Isaia 40,2 “Il debito della sua iniquità è pagato”

Luca 23, 39-43 “Il ladrone buono

 

I Vangeli hanno due parole diverse per definire quelli che sono stati crocifissi ai due lati di Gesù: ribelli (‘lestai’) Matteo e Marco, malfattori (‘kakourgon’)  Luca; Giovanni  dice solo ‘altri due’. Mentre tutti i Vangeli sono d’accordo nel menzionare questi “compagni di croce” di Gesù, solo Luca riferisce di un dialogo fra loro e Gesù, mentre Matteo dice che lo ingiuriavano anche loro dalla croce.

Dunque “la leggenda del buon ladrone” si trova solo in Luca; alcuni commentatori parlano di “leggenda”, perché è sicuramente circolata in forma orale, come del resto tutti i racconti su Gesù, ed potrebbe esser stata costruita per “narrare” la giustificazione per fede. Ma anche questo si può dire di quasi tutti i racconti su Gesù, non c’è dunque motivo per screditare questa storia che Luca ha preso da sue fonti particolari e che non è riferita da altri.

Bisogna anche osservare che è vero che questa storia si attaglia più a Luca che non a Matteo o Marco, dove Gesù muore gridando (disperato? o invocando con forza in extremis?) “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?!”. Il Gesù di Marco o di Matteo non potrebbe parlare di essere “oggi stesso in paradiso”… mentre il Gesù di Luca “gridando a gran voce”, dice: “Padre nelle tue mani rimetto lo spirito mio” (Luca 23,46). C’è una diversa e maggiore dignità nella morte insieme alla coscienza di adempiere le Scritture anche e proprio nell’ora della morte. Fino alla compostezza estrema di Giovanni dove la crocifissione di Gesù corrisponde alla sua glorificazione (Gv.13, 31-32) e Gesù parla dalla croce alla madre e al discepolo “amato” e muore dicendo “E’ compiuto” (19,30).

Sappiamo che ogni frammento di questi racconti è un trattato di teologia, perché c’è il ricordo e l’attualizzazione di parti vitali della tradizione ebraica (per es. l’allusione all’agnello della cena pasquale di cui non si deve spezzare alcun osso, nel racconto di Giovanni) vedendole compiute nella morte di Gesù. Certamente anche la storia del “buon ladrone” è uno di questi frammenti, mi ha fatto pensare al “debito pagato” di cui parla Isaia 40, “Il libro della Consolazione”, com’è scritto proprio nelle prime parole.

Ladrone o malfattore? Forse c’è poca differenza, comunque devono esserci stati degli omicidi alle spalle per aver meritato la morte di croce.  ’Lestes’/ribelle  sembra essere un criminale politico, uno zelota di quel tempo, un rivoluzionario di una rivoluzione fallita; quando la rivoluzione riesce anche quelli che si sono macchiati di omicidi diventano eroi e martiri; se invece non riesce sono solo omicidi di fronte alla società (ma di fronte a Dio?). E’ un po’ il tema del famoso dramma filosofico di J. P. Sartre “Le mani sporche”, che ci ha fatto riflettere un bel po’ di anni fa, quando eravamo giovani. Il nostro “ladrone” (non riusciamo a dargli un nome…) che sia stato uno zelota o un semplice malfattore ha un debito con la società e con Dio. Gesù ha pagato il suo debito, come anche quello nostro e di tanti altri che si vogliano riconoscere in lui.

I ladroni sono solo due, ma sono divisi nel loro giudizio su Gesù. Uno condivide lo scherno e il disprezzo dei magistrati e dei militari che eseguono la sentenza, mentre “il popolo stava a guardare”.  “Ha salvato altri, salvi se stesso, se è il Cristo, l’Eletto di Dio” dicono i militari; e il ladrone dice: “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi”. Nella nostra razionalità non possiamo fare a meno di dargli ragione: poiché non si vedono fatti di salvezza allora non è il Salvatore. Quanta gente professa ateismo per questo motivo! Aspetta un evento straordinario, se non c’è allora non c’è Dio e il Cristo non serve a nulla. Un ladrone è schierato con i detrattori di Gesù, afferma senza saperlo la superiorità del male sul bene, la vittoria delle tenebre e del nulla.

