Un solo battesimo per il perdono dei peccati


(Testi di riferimento: 2 Cor. 1,20  Luca 18,17)

Il Credo Niceno-Costantinopolitano usa un termine diverso dal credere (pisteuomen) ora che parla del battesimo, infatti nel greco dice 'omologoumen', cioè riconosciamo, conveniamo, siamo d'accordo. C'è il riconoscimento di qualcosa che ci accomuna e ci rende 'simili', ci dichiariamo d'accordo. E' un termine tecnico importante anche ora nel mondo ecumenico, è quello di quando si consente su qualcosa. Ma il Credo non deve indurci a pensare che si consenta su Battesimo!

Il Credo dice: c'è un solo battesimo, vorremmo aggiungere noi, anche in forme diverse: c'è il battesimo per immersione e quello per aspersione, o quello del martirio (ormai veramente raro); c'è il battesimo dei credenti adulti e il battesimo dei bambini, anche se nel tempo apostolico forse non c'era quello dei bambini. Il battesimo che è fatto nel nome della Trinità dovrebbe esser riconosciuto senza ripeterlo, da chiunque impartito e dovunque esercitato. Il battesimo non è dato nel nome di una chiesa, e neanche di un suo fondatore o riformatore o del Papa, ma solo nel nome di Cristo; dovunque si battezza si usa l'acqua che è un eterno simbolo di purificazione, ma anche di morte dalla quale si viene liberati.

Il contenuto del battesimo è ben spiegato nel testo dell'Apostolo Paolo di 2 Cor. 1, 19-22, dove in realtà non è menzionato esplicitamente, ma se ne parla come di un "sigillo" e della caparra dello Spirito. Si parla di un Sì e un No che sono molto comuni e a volte mescolati nelle nostre esperienze umane e nel nostro linguaggio. A volte dovremmo dire dei Si e diciamo dei No e viceversa. Ma nella promessa di Dio e nella vicenda di Cristo c'è solo un Si per noi, non c'è nessun NO, che potrebbe renderci insicuri. Il Sì di Dio non è condizionato dalla nostra accettazione, questo accentuiamo quando battezziamo dei bambini.

Dio ci ha segnati con il proprio sigillo, è come il marchio che indica a chi appartengono degli animali, che si vedono in libertà, e un tempo si usava purtroppo anche per gli schiavi. Ora si usano tanto i tatuaggi che sono però unicamente ornamentali. E' un modo di esprimere sul corpo cosa è importante per noi nella vita. Per il Cristianesimo primitivo non c'è dubbio che questo "sigillo" è il battesimo: chi è battezzato ormai appartiene a Dio, è suo figlio o sua figlia. Non deve vivere nell'ansia per il resto della vita, non è smarrito come un pulviscolo nelle grandi onde della storia umana, ma sa da dove viene e dove va, qual'è il suo compito nella vita. Appartiene al popolo di Dio che è la chiesa e ha ricevuto e riceverà i doni dello Spirito.

Lo Spirito nei credenti è definito una "caparra", cioè un anticipo sui beni e la salvezza futuri. Lo Spirito ci conferma del nostro essere figli di Dio, affinché non ne dubitiamo, dunque modella la nostra identità e continua a farlo anche quando ci allontaniamo da quello che dovremmo essere. Quando sentiamo in noi lo Spirito ci rendiamo conto che è ancora solo un "anticipo" di tutto il bene e la felicità che Dio ha preparato per noi. Quando ci sentiamo tristi,  incapaci  e soli dobbiamo chiedere a Dio lo Spirito, certi che non lo farà mancare, come i genitori non fanno mancare cose buone da mangiare ai loro figli (Lc.11,13).

Il battesimo avviene per il perdono dei peccati e raffigura una rigenerazione: si entra nell'acqua che rappresenta la morte e se ne esce rappresentando la nostra adesione alla risurrezione di Cristo; anche noi siamo con lui risuscitati ad una vita nella quale opera lo Spirito. Ma il peccato, sia nella forma della nostra inclinazione umana egocentrica, sia in quella che ci nega ogni identità accettabile, non muore nell'acqua (sa nuotare! diceva Lutero) e vorrebbe continuare ad avvilirci per il resto della nostra vita. Allora comprendiamo il sigillo e la caparra dello Spirito; l'esser stati battezzati diventa un punto fermo, è il Sì di Dio su noi e sulla nostra vita, che non diventerà mai un No, anche se le circostanze fossero le più avverse. Nel fallimento, nella malattia mortale, nella solitudine possiamo e dobbiamo dichiarare a noi stessi: tu sei amato e perdonato da Dio, Dio non si spaventa dei tuoi peccati o della tua bassezza, non c'è baratro dal quale Dio non possa tirarti su.

