubblichiamo questo breve messaggio. (p.g.)

 

 

Ringraziamento

di Roberto Rossi

 

Dice una vecchia canzone: “Nel dolor si conosce un amico”.

In questi giorni di dolore abbiamo conosciuto tanti amici. Grazie.

Il babbo di Paolo

 

Seguire Cristo nell’umiltà: 1 Pietro 2,21-25.

di Pawel Gajewski

 

Infatti a questo siete stati chiamati, poiché anche Cristo ha sofferto per voi, lasciandovi un esempio, perché seguiate le sue orme. «Egli non commise peccato e nella sua bocca non si è trovato inganno».

Oltraggiato, non rendeva gli oltraggi; soffrendo, non minacciava, ma si rimetteva a colui che giudica giustamente; egli ha portato i nostri peccati nel suo corpo, sul legno della croce, affinché, morti al peccato, vivessimo per la giustizia, e mediante le sue lividure siete stati sanati. Poiché eravate erranti come pecore, ma ora siete tornati al pastore e guardiano delle vostre anime.

 

La Prima Lettera di Pietro fa parte delle cosiddette “lettere cattoliche”. Vale a dire si tratta di uno scritto universale, rivolto all’intera comunità cristiana. Si tratta ovviamente della seconda (se non addirittura terza) generazione di cristiani.

Lo scritto è detto anche da qualcuno «l’epistola della sofferenza». Vi troviamo diversi riferimenti a Gesù sofferente (3.18, 4.1,2). Come se l’autore volesse affermare che essere cristiani non è una passeggiata, non è una “religione rilassante”. Non credo tuttavia che il testo voglia esaltare la nostra sofferenza umana. Il termine 'υπογραμμον esempio, significa letteralmente «scrittura sotto», ed indica un foglio o una tavoletta recante una traccia di scrittura che si poneva sotto la pagina sulla quale l’allievo doveva ricalcare le lettere, quindi un modello e una guida al tempo stesso. L’autore dello scritto riprende il concetto espresso da Gesù quando dice: «Se qualcuno mi vuole seguire, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mt 16.24). Sappiamo però che la croce senza la risurrezione è incompleta perché la giustizia di Dio davanti all’ingiustizia umana della croce si manifesta soltanto nella risurrezione.

La giustizia è dunque l’orizzonte principale della nostra esistenza ma si tratta non di una semplice giustizia retributiva bensì della giustizia di Dio che fonda le sue radici nell’amore-agape.

Credo però che il nostro brano voglia mettere in evidenza quel tratto dell’opera salvifica di Gesù che non è soltanto la sottomissione passiva agli aguzzini, non è soltanto un’obbedienza cieca al Padre eterno ma si esprime con termine “umiltà”. Noi cristiani nel corso dei secoli siamo stati abbastanza bravi a creare tante caricature dell’umiltà. Tutte quante di queste caricature hanno in comune un tratto legato alla cattiva esegesi del nostro brano: è umile chi subisce passivamente l’ingiustizia, non apre la bocca per difendersi. In tale prospettiva non si tratta di umiltà bensì di eccessiva timidezza o di qualche disturbo mentale più grave.

Nel senso teologico la definizione dell’umiltà può essere una sola: riconoscere la differenza profonda tra la maestà divina e la limitatezza della condizione umana; tra il carattere incondizionato del divino e il carattere condizionato di ogni impresa umana. L’orgoglio che cerca di nascondere tale carattere umano è la quintessenza del peccato.

La fede cristiana deve essere quindi una fonte costante di umiltà perché deve incoraggiare gli esseri umani a moderare il loro orgoglio naturale e a essere consapevoli della relatività di ogni loro affermazione anche delle verità più ultime. La fede cristiana che si identifica pienamente con Cristo Gesù è dunque come “hypogrammon” menzionato all’inizio: deve insegnare a loro che una religione o una filosofia sono vere se riconoscono l’elemento dell’errore e delle fallibilità, della finitezza e della contingenza anche delle più sublimi delle loro verità.

 

 

Generatività

di Rosa Salamone

 

