Domenica 16 settembre 2007, 16° dopo Pentecoste - Chiesa Evangelica Valdese di Firenze

La consistenza della fede

Luca 17,5-6
"Aumentaci la fede"

Davanti al testo, appena letto, molti di noi provano un senso di frustrazione. La frustrazione non nasce tanto dall’amara constatazione che non siamo in grado di sradicare gli alberi quanto dalla convinzione che fede e vita quotidiana rimangono completamente separate. Ecco dunque la ragione per cui vale la pena ripetere con gli apostoli: Aumentaci la fede.

Il nostro breve testo è collocato subito dopo una forte esortazione al perdono (Luca 17,1-4). Oggi non ci fermeremo su questo argomento, va detto tuttavia che il contesto del nostro brano riflette chiaramente una delle nostre più grandi difficoltà esistenziali, vale a dire l’incapacità di perdonare. Dietrich Bonhoeffer (1906-1945) in uno dei suoi appunti dal carcere scriveva: Un dolore passato sta sotto il segno del suo superamento; solo dolori non superati (una colpa non perdonata) sono sempre vivi e tormentosi per la memoria. Superamento nella preghiera. Su questo punto l’intero messaggio biblico è chiaro: il perdono viene da Dio, l’essere umano non è capace di perdonare. Quando si manifesta un atto di perdono (pensiamo a Giacobbe ed Esaù) tale atto è sempre frutto di una potente azione di Dio. Non si può comprendere questa dinamica a prescindere dalla propria fede e quindi questo spiega la collocazione del nostro brano.

Il vangelo secondo Matteo contiene un passo pressoché uguale: Se avete fede quanto un granello di senape, potrete dire a questo monte: "Passa da qui a là", e passerà; e niente vi sarà impossibile (Matteo 17,20b). Il contesto di Matteo però è abbastanza diverso. I discepoli hanno appena assistito alla guarigione di un ragazzo indemoniato e chiedono a Gesù: Perché non l’abbiamo potuto cacciare noi? In Matteo dunque non v’è alcuna richiesta circa la fede. Il testo di Matteo è tuttavia in perfetta sintonia con i nostri problemi spirituali. Davanti alle più diverse manifestazioni della potenza di Dio ci chiediamo: Perché non l’abbiamo potuto fare noi?

Al di là di questi suggerimenti, il nostro breve testo può essere letto in maniera del tutto indipendente da qualunque contesto. Non è da escludere che si tratti di uno dei cosiddetti ‘loghia Iesou’, in altre parole detti di Gesù trascritti e codificati prima della stesura definitiva dei vangeli.

Vorrei soffermarmi ora sull’elemento portante della similitudine, comune a Matteo e a Luca, cioè il granello di senape. Secondo le conoscenze bibliche dell’epoca esso veniva considerato il seme più piccolo tra quelli usati nella prassi quotidiana. Le sue dimensioni sono pressoché uguali a quello di un granello di sabbia. Ebbene Gesù non parla di un granello di sabbia. Perché? Credo che la ragione principale sia la natura diversa di questi due minuscoli corpi: un granello di senape è vivo, contiene in sé un enorme potenziale di vita, il quale in un terreno fertile può generare un albero di enormi dimensioni (cfr. Matteo 13,31; Marco 4,31; Luca 13,19). Un granello di sabbia invece rimane sempre tale; anche se cade su un terreno particolarmente fertile, esso rimane sempre un piccolo corpo senza vita.

La vita invece è un dono di Dio. Il nostro testo punta proprio su questa dimensione: la fede è vita, è un dono di vita elargito generosamente da Colui che desidera soltanto il nostro bene. Così la fede diventa una realtà dinamica che sfugge al nostro controllo, se cerchiamo di subordinarla ai nostri desideri, talvolta particolarmente egoistici. In fin dei conti non è rilevante la consistenza della nostra fede. Ciò che conta, è la consapevolezza che la fede non è un’opera umana bensì un dono di Dio. In questo senso la preghiera “Aumentaci la fede” oppure “Accresci la mia fede” può essere già identificata con un granello di senape che ritroviamo, quasi “per caso”, nel nostro intimo. La sua crescita, vale a dire l’efficacia della fede stessa non è nelle nostre mani; ma dipende dalla sola Grazia di Dio.

Predicazione del pastore Pawel Gajewski, Domenica 16 Settembre, Chiesa Evangelica Valdese di Firenze