Matteo 4,1-11
Tre parole, un solo concetto

Le tentazioni di Gesù, raccontate da Matteo, segnano profondamente questa prima domenica del tempo della passione. Quaranta giorni che ci separano dalla gioiosa domenica di Pasqua. Il collegamento con il soggiorno di Gesù è più che evidente. Nella tradizione popolare italiana questo tempo è chiamato “Quaresima”; la lingua polacca usa l'espressione il “grande digiuno”. Qualunque espressione si usi il senso rimane sostanzialmente lo stesso: concentrarsi sull'essenziale.

Che cosa consideriamo oggi veramente essenziale? Viviamo in un tempo segnato dalla crisi economica, politica e morale. Sentiamo sempre più spesso inviti più o meno pressanti a ridurre le nostre pretese, ad accontentarci di quel poco di cui possiamo disporre.

Credo che la riposta tale domanda si trovi nel deserto, ovverosia nella collocazione del nostro racconto. Per una persona che è capace di adoperare le categorie narrative ebraiche il deserto significa 'midbar', il luogo della Parola, il luogo in cui la Parola risuona con potenza, il luogo in cui si vive l'esperienza della Parola, il luogo in cui la Parola e l'esistenza diventano la stessa cosa e la Parola non è confinata nel mondo delle idee, dei concetti puri.

L'essenziale è dunque la parola e la sua capacità performativa, più di quella assertiva. Il racconto di Matteo è intessuto completamente sulla Parola di Dio con una particolare attenzione al libro del Deuteronomio. Vorrei incentrare questa parte della meditazione sulle tre parole che Gesù pronuncia davanti all'Avversario:

1- "Non di pane soltanto vivrà l'uomo, ma di ogni parola che proviene dalla bocca di Dio" (cfr. Dtn. 8,3);

2- "Non tentare il Signore Dio tuo" (cfr. Dtn. 6,16);

3- "Adora il Signore Dio tuo e a Lui solo rendi il culto" (cfr. Dtn. 6,13).

Una nota sul termine “avversario”, Lo uso perché corrisponde all'etimologia del termine “satana” e ci protegge da visioni che tendono troppo alla trascendenza, trasformando l'Avversario in una divinità minore, assai astuta e malvagia. Non è così: l'Avversario sei tu, l'Avversario sono io, l'Avversario di Gesù è Gesù stesso nel pieno manifestarsi della sua umanità.

Si è meditato tanto il significato delle tre tentazioni di Gesù. Ricordiamo il celebre monologo del Grande Inquisitore nel romanzo di Dostojevski I Fratelli Karamazow. Ricordiamo anche la splendida meditazione fatta su quel monologo da Gustavo Zagrebelsky in collaborazione con Gabriella Caramore e pubblicata nel 2003 dall'editrice Morcelliana (La leggenda del Grande Inquisitore).

Provo a riassumere brutalmente questo magnifico percorso di riflessione. La tentazione del pane è in sostanza la riduzione della missione dei cristiani al solo benessere materiale. Il pinnacolo del tempio rappresenta la spettacolarizzazione della fede, infine l'ultima tentazione, particolarmente esplicita è una forte condanna dell'alleanza tra “trono” e “altare” (o pulpito, per essere più evangelici). Ci vuole poco per riconoscere in queste cosiddette tentazioni la cristianità di oggi e di ieri.

Ritorna però la domanda: che cosa è veramente essenziale in questo racconto? Essenziale è la parola “Dio”.

Le tre parole di Gesù, anzi le tre dotte citazioni di Gesù si possono riassumere in questa sola parola: Dio, il Signore, l'Eterno.

Sono anche convinto che il mondo, travolto da una delle più grandi crisi economiche della storia, attenda da noi credenti proprio questo: sentir parlare di Dio.

Tutti gli altri discorsi possono e devono venir dopo: giustizia sociale, solidarietà, etica. Anche l'impegno può iniziare soltanto dopo che abbiamo ascoltato la Parola che il Signore ci rivolge oggi.

Credo che sia possibile, senza usare la parola “Dio” come intercalare, né come clava da sbattere in testa a qualcuno. La testimonianza del neo-presidente degli Stati Uniti può insegnare molto a questo proposito.

Predicazione del pastore Pawel Gajewski domenica 1 Marzo 2009, Ia del Tempo di Passione, Chiesa Evangelica Valdese di Firenze