L’albero genealogico di Gesù viene riportato al principio di uno solo dei quattro evangeli, quello di Matteo (Mt.1,17). Secondo ciò che ci dice l’evangelista, molte donne importanti appaiono nella sua discendenza, tra queste Tamar, Racab, Betsabea, infine Rut che, essendo una moabita, era discendente di una delle figlie di Lot. Queste donne hanno avuto una vita straordinaria e complessa. Di Betsabea sappiamo che David si innamorò di lei e che quando rimase incinta del re, David mandò in guerra suo marito per farlo morire. Dall’unione di David con Betsabea nacque il futuro re Salomone. E’ forse la più famosa delle quattro antenate di Gesù, insieme a Rut, ma forse quella che riserva meno sorprese. La storia di Tamar è infatti molto particolare (Ge. 38, 6-26). Tamar era la moglie di Er. Quando questi morì, fu data in sposa a suo fratello Onan. Ma anche lui conobbe presto la stessa sorte di Er. Tamar a questo punto fu promessa al terzo fratello, Sela, così come previsto dalle leggi del levirato, ma Giuda, padre di Er e Onan, per nulla entusiasta dell’idea di vedersi privato probabilmente anche del terzo figlio, si oppose all’applicazione della legge. La storia sarebbe finita qui se Tamar invece di arrendersi, mostrandosi remissiva così come comandavano le regole del tempo, non si fosse opposta all’arbitrio del suocero. Tamar decise, infatti, di sfidarlo  e così divenendo la vera protagonista del racconto cercò di risolvere la situazione in modo piuttosto originale. Cioè si finse una prostituta e approfittando di un viaggio di lavoro del suocero a Timna, dove era prevista la tosatura delle pecore, si coprì con un velo e si sedette ad aspettarlo lungo la via. Dopo il loro rapporto, Tamar pretese da lui alcuni pegni in cambio: il sigillo, il cordone e il bastone che Giuda aveva in  mano. E tanto avvenne. Tamar, rimasta incinta di lì a poco, non fece nulla per nascondere la sua situazione, così la notizia arrivò alle orecchie del suocero il quale prontamente comandò di bruciarla viva, accusandola di prostituzione. Ma qui, come nel migliore dei feuilleton, accade l’imprevisto: Tamar gli rivela che è rimasta incinta dell’uomo a cui appartengono alcuni oggetti che ha conservato ed ecco apparire il sigillo, il cordone e il bastone. Come si vede dal racconto, il comportamento di Tamar è piuttosto difficile da comprendere in base ai giudizi della morale corrente, per la quale una donna, che si finge una prostituta in modo da avere un figlio per di più dal suocero, difficilmente risulterebbe una donna esemplare. Il che invece è del tutto legittimo secondo l’etica dell’Antico Testamento, per il quale ciò che conta è lo shalom familiare, cioè la trasmissione della vita. Tanto che lo stesso suocero alla fine dovrà ammettere di Tamar “È più giusta di me, perché non l'ho data a mio figlio Sela”, annullando in questo modo la condanna per adulterio che pendeva minacciosa sul capo della nuora. Tamar è dunque esemplare secondo l’etica dell’AT perché si comporta rispettando le regole del levirato e perché si propone come scopo essenziale la vita e la salvaguardia della discendenza, finendo così con il garantire gli interessi dello stesso suocero. Questa caratteristica non è solo di Tamar, ma a ben vedere è ugualmente condivisa dalle altre antenate di Gesù. Racab, per esempio, era una prostituta di Gerico che nascose le due spie di Israele mandate da Giosuè in quella città così salvandogli la vita. Quanto alle figlie di Lot, il loro desiderio di assicurare una discendenza al padre si spinse fino all’incesto. E’ difficile spiegare il comportamento di queste donne secondo i nostri principi morali e se solo dovessimo fare riferimento a quella che è la nostra etica attuale. Questo dovremmo tenerlo ben in mente quando si fanno discorsi etici riferiti alla sessualità basati sulla Bibbia, perché non solo è irrealistico applicare la morale delle epoche passate ai nostri giorni ma è vero anche il contrario. Ciò che possiamo dire delle antenate di Gesù più concretamente è che esse appaiono come delle donne fortemente motivate, amanti della vita e decise a difenderla fino a spingersi ai limiti di quanto umanamente loro consentito, ma difficilmente rientrerebbero nel ruolo ideale svolto all’interno della famiglia così come la intendiamo oggi. Rut era una straniera (una delle categorie più disprezzate dagli ebrei del tempo), Betsabea un’adultera, Tamar si finse prostituta, Racab lo era veramente, quanto alle figlie di Lot erano delle incestuose, ma se hanno meritato un posto nella Bibbia è perché il profondo desiderio di generare la vita, la volontà ferma di trasmetterla nonché l’istinto femminile a proteggerla le ha rese esemplari agli occhi di un popolo. Da queste donne discende Gesù, da loro riprende l’amore per la vita, ma attribuendogli un significato profondamente diverso. La benedizione, infatti, nell’AT implicava il dono della fertilità. Questo è talmente vero che uno dei nomi di Dio tramandati dalla Bibbia ebraica, El Shadday, forse evoca proprio la potenza di Dio nel dare fertilità alla terra e agli esseri viventi, e in origine potrebbe addirittura significare “Il Dio che allatta”: un “Dio con le mammelle” che trasmette vita e rende capaci di generare. La vita e la garanzia di trasmetterla, i figli e la discendenza, ecco uno dei paradigmi più alti nell’Antico Testamento: gli uomini rispettosi dei comandamenti sarebbero stati ricompensati con una lunga vita terrena e con la possibilità di essere sepolti dopo la morte accanto ai loro antenati. Benedire nella Bibbia significa innanzitutto concedere fecondità. «Tua moglie sarà come vigna fruttifera, nell'intimità della tua casa; i tuoi figli come piante d'olivo intorno alla tua tavola. Ecco così sarà benedetto l'uomo che teme il SIGNORE», recita il Salmo 128. Per parlare della misericordia, della tenerezza di Dio, la Bibbia ebraica usa il plurale di rechem, che non è altro che l’utero, il luogo dell’accoglienza e della trasmissione della vita. Tutto ciò che era connesso con la sfera generativa e creativa era dunque sacro, mentre la sterilità rappresentava una grave sventura. Ai tempi di Gesù la sterilità veniva reputata un segno dell’ira e della punizione divina, una vera e propria maledizione inviata all’essere umano. Gesù ha invece profondamente cambiato il modo di intendere la vita, come l’evangelo di Giovanni ci spiega chiaramente. Il quarto evangelista dice che nessuno ha mai visto Dio: per vederlo e comprenderlo bisogna guardare Gesù, cioè vedere che cosa faceva e come agiva. Gesù, infatti, non ci ha annunciato Dio come una dottrina, non lo ha presentato per mezzo di discorsi teologici: sono le sue opere che ce lo rivelano, ce lo “raccontano” (exēgēsato, Giovanni 1,18). Le sue opere sono azioni concrete che trasmettono vita alle persone, le arricchiscono, comunicano dignità e amore agli ultimi e ai più disprezzati. Nessun discorso altisonante sull’amore, ma una sua pratica continua che genera abbondanza e comprensione.

