Giovanni 3,31-36
testimoni di una nuova vita

 

31 Colui che viene dall'alto è sopra tutti; colui che viene dalla terra
è della terra e parla come uno che è della terra;
colui che vien dal cielo è sopra tutti.
32 Egli rende testimonianza di quello che ha visto e udito,
ma nessuno riceve la sua testimonianza.
33 Chi ha ricevuto la sua testimonianza ha confermato che Dio è veritiero.
34 Perché colui che Dio ha mandato dice le parole di Dio;
Dio infatti non dà lo Spirito con misura.
35 Il Padre ama il Figlio, e gli ha dato ogni cosa in mano.
36 Chi crede nel Figlio ha vita eterna, chi invece rifiuta di credere al Figlio
non vedrà la vita, ma l'ira di Dio rimane su di lui».

Giovanni 3,31-36

Se il giorno di Natale ascoltiamo un brano tratto dal Vangelo secondo Giovanni, di solito si tratta o del suo famoso prologo (1,1-14) o della testimonianza di Giovanni il battista (1,15-27). Oggi ci troviamo invece davanti alla cosiddetta seconda (o nuova) testimonianza del Battista con cui si chiude il capitolo 3 del Quarto Vangelo. Vale la pena alzare lo sguardo all’inizio di questo capitolo. Vi si parla di una nascita. Non si tratta però della nascita di un bimbo o di una bimba bensì della nuova nascita dallo Spirito. Bisogna che nasciate di nuovo (Giovanni 3,7) dice Gesù a Nicodemo.

Nel nostro brano di oggi Giovanni aggiunge a questa sorta di imperativo che Dio infatti non dà lo Spirito con misura (3,34). Vale a dire: Dio è generoso e la sua generosità non ha limiti. Tutto il brano è una stupenda testimonianza di Giovanni. Il messaggio è puro e semplice: Gesù è il Cristo, il figlio di questo Dio così generoso e sempre pronto a donarsi e a elargire copiosamente il suo Spirito.

Ritornerò a questo messaggio nella parte finale della predicazione. Adesso invece vorrei soffermarmi sulla frase finale del testo che sembra celare una minaccia: Chi crede nel Figlio ha vita eterna, chi invece rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio rimane su di lui (v. 36). Sono convinto che le espressioni “non vedrà la vita”, “l’ira di Dio rimane su di lui” non suonino tanto bene il giorno di Natale. Paradossalmente questa frase è molto rassicurante, forse addirittura più rassicurante dei cori angelici nel Vangelo secondo Luca che cantano: «Gloria a Dio nei luoghi altissimi, e pace in terra agli uomini ch’egli gradisce!» (Luca 2,14).

Credo che la frase di Giovanni non voglia indicare un futuro oscuro e minaccioso per qualcuno, luminoso e tranquillo per qualcun altro. Il Quarto Vangelo ama il presente, anche se le forme grammaticali sembrano indicare il futuro. Il tempo teologico di Giovanni è il kairòs, un tempo che non scorre, un tempo di Dio che non conosce alcun limite imposto dal passato ma si colloca nella dimensione del “qui e ora” senza alcuna preoccupazione per il futuro. Il giudizio su chi si ostina a non accogliere il messaggio di liberazione oppure su chi lo travisa in un editto di schiavitù che lega l’essere umano a precetti assurdi e riti religiosi senza alcun significato si compie adesso. E questo giudizio è particolarmente duro: l’ira di Dio si sta scatenando con potenza su tutti questi esseri umani e la loro esistenza è un vero inferno.

Chi crede, chi si apre all’opera dello Spirito, chi sperimenta la nuova nascita vive invece già adesso una pace e una serenità che non finiranno mai. L’ira non è però assoluta, è piuttosto provvisoria, anzi apparente. Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Vorrei ritornare adesso alla testimonianza e al messaggio cristiano. Il Battista ha chiaro quello che egli è, egli rivendica il ruolo di testimone di chi viene dopo di lui, ma che cronologicamente era prima di lui. Il Battista riconosce e indica in Gesù il Figlio di Dio. Gesù invece rivela pienamente il Padre e inaugura un tempo nuovo di grazia, di salvezza per tutti gli esseri umani.

Il ruolo di testimone è importante, è il massimo che il cristiano possa svolgere in rapporto a Gesù è anche il ruolo che ci viene affidato ed è ricordato anche da Luca in Atti 1,8 - voi mi sarete testimoni... fino all'estremità della terra.

Il debito che i credenti hanno verso il prossimo è quello di annunciare l’Evangelo, di essere testimoni di Cristo e della sua offerta di amore e di riconciliazione rivolta ad ogni creatura.

La nostra testimonianza è quella di indicare Cristo al primo posto, perché è soltanto lui che può suscitare in noi una fede (“una” e non la fede – per rendere omaggio al geniale libro di Giovanni Miegge Per una fede) realmente liberante e rigenerante. Non sono ammesse in questo campo intercessioni o mediazioni istituzionali di alcun genere. Solus Cristus – per ricordare ancora una volta lo stupendo libro di Vittorio Subilia.

In questo giorno di Natale vi auguro dunque che possiate nascere di nuovo per diventare testimoni fedeli di Colui che ci ha liberato da ogni paura e da ogni schiavitù.

Predicazione del Past. Pawel Gajewski, Chiesa Evangelica Valdese di Firenze culto di Natale, Martedi 25 Dicembre 2102