Dio dice: Ti ho chiamato per nome, tu sei mio! (Is. 42,1).

All'occasione del battesimo di un bambino di solito non sottolineiamo la finalità del perdono dei peccati, perché rispetto alla vita di un bambino pensiamo che il peccato sia qualcosa di futuro. Si tratta però del futuro, che è ben reale davanti a noi e davanti ad un bambino. Il Sì di Dio è detto già ora sulla sua vita e sarà per sempre; non potrà esser perduto per una colpa grave o per l'allontanamento suo/nostro da Dio. Si capisce ognuno può vivere senza Dio, o apertamente rinnegandolo o vivendo come se non ci fosse, di fatto si fà lungo tutto il nostro pianeta. Noi, rinnegando il Sì di Dio, non facciamo del male a Dio (come potremmo!?), ma a noi stessi naturalmente. Ci riduciamo raminghi ed esuli dalla nostra vera identità, diventiamo "proprietà" di altre persone e degli idoli crudeli della nostra epoca che ci sfrutteranno a dovere e poi ci butteranno via come una vecchia ciabatta che non serve più.

Il testo di Luca 18, dopo aver parlato dell'efficacia della preghiera (la vedova e il giudice) e del perdono richiesto con fede (il fariseo e il pubblicano), narra brevemente di come Gesù amasse i bambini. Sembra che ai discepoli dispiacesse disturbarlo per così poco, lui che aveva tante altre preoccupazioni e doveva ancora fare cose così importanti. Ma Gesù sgrida i discepoli, perché "vietano" ai bambini di andare da lui. "Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo vietate, perché il Regno di Dio è per loro [non "per chi somiglia a loro"]. In verità vi dico: chiunque non accoglierà il Regno di Dio come un bambino, non vi entrerà affatto" (v.17).

Ai bambini già ora appartiene il Regno di Dio, già ora sono sigillati e appartengono a Dio, già ora, e non solo da grandi, possono ricevere lo Spirito ed avere la certezza di essere suoi figli e figlie. Bambini accolgono quello che si dà loro (cibo, acqua, calore, affetto, conoscenza) come una spugna che assorbe l'acqua. Prima che imparino a chiedere noi diamo e sappiamo che la loro vita è nelle nostre mani, se noi non diamo loro le cose di cui hanno bisogno morranno. Prima che loro imparino a dire Sì, prima che imparino la gratitudine, prima che facciano delle opere meritevoli che ci occupiamo di loro. C'è questo prima, che diventa la parabola del bambino e del Regno di Dio. Gesù dice: se non accettate il Regno di Dio, come un bambino accetta senza condizioni e senza calcolo di convenienza, non entrerete nel Regno.

Il battesimo è un dono di Dio, forse per questo si è fatta strada la prassi del battesimo dei bambini. In quello degli adulti più del dono si vede e si sente la risposta della fede del credente e si rischia di farne un'opera, necessaria per la salvezza. Ci si pone il problema se si è veramente rinati a nuova vita, quasi che bastasse una volta sola rinascere... Ci poniamo domande su come perdonare ed esser perdonati... Il Credo usa di nuovo la preposizione "eis" che significa una direzione davanti a noi, e che ha già usato con le grandi dichiarazioni dopo "crediamo". Si tratta di un cammino che ci è posto davanti. Siamo battezzati (in qualunque forma) per il perdono dei peccati, in vista di realizzare nella nostra vita quelle opere di amore del prossimo che Dio ha preparato per noi, affinché le facciamo (Ef. 2, 10). Questo si può dire della nostra vita e del nostro futuro e questo di può dire anche per un bambino. Questo auguriamo noi a Beniamino (figlio della mano destra!).