Nel vangelo si assiste così ad un ampliamento del concetto di fecondità, che finisce con il diventare, usando un termine dello psicologo americano Erik Erikson*, generatività, cioè la capacità, tipica di una persona matura, di creare qualcosa che le sopravviva e vada oltre la sua esistenza. Quando in ambito lavorativo o delle relazioni sociali viviamo con la consapevolezza che il nostro lavoro diventa una benedizione per gli altri e che il dialogo o l’accoglienza fanno scaturire la vita nell'altra persona, ecco che diventiamo fertili, generativi. Chi sono, infatti, i benedetti per Gesù? Lo si spiega bene in Matteo 25,34-40.  Benedetti sono coloro che hanno dato da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, che hanno offerto un riparo allo straniero, vestiti a chi era nudo, che hanno visitato gli infermi e consolato i carcerati. Si tratta di sei azioni concrete, in cui Gesù chiama benedette le persone non per il numero di figli procreati o per la castità praticata, ma per la vita che hanno saputo comunicare al prossimo. L’idea veterotestamentaria di benedizione (berakhah), quindi, legata a quella di procreazione e fecondità, viene ricondotta alla pratica della generatività e del servizio.

Il vangelo supera pertanto il concetto tradizionale che identificava lo shalôm, la pienezza di vita, con l’avere molti figli, e vi sostituisce un concetto nuovo che identifica nell’amore la pienezza di vita. Nella stessa maniera, Gesù sostituisce la priorità del clan familiare con quella della comunità: la vera famiglia non è quella composta da fratelli e sorelle di sangue, ma è quella formata da coloro che ascoltano e realizzano la volontà di Dio. Il discepolo e la discepola di Gesù sono chiamati a generare felicità, e innanzitutto in questo modo possono diventare una benedizione per gli altri. La berakhah biblica viene così trasformata nella logica della gratuità, del dono di sé, del farsi prossimo. Ogni amore può e deve essere fecondo, generativo, e per il cristiano la generatività dell’amore e del servizio è comunque prioritaria rispetto alla fertilità biologica.

* Erik Erikson psicologo del comportamento e psicoanalista tedesco-americano, parla della maturità come la settima fase dello sviluppo personale o periodo della generatività. E' in questa fase che si esplicherebbe la propria capacità produttiva o creativa nell’ambito lavorativo, dell'impegno sociale o della famiglia. Nel caso in cui la possibilità di generare venisse inibita in qualcuno di questi ambiti, c'è il rischio che la personalità regredisca, esplicitando un senso di vuoto e di impoverimento. E' la sollecitudine, definita come "la dilatante preoccupazione per ciò che è stato generato dall'amore, dalla necessità o dal caso...", e intesa come tendenza ad occuparsi del proprio simile (cura, assistenza, allevamento dei figli, trasmissione della cultura, ecc.). la virtù emergente in questa fase.

 

 

Il coraggio delle donne haïtiane

Sara Rivedi Pasqui

 

Nadjet Cherigui è un’attenta studiosa del mondo islamico (a lei si deve una serie di inchieste pubblicate da Le Figaro), ma è anche un’eccellente giornalista. Dopo circa due mesi dal terribile terremoto che da devastato Haïti si è recata in questo paese ritenuto uno dei più poveri del mondo per comprendere meglio la vastità della tragedia. Durante il suo soggiorno ha conosciuto delle donne haïtiane così coraggiose e fiere da sentire la necessità di dedicare loro un reportage, quasi un omaggio alla loro voglia di vivere, di fare, di rendersi utili. Fabienne, Stéphanie, Marie-Théresè, Milia, Carina sono alcune donne che non sono cadute preda della disperazione, ma hanno deciso di riappropriarsi della vita, di cooperare alla ricostruzione del paese. Ciascuna si è ritagliata uno spazio per ricominciare, per aiutare gli altri e soprattutto per dare un senso alla propria vita, con il sorriso sulle labbra “si sono rimboccate le maniche” e si sono messe all’opera rifiutando di sedersi su di un cumulo di macerie a piangere la morte delle persone care e la perdita dei pochi beni posseduti, soprattutto di un tetto che le proteggeva.

Fabienne è una giovane di 28 anni che oggi vive in un campo per rifugiati, la sua casa è andata distrutta ed il marito è morto sotto le macerie. Purtroppo la giovane donna, sprovvista di mezzi, non ha potuto dare una sepoltura dignitosa al suo compagno che è stato gettato in una fossa comune. Tuttavia non si è lasciata sopraffare dal dolore e dalla disperazione, ma si è subito attivata per provvedere al suo bambino e all’anziana madre. Insieme ad una ventina di compagne lavora a rimuovere macerie e rottami di metallo da una scuola devastata, un lavoro duro e faticoso, sotto il sole, in mezzo alla polvere per soli 4 euro al giorno!

Stéphanie, 25 anni, ha capito quanto è importante gestire al meglio la precarietà e la provvisorietà e così, con l’aiuto del fratello, s’impegna a coordinare la vita del campo allestito nei giardini della Primature a Port-au-Prince. All’inizio i rifugiati erano ammassati gli uni sugli altri, la promiscuità ingenerava conflitti ed aggressioni. In seguito sorella e fratello si organizzano, le tende vengono allineate e lo spazio disponibile suddiviso in sei zone, distribuiti i generi alimentari, imposto il coprifuoco, istituito un sistema di vigilanza, insomma i due si trasformano in una “squadra municipale”. Stéphanie, in qualità di capogruppo scout, si prende cura anche dei bambini che numerosi popolano il campo ed ogni mattina stabilisce un programma di attività manuali, canti, danze, esercizi di scrittura.