L’altro inspiegabilmente ha “timor di Dio” nell’ora della maggiore tribolazione; afferma: “Per noi è giusto, perché riceviamo la pena che ci meritiamo per le nostre azioni; ma questi (Gesù) non ha fatto nulla di male”. Cosa suscita la fede in questo compagno di croce di Gesù? Come mai lo riconosce come re messianico e parla di “quando entrerai nel tuo regno”? Non lo sapremo mai; di lui ci resta questa invocazione “Ricordati di me quando entrerai nel tuo regno!”, che riecheggia parole di molti salmi, in particolare il Salmo 106,4 “O Signore, ricordati di me quando usi benevolenza verso il tuo popolo; visitami quando lo salverai”. A Beth Shearim (nella vecchia Galilea) è stata trovata una tomba con questo verso inciso sulla pietra.

Uno dei ladroni è dalla parte di Gesù, inspiegabilmente e senza ricavarne alcun vantaggio visibile, perché muore come lui sulla sua croce. E’ uno dei primi frutti della morte in croce di Gesù. Se il peccato, la violenza, l’iniquità tengono mostruosamente e perennemente prigionieri gli esseri umani, Gesù ha pagato il riscatto da questa schiavitù, ha pagato il “debito dell’iniquità”, come si esprime Isaia. Ora il ladrone è salvo, vive con Gesù; forse attende ancora la risurrezione, ma si può morire e rivivere con Cristo in qualunque tempo e momento. Lo schema è lo stesso, una vita che comincia dalla morte e non una vita che va verso la morte.

Si sono fatte discussioni senza fine sull’Oggi e sul Paradiso contenuti nel nostro testo. Oggi è stato riferito a “oggi te lo dico”, oppure si è parlato di inferno e paradiso come meta immediata del viaggio della morte, annullando così l’attesa della risurrezione. Il racconto non è fatto per chiarire i nostri dubbi sull’aldilà, ma solo per sottolineare la potenza della giustificazione per fede: il ladrone è colpevole, ma ha fede in Gesù, che lo salva indipendentemente da buone opere che quello non può più fare. Gesù, fino alla fine, fa esattamente quello che è venuto a fare nel mondo: cioè a cercare e salvare chi è perduto e non ha più speranza. Si deve solo credere e ogni cosa sarà superata. L’Oggi è una sottolineatura di Luca in occasione della fede suscitata in persone che hanno incontrato Gesù: a Zaccheo Gesù dice “Oggi la salvezza è entrata in questa casa”; gli angeli annunciano ai pastori “Oggi vi è nato un Salvatore”…

Il Paradiso è un luogo indefinito per parlare della salvezza. Il ladrone aveva parlato del “tuo Regno”; il Gesù di Giovanni parla sempre di un “ritorno al Padre”. In fondo sono dei modi di dire per parlare della beatitudine futura secondo la promessa del Signore. Non c’è bisogno di assicurazioni ulteriori, né di definire meglio il luogo e il tempo; al contrario luogo e tempo qui si contraggono in Gesù, chi muore con lui, vivrà anche con lui: “chi vive e crede in me non morrà mai” (Gv.11,26).

Il debito dell’iniquità è stato pagato da Gesù, dell’iniquità del ladrone, della nostra iniquità: è un parlare figurato, chi è il padrone? Chi ci tiene schiavi e ci fa essere servi dell’ingiustizia (come dice l’apostolo Paolo)? E’ il diavolo, il Male, è Dio stesso, nel suo lato oscuro, o un dio minore sconosciuto, che però ha potere su di noi? Il mistero del Male rimane irrisolto, però in Gesù trionfa il mistero del Bene, perché ha amato sino alla fine ed è riuscito ad insegnare ad amici e nemici ad amare e dunque a valicare quel confine che  sembra invalicabile e che è all’origine di tutti i mali. L’amore sconfigge la paura, il peccato, l’ingiustizia. Ecco il contenuto della “consolazione” di cui parla il profeta Isaia, consolazione è un’altra parola per evangelo, cioè buona notizia. Ecco quello che bisogna dire “al cuore” di Gerusalemme, ma ancora più al cuore degli esuli di ogni tempo che sono alla ricerca della Gerusalemme celeste.