Luca 1, 46-55

Pensieri sparsi intorno al culto dei bambini e intorno al cantico di Maria

 

L'anima mia magnifica il Signore

e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,

perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome:

di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono.

Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;

ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili;

ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi.

Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia,

come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre.

Luca 1, 46-55


In questa quarta domenica d’Avvento stiamo vivendo un culto particolare. Il culto dei bambini. La nostra scuola domenicale ha animato con il canto e con la preghiera la parte dell’accoglienza e della lode. Ma il loro contributo non finisce qui. A differenza di tutte le altre domeniche i bambini e le monitrici sono con noi durante tutta la liturgia per darne il loro contributo. In fondo si tratta di riunire insieme generazioni diverse: nonni e nipoti, genitori e figli. Se la fede cristiana è un cammino (e io credo profondamente che sia così) questa comunione (koinonia) tra generazioni diverse è fondamentale per non perdere la bussola, per non finire fuori strada. La regola vale non solo per i più giovani che talvolta non hanno la capacità d’imparare dalle generazioni precedenti. Essa vale anche per le persone anziane talvolta attaccate troppo ai ricordi del passato (come eravamo belli una volta…) fino al punto di non vedere e non comprendere i loro figli e i loro nipoti. Mi permetto di citare molto liberamente a questo proposito Paolo Ricca, il quale giovedì scorso, durante la presentazione del libro di Paola Vinay Testimone d’amore (dedicato al padre Tullio) affrontò brevemente l’argomento “figli ed eredi”. Quanto al patrimonio materiale, i figli sono eredi naturali, quanto invece al patrimonio spirituale, patrimonio di fede, succede (nelle nostre chiese ormai sempre più spesso) che gli eredi arrivano da fuori. Nella Bibbia l’esempio per eccellenza di tale avvicendamento è Davide. L’erede di Saul non sarà il suo amatissimo e bravissimo Gionata bensì il forestiero Davide, unto del Signore. Noi tuttavia siamo chiamati a fare tutto il possibile affinché i nostri figli diventino anche nostri eredi spirituali. Vorrei citare a questo proposito un breve dialogo tra un nonno e una nipote. Il nonno e Tullio Vinay e la nipote è Natalia Paci, figlia di Paola:

Spesso succede a noi del gruppo di Riesi di incontrare viaggiando delle persone che ci dicono: “Siete matti a cacciarvi laggiù e sciupare la vostra vita...”. Lasciamo lo “sciupare” perché la vita è troppo breve per dedicarla ai televisori, agli elettrodomestici, alle auto nuove, ai vestiti e agli svaghi più o meno monotoni. Semmai questo è sciupare una vita che ha ben poco gusto.... Ma quanto ad essere matti mi pare che lo siano quelli che dimenticano la realtà del mondo in cui viviamo e che dimenticandola preparano, irreparabilmente, da sonnambuli, la rovina loro e di tutti”.Frasi come queste, ogni tanto mi tornano in mente e diventano una guida, una bussola per orientarmi nel difficile mondo delle scelte.

Scorgendo questo foglietto vi siete sicuramente resi conto che oggi anche la predicazione sarà un po’ diversa. Sì, avete ragione. Nemmeno una frase di questa breve meditazione sarà letta dal pulpito. Ho pensato di meditare con i bambini della Scuola domenicale il cantico di Maria, detto anche il Magnificat (Luca 1,46-55). Preparando tale meditazione ho fatto mia la seguente preghiera:

La dolce madre di Dio mi conceda lo Spirito, affinché io possa spiegare con sufficiente efficacia questo suo canto, per consentire (…) a noi tutti, di trarne una conoscenza che ci conduca alla salvezza e a una vita lodevole, in modo da poter celebrare e cantare questo eterno Magnificat nella vita eterna. Che Iddio lo voglia. Amen.

Provate a indovinare chi a scritto queste parole… Francesco d’Assisi? Bernardo di Chiaravalle? Carlo Borromeo? Nessuno di questi. È stato Martin Lutero nel 1521 a scrivere queste nella sua prefazione al bellissimo commento del cantico di Maria.

Non posso prevedere che cosa verrà fuori dal mio dialogo con i bambini e le bambine. Vorrei dunque condividere con voi tre semplici pensieri a proposito del Magnificat.

  1. La figura di Maria. Noi evangelici italiani, scandalizzati stufi degli eccessi mariani della Chiesa cattolica romana abbiamo abbandonato, quasi per reazione qualunque riflessione su Maria. Invece Maria “disincrostata” dal fango dei dogmi antibiblici e dalla patina della superstizione popolare ritorna a noi come donna nella pienezza della sua umanità e della sua femminilità, mostrandoci che la fede radicale, intesa come fiducia e obbedienza è possibile anche oggi.
  2. Dio vuole infondere nel cuore dei potenti il timore che si deve nutrire per Lui, affinché capiscano che i loro pensieri non valgono nulla senza l'ispirazione di Dio, scriveva Martin Lutero nel commento appena citato. Il Magnificat è un forte monito ai potenti di questo mondo. Chissà se nei giorni scorsi a Copenhagen qualcuno dei potenti abbia avuto tempo di meditarlo. Il cantico di Maria però è anche un grido di liberazione dal potere dei tiranni, degli oppressori e dei farabutti. È l’annuncio di un giudizio potente e terribile contro queste categorie di persone. Eppure anche per loro c’è sempre la possibilità di convertirsi. A patto che ascoltino attentamente il cantico di Maria.
  3. Diamo ancora la parola a Lutero: Bella è l'usanza diffusa in ogni chiesa di cantare quest'inno ogni giorno ai vespri, riservandogli un rilievo particolare rispetto ogni altro canto. Questo cantico è in fondo una preghiera; la potremmo spostare direttamente nei Salmi che sono la preghiera per eccellenza, nostra e del Popolo d’Israele. Rimane però aperta la domanda sulla preghiera quotidiana. Da buoni protestanti dediti al fare abbiamo dimenticato la scansione della giornata attraverso la preghiera. Se sentiamo l’espressione “liturgia delle ore” pensiamo subito alle suore e ai monaci che perdono il tempo prezioso per cantare i salmi e il Magnificat. Mentre sto battendo sulla tastiera del computer questi pensieri ho sotto mano l’innario delle chiese evangeliche della Germania Evangelisches Gesangbuch. Al numero 782 si trova un’ampia sezione dedicata alla liturgia delle ore. Quando vado a Berlino, città che amo e apprezzo molto, mi piace fermarmi al vespro in una delle chiese evangeliche di questa città. Ci sono di solito pochissime persone a parteciparne ma la forza del cantico di Maria non viene depotenziata dalla scarsità dei numeri.

Predicazione del pastore Pawel Gajewski Domenica 20 Dicembre 2009 IVa di Avvento, Chiesa Evangelica Valdese di Firenze