Marie-Théresè è una levatrice che si prodiga con dedizione alle donne incinte e ai neonati ospiti del campo curando con medicine tradizionali estratte dalle piante del luogo. A causa del sisma ha perduto quattro dei suoi otto figli, non possiede più niente e vive sotto un telo sistemato a guisa di tenda, ma offre gratuitamente i suoi servizi: bagni e massaggi con foglie di papaia, decotti a base di cannella e zenzero.

Milia si occupa dell’aspetto fisico delle donne, ha riaperto il suo negozio dove taglia i capelli, li arriccia, cura le mani ed i piedi. È un modo per farle sentire vive anche dopo la tragedia ed in mezzo alla desolazione, il superfluo, il frivolo nei casi limite aiutano a ricostruire il ritmo della vita. Il suo piccolo atelier sopravvissuto al terremoto è un caldo accogliente nido fra le macerie dove le donne parlano tra loro, si raccontano lutti e perdite, piangono, si confortano a vicenda, ma ridono anche e per breve tempo ritrovano la normalità.

Carina organizza delle cliniche mobili nella città di Port-au-Prince, coordina un programma di prevenzione contro le violenze subite dalle donne proprio nei campi di accoglienza e provvede a rifornirle di kit per l’igiene personale e l’alimentazione.

Lentamente la vita riprende nel paese distrutto e molto merito va a queste donne ed alle loro compagne che collaborano per ricostruire i luoghi distrutti, soccorrere e confortare i superstiti.

 

 

"Insieme", parola chiave contro la crisi

di Roberto Davide Papini

 

«Sedete intorno ad un tavolo, con questo spirito (di concordia, ndr) e rinunciate a parte del vostro orgoglio, del vostro desiderio legittimo di successo, della vostra voglia di primeggiare. Se continueranno le contese, si rischia davvero di mettere a repentaglio il futuro della nostra città». Parole pronunciate dal vescovo cattolico di Prato, Gastone Simoni, e rivolte a istituzioni e categorie economiche per spronarle a mettere da parte divisioni e chiacchiere per cercare, finalmente «insieme», una soluzione alla crisi drammatica che attanaglia il distretto pratese. In realtà, però, il monito di Simoni è perfettamente applicabile in generale a tutti (o quasi) i territori di quest’Italia dove la crisi strangola aziende e famiglie, senza nessuna risposta davvero concreta da parte dei vari livelli istituzionali e associativi. Così, il richiamo di Simoni (all’interno di una messa dedicata al tema del lavoro, svoltasi nel marzo scorso nella cattedrale pratese) senza puntare il dito su Tizio o su Caio, sul partito verde o su quello giallo, sull’associazione “X” o quella “Y” sottolinea come il tempo dei giochetti è finito e che chi guida un’istituzione o una categoria economica ha un mandato fiduciario da parte di chi rappresenta che non può essere tradito. La parola chiave è “insieme” («Lavorare, progettare, studiare insieme le soluzioni») non come appello di maniera all’unità, ma come richiamo alle responsabilità di tutti e di ognuno. Con una tirata d’orecchie niente male: «Insieme lo dite sempre, ma è essenziale crederci fino in fondo». Insomma, meno parole e più fatti si potrebbe tradurre in un linguaggio un po’ più diretto.

LA SCELTA di occuparci di questo accorato appello, quasi un grido («Basta con gli egoismi, la città sia davvero unita») del vescovo pratese nasce dalla grande sensibilità che Simoni dimostra da sempre rispetto ai temi del lavoro, dell’etica nell’economia. Una sensibilità più volte manifestata in appelli pubblici e in azioni concrete (come il fondo di solidarietà per le famiglie in crisi a causa della continua e pesante crisi del tessile) e che ha incrociato l’iniziativa della Chiesa valdese di Firenze. Con entusiasmo, infatti, Simoni ha partecipato, nel novembre 2009, alla presentazione a Prato del nostro “Patto per l’etica del lavoro”, ricordando la tradizione del magistero sociale della Chiesa cattolica romana e suggerendo alcune aggiunte, a partire da un versetto molto significativo sul fronte dell’etica e della solidarietà: «Chi rubava non rubi più, ma si affatichi piuttosto a lavorare onestamente con le proprie mani, affinché abbia qualcosa da dare a colui che è nel bisogno» (Efesini 4:28).

Anche in occasione della messa per il lavoro, sono risuonate parole chiare di Simoni sulla natura spirituale e morale, prima che economica, della crisi in corso: «La crisi economica ha a che fare non solo con la fatalità, ma anche con la mancanza di regole, con la mancanza di vero senso del bene comune, con il prevalere degli interessi particolari». Dunque, per Simoni è sbagliato affrontare la crisi senza tenere conto della sua dimensione etica, perché questo può anche bastare per risolvere problemi contingenti, ma non per guarire davvero: «Non basta uscire dalla crisi, occorre uscire migliori. Può tornare anche il benessere e magari possiamo tirare un sospiro di sollievo, ma se continueranno ingiustizie, egoismi, indifferenza verso l’altro, si porranno le basi per nuove crisi». L’importante, per il vescovo di Prato, è riscoprire davvero il valore e l’efficacia della parola “insieme”: «Occorre mettere da parte i contrasti anche legittimi perché insieme, nella concordia, si possono costruire le cose più grandi, mentre senza unità si rischia di perdere anche quello che resta». Purché, però, questo “insieme” sia nel rispetto delle competenze di ognuno e, soprattutto sia reale. Nell’unità e nello stare (davvero) “insieme” Simoni vede l’unica strada per uscire da questa crisi, per uscire da «questo Egitto» come dice con efficace paragone biblico. Resta ancora da capire, però, chi sarà il Mosè che guiderà il nostro sistema economico e sociale oltre il Mar Rosso.

 

 

 

Vivere per lavorare o lavorare per vivere?

Di Pasquale Iacobino

 

Dal catalogo dell'editrice Claudiana segnaliamo innanzitutto un agile libretto collettaneo pubblicato nella collana della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia. “Voglio di più!” Limiti alla crescita di lavoro e consumo, a cura di Jutta Steigerwald e Antonella Visintin, fu una delle tappe del la riflessione offerta dalla Commissione Globalizzazione e Ambiente della FCEI.

Il volume si suddivide in tre sezioni: 1)Lavoro Ergo Sum, 2) Consumo Ergo Sum, 3) Vivo Ergo Sum. In appendice vengono offerti al pubblico italiano alcuni importanti documenti, come ad esempio il Messaggio finale della IX Assemblea del CEC, Porto Alegre 2006.

Nelle tre sezioni vengono affrontati i temi del lato oscuro della globalizzazione, la questione della decrescita in un'ottica calvinista, il rapporto tra potere, commercio e lavoro equo-solidale, lo sguardo alle deformazioni nel creato, il rapporto tra vocazione, lavoro e pro-vocazione. Non manca un'escursione nel mondo del linguaggio cinematografico.

Da altre case editrici ci piace segnalare la presenza in libreria di Luciano Gallino, Il lavoro non è una merce. Contro la flessibilità, nella collana economica della Laterza. Il sociologo torinese ricorda che gli italiani con un lavoro instabile sono circa 8 milioni di cui 5-6 milioni impiegati secondo i contratti di precariato previsti dalla legge italiana. Qual'è il rapporto tra precariato e globalizzazione? E quali sono i danni nel rapporto tra sviluppo economico e sviluppo umano? Sono queste le direttrici della riflessione di Gallino. Il prezzo è di euro 6,50.

Ormai da considerarsi quasi un classico è l'importante saggio del sociologo americano Manuel Castells, La nascita della società in rete, pubblicato dalle edizioni dell’Università Bocconi. Si tratta di un'opera di circa 600 pagine in cui vengono analizzate le relazioni complesse e articolate dei sistemi di impresa e lavoro nella società dell'informazione a forte intensificazione telematica e tecnologica. Quale trasformazione dei processi di lavoro ha provocato l’epocale rivoluzione informatica? Cosa sta significando tutto questo in termini di elites, potere politico e mobilitazione sociale?

Originale l'approccio di Roberto Mancini, filosofo, alla riflessione sul rapporto tra economia delle relazioni, della cura e del bene comune, nel librettino Idee eretiche per le edizioni Altreconomia: trentatré percorsi per capovolgere i luoghi comuni della scienza economica ed esplorare le possibilità di approcci alternativi: dal profitto al dono, dalla proprietà all'affidamento responsabile, dall'accumulazione alla condivisione, dalla competizione alla cooperazione, dall'esclusione all'ospitalità reciproca. (prezzo euro 11,00)

Infine, giusto per semplificare il tutto, l'opera provocatoria di Serge Latouche, L'invenzione dell'economia, uscito recentemente per Bollati Boringhieri. In questo volume l'autore del Breve trattato sulla decrescita serena, mette in discussione la dogmatica della scienza economica fino a chiedersi se l'attuale drammatica crisi internazionale non sia stata causata proprio dai presupposti dati per indiscutibili della stessa scienza economica.

Tutti i volumi segnalati sono ordinabili presso la Libreria Claudiana di Firenze, Borgo Ognissanti 14R – tel. 055.28.28.96 / mail: libreria.firenze@claudiana.it. Possiamo anche inviarli in contrassegno postale ai lettori e alle lettrici di Diaspora Evangelica”più lontani con un piccolo rimborso postale di € 4,00.

 

Un nuovo libro dedicato a Leonardo Ricci

di Valdo Spini

 

Da Firenze sono venuti molti “agapini” ed io sono stato con molto piacere tra questi. Soprattutto sono venuti due importanti collaboratori di Tullio Vinay nella costruzione di Agape, due carissimi fratelli che ci hanno purtroppo lasciato, l’architetto Giovanni Klaus Koenig e l’ingegnere Claudio Messina. Per questo, credo giusto e opportuno segnalare un recente libro di Michele Costanzo sull’architetto Leonardo Ricci, in cui largo spazio viene dedicato sia al villaggio di Agape a Prali, sia al Villaggio Monte degli Ulivi a Riesi da lui progettati.

Numerosi, parlando di Ricci, sono peraltro i riferimenti fiorentini: sia di opere, come il villaggio di Monterinaldi, sia di vicende urbanistiche come quelle del quartiere di Sorgane.

Ma veniamo al meraviglioso rapporto intercorso tra il grande architetto Leonardo Ricci e il pastore valdese Tullio Vinay che di Agape e di Monte degli Ulivi a Riesi è stato il fondatore. Lo possiamo capire anche da uno scritto di Ricci, riportato nel volume e dedicato all’Agape. “ Che cos’è l’Agape - scrive Ricci -…anzitutto l’Agape è l’olio che la Maddalena cosparge sui piedi di Cristo. Agape non è, un manifesto, un programma, non un movimento. Agape è un luogo, in cui gli uomini si incontrano”.

E questo prezioso incontro tra Vinay e Ricci porta il testo di Costanzo Leonardo Ricci e l’idea di spazio comunitario (Quodilibet Studio, Macerata 2009) a parlare non solo di architettura, ma anche della nostra presenza in Italia, spesso così poco ricordata ed avvertita.

 

 

 

Voci dalla “Claudiana” di Firenze (Info:055282896)

 

 

 

Sabato 15 Maggio 2010 – ore 17:30

SPERARE OGGI. Buone pratiche in difesa del Futuro

Interventi di Paul Krieg, Astrid Hovstadius, Susanna Chiarenzi, Letizia Tomassone. Modera Marco Ricca

 

Il 25 maggio prossimo alle ore 21 avrà luogo, presso la Libreria Claudiana di Borgo Ognissanti, la presentazione del libro di Andrea Panerini "Litanie Arabe" (La Bancarella editrice, Piombino 2010).

Associazione “Fiumi d’acqua viva” – Casa CARES

Fraternità e condivisione

di Andrea Panerini

Si è svolto a Casa Cares, sabato 17 e domenica 18 aprile, il ritiro-convegno dell’Associazione “Fiumi d’acqua viva - Evangelici su Fede e Omosessualità” sul tema “Dove andrai tu, andrò anch’io: omoaffettività e benedizioni delle coppie dello stesso sesso”.  Nel corso dell’incontro il pastore e teologo valdese Fulvio Ferrario (docente di teologia sistematica alla Facoltà valdese di Teologia di Roma) ha cercato di dare un inquadramento sistematico all’omoaffettiva rispetto alla teologia cristiana, richiamando gli scritti di Tommaso d’Aquino e dei padri della Chiesa definendo paradossale e incomprensibile la scelta etica della Chiesa cattolica proprio alla luce degli stessi fondamenti della teologia cattolica. Ferrario, poi, si è detto favorevole alle benedizioni delle coppie omosessuali nelle chiese valdesi proponendo un percorso “dal basso”: prima una concordata sperimentazione di alcuni anni nelle comunità locali a cui dovrebbe seguire un dibattito sinodale sulla base delle esperienze comunitarie. Il teologo episcopale Gianluigi Gugliermetto è invece entrato nello specifico liturgico delle benedizioni di coppie dello stesso sesso, facendo un’ampia disamina storica sulle benedizioni “di amicizia” nella chiesa antica. Da parte sua don Franco Barbero ha parlato della sua esperienza pastorale quarantennale con le persone omosessuali e transessuali, raccontando l’esperienza di decine di coppie gay e lesbiche che ha personalmente benedetto e di cui ha liturgicamente riconosciuto l’unione sottolineando la grande libertà e pluralità dei riti e delle esperienze fatte. Dopo la cena, le attività del sabato sono proseguite con una preghiera multimediale preparata dai volontari di “Fiumi d’acqua viva”: il filo conduttore è stato il capitolo 15 del Vangelo di Giovanni, letto in tre riprese. Nel culto della domenica Andrea Panerini ha predicato sul capitolo 10 del Vangelo di Giovanni (“il Buon Pastore”) richiamando l’attenzione sulla pienezza del Dio vivente che si rivela sulla croce, esponendo il pericolo per molti predicatori di un’eccessiva presunzione nel richiamarsi a questo brano biblico.

 

Dalle Chiese evangeliche fiorentine

 

Servizio “Rifugiati e Migranti”

È già attivo il servizio “Rifugiati&Migranti” promosso dalle Chiese evangeliche fiorentine e dalla Diaconia valdese fiorentina. Si tratta di una fase sperimentale ma il servizio è pienamente operativo e coordinato dalla diacona Paola Reggiani. La sede si trova in via Manzoni 21; l’orario di ricevimento è ogni giovedì dalle 14 alle 18 e il numero di telefono è il seguente: (+39)3803867303.

 

Chiesa Apostolica Italiana di Firenze e Prato

 

DOMENICHE DIALOGATE. Ogni seconda domenica del mese la Chiesa Apostolica Italiana di Firenze-Prato dedica la riunione del mattino alla trattazione di un argomento utile al divenire della fede e a favorirne la testimonianza. Quest’anno tale argomento è l’angoscia.

Il percorso, che potrà essere considerato di vera «relazione d’aiuto», si configura come segue: Angoscia come attesa (09 maggio 2010). La «domenica dialogata» di giugno (domenica 13), ultima dell’anno ecclesiastico, sarà dedicata ad un aggiornamento sulla «predicazione».

 

FORUM TEOLOGICO GIOVANILE (MA NON SOLO). Il gruppo che partecipa e, perciò, costituisce il Forum ha scelto come area di ricerca per l’anno 2009-2010 il modulo tematico relativo al «Dialogo», i cui sottotemi vengono di volta in volta presentati con una "base d'ascolto", previamente distribuita, per essere, poi, discussa insieme.

È pensabile, ed augurabile, che l'argomento di quest’anno, data la sua indiscutibile rilevanza ad ogni latitudine di pensiero, possa essere proposto anche ad amici che i membri tutti potrebbero invitare.

Gli incontri hanno luogo mensilmente, nella «Casa pastorale» di Prato, il quarto (non ultimo, ma quarto) sabato del mese, dalle ore 16.00 alle ore 17.00/massimo 17.30!

Segue il programma nella sua articolazione sottotematica non senza aver prima segnalato che gli argomenti saranno trattati in chiave laica, metaconfessionale ed interdisciplinare.

La legge del dialogo (Sabato, 22 maggio 2010).

Limiti del dialogo (Sabato, 26 giugno 2010).

 

Chiesa evangelica battista

http://chbattistaborgognissanti.interfree.it

Il mese di Aprile è stato caratterizzato dal culto di domenica 11 con la commovente testimonianza battesimale di 6 sorelle e fratelli: Tiziana, Maria, Paola, Ladi, Marco e Rafael. La festa è continuata con un Cena del signore e un Agape fraterna molto partecipata con le mitiche lasagne alla Thomas Muntzer.

Venerdì 9 Concerto Gospel “I will pray” con diversi gruppi e cori coordinati dal maestro Nehemia Brown. In contemporanea Clara Manfredi ha rappresentato la chiesa nella Conferenza con la Diaconia Valdese Fiorentina.

Mercoledì 14: serata ecumenica molto riuscita con Lidia Maggi nell'ambito del programma “Pensare la fede, dire la speranza”: un appuntamento davvero speciale organizzato insieme alla Fraternità di Romena di Pratovecchio (AR), intorno al volume “Le donne di Dio: pagine bibliche al femminile” (Claudiana 2009).

Domenica 18 aprile si è riunito il Consiglio di Chiesa. Anche il Collegio delle Anziane e degli Anziani ha continuato a riunirsi con regolarità, praticamente settimanalmente da diverso tempo a questa parte per prepararsi, anche spiritualmente, al periodo di vacanza pastorale di cui diremo sotto.

Martedì 20 aprile, riunione di preghiera in chiesa. Sabato 24 aprile è iniziato il ciclo di 4 incontri a Casa Boschi, nella splendida cornice naturale di Monte Morello, sul tema “Toccare con mano i 4 elementi del creato. Per conoscere meglio il Creatore”. Prossimo incontro di Maggio: Sabato 22, mentre in Giugno: Sabato 19.

E' già possibile iscriversi al Campo intergenerazionale VariEtà promosso dall'UCEBI. Quest'anno si terrà dal 1 all'8 agosto in Abruzzo, in un albergo sul Gran Sasso. Il tema: “Verso l'Infinito e oltre” con spunti dal libro di Elizabeth Green “Il Dio sconfinato”. Una vacanza in comunione fraterna tra meditazione, spiritualità, divertimento e consacrazione: per informazioni e iscrizioni rivolgersi all'Anziano di chiesa Renzo Ottaviani.

Nelle prime ore del 17 aprile un atto vandalico ha spaccato il vetro della Bacheca della Chiesa su cui erano esposti i programmi delle attività e alcuni libri della Claudiana. Il gesto violento di una mano isolata, certamente, ma sintomatico del generale clima di odio verso le minoranze e la diversità.

Il pastore Raffaele Volpe fruirà di un periodo sabbatico da Maggio a Settembre inclusi. I culti domenicali continuano regolarmente, alle ore 11:00, a cura del Collegio delle Anziane e degli Anziani, dei predicatori e predicatrice locali e delle animatrici musicali. Proseguono le attività di Scuola domenicale, gruppo giovanissimi, gruppi di preghiera e di lettura nelle case, gruppo del Venerdì. Per contattare la comunità rivolgersi al suo Consiglio di Chiesa e al Collegio Anziani.

 

Chiesa evangelica luterana

Come sempre i nostri culti si svolgeranno la prima e terza domenica del mese nella nostra sala comunitaria, ingresso via dei Bardi 20. Il 23 maggio eccezionalmente alle 10.30 il culto sarà celebrato insieme dalle due comunità: riformata svizzera e la nostra luterana. Il 12 maggio ci sarà una visita guidata col pullman alla cittadella dei Focolari presso Reggello. Chi volesse partecipare è pregato di prenotarsi entro i primi di maggio rivolgendosi a Wiebke Alessandri, cellulare: 335743238.

 

 

Chiesa evangelica valdese

www.firenzevaldese.chiesavaldese.org

e-mail: concistoro.fivaldese@chiesavaldese.org

 

Esperienze di lutto

Il mese di aprile è stato segnato da tre lutti. Ci hanno lasciati Ida Anghinetti Favellini, Paolo Targetti e Paolo Rossi. Tre persone diverse, tre percorsi di vita diversi uniti da un denominatore comune: una fede veramente radicale e un’etica protestante coerente con tale fede, testimoniate in più occasioni e in vari modi. Alle famiglie esprimiamo il nostro cordoglio e la nostra affettuosa solidarietà. Nel prossimo numero saranno pubblicate tre articoli commemorativi.

 

… e di gioia

Le nostre più affettuose felicitazioni giungano a Daniele Pezzella e alla sua famiglia in occasione della nascita della figlia Mila.

Congratulazioni alla dottoressa Lidia Barbanotti laureatasi in fisioterapia con il voto 110 e lode.

 

Spazio d’ascolto

È stato attivato in via sperimentale un nuovo servizio denominato “Spazio d’ascolto” curato da Annalisa Pericoli, psicologa, specialista in dinamiche relazionali. Questo servizio offre a tutti la possibilità di ascolto e confronto sui propri problemi relazionali. Per fissare l’appuntamento si può contattare direttamente Annalisa al numero: 3278647121.

 

Dal Concistoro

Il concistoro rettifica la convocazione dell’assemblea di chiesa (prevista inizialmente per domenica 9 maggio) fissandone la data il 22 maggio (sabato) alle 15.30.

Domenica 23 maggio (Pentecoste) saranno accolti come membri comunicanti: Annalucia Ressa, Giuliano Capecchi, Daniele Pezzella e Stefan Pizzi. Saranno inoltre battezzate due fanciulle provenienti da famiglie evangeliche.

Preso atto dell'indisponibilità dell'anziana Anna Maria Barducci a rimanere membro e coordinatrice della “Commissione migranti”, il concistoro ha stabilito che la commissione sarà formata da Debora Spini (nuovo membro), Edoardo Canino e Alessandro Sansone. Inoltre il concistoro ha deliberato che tale commissione si dovrà riunire con la diacona Paola Reggiani, con Mario Pizzi per il CSE e con i membri delle chiese che vorranno partecipare, per definire il definitivo assetto del costituito Ufficio Migranti.

Il concistoro ha accolto la domanda del fratello Andrea Panerini presentandolo alla Facoltà Valdese di Teologia come candidato al ministero pastorale. Andrea dovrebbe iniziare il suo percorso di formazione nell’ottobre 2010.

 

Attività ordinarie

Mercoledì 12 maggio la nostra comunità è invitata alla veglia di preghiera per le vittime dell’omofobia, alle 20.45 nella Chiesa battista di Borgo Ognissanti.

Tra i nostri culti domenicali segnaliamo quello del 16 maggio che chiuderà la settimana di impegno e di preghiera contro l’omofobia. Parteciperanno i rappresentati della Chiesa veterocattolica; la predicazione sarà tenuta da Andrea Panerini.

Studio biblico e catechismo per adulti. Gli incontri di studio biblico si svolgono alle 16, in via Manzoni. Stiamo studiando la Lettera agli Ebrei. Il catechismo per adulti proseguirà fino al primo sabato di giugno con un programma personalizzato. Sabato 8 maggio si riuniranno le persone che hanno espresso il desiderio di entrare nella nostra chiesa come membri comunicanti. Sabato 5 giugno si terrà invece un incontro sul tema “Definire la fede in una prospettiva evangelica”. Durante questo incontro decideremo insieme il programma del prossimo anno di lavoro.

Catechismo e scuola domenicale. I ragazzi del catechismo si incontrano ogni martedì alle 19.30; il piccolo gruppo di pre-catechismo si riunisce invece ogni giovedì alle 18. La Scuola Domenicale si riunisce durante il culto domenicale, dalle 10.30 alle 11.45 ca. Gli incontri si concluderanno con una festa pomeridiana in via Manzoni. La data più probabile è domenica 6 giugno.

 

Diaspora valdese di Pistoia ed Empoli. I prossimi incontri di studio biblico a Pistoia si terranno il 5 maggio e 3 giugno (incontro conclusivo).

 

Ecumenicamente (s)corretto

Di Roberto Davide Papini

 

IL “GALATEO” ecumenico vorrebbe che si evitasse di esprimersi su questioni interne di altre chiese. Tuttavia, essendo da sempre “ecumenicamente scorretto”, mi pare interessante affrontare lo sviluppo della vicenda di don Alessandro Santoro, il prete “scomodo” delle Piagge (quartiere periferico e disagiato di Firenze) che forse tanto “scomodo” non è. La vicenda ha visto Don Santoro celebrare un matrimonio tra un uomo e una donna nata uomo il 25 ottobre scorso. Un’iniziativa che, com’era scontato, provocò la reazione dell’arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori che rimosse don Santoro dall’incarico di cappellano delle Piagge, intimandogli un periodo di preghiera e riflessione nel monastero di Romena. E qui, già la prima sorpresa: ti aspetti che il prete “scomodo” e battagliero non chini la testa di fronte a un provvedimento che ritiene ingiusto, magari decida di restare con la sua comunità (un po’ come fece don Enzo Mazzi all’Isolotto) e invece don Santoro obbedisce. Poi, nei giorni scorsi, il vescovo Betori reintegra don Santoro alle Piagge, sottolinea che il sacerdote gli ha scritto una lettera dicendosi pentito per il turbamento arrecato ai fedeli e al presbiterio. Altra sorpresa: ma come? Addirittura si è pentito? Dunque anche per don Santoro l’obbedienza (che, evidentemente, è sempre una virtù) al vescovo è più importante di quella alla propria coscienza e della convinzione di aver seguito l’Evangelo? Poi, don Santoro (dopo aver sottoscritto la professione di fede e il giuramento di fedeltà al vescovo) torna alle Piagge ed ecco la terza sorpresa: «Io non sono pentito — dice Santoro — non ci si può pentire per qualcosa che si vive per amore, perché c’è amore. La parola pentimento, in quella lettera che il vescovo mi ha chiesto di scrivere, non c’è. C’è il dispiacere di essersi reso conto che quello che abbiamo vissuto con Sandra (la donna nata uomo, ndr) era troppo più in là per essere oggi accolto da questa chiesa chiusa, arroccata dentro una fortezza inaccessibile. Io ho scritto che mai mi sarei sognato di arrecare danno alla comunione ecclesiale». Insomma, una gran confusione che, onestamente, si poteva evitare e certo suona curioso il fatto che una persona tutt’altro che sprovveduta come Alessandro Santoro, sia rimasta sorpresa dalle conseguenze di un gesto che era in evidente rottura con il magistero dei vescovi e di quello fiorentino in particolare. Alla fine mi pare che ci sia il trionfo di Betori (che, comunque, ottiene obbedienza dal prete scomodo rimuovendolo e poi insediandolo di nuovo) e la conferma dell’inaccessibilità dall’interno della “fortezza” chiesa cattolica romana.

E, forse, un’occasione persa da don Santoro?

 

 

 

 